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Haller e l’incontro con l’altro da sé

CAPITOLO 4 HERMANN HESSE:

2. H ERMANN H ESSE E IL SUO TEMPO

3.5 Haller e l’incontro con l’altro da sé

La cena dal professore, e la breve ma intensa discussione che ne era seguita, avevano lasciato Haller nello sconforto completo. Angosciato e depresso, sente il peso della vita, ha paura della morte ma soprattutto ha paura di se stesso e del confronto con la sua fallimentare esistenza. Decide allora di passare la notte fuori casa. Si rifugia in una bettola della periferia, poi in un’osteria, poi in un’altra, finché decide di fermarsi su una panchina, sull’orlo di una fontana, su un paracarro, a meditare sul suo destino. Si ritrova, a tarda notte, in una trattoria dalle cui finestre uscivano violente musiche da ballo, una musica “impetuosa”.

Il locale è “All’Aquila Nera”, non certo un caso se coincide con il nome suggerito proprio quel giorno dall’uomo presente al funerale, cui Haller aveva partecipato per pura curiosità. E non è neanche un caso che proprio in quel locale Haller incontri una fanciulla misteriosa, che scoprirà chiamarsi Herminie, e che con lei si abbandoni subito a facili confessioni su questioni alquanto personali. È a questa donna, infatti, che confessa di non poter tornare a casa ed è lei che comincia impercettibilmente a prendersi cura di lui: Herminie si dimostra attenta alle sue esigenze e allude ai suoi problemi e alle sue paure, mentre Haller si lascia ammaliare dalla dolcezza delle sue parole, senza neanche chiedersi come faccia, quella sconosciuta, a conoscere alcuni degli aspetti più reconditi della sua personalità. Tuttavia si rende conto, anche se in modo confuso, quasi come se

121 avesse il cervello annebbiato, che quella ragazza ha un’aria familiare:

Indem ich sie ansah, wollte mir scheinen, sie gleiche der Rosa Kreisler, dem ersten Mädchen, in das ich mich einst als Knabe verliebt hatte, aber die war ja bräunlich und dunkelhaarig gewesen. Nein, ich wusste nur, es war etwas aus sehr früher Jugend, aus der Knabenzeit (Hesse, Steppenwolf, 114-115)235.

Il confronto con Herminie è subito molto duro, perché coinvolge una sfera piuttosto personale, relativa alla concezione della vita e al modo di affrontare le avversità e i momenti di lacerazione interiore. Confessa di non aver mai ballato e per questa mancanza riversa la colpa sui suoi genitori236. Eppure, è dai genitori che ha avuto gli strumenti per portare avanti i suoi studi, per viaggiare e imparare anche a fare della musica: tutte attività difficili, come sostiene anche Herminie, che lo hanno reso saggio, nonostante lo abbiano costretto a trascurare attività e questioni più semplici.

Per Haller, Herminie è, fino a questo momento, ancora una sconosciuta, seppur inspiegabilmente consapevole del dramma interiore e sociale di Harry, a sua volta ignaro dell’importanza che rivestirà la donna nella sua vita. Nel romanzo, Herminie assume il ruolo di uno psicopompo, del Caronte che trasporterà la parte

235 Guardandola mi parve che assomigliasse a Rosa Kleisler, la prima fanciulla della quale mi ero

innamorato da ragazzo, ma quella era di pelle scura e aveva i capelli neri. Insomma, non ricordavo a chi somigliasse questa fanciulla, sapevo soltanto che era un ricordo della mia prima giovinezza (Hesse, Il lupo della steppa, 85).Anche più avanti, un po’ prima che Herminie lo lasciasse da solo per qualche ora, Haller ha l’impressione di aver già incontrato quel volto: “Wieder erinnerte sie mich an jemand – an wen? Es war nicht zu finden” (Hesse, Steppenwolf, 121; trad. it. “E di nuovo mi rammentò qualcuno. Chi? Non riuscivo a ricordare” [Hesse, Il lupo della steppa, 89]).

236 L’influenza della filosofia di Nietzsche su Hermann Hesse è particolarmente evidente in questo

romanzo. La critica all’educazione borghese che Haller dice di aver ricevuto dai suoi genitori richiama chiaramente quella sfera di giudizi e disapprovazioni al sistema educativo tedesco che il filosofo aveva mosso con le cinque conferenze tenute nel 1872 presso la Società Accademica di Basilea che vanno sotto il titolo Sull’avvenire delle nostre scuole. Attraverso questi interventi, Nietzsche puntava a difendere la soggettività dell’individuo da un sistema educativo omologante e repressivo che avrebbe condotto la gioventù tedesca alla mediocrità.

122 morta di Haller237 verso l’inferno, il teatro magico. È infatti Herminie che conduce questo Haller “dimezzato” alla completa comprensione di sé, facendogli conoscere il ritmo vibrante della vita attraverso la danza. Durante quella serata e non solo, Herminie è quindi un’attenta ascoltatrice del suo dramma. Haller le racconta dell’esperienza disastrosa trascorsa a casa del professore, dove l’apparente armonia della cena si era gradualmente affievolita e sfaldata a causa di pareri divergenti su temi di carattere sociale e politico, ma anche su temi più strettamente legati alla cultura, come quelli riguardanti il ritratto di Goethe, una riproduzione poco fedele, poco aderente all’originale, spiega il protagonista, del sommo poeta:

[…] nun haben sie da dies geschmacklose, verfälschte, versüßte Bild stehen und finden es herrlich und merken gar nicht, dass der Geist dieses Bildes genau das Gegenteil von Goethes Geist ist (Hesse, Steppenwolf, 118)238.

Herminie approfitta di quel racconto per mettere in luce la mancanza di ironia di Haller, un elemento chiave della vita dell’uomo; per questo fa riferimento alla sua presunta saggezza: “Wenn er klug wäre. so würde er uber den Maler und den Professor einfach lachen” (Hesse, Steppenwolf, 119)239, e anticipa così uno dei temi che verrà sviluppato nell’episodio che si svolgerà nel teatro magico240. Harry intravede in Herminie una possibilità di cambiamento, un sollievo al suo dolore che deriva in gran parte del suo conflittuale rapporto con la vita. Teme infatti che quella donna, ancora per lui senza nome, possa lasciarlo da solo “ und dann würde alles

237 Dopo la cena dal professore, Haller dichiara la vittoria completa del lupo della steppa sull’uomo

che, secondo lo stesso protagonista, alberga in sé.

238 […] tengono qui questo ritratto dolciastro, falsato, insulso, e lo considerano bellissimo e non si

accorgono che lo spirito di questo ritratto è esattamente il contrario dello spirito di Goethe (Hesse,

Il lupo della steppa, 87).

239 “Se fosse saggio, riderebbe […] del professore” (Hesse, Il lupo della steppa, 88).

240 Nella stessa sera del primo incontro con Haller, oltre all’accenno alla qualità dell’ironia che il

protagonista dovrebbe acquisire, Herminie fa riferimento alla necessità di saper danzare come sinonimo di vita, e allo specchiarsi come mezzo per la comprensione di sé e l’accettazione del proprio essere.

123 wieder, wie es vorher gewesen war” (Hesse, Steppenwolf, 120)241. Ma Herminie lo rassicura e, con la sua voce suadente e nello stesso tempo materna, lo convince a riposare, così che Haller, nonostante la musica e i rumori del locale, riesce ad addormentarsi. È in questo mondo altro, il mondo dei sogni, che Haller è protagonista del suo primo incontro con gli immortali. In quanto esperienza immateriale dove si elaborano alchimie interiori e si concentrano contenuti di alto valore simbolico, il sogno si rivela lo spazio-tempo in cui si annunciano cambiamenti futuri che nascono da ferite passate, da sospensioni di passato insoluto. L’immaterialità del sogno, proiezione dell’anima lacerata di Haller, si fonde dunque con la più abietta realtà, quella che Haller ha vissuto fino a quel momento.

Haller sogna di essere giunto dal signor von Goethe per conto della redazione di un giornale. A lui il protagonista si sente libero di esprimere le sue personali riserve sulle idee e sulla sincerità dello stesso Goethe, il quale, di fronte a queste velate accuse, contrappone saggiamente un sorriso, con cui intende insegnare ad Haller come godere intensamente degli attimi della vita terrena senza dover angosciosamente anelare alla morte o precederla con il suicidio242.

È sempre durante il colloquio con Goethe che Haller espone anche le proprie idee sulla vita umana e sull’attimo, e dunque sull’eternità e sulla morte, sulla considerazione della vita come un canto, così come lo stesso Goethe e il grande Mozart avevano suggerito in molte delle loro opere243. Mentre parla di sé,

241 “e che tutto [torni] di nuovo come prima” (Hesse, Il lupo della steppa, 88-89).

242 Per l’analisi sul significato dell’ironia e dell’umorismo in Der Steppenwolf si rimanda al

paragrafo 4.

243 Goethe e Mozart sono i due immortali alla cui volontà Haller si rimetterà. In particolare, nel

sogno Goethe cita provocatoriamente Die Zauberflöte (trad. it. Il flauto magico, 1791) di Mozart che, come Goethe stesso afferma “Die Zauberflöte stellt das Leben als einen köstlichen Gesang dar” (Hesse, Steppenwolf, 92; trad. it. “rappresenta la vita come un canto delizioso” (Hesse, Il lupo della

124 Goethe sfoggia “eine[n] kleinen Lächeln”, “lächelte er ganz durchtrieben”, “lachte laut”, “lachte still und lauto, lachte heftig in sich hinein mit einem abgründigen Greisenhumor” (Hesse, Steppenwolf, 126,127, 128)244. Spiega, quella creatura dai contorni indefiniti, che assomigliava ora a Goethe, ora a Schubert245, che per gli immortali lo scherzo, l’ironia, è qualcosa che fa parte del loro essere, mentre la serietà è una nota del tempo, che nasce da un’erronea ed inopportuna sopravvalutazione del tempo. Goethe quindi ribadisce la relazione tra l’eternità e il sorriso, l’ironia, lo scherzo:

Auch ich habe den Wert der Zeit einst überschätzt, darum wollte ich hundert Jahre alt werden. In den Ewigkeit aber, siehst du, gibt es keine Zeit; die Ewigkeit ist bloß ein Augenblick, gerade lange genug für den Spaß (Hesse, Steppenwolf, 93)246.

Si scopre, a questo punto, che Haller non ha mai saputo stabilire una sana relazione né con se stesso, né con la vita e non ha neanche un buon rapporto con la temporalità. Il suo disagio nei confronti della vita si riflette, in fondo, anche nella sua incapacità di ballare247, che si manifesta quando Herminie lo invita a unirsi alle danze ed egli si dichiara totalmente inesperto. Non è un dettaglio di poco conto se, nel sogno, l’attenzione di Haller è catturata proprio dal modo impeccabile con cui Goethe esegue passi e figure di danza, dalla scioltezza con cui si addentra in ciò

244 “un breve sorriso”, “sorrideva d’un sorriso astuto”, “si mise a ridere”, “rideva in silenzio, rideva

tra sé di una profonda allegria di persona anziana” (Hesse, Il lupo della steppa, 91-93).

245 È curioso che Hesse decidi di descrivere l’immagine onirica di Haller come somigliante a Goethe

(1749-1832) e a Franz Schubert (1797-1828). Notoriamente, infatti, Goethe visse più di ottant’anni mentre il compositore austriaco morì appena trentenne. La contrapposizione di due istanze complementari (in questo caso vecchio-giovane) sembra alludere alla scissione interiore che vive Haller e potrebbe rientrare nel concetto di “simbolizzazione” onirica teorizzata da Freud in Die

Traumdeutung (1900).

246 “Anch’io una volta stimavo troppo il tempo e desideravo però di arrivare a cent’anni. Ma

nell’eternità, vedi, il tempo non esiste; l’eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo” (Hesse, Il lupo della steppa, 127).

247 Come messo in evidenza nel paragrafo successivo, la danza suggerisce una stretta relazione con

125 che definisce “l’arte di ballare”.

Il sogno, inoltre, è percorso dalla presenza di un inquietante scorpione, che Haller non riesce mai ad avvicinare. Il riferimento allude a una simbologia che aderisce alle credenze popolari come a quelle più direttamente connesse con le teorie dell’inconscio. Nell’immaginario collettivo, infatti, lo scorpione è un animale pericoloso e dall’aspetto minaccioso che incarna tutta l’ambivalenza del simbolo del serpente, ovvero gli elementi antitetici di morte e vita, di angoscia e passione248. Lo scorpione che compare in sogno ad Haller, richiama tuttavia quella forza istintiva e selvaggia degli stati più profondi dell’essere che può contribuire alla “morte”, seppur simbolica, di qualche aspetto della vita del sognatore, per portare, successivamente, forza ed energia vitale249.

D’altra parte, per Hesse, il risveglio dal sogno, che è talvolta confortevole presagio, altre volte incubo inquietante, riveste un ruolo determinante perché evidenzia il manifestarsi, dall’inconscio, di reconditi desideri o paure dimenticate. In Der Steppenwolf, infatti, lo scorpione è presagio di cambiamento, ed è solo uno dei simboli che preannuncia il dramma della profonda crisi di Haller che andrà in scena nella sezione del teatro magico, dove egli scoprirà di essere non solo un essere duale − in cui bene e male, buono e cattivo, borghese e antiborghese si contrastano e si compenetrano − ma un’anima multiforme, in cui questi elementi dimostrano di avere una miriade di sfaccettature.

248 Tutta la prima parte del romanzo è pervasa da elementi opposti e ossimorici, a partire dalla

dualità che Haller e il Bürger identificano nell’anima del protagonista e il riferimento a Nietzsche e all’opposizione apollineo-dionisiaco.

249 Lo scorpione, inoltre, per la sua capacità di difendersi e di combattere, può simboleggiare il

bisogno di autodifesa e di protezione degli aspetti vulnerabili della personalità, caratteristica perfettamente calzante per la storia di Harry Haller.

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