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Governare l’educazione informale

Da quanto emerso, potrebbe sembrare una contraddizione chiedersi l’eventuale opportunità di governo dell’educazione informale, sia a livello generale, sia a livello locale. In effetti l’educazione informale è per sua na- tura ingovernabile, trattandosi di un complesso di esperienze che agisce in piena “autonomia”. Una difficoltà di governo riscontrabile da sempre,ma che si evidenzia ancor di più nei tempi attuali, in cui è diventata molto più difficile qualsiasi operazione che voglia ricostruire e svelare tutti i fattori che intervengono nei processi educativi cogliendone ogni passaggio e nes- so causa-effetto. In passato, il territorio possedeva una sua conformazione duratura e una sua produzione autonoma di esperienze educative informali che, a loro volta, producevano apprendimenti: gli apprendimenti nei lava- toi, uno dei luoghi dove si trasmetteva il sapere di genere su come “stare al mondo” e quali erano le aspettative consentite alle donne nella vita, gli apprendimenti nei bar dei quartieri dove l’incontro e il succedersi delle generazioni era anche un connotato dell’acquisizione, da parte delle nuove

175 generazioni, di apprendimenti che confermavano, rielaboravano, smenti- vano gli stili di vita di quelle precedenti; gli apprendimenti dovuti all’assetto dei territori gravitante attorno alla “fabbrica” e all’organizzazione fordista del lavoro che educava alle prospettive e alla natura del lavoro stesso e non solo di esso; gli apprendimenti dovuti alla presenza di “bande giovanili” legate al territorio e della trasgressività so- cialmente tollerata.

Nei tempi attuali, il clima educativo del territorio si è profonda- mente modificato, e gli apprendimenti auspicati, come le didattiche, ven- gono sempre meno (consapevolmente o inconsapevolmente) “decise” a li- vello locale e sono sempre più di derivazione esterna al territorio stesso: il globale irrompe, i media influenzano, l’omologazione diversificata diventa un tratto costitutivo degli scenari, le persone non sono più obbligate agli orizzonti del proprio territorio di appartenenza, sicché quest’ultimo le sue culture particolari e subisce, appunto, profondi e contraddittori processi di ristrutturazione delle identità.

L’educazione informale nei territori contemporanei si presenta quindi come un intreccio tra esperienze prodotte da più storie: storie locali che, ancora oggi, presentano aspetti di vitalità, storie generali (naziona- li/globali) che irrompono materialmente e immaterialmente nei contesti locali, storie maturate da altri territori che, a seguito dei processi migratori, portano culture differenti.

176 Un approccio pedagogico all’educazione informale non può limi- tarsi soltanto ad essere conoscitivo, cioè esclusivamente descrittivo, cata- logante: l’educazione è, per definizione, operatività e movimento, quindi uno sguardo pedagogico indirizzato alle dimensioni informali dell’educazione non può non porsi il problema del governo. Nel territorio si sviluppano una miriade di interventi destinati a potenziare, riformulare o ridimensionare le esperienze educative informali che sono presenti e agen- ti. Iniziative tese a consolidare le “buone pratiche” che generano appren- dimenti ritenuti socialmente auspicabili e condivisibili (attività di volonta- riato, incontri tra persone di culture diverse), iniziative tese a innestare fat- tori di cambiamento in ambiti d’apprendimento esistenti, per esempio gli interventi (educativa di strada, centri di aggregazione giovanili) che aspi- rano a inserire correttivi in ambienti relazionali in cui gli esiti educativi che si prospettano sono in bilico tra quelli socialmente condivisibili e quelli che non lo sono affatto.

I tentativi di governare, quanto meno di governare parzialmente, alcuni aspetti dell’educazione informale dei territori sono un dato di realtà; altro è però l’effettiva possibilità di poter esercitare un “governo forte” dell’educazione informale. Quello che emerge dall’analisi del territorio come luogo in cui le trasformazioni della contemporaneità si materializza- no in esperienze di educazione informale è, da una parte, l’inquietante e/o rassicurante ridimensionamento di una sorta di “onnipotenza educativa” che ritiene la formazione dei cittadini possibile solo con azioni formali,

177 dall’altra la critica a una consolatoria e/o allarmante “rassegnazione edu- cativa” che si dichiara importante nei confronti della complessità dell’esistente e della controllabilità solo parziale di alcune esperienze e di- dattiche educative informali.

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Capitolo sesto

La dimensione sociale e culturale : multi e intercultu-

ralità, globalizzazione

6.1 Lo scenario della globalizzazione

La società attuale è caratterizzata da profondi cambiamenti riguar- danti l’economia, la cultura, la politica, le reti e le relazioni sociali, i valori di riferimento, si tratta di una società in pieno e incessante cambiamento, nella quale le dimensioni educative formali e informali sono caratterizzati da cambiamenti profondi. Analizzando i diversi aspetti che distintamente o in connessione incidono nell’analisi delle esperienze educative informali dobbiamo immediatamente dire che la società contemporanea è talmente complessa e in movimento, che è addirittura difficile definirla o perlome- no utilizzare un’espressione che ne comunichi immediatamente le caratte- ristiche.

Negli ultimi anni, per descrivere la società contemporanea, è stato frequentemente utilizzato il concetto di società dell’informazione intesa come il <<villaggio globale dei media>>169, sottolineando l’importanza delle diverse dimensioni dell’informazione che appaiono sempre più inva- dere la vita individuale e la società.

169 Alberici A., Imparare sempre nella società della conoscenza, Milano, Bruno Mondado-

179 L’attenzione è oggi rivolta, invece, in misura sempre maggiore alle possibilità effettive per l’individuo di accedere alle informazioni e fare proprie o produrre nuove conoscenze.

Con società della conoscenza ciò che si vuole valorizzare è il fatto che gli individui, nella vita personale e nel lavoro, continuamente sono te- nuti a cercare, elaborare, acquisire il sapere e la conoscenza come un nuo- vo capitale e come fondamento strutturale dell’economia e dello sviluppo sociale. È questo il contesto in cui uomini e donne determinano la propria maggiore o minore libertà, autorealizzazione e autonomia, in base alla propria capacità o incapacità di accedere e far uso di saperi, competenze e, in generale, di competenze di apprendimento continuo.

Come sottolinea Alberici nel testo Imparare sempre nella società della conoscenza, oltre ai sistemi di istruzione numerose altre agenzie co- me i mass-media, le organizzazioni sindacali, le industrie e il commercio, i servizi sanitari ecc. sono coinvolte nello sviluppo continuo delle cono- scenze. Ci possono essere molteplici letture della società e ciascuna può derivare da una visione multilaterale e interdisciplinare degli elementi che la distinguono, caratterizzandosi di volta in volta come lettura in chiave politica, sociologica, pedagogica, filosofica, ecc.

Ci si può riferire, ad esempio, alla lettura della società della cono-

scenza come “learning organization”170 oppure alle numerose metafore

170

180 che la vedono come ora come rappresentazione futuristica, ora come so- cietà dei consumi, e, ancora, come società riflessiva, o società a “rischio”.

Ne derivano definizioni della società contemporanea che riflettono i cambiamenti che hanno caratterizzato gli ultimi decenni della storia delle cosiddette società “complesse” e il passaggio dalla società industriale, o del lavoro, alle multiformi dimensioni, appunto, della società

dell’apprendimento e della conoscenza171.

Il punto di partenza per analizzare alcune delle dimensioni educati- ve informali non può che essere la globalizzazione o mondializzazione, quel processo generale che connette processi parziali o locali in una rete di interdipendenze e contraddizioni pressoché inestricabile, estesa a tutto il pianeta. Le occasioni di commercio, di viaggio, di comunicazione su scala mondiale modificano profondamente gli orizzonti culturali di tutti i sog- getti e gruppi sociali dei Paesi coinvolti. Con l’avvento della società mul- tietnica e multiculturale e l’avverarsi della profezia di McLuhan circa il <<villaggio globale>>, oggi gli esseri umani possono scegliere fra stili di vita molto differenti tra loro, oppure condividere le proprie idee con uomi- ni e donne residenti migliaia di chilometri di distanza.

D’altro canto, in seno alla società occidentale più industrializzate e perciò nella maggior parte dei Paesi europei e in Italia, si assiste a un cre- scente cambiamento sul piano delle regole, dei valori e delle modalità di

171

181 interazione: la vita sembra essere sempre più accompagnata da sentimenti di insicurezza e di precarietà; scemano i legami stabili, le capacità di gesti- re la frustrazione e lo stress; aumentano le crisi inevitabilmente associate

al senso dell’esistenza umana172.

Come illustra Bauman, la globalizzazione è l’incontro fra culture diverse pare sfociare in una <<modernità liquida>>, da cui scaturiscono delle identità <<flessibili>>, in grado di adattarsi velocemente ad ogni si- tuazione , la nuova élite globale fluttua, si muove con disinvoltura in tanti

Paesi del globo, naviga con agilità nel Web173. La globalizzazione è un

dato di fatto, coinvolge, a vari livelli tutti gli esseri umani e tutte le parti del pianeta. Sempre secondo Bauman, <<per alcuni, globalizzazione vuol dire tutto ciò che siamo costretti a fare per ottenere la felicità; per altri è la causa stessa della nostra infelicità. Per tutti, comunque, la globalizzazione significa l’ineluttabile destino del mondo, un processo irreversibile, e che,

inoltre, ci coinvolge tutti alla stessa misura e allo stesso modo>>174.

Le posizioni nei confronti della globalizzazione sono molto diffe- renti, sia rispetto all’esistenza di centri di governo controllo del fenomeno, sia rispetto al fatto che la globalizzazione costituisca un’occasione di cre- scita e di sviluppo per l’insieme del pianeta o solo per una parte di esso. Accanto a posizioni “neutre” o “entusiastiche” si registrano anche posi-

172

Portera A., Globalizzazione e pedagogia interculturale: interventi nella scuola, Trento, Edi- zioni, 2006,p. 9-10.

173 Bauman Z. Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza,2002. 174

182

zioni molto critiche175 che mettono in luce come la globalizzazione condu-

ca all’omologazione e alla scomparsa delle culture locali, oltre che provo- care timori riguardanti l’aumento della distanza tra ricchi e poveri e la di- sparità di potere tra i diversi paesi.

Il fenomeno della globalizzazione comporta innumerevoli sfaccet- tature e articolazioni alcune implicazioni sono importanti dal punto di vi- sta dell’educazione informale come ad esempio le influenze reciproche tra culture, stili e modelli di vita differenti, altri fattori rilevanti riguardano i processi migratori, il turismo di massa, gli insediamenti economici dei paesi più sviluppati in quelli meno sviluppati, alle occupazioni militari ecc. Tutto ciò comporta inevitabilmente opportunità di apprendimenti.