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La guerra con gli Avari e la divisione del regno

Il periodo che va dalla conquista dell’Italia alla guerra con l’impero romano per Venezia è anche quello che vede le maggiori vittorie militari di Carlo. La conquista dell’Italia, la sottomissione dei Sassoni e l’avventura spagnola sono tutti grandi successi dell’impalcatura militare e politica costruita dalla dinastia pipinide. Il Friuli diventa, in questi anni, uno dei fronti più caldi dell’impero, infatti se i Longobardi convissero con i propri vicini Slavi ed Avari in maniera più o meno pacifica, con i Franchi la pace non era possibile. Ciò è dovuto non tanto alla predominante caratterizzazione militare di tutti gli aristocratici franchi – come abbiamo visto infatti anche la nobiltà friulana ed austriaca aveva questa auto percezione di sé- quanto all’ideologia stessa che animava la nuova classe dirigente. La vera spinta espansionistica longobarda era rivolta all’ unità della sola Italia, non a caso i re longobardi si auto identificavano come “rex totius Italiae”, mentre quella del regno franco era rivolta a tutti i confini del regno. Gli stessi aristocratici franchi si autocompiacevano della loro rapacità, vedevano infatti nei loro successi una sorta di conferma da parte di Dio della loro missione imperiale487. Era quindi impensabile che essi non tentassero di oltrepassare quella frontiera,

non al solo scopo di arricchimento e di saccheggio, ma con l’obbiettivo di imporre un vero e proprio dominio politico488.

I nuovi signori della marca friulana si mostrarono infatti subito molto attivi dal punto di vista anti-slavo ed anti-avaro, incrementando così il ruolo militare che il Friuli aveva già ricoperto nel regno longobardo489. Il punto di svolta nella regione si ebbe però con l’annessione della

Baviera. Il duca Tassilone, da sempre alla ricerca di nuovi alleati in funzione antifranca490,

venne infine messo alle strette e, dopo essere stato accusato di aver complottato con gli Avari contro il re nel 788, venne deposto e la Baviera assimilata491. Ora che la Baviera era stata

annessa, il regno franco si trovava così a confinare per centinaia di km con la potenza del medio Danubio. I Franchi, cattivi vicini come sempre492, iniziarono a esercitare una forte

pressione sulla frontiera che al tempo era delimitata dal fiume Enns. Non era la prima volta

487 Wickham, L’eredità, cit. a p. 418: “[…] i Franchi erano orgogliosi dell’avidità e del desiderio di potere che li

caratterizzava, prove ai loro occhi della propria valentia”.

488 Settia, Rapine, assedi, battaglie, cit. a p. 11: “Le guerre intraprese dai Franchi mirano però, ben presto, a un

obiettivo più elevato: imporre, cioè, la propria egemonia sui popoli vicini”.

489 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 8.

490 Non a caso fu inserito dal papa fra i probabili sostenitori della rivolta friulana capeggiata da

Rotgaudo.

491 Costambeys, The Carolingian, cit. a p. 70.

492 Recita infatti così un proverbio bizantino del tempo riportato da Eginardo nel suo Vita di Carlo

Magno, 16: “ C C”. Ovvero: “[se] hai un Franco

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che i Franchi avevano a che fare con i cavalieri nomadi del Khanato, in Italia infatti dei predoni Avari avevano poco tempo prima passato la frontiera del Friuli fino ad arrivare alla basilica di S. Zeno nei pressi di Verona, che diedero alle fiamme493. Carlo inviò allora un

ultimatum al Khagan intimandogli di sospendere ogni azione aggressiva contro le popolazioni cristiane e di spostare la frontiera più a sud, sul fiume Danubio, gli Avari risposero con la guerra494. Il Khanato avaro al tempo del confronto con la dinamica potenza

franca non era più una minaccia così grande come lo fu secoli prima. Numerose enclave di popoli Slavi erano anche riusciti a guadagnare la propria autonomia dal Khagan, mentre altre popolazioni eurasiatiche ben più aggressive si stavano ritagliando il proprio posto nella storia europea quali i Bulgari e gli Ungari. Nonostante tutto ciò gli Avari erano ancora un nemico molto pericoloso ed i lunghi preparativi che Carlo organizzò per la guerra ci fanno capire quanto facevano ancora paura. A Regensburg nel 791 Carlo chiamò a raccolta gli araldi e tutto l’esercito, il piano d’attacco franco venne studiato per penetrare direttamente nel cuore del regno avaro. Si sarebbero infatti mosse due colonne che contemporaneamente avrebbero invaso i territori del Khagan. La più numerosa doveva essere quella che dalla Baviera si mosse verso sud-est, rifornita da una flottiglia di barche sul Danubio e guidata da Carlo; mentre dal Friuli un altro esercito al comando del re d’Italia Pipino completò la manovra a tenaglia dirigendosi verso est. I preparativi furono numerosi e previdero anche tre giorni di purificazione e preghiera, il nemico non era infatti uno qualunque, ma gli Avari, i terribili pagani che da un secolo ormai infliggevano sofferenze e morte ai servi di Cristo ed il gregge cattolico495. Quando le armate franche si misero in marcia, il nemico, di fronte all’enorme

esercito raccolto da Carlo, si ritirò facendo terra bruciata tutto intorno; la campagna infine si risolve in un nulla di fatto. Mentre Carlo venne richiamato altrove, fu il duca del Friuli Erico a sbloccare la situazione e vincere la guerra496. Cinque anni dopo l’inizio della guerra infatti,

approfittando di una guerra civile che era scoppiata all’interno del Khanato, Erico lanciò una spedizione che riuscì a saccheggiare il Hringum, il cosiddetto Ring, ovvero la capitale avara, collezionando un immenso bottino che non ebbe eguali nella storia del regno franco497. Esso

493 Barbero, Carlo Magno, cit. a p. 71. 494 Barbero, Carlo Magno, cit. a p. 71.

495 Costambeys, The Carolingian, cit. a p. 72. È molto interessante leggere come nelle fonti la guerra

contro il popolo nomade degli Avari fosse visto come una sorta di guerra santa contro i nemici della cristianità. Annales regni francorum, cit. all’anno 791: “Ad Anisam vero fluvium properantes ibi constituerunt

laetanias faciendi per triduo missarumque sollemnia celebrandi; Dei solatium postulaverunt pro salute exercitus et adiutorio domini nostri Iesu Christi et pro victoria et vindicta super Avaros”.

496 Eginardo, Vita, 13.

497 Annales regni francorum, cit. all’anno 796: “Sed et Heiricus dux Foroiulensis missis hominibus suis cum

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infatti era composto da tutte le ricchezze che gli Avari avevano accumulato in secoli di razzie, tributi e saccheggi; il bottino, distribuito, come affermano i cronisti, da quindici carri trainati ciascuno da quattro buoi, fu inviato ad Aquisgrana dove venne diviso dall’imperatore fra i suoi fedeli ed a chiese e monasteri498. Sempre nel 796 Pipino re d’Italia invase di nuovo i

territori degli Avari sconfiggendoli definitivamente ed eliminando per sempre dalle carte geografiche d’Europa il khanato avaro499. I confini del regno vennero spostati a sudest fino

al Danubio, e la Pannonia superiore entrò così a far parte del grande impero di Carlo500. Ora

che i confini del regno si erano attestati sul Danubio, molto più ad Oriente del Friuli, si può pensare che questo perse ogni sua caratteristica di frontiera, ma così non avvenne. Se il composito regno degli Avari sparì, “Gli Avari”, come ben sottolinea Wickham, “non furono

conquistati, ma di lì a poco scomparvero, sostituiti dalle nuove entità politiche sclavene che rimasero sui confini franco/bavaresi501”, la minaccia, così come le opportunità di conquista, cambiarono solo nome.

La regione da poco conquistata era infatti abitata da un gran numero di popoli Slavi da poco liberatisi dal giogo avaro, che si videro confinare ora con l’espansionismo apparentemente inarrestabile dei Franchi. Non solo, con l’Istria pienamente inserita nel regno franco i popoli Slavi dei Balcani erano ora una minaccia non indifferente, che premeva direttamente sui confini del ducato, non più ora limitato al Friuli stesso. Con il suo centro di potere saldo nell’Austria longobarda, i territori sottoposti al duca Erico erano ora cambiati in base alle necessità belliche ed organizzative che la frontiera imponeva, ampliando così il suo raggio d’azione decisamente verso est. La frontiera era quindi per i Franchi sì un limite superabile, ma estremamente mobile, che poteva essere spostato senza problemi, e così venivano anche riorganizzati i territori di confine, a seconda delle necessità e le minacce che via via si affacciavano sul regno. Non sarebbe sbagliato ritenere, come sostiene Gasparri, che ora anche la Carniola e la Pannonia superiore siano infatti sottoposte al governo del duca friulano502. Il centro del potere del duca Erico rimase però il Friuli storico, invero nel

se principibus, spoliavit, - chagan sive iuguro intestina clade addictis et a suis occisis - thesaurum priscorum regum multa seculorum prolixitate collectum domno regi Carolo ad Aquis palatium misit”.

498 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 8.

499 Annales regni francorum, cit. all’anno 796: “[…] filium suum Pippinum regem Italiae in Pannonias cum

exercitu misso. Cuius legationes ad eum in eadem Saxonia venerunt, una, quae dixit occurrisse ei kagan cum ceteris optimatibus, quem sibi Avares post interfectionem priorum constituerunt; altera, quae dixit Pippino cum exercitu suo in hringo sedere. Et domnus rex peragrata Saxonia cum integro exercitu suo in Gallias se recepit et in Aquis palatio filium suum Pippinum e Pannonia redeuntem et partem thesauri, quae remanserat, adducentem laetus aspexit”.

500 Eginardo esalta la grande vittoria franca che è stata ottenuta, sorprendentemente senza grandi

fatiche, il potere degli avari era infatti in forte calo al tempo della guerra con Carlo, (Wickham,

L’eredità, cit. a p. 418), ricordando come “[…] la guerra fu quasi incruenta per i Franchi ed ebbe un felicissimo esito, anche se si prolungò troppo a causa dell’estensione territoriale coinvolta”. Eginardo, Vita, 13.

501 Wickham, L’eredità, cit. a p. 417. 502 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 9.

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compianto funebre che il patriarca Paolino scrisse in onore della morte del duca, avvenuta nel 799 per colpa di un agguato slavo a Tersatto, le città di Cividale, Osoppo, Cormons, Aquileia, Ceneda e Pola sono indicate come dominio diretto del morto503.

Dopo la compianta morte di Erico non sappiamo con certezza chi prese il governo della marca friulana. In diversi documenti leggiamo i nomi di Giovanni dux de Istria, in carica dall’804, e di due Umfrido, padre e figlio, l’uno succeduto all’altro nel governo della penisola Istriana almeno fino dall’846. Difficile però credere che questi fossero anche conti del Friuli, poiché un duca dell’Istria è già menzionato da Carlo in una sua lettera alla moglie Fastrada, indicandolo come molto attivo nello scontro con gli Avari504. Certo è che fino al governo

dell’alamanno Cadalo, divenuto duca nell’817, non possiamo sapere con certezza la successione di duchi al governo della marca.

Nell’810 divenne re d’Italia in seguito alla morte del padre, il figlio di Pipino, Bernardo. Quattro anni dopo, con la dipartita di Carlo Magno, si iniziarono a muovere tutti quei meccanismi che avrebbero infine portato, senza che nessuno lo potesse prevedere, alla dissoluzione dell’impero fondato da Carlo a soli settant’anni dalla sua morte. Il figlio maggiore di Carlo, Ludovico, detto successivamente il Pio, prese la corona del padre con un colpo di mano dopo aver occupato la capitale Aquisgrana. Egli avviò una sostanziosa attività legislativa e lavorò per assicurarsi la lealtà di tutti i potenti del regno. Il re d’Italia, nonché nipote dell’imperatore, venne però eliminato dalla divisio regni stabilita da Ludovico che indicava Lotario come suo successore e co-imperatore, mentre il figlio Pipino avrebbe regnato sull’Aquitania e Ludovico sulla Baviera. Temendo di essere escluso dal potere e deposto dal suo trono, Bernardo allora si ribellò contro lo zio, chiudendo gli accessi all’Italia e inviando l’esercito alle clusae alpine. Forse ebbe l’intento di consolidare il suo potere politico nella penisola e di rafforzare l’autonomia del regno Italico; ma nonostante ciò la rivolta fallì, Bernardo fu preso con l’inganno ed accecato505. Il regno d’Italia rimase così sprovvisto di un

503 Annales Regni Francorum, cit. all’anno 799: “Ericus dux Foroiuliensis, post tot prospere gestas iuxta

Thersaticum Liburniae civitatem insidiis oppidanorum oppressus est”. Il compianto è in Paulini Aquileiensis carmina, in Poetae latini aevi carolini, Monumenta Germania Historica Tomus I, Ernestus Dummler, München,

1978, cit. a pp. 123-148: “10. Ubi cecidit vir fortis in proelio/ clipeo fracto, cruentata romphea;/ lancae summo

retunso nam iaculo/ sagittis fossum fundis saxa fortia/ corpus iniecta contrivisse dicitur”. Interessante notare

come Eginardo inserisce la morte di Erico nel contesto della guerra avarica, anche se come sappiamo furono molto probabilmente dei ribelli slavo-croati ad ucciderlo, scrive infatti: Eginardo, Vita, 13, “Soltanto due personaggi di rilievo dei Franchi morirono in questa guerra: Erico, duca del Friuli, in Liburnia presso

la città di marittima di Tarsatto, caduto in un agguato degli abitanti […]”

504 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 9. La citata lettera è in MGH, Epistolae, IV, ed. Dummler, Berolini

1895, P. 528.

505 Andrea da Bergamo, Chronicon, 8. “Coniux vero eiusdem Hludowici, Hermengarda nomine, inimicitia contra

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re fino all’822, quando venne inviato a Pavia Lotario, il primogenito di Ludovico. Questo assunse presto un atteggiamento di avversione contro il padre, volendone prendere il posto e considerandolo inadatto al governo. La contesa esplose quando Ludovico iniziò a favorire il suo ultimo figlio, avuto da seconde nozze, Carlo. Ciò portò ad una definitiva rottura dell’unità imperiale in seguito ad una serie di scontri che videro come teatro il centro del regno franco lasciando in disparte le sue periferie, che divennero però la base del potere dei diversi antagonisti. In seguito alla morte del padre il conflitto si fece sempre più violento fra i fratelli, fino a che nell’841 nei pressi di Fontenoy i seguaci di Lotario vennero duramente sconfitti durante una sanguinosa battaglia che secondo i cronisti dell’epoca falcidiò il fiore dell’aristocrazia del regno. Con il trattato di Verdun dell’843 la divisione dell’impero in regni minori fu definitivamente sancita: a Lotario fu assegnata l’Italia, insieme al titolo imperiale ed una fascia di territori che dalla Borgogna arrivava fino al Mar del Nord. A Carlo il Calvo andò il regno franco Occidentale, mentre a Ludovico il Germanico quello Orientale, che di lì a poco avrebbe appunto assunto il nome di Germania. La tensione rivolta alla conquista della corona da parte dei figli di Ludovico il Pio fu accentuata anche dal fatto che, esauritasi la spinta espansiva al di fuori dei confini del regno, le aristocrazie fedeli ai vari re non potevano più arricchirsi a spese dei vicini, e furono dunque obbligate a cercare di aumentare le proprie ricchezze all’interno del regno. Vengono così privilegiati i sovrani periferici rispetto al centro imperiale, poiché questi potevano soddisfare le crescenti richieste delle aristocrazie di redistribuire la ricchezza506.

L’attività anti-slava dei duchi Friulani non si esaurì, come abbiamo detto, con la morte di Erico, al contrario ora che il conte del Friuli governava anche su tutti i nuovi territori conquistati essa fu invece accresciuta. Fra il Danubio e l’alto Adriatico numerose popolazioni slave resistevano alle pressioni carolinge, impegnando così i duchi del Friuli in numerosi anni di guerra. Come abbiamo infatti visto, anche dopo la distruzione del regno avaro, sollevazioni, rivolte e scontri erano all’ordine del giorno, ed in uno di questi perse la vita il compianto e vittorioso duca Erico507. Ludovico il Pio dovette organizzare per cinque anni

sacramenta fidem suscepit, Francia iturus est. Qui mox ut illa potuit, sicut audivimus, nesciente imperatore, oculi Bernardi evulsit; ab ipso dolore defunctus est, postquam quinque regnaverat annos, duo sub Carolo, tres sub Hludowicus”.

506 Gasparri, La Rocca, Tempi, cit. a p. 269. Wickham, L’eredità, cit. a p. 417: “È stato sostenuto che la

situazione ebbe a comportare gravi conseguenze per i Franchi, poiché l’aristocrazia doveva adesso ingrandirsi all’interno dei regni franchi, non all’esterno; di conseguenza, gli stessi re andarono incontro a maggiori difficoltà”. Anche

Costambeys, The Carolingian, cit. a p. 159: “The tailing-off of the wars of conquest in the 790s, and their cessation

in the very 800s, catalysed a dramatic shift in this culture which meant the roles of every member of the elite from the royal family downwards had to be redefined”.

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spedizioni contro un duca ribelle, Ljudewit, che era riuscito a riunire intorno a sé la maggior parte delle popolazioni slave della regione. Questo Liudewitus, fu duca della bassa Pannonia e riuscì a tenere in scacco il potere franco per numerosi anni, a governare il Friuli durante questa minaccia fu il conte Cadalo508. Incontriamo per la prima volta il nome di questo conte

in un documento giudiziario, esso viene infatti denunciato da un messo bizantino, tale Niceforo, per quanto riguarda le azioni poco chiare contro numerosi notabili Slavi e Romani509. Lo stesso duca friulano verrà accusato presso l’imperatore di crudelitas e insolentia

proprio da Ljudewit, poco prima di dar vita alla sua rivolta510. La guerra contro il ribelle si

trascinò per molti anni, con numerose spedizioni dal Friuli, dalla Baviera e dalla Carinzia, ma infine il duca slavo fu sconfitto, quando ormai Cadalo era già morto. Sappiamo infatti che nell’819 nuovo conte friulano era Baldrico, il quale, approfittando della situazione militare che gli si parò davanti, ottenne la sottomissione di Carinzia e Carniola che si erano precedentemente alleate con Ljudewit511. La marca friulana, che dall’Italia nordorientale si

allungava ora fino alle regioni dell’Istria, della Carinzia e della Carniola, era una delle frontiere più calde dell’impero, viste le costanti rivolte dei principi slavi e l’incessante minaccia dei popoli nomadi che arrivavano da est. Fu proprio il successo di un’invasione bulgara in Pannonia a causare la fine politica di Baldrico, che, incapace di prevedere e respingere l’attacco, venne deposto, mentre la grande marca friulana venne ridivisa fra quattro conti512.

La supremazia dei conti friulani nella regione dell’alto Danubio e delle attuali Croazia e Slovenia venne così ridotta al solo centro storico nell’Italia del nord-est. Con ciò non vuole dire che il dominio diretto dei conti friulani fosse indiscusso, sappiamo infatti che a fianco di Baldrico doveva esserci un certo Geroldo, come ufficiale preposto alla difesa del confine avarico e pannonico513. Nel processo generale di diminuzione della spinta espansionistica dei

re franchi, anche il Friuli ridisegnò le sue funzioni di marca, rimanendo attivò sì in funzione anti-slava, ma in modo ora puramente difensivo. L’attività del nuovo duca Everardo sarà

508 La narrazione di questa guerra è leggibile negli Annales Regni Francorum, vedere il bellum Liudewiticum,

pp. 149-156, 158, 161.

509 Cadalo viene chiamato in causa poiché lui era responsabile della cura della frontiera, “illorum

confinium cura pertinebat”, e viene infatti inviato in Dalmazia con due missi per risolvere la questione.

Vedere Annales Regni Francorum, cit. all’anno 817.

510 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 9.

511 Annales Regni Francorum cit. all’anno 818, 819, 820. Per chiarire il quadro geopolitico della regione

vedere Curta, Southeastern Europe, cit. a pp. 134-137. Annales regni francorum, cit. all’anno 820: “Quibus domum reversis Carniolenses, qui circa Savum fluvium habitant et Foroiuliensibus pene contigui sunt,

Baldrico se dediderunt; idem et pars Carantanorum, quae ad Liudewiti partes a nobis defecerat, facere curavit”.

512 Gasparri, Istituzioni, cit. a p. 10. Annales, cit., all’anno 828: “Similiter et Baldricus dux Foroiuliensis, cum

propter eius ignaviam Bulgarorum exercitus terminos Pannoniae superioris inpune vastasset, honoribus, quos habebat, privatus et marca, quam solus tenebat, inter quattuor comites divisa est”.

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rivolta infatti alla difesa dei confini orientali, ma anche di quelli meridionali contro i Saraceni, in armonia con le politiche del regno d’Italia.