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V OCI E SUONI CHE SEDUCONO : INGANNI E TRADIMENT

CAPITOLO 3 ITALO SVEVO:

5. V OCI E SUONI CHE SEDUCONO : INGANNI E TRADIMENT

Dopo qualche anno di vita matrimoniale condotta secondo le regole borghesi di una normale coppia triestina del primo Novecento, Zeno intraprende una relazione clandestina con la giovane e procace Carla Gerco, studentessa di canto poco talentuosa.

Al contrario di Ada, la cui voce si addolcisce solo in età avanzata e a seguito della malattia che la colpisce poco dopo il matrimonio con Guido, Carla possiede una voce musicale e armoniosa, sebbene all’inizio non riveli grandi attitudini musicali. Zeno ha modo di accertarsi quasi immediatamente delle capacità vocali di Carla, giacché, durante il loro primo incontro organizzato dall’amico Copler, alla giovane viene chiesto di dar prova delle sue qualità canore. Così, dopo qualche momento di esitazione dettato dal timore di essere sottoposta a giudizi critici, Carla esegue, accompagnandosi al pianoforte, la romanza da camera di Augusto Rotoli96, “La mia bandiera”. La scelta di Svevo di presentare, a questo punto del romanzo, l’esibizione di una canzone popolare, si discosta considerevolmente dalla precedente citazione colta di Bach e della “Chaconne”. La romanza di Rotoli, inoltre, è indicata per la voce maschile del baritono che possegga anche capacità tecniche elevate e dunque non è adeguata alla voce di una fanciulla ancora incapace di certi virtuosismi canori. Come la “Chaconne” era stata per Guido la metafora della sua ricchezza interiore e delle sue potenzialità di uomo e musicista, così “La mia bandiera” diventa lo strumento attraverso il quale Carla esprimerà la sua inadeguatezza nel canto, caratteristica che accomuna la sua anima a quella di Zeno.

96 Augusto Rotoli (1847-1904), compositore e insegnante di canto prima a Roma e poi, dal 1885, a

66 Nel corso del romanzo, da parte di Zeno non mancano i riferimenti all’universo acustico dei personaggi con cui si relaziona. Zeno rivela che con il canto la voce di Carla Gerco “perdeva ogni musicalità” (Svevo, Coscienza, 181) e che la musica che lei stessa produceva al pianoforte non contribuiva al miglioramento dell’esecuzione. Tuttavia quella voce immatura risulta, alle orecchie di Zeno, simile al canto di una sirena e ne rimane ammaliato. Probabilmente Zeno è anche − e forse soprattutto − attratto dall’idea di trasgressione, dalla volontà di variare quella nota tediosa interna alla propria coscienza, quella nota il cui registro neanche il matrimonio aveva contribuito a modificare. Ed è anche attratto dalla perseveranza di Carla, dalla sua volontà di migliorare e di sfruttare al meglio le proprie potenzialità, così che il suo primo regalo è un trattato di tecnica vocale, indicato nel testo come il “Trattato completo dell’Arte del Canto (Scuola di Garcia) di E. Garcia (figlio) contenente una Relazione sulla Memoria riguardante la Voce Umana presentata all’Accademia delle Scienze di Parigi” (Svevo, Coscienza, 186). Il testo, ricorda Mario Lavagetto parlando di “libro destinato a fare da Galeotto”, nella realtà corrisponde al Traité complet de l’art du chant di Manuel Patricio Rodriguez Garcia, edito a Parigi nel 1840. Zeno legge a Carla le pagine di questo testo traducendole talvolta in italiano, talvolta in triestino, convinto che ciò possa contribuire ad affinare la vocalità della sua allieva. E infatti il miglioramento di Carla si snoda nel corso di lunghi pomeriggi di esercizio e di studio accurato di popolari canzonette triestine: così ben presto “la voce di Carla s’ammorbidì e divenne più flessibile e più sicura” (Svevo, Coscienza, 248).

Con Carla, Zeno attiva i suoi più nascosti sensori uditivi e critici e si fa specchio parlante di un’esigenza sconosciuta alla stessa Carla, la quale viene pazientemente accompagnata da Zeno alla maturazione, al cambiamento di genere,

67 nonché all’individuazione del proprio ambiente sonoro, alla ricerca della sua essenza più intima (Favaro, 210). La giovane cantante comincia a includere, nel suo repertorio, anche canzoni italiane e brani classici di Mozart97 e Schubert98. Tuttavia, a rendere Zeno consapevole della femminilità di Carla e a dar prova, ancora una volta, delle capacità disvelatrici della musica, era stata una maliziosa canzonetta popolare, “No Steme a Tormentar!”99 che Carla canta in una sorta di recitativo, di Sprechgesang100. La canzone è una sorta di “confessione” (Svevo,

Coscienza, 239) di Carla a Zeno e ha per entrambi un inaspettato effetto liberatorio. Zeno accoglie il messaggio di Carla e, per la prima volta, quell’allieva appare ai suoi occhi non come una serva da istruire, ma come una donna, in tutta la sua grazia e la sua bellezza.

Ancora una volta, dunque, la musica sfodera le sue potenzialità seduttive e chi la pratica o la ascolta rimane inevitabilmente irretito dal suo fascino. Il musicista dilettante Zeno era riuscito a sedurre l’inesperta Augusta con il suono imperfetto del suo violino e, in qualità di esperto ascoltatore, Zeno viene a sua volta sedotto dalla vocalità aspra della principiante cantante Carla. Nel romanzo, dunque, si ripresenta, ancora una volta, l’ingannevole triangolo seduttivo che trova Zeno quasi del tutto impreparato come la prima volta. Quando Zeno assiste, inerme e spaventato, alla perfetta esecuzione di Guido in casa Malfenti, la bella Ada, che egli tanto aveva sperato di sposare, rimane ammaliata dal suono assoluto del

97 Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), compositore e pianista austriaco di fama internazionale,

autore di opere e brani strumentali considerate tra le più belle e significative pagini della storia della musica.

98 Franz Peter Schubert (1797-1828), compositore austriaco, è autore di meravigliosi quartetti

d’archi, composizioni per musica da camera e vocale.

99 “No Steme a Tormentar!” è stata scritta nel 1890 da Bruno Guisa, conosciuto anche come Ugo

Urbanis.

100 Lo Sprechgesang è il canto parlato, declamato, sintesi di recitazione e canto. Fu introdotto da

Arnold Schönberg (1874-1951) nel Pierrot Lunaire, composto nel 1912, considerato una sorta di manifesto dell'espressionismo musicale e dunque una delle opere fondamentali per capire l'evoluzione della musica del Novecento.

68 violino di Guido e Zeno è costretto a cambiare i suoi piani. È infatti questa la prima occasione in cui Zeno rimane vittima di una pesante sconfitta con la dea musica, sconfitta che con Carla egli pensava di poter esorcizzare optando per il silenzio del suo violino. Ma Zeno si sbaglia per la seconda volta. La tranquillità della scena viene infatti interrotta da un personaggio che, come Guido, ha i mezzi adatti a sfidarlo. Vittima e nello stesso tempo primo attore del gioco di seduzione attivato dalla voce oramai perfezionata−anche se ancora perfettibile−di Carla è in questo caso il maestro Vittorio Lali, che lo stesso Zeno aveva ingaggiato per aiutare lo sviluppo della vocalità di Carla. In questo caso Zeno si è trovato a “combattere” non più con il valente musicista Guido ma con un vero e proprio professionista che seduce a sua volta la seducente Carla con la musica del suo pianoforte.

La musica dunque tradisce ben due volte il fiducioso Zeno: quando egli è ancora alla ricerca della compagna della sua vita e quando si trova a vivere la sua storia extraconiugale con l’inesperta cantante. Nel suo presente, nel momento in cui scrive, il ricordo di quell’amore clandestino gli riporta alla mente una “Ninna Nanna” di Schubert, che “echeggia all’orecchio come un rimprovero” (Svevo,

Coscienza, 248), perché era stato lo stesso Schubert a fare da sfondo all’epilogo della sua relazione con Carla: il loro addio è sancito infatti sulle “note sincopate del «Saluto» dello Schubert ridotto dal Liszt” (Svevo, Coscienza, 269) eseguite, ironia della sorte, dal maestro Lali, suo antagonista e trionfatore.

Svevo non si accontenta di concludere qui la storia degli incroci musico- seduttivi del romanzo. Così, nel flusso disordinato degli eventi della vita di Zeno, inserisce la vicenda della relazione di Guido con Carmen, la giovane ragazza assunta come segretaria del suo ufficio commerciale. Anche in questo caso la musica ha un ruolo fondamentale, di unione di due anime, quelle di Guido e

69 Carmen, e di disgiunzione di altre, quelle di Guido e Ada.

A proposito delle donne di Guido, il narratore evidenzia le caratteristiche delle loro voci. Entrambe hanno una voce poco suadente nel parlato: Ada, destinata a diventare sua moglie, ha una voce “seria” e “bassa” (Svevo, Coscienza, 76) mentre Carmen, destinata a diventarne l’amante, possiede una voce “stonata” e “roca” (Svevo, Coscienza, 287, 304). Inoltre, né Ada, né tanto meno Carmen, possiede doti musicali. Dal punto di vista sentimentale e personale, dal racconto dettato dalla coscienza di Zeno, Guido emerge come un opportunista poco riflessivo, quasi solo esclusivamente intento a dar prova del suo innegabile virtuosismo con il fine unico della seduzione. Guido aveva, infatti, conquistato Ada con la “Chaconne” e ora si cimenta nella conquista di Carmen “con delle bellissime variazioni sul ‘Barbiere’” (Svevo, Coscienza, 301). Così, dopo Bach, Svevo inserisce un’altra citazione musicale classica, limitandosi in questo caso ad accennare agli effetti dell’esecuzione101. Il riferimento a Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini102 non ha però niente del carattere drammatico della “Chaconne”. È anche vero che sono due forme musicali diverse, difficilmente comparabili se non su piani palesemente sfalsati. Tuttavia, l’unico aspetto che permette di accostarli e rintracciabile nel romanzo di Svevo, è quello per cui entrambe vengono eseguite da Guido in quanto variazioni su tema103. Il Barbiere di

Siviglia non è un’opera strumentale ma un’opera buffa, un misto di voce, azione, costumi e musica che, secondo una tendenza tipicamente rossiniana, è spesso costruita su motivi in stile fugato, con temi che si ripetono e si rincorrono in un fluire brioso di ritmi e melodie. Il carattere vivace di questa commedia a lieto fine

101 In questo caso non sono descritti l’esecuzione del brano e il momento della ricezione musicale. 102 Gioacchino Rossini (1792-1868) compone le musiche de Il Barbiere di Siviglia sul libretto di

Cesare Sterbini. La commedia venne rappresentata per la prima volta a Roma nel febbraio del 1816.

103 Si ricorda che la “Chaconne” è il quinto ed ultimo movimento della Partita n. 2 in Re minore di

70 sembra essere lo specchio del carattere esuberante del giovane Guido Speier, sebbene la vicenda di Guido, in realtà, avrà tutt’altro che un lieto fine. D’altra parte, a proposito di Guido, Zeno ricorda che, “parallelamente alla sua sicurezza sul violino, correva anche la sua disinvoltura nella vita” (Svevo, Coscienza, 287). Ed è stato forse un eccesso di disinvoltura a condurre lo stesso virtuoso musicista al suicidio. Più volte Zeno si riferisce a Guido con delle metafore musicali, la più significativa delle quali è quella utilizzata in riferimento al bilancio della sua attività commerciale. Zeno riconosce la bravura che Guido aveva dimostrato in casa Malfenti molti anni prima ma scopre anche di quali stonature era stato capace, negli anni, nell’ambito lavorativo:

Egli stonava. Sì: bisognava dire proprio così; quel grande musicista stonava! (Svevo, Coscienza, 333).

Le stonature cui si accenna non sono solo di carattere professionale ma coinvolgono anche la vita familiare di Guido. Il violino, mezzo di seduzione e specchio della sua anima, per Ada diventa col tempo un tormento. Zeno, interprete dell’intimo sentire di Ada, dichiara: “Non soltanto Guido la tradiva, ma quando era in casa suonava sempre il violino” (Svevo, Coscienza, 301), come se quei suoni sottolineassero e acuissero il suo dolore. Dunque, quello stesso strumento che aveva affascinato in passato la giovane e bella Ada e che l’aveva avvicinata all’anima di Guido, ora è diventato oggetto di disprezzo. È la stessa Ada a rivelare a Zeno che il violino è “l’espressione più completa del suo grande animo” (Svevo,

Coscienza, 402). Ma Zeno sapeva che Ada “soffriva orrendamente per il suono del violino (317) e che, poiché era sempre stato la proiezione dell’anima di Guido, Ada proiettava il suo odio per l’indifferenza del marito proprio su quello strumento. Dunque il violino appare, in questo romanzo, un veicolo e motivo di sofferenza,

71 prima per Zeno che si vede denigrato e posto su un piano di inferiorità nel famigerato salotto Malfenti, ora per Ada, che il marito trascura per dedicarsi alla musica. Ed è proprio quell’episodio che torna fra i ricordi di Zeno durante un colloquio con Ada riguardo alla situazione finanziaria di Guido:

A poco a poco ricordai il violino di Guido eppoi come mi avrebbero gettato fuori di quel salotto se non mi fossi aggrappato ad Augusta (Svevo, Coscienza, 349).

Augusta, che pure non era la più bella delle sorelle, si è rivelata per Zeno la moglie ideale, e riscopre il sopito sentimento nei suoi riguardi grazie all’unione temporanea con Carla e alla crisi del matrimonio di Ada.

È interessante notare come le due amanti, Carla e Carmen, posseggano due nomi assonanti e come l’una sia più espressiva nel parlato che nel canto, mentre l’altra sia completamente distante dalla musica. A ciò si aggiunge un particolare suggestivo: nessuna delle quattro donne sentimentalmente coinvolte con Zeno e Guido è una musicista professionista, anche se Carla probabilmente lo diventerà sotto la guida di Lali.

La modalità in cui si manifesta la musicalità delle donne del romanzo alimenta l’idea secondo la quale la musica potrebbe essere un collante di anime più o meno efficace. Le donne di Zeno che hanno un legame con la musica ma che in realtà sono solo delle dilettanti, così come un dilettante è Zeno, riescono a mantenere una sorta di equilibrio nel rapporto di coppia: dopo la parentesi con Carla, Zeno tornerà a vivere con la sua Augusta, e Carla si unirà a Vittorio Lali. Diverso sembra essere il ruolo della musica nelle coppie Guido-Ada e Guido- Carmen, dove gli equilibri risultano molto più precari: il valente violinista Guido si unisce a due persone totalmente lontane dal mondo musicale e pertanto la musica

72 sembra assumere le vesti di una forza capace di “unificare i contrari” − secondo la concezione pitagorica dell’arte dei suoni − ma è anche elemento che non tarda a rivelare la propria debolezza, perché rivela una flebile capacità di creare unioni, del tutto temporanee, instabili, effimere.