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CAPITOLO 4 HERMANN HESSE:

2. H ERMANN H ESSE E IL SUO TEMPO

3.2 Le memorie di Harry Haller

“Harry Hallers Aufzeichnungen”, il manoscritto di Haller, costituisce la parte più corposa del romanzo. In esso sono raccolte le impressioni e le riflessioni del protagonista in prima persona, interrotte, dopo qualche pagina, da “Tractat vom Steppenwolf”, di cui Haller entra misteriosamente in possesso durante una solitaria passeggiata notturna. Le memorie, quindi, costituiscono un ritratto personale di Haller, un autoritratto, con il quale il profilo del protagonista sembra completarsi182.

Sin dalle prime pagine del manoscritto, Haller si rivela nella sua disarmante fragilità. Le sue “Höllentage” (Hesse, Steppenwolf, 34)183 trascorrono senza un vero senso, tra i dubbi che nutre sul portare a compimento un gesto estremo come il suicidio e l’analisi della propria natura. Così, il lettore scopre come Haller abbia operato la sua personale rivoluzione pacifica all’interno della sua camera: la riempie di libri di vario genere, di bottiglie di vino vuote, di posaceneri e disordine, ricreando, in quella casa simbolo della società del tempo, il suo modello di “ordine”, che altro non è che il riflesso della sua angoscia interiore.

Haller confessa il suo odio per l’ordine borghese del mondo, la soddisfazione e la disciplina dell’uomo mediocre, “normale”, e chiarisce le motivazioni che tuttavia lo hanno sempre portato ad abitare in un ambiente

182 La prima parte delle memorie di Haller, precedente al – e con il – trattato, costituisce ancora il

cosiddetto materiale preliminare.

104 borghese. D’altra parte, egli è un borghese che in sé rinnega le sue stesse origini, di cui però non riesce completamente a liberarsi:

Ich weiß nicht, wie das zugeht, aber ich, der heimatlose Steppenwolf und einsame Hasser der kleinbürgerlichen Welt, ich wohne immerzu in richtigen Bürgerhäusern, das ist eine alte Sentimentalität von mir. […] Ich liebe diese Atmosphäre ohne Zweifel aus meinen Kinderzeiten her, und meine heimliche Sehnsucht nach so etwas wie Heimat fuhrt mich, hoffnungslos, immer wieder diese alten dummen Wege (Hesse, Steppenwolf, 36-37)184.

Haller, dunque, non ha la capacità di allontanarsi dal proprio passato. Ripensa ai “vergessenen Jügligsjahre” (Hesse, Steppenwolf, 28)185 della sua gioventù, trascorsa in solitudine, tra la lettura e la scrittura, accompagnato da una miriade di stati d’animo profondamente malinconici ma inebrianti. Il passato, per Haller, è un momento di riflessione e di commozione, diverso, certo, da un presente che egli stesso dichiara di non apprezzare:

Nun, dies war vorüber, […]. Es war um nichts schade, was vorüber war. Schade war es um das Jetzt und Heute, um all diese ungezählten Stunden und Tage, die ich verlor, die ich nur erlitt, die weder Geschenke noch Erschütterungen brachten (Hesse, Steppenwolf, 38-39)186.

In un presente vissuto in attesa di rari momenti di soddisfazione e godimento, Haller non si perde d’animo. La partecipazione a un concerto di musica

184 “Non so come mai, ma io, lupo della steppa senza patria e solitario odiatore del mondo piccolo-

borghese, abito sempre in vere case borghesi: è un mio vecchio sentimentalismo. […] Questa atmosfera mi è certamente cara fin da quando ero bambino e la nostalgia segreta di qualche cosa che sappia di patria, mi guida senza speranza, sempre per queste stupide vecchie vie” (Hesse, Il lupo

della steppa, 55).

185 “anni dimenticati” (Hesse, Il lupo della steppa, 56).

186 “Tutte cose passate. […] Quel che è passato è passato. Mi faceva pena invece il presente, l’oggi,

tutte le ore infinite e i giorni che perdevo, che soffrivo senza che mi portassero doni o commozioni” (Hesse, Il lupo della steppa, 57).

105 antica rappresenta uno di questi momenti187. Scrive Haller:

[…] da war zwischen zwei Takten eines von Holzbläsern gespielten Piano mir plötzlich wieder die Tür zum Jenseits aufgegangen, ich hatte Himmel durchflogen und Gott an der Arbeit gesehen, hatte selige Schmerzen gelitten und mich gegen nichts mehr in der Welt gewehrt, mich vor nichts mehr in der Welt gefürchtet, hatte alles bejaht, hatte an alles mein Herz hingegeben. (Hesse, Steppenwolf, 39)188.

Con un espediente che utilizzerà più volte nel romanzo, qui Hesse lascia al lettore la possibilità di osservare uno stesso evento da due diversi punti di vista. Il

Bürger, infatti, aveva offerto una descrizione oggettiva del soggetto in ascolto, soffermandosi minuziosamente sulle reazioni di Haller all’ascolto di tre diversi musicisti. Ciò che il Bürger nota è un cambiamento nel suo atteggiamento di cui identifica tre fasi189. L’episodio rientra nella categoria identificata da Werner Wolf come explicit reference o intermedial thematization (Wolf, 24), in quanto Hesse ricorre all’inserimento, nella narrazione, della reazione di Haller all’ascolto. Nel suo racconto, però, Haller non ricorre a spiegazioni specifiche, né cita esplicitamente i nomi dei musicisti. Anzi, omette persino di ricordare – e il lettore ne è consapevole – la “tristezza cattiva” che, sempre a detta del Bürger, sembrava attraversarlo durante l’esecuzione delle variazioni di Max Reger. Le reazioni dell’ascoltatore Haller si riferiscono, anche se in modo non chiaro ed esplicito, a soli due musicisti, omettendone uno: si lascia trasportare verso l’aldilà dalla musica di Händel, mentre un intenso brivido di felicità lo attraversa durante l’esecuzione di

187 L’episodio del concerto era già stato descritto dal punto di vista del Bürger nella prefazione. Cfr.

paragrafo 3.1 del presente capitolo.

188 “[…] fra due battute, d’un pianissimo suonato dai legni mi si aprì improvvisamente la porta

dell’al di là; attraversai a volo i cieli e vidi Iddio al lavoro, soffrii pene deliziose e non cercai più di difendermi da alcuna cosa al mondo, non ebbi più paura di nulla, accettai tutto e mi abbandonai col cuore” (Hesse, Il lupo della steppa, 57).

106 una breve sinfonia di Friedemann190. Max Reger, Haller non lo cita. L’omissione non è affatto casuale ma rientra in pieno nell’organizzazione del romanzo, perché Hesse sembra non voler lasciare nulla al caso. È in questo mancato riferimento a un musicista contemporaneo che si realizza e si afferma il rifiuto di Haller per il presente, anticipando la sua naturale antipatia per Pablo e la sua musica jazz, che si manifesterà nelle serate del periodo di apprendistato del protagonista191.

La citazione dell’evento musicale (e l’omissione di parte di esso) è dunque da ricollegare sia alla sapiente costruzione del romanzo che al richiamo tematico all’interno del tessuto narrativo, in quanto stabilisce un legame con la prefazione precedente, che si rivela così l’anticipazione di un tema successivo, ed è anche un ulteriore elemento di conferma del rifiuto di Haller della contemporaneità. La musica è, in questo caso, leitmotiv e metafora, elemento chiave per lo sviluppo narrativo.

Altro leitmotiv di alto valore simbolico per l’economia del romanzo è quello della traccia. Haller dichiara la difficoltà “diese Gottespur zu finden inmitten dieses Lebens” (Hesse, Steppenwolf, 40)192 e, poco dopo, scrive:

[…] fiel mir plötzlich wieder ein Bruchstück aus meinen vorigen Gedanken ein: das Gleichnis vor der golden aufleuchtenden Spur, die so plötzlich wieder fern und unauffindbar ist (Hesse, Steppenwolf, 43)193.

Il riferimento è alle lettere mobili e colorate che aveva avvistato con stupore

190 Il lettore è qui richiamato ad attivare la sua facoltà memoriale attraverso cui può ricostruire e

completare il quadro dell’episodio dell’ascolto musicale.

191 Si vedano i paragrafi 3.5 e segg.

192 “di trovare la traccia divina in mezzo alla vita che facciamo” (Hesse, Il lupo della steppa, 57). 193 […] mi passò improvvisamente per il capo un frammento dei miei pensieri precedenti: la

similitudine della traccia d’oro luminosa che a un tratto si allontana e diventa introvabile (Hesse, Il

107 su “eine alte graue Steinmauer”194 (Hesse, Steppenwolf, 41), in un momento in cui aveva avvertito che qualcosa nella sua vita sarebbe cambiato:

Trotzdem war meine Traurigkeit ein wenig aufgehellt, es hatte mich doch ein Gruß der andern Welt berührt, ein paar farbige Buchstaben hatten getanzt und auf meiner Seele gespielt und an verborgene Akkorde gerührt, ein Schimmer der goldenen Spur war wieder sichtbar gewesen (Hesse, Steppenwolf, 43-44)195.

Più avanti aggiunge: “Die goldne Spur war aufgeblitzt, ich war ans Ewige erinnert, an Mozart, an die Sterne” (Hesse, Steppenwolf, 47)196.

È la musica, quindi, che offre ad Haller la possibilità di continuare a sperare di poter vivere una vita migliore nonostante le angosce del presente. Haller dichiara di desiderare una bacchetta magica per poter ascoltare, indisturbato e al sicuro, la musica di Händel e di Mozart nel salotto di Luigi XVI197. Nello stesso momento esprime il desiderio di avere anche un amico con cui poter discorrere di musica, come gli era capitato più volte in passato. Ma nel corso della sua riflessione sugli anni “ormai sfioriti”, e leggendo un articolo di giornale, Haller ricorda, sorridendo, “die vergessene Melodie jenes Bläserpiano” (Hesse,

Steppenwolf, 46)198 e, nel momento di maggiore sconforto, di affermazione della meschinità del presente, pensa che, forse, avrebbe potuto ancora avere una

194 “un vecchio muro grigio” (Hesse, Il lupo della steppa, 58).

195 “Eppure la mia tristezza si era un po’ rischiarata, avevo pur avuto il saluto di un altro mondo,

alcune lettere colorate avevano danzato e toccato nel mio spirito accordi sepolti, un barlume della

traccia d’oro era riapparso visibilmente” (Hesse, Il lupo della steppa, 60). Sia nella versione in tedesco che nella traduzione italiana il corsivo è mio.

196 “La traccia d’oro aveva mandato un baleno, mi aveva ricordato l’Eterno e Mozart e le stelle”

(Hesse, Il lupo della steppa, 47). Sia nella versione in tedesco che nella traduzione italiana il corsivo è mio.

197 Torna qui il riferimento alla musica di Händel che, al concerto cui Haller aveva assistito qualche

tempo prima, lo aveva metaforicamente condotto oltre le porte dell’aldilà. Sarà poi Händel, nel teatro magico, ad essere riproposto ad Haller dal Mozart-Pablo attraverso il grammofono, simbolo della modernità del presente.

198 “la dimenticata melodia di quel pianissimo degli strumenti a fiato” (Hesse, Il lupo della steppa,

108 speranza:

Wenn es möglich gewesen war, dass diese himmlische kleine Melodie heimlich in meiner Seele wurzelte und eines Tages in mir ihre holde Blume wieder mit allen lieben Farben emportrieb, konnte ich ganz da verloren sein? (Hesse, Steppenwolf, 61)199.

È la suprema arte dei suoni che riaccende, nella burrascosa interiorità di Haller, la speranza della salvezza. E se un uomo pragmatico come l’Harry borghese non avrebbe potuto far ricorso alla magia per intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, allora la memoria dell’altro Harry, quello rivoluzionario, gli avrebbe concesso di conservare il ricordo di alcuni momenti significativi del passato cui avrebbe potuto aggrapparsi senza, tuttavia, abbandonarsi ad un’inutile nostalgia:

[…] und wenn kein Kammerorchester zu haben und auch kein einsamer Freund mit einer Violine zu finden war, so klang jene holde Melodie doch in mir innen, und ich konnte sie, leise summend im rhythmischen Atemholen, doch andeutend mir selber vorspielen. […] Nein, es sing auch ohne die Kammermusik und ohne den Freund, und es war lächerlich, sich in machtlosem Verlangen nach Wärme zu verzehren (Hesse, Steppenwolf, 49)200.

Accanto alla riflessione sul passato e sulla musica classica che egli ammira profondamente, si inserisce, inevitabilmente, una riflessione sul presente, il cui rifiuto si rispecchia nel suo disprezzo per la musica jazz:

Aus einem Tanzlokal, an dem ich vorüberkam, scholl mir,

199 Se era possibile che quella piccola melodia divina mettesse radici segrete nel mio cuore e facesse

bisbocciare un giorno il suo fiore soave e luminoso, potevo forse essere perduto del tutto? (Hesse, Il

lupo della steppa, 61).

200 “[…] e se non era possibile avere un’orchestra da camera o un amico solitario col violino, la

dolce melodia squillava tuttavia nel mi cuore e io potevo suonarla da me, per accenni, sussurrandola fra le labbra e ritmando il respiro. […] Sì, era possibile vivere anche senza la musica da camera, anche senza l’amico, ed era ridicolo sfinirsi in un’impotente nostalgia di tepore” (Hesse, Il lupo

109 heiß und roh wie der Dampf von rohem Fleisch, eine

heftige Jazzmusik entgegen. Ich blieb einen Augenblick stehen; immer hatte diese Art von Musik, so sehr ich sie verabscheute, einen heimlichen Reiz für mich. Jazz war mir zuwider, aber sie war mir zehnmal lieber als alle akademische Musik von heute, sie traf mit ihrer frohen rohen Wildheit auch bei mir tief in die Triebwelt und atmete eine naive redliche Sinnlichkeit (Hesse, Steppenwolf, 49)201.

Il jazz possiede ancora un certo carattere di originalità se confrontato “all’odierna musica accademica” che Haller rifiuta con fermezza. Attratto da quella musica, quindi, si ferma ad ascoltarla ed intraprende un’interessante meditazione sulla dicotomia del jazz:

Die eine Hälfte dieser Musik, die lyrische, war schmalzig, überzuckert und troff von Sentimentalität, die andre Hälfte war wild, launisch und kraftvoll, und doch gingen beide Hälften naiv und friedlich zusammen und gaben ein Ganzes (Hesse, Steppenwolf, 49)202.

Il carattere gianiforme di questa musica è, in fondo, la proiezione della dualità uomo-lupo che alberga nell’animo di Haller. D’altra parte, il memoriale è un racconto postumo dell’esperienza del protagonista, scritto alla fine del suo commino verso la guarigione, ed è per questo che può anticipare, come questa citazione testimonia, la risoluzione dei contrari in un unico intero203.

Certo è che per Haller la musica jazz è lo specchio della decadenza

201 “Mentre passavo davanti a un locale di danze, fui investito da una violenta musica jazz, rozza e

calda come un vapore di carne messa a bollire. Mi fermai un istante: quella specie di musica, per quanto mi fosse abominevole, aveva sempre per me una segreta attrattiva. Il jazz mi era antipatico, ma lo preferivo di molto all’odierna musica accademica, e con la sua gaia rusticità colpiva anche i miei istinti, alitando un’ingenua e sincera sensualità” (Hesse, Il lupo della steppa, 64).

202 “Metà di quella musica, la metà lirica, era burrosa, troppo zuccherata e grondante di

sentimentalità, l’altra metà era selvaggia, capricciosa e robusta, eppure le due parti si accordavano ingenuamente e pacificamente formando un intero” (Hesse, Il lupo della steppa,64).

203 Dopo il suo incontro ravvicinato col jazz attraverso Pablo, e il suo apprendistato con Herminie,

110 contemporanea, ed è molto diversa quindi da quella che egli considera “musica vera”:

Natürlich war sie, mit Bach und Mozart und wirklicher Musik verglichen, eine Schweinerei - aber das war all unsre Kunst, all unser Denken, all unsre Scheinkultur, sobald man sie mit wirklicher Kultur verglich (Hesse, Steppenwolf, 50)204.

Anche questa è una sincera riflessione sulla musica del tempo e sul presente in cui Haller si sente fuori posto e inadeguato, considerazione che precede una terza, conclusiva, descrizione di Haller, contenuta nella misteriosa dissertazione.

3.3 La dissertazione

Il “Tractat vom Steppenwolf”, definito dissertazione, o trattato, sul lupo della steppa, è una sorta di favola che descrive il protagonista da un’angolazione non più soggettiva come quella dello stesso Haller, o oggettiva come quella del

Bürger, ma da una prospettiva superiore, fuori del mondo tangibile e reale. La terza presentazione di Haller è infatti il frutto dell’osservazione di un’intelligenza alta, in grado di vedere il protagonista sub specie aeternitatis. A livello strutturale, il trattato si colloca dopo la prima parte della presentazione di Haller attraverso le sue memorie e costituisce la terza suddivisione di quello che Ziolkowski considera il materiale preliminare.

“Es war einmal einer namens Harry, genannt der Steppenwolf” (Hesse,

204 “S’intende che, confrontata con Bach e Mozart e con la musica vera, era una porcheria: ma

porcheria è tutta la nostra arte, tutto il nostro pensiero, tutta la nostra cultura apparente, non appena la si confronti con la cultura vera” (Hesse, Il lupo della steppa,64).

111

Steppenwolf, 54)205: l’incipit della dissertazione è un chiaro riferimento alla formula di apertura dei racconti favolistici. D’altra parte, solo all’interno di questo genere letterario avrebbero potuto trovare un’adeguata giustificazione le tesi sostenute nel trattato. In Der Steppenwolf, dunque, Hesse ricorre a un genere tipicamente romantico per legittimare la giustapposizione di due livelli contrapposti, il reale e l’immaginario. Nella Märchen romantica, infatti, era possibile rappresentare simbolicamente il tema centrale del romanticismo, ovvero la riunificazione di natura e spirito che, in quanto sintesi degli opposti, poteva essere raggiunta solo ricorrendo a questo genere narrativo. Allo stesso modo, Hesse può giustificare l’inserimento, nella narrazione, di un regno ultraterreno in cui Haller farà il suo ingresso, svolgerà il suo apprendistato e raggiungerà l’unità, sciogliendo i suoi conflitti interiori, inserendolo in una cornice favolistica.

I temi del trattato oscillano tra la critica al sistema educativo dell’epoca, la doppia natura del lupo della steppa, l’indipendenza e la libertà di Haller, il suicidio meditato e mai compiuto, la volontà di allontanarsi, nei comportamenti, dalla borghesia, rimanendone tuttavia legato: è come se il lettore che procede nella lettura del testo avesse un déjà vu. Il trattato è, in effetti, una terza descrizione delle tematiche generali del romanzo e del protagonista206. Qui, però, a differenza delle due precedenti narrazioni, è proposta e anticipata una soluzione, una via d’uscita, identificata nell’umorismo:

Die friedlosen Steppenwölfe, diese beständig und furchtbar Leidenden, denen die zur Tragik, zum Durchbruch in den Sternenraum erforderliche Wucht

205 “C’era una volta un tale di nome Harry, detto il ‘lupo della steppa’” (Hesse, Il lupo della steppa,

III).

206 Come sarà chiarito nel paragrafo 3.9, il trattato rappresenta la ripresa della forma-sonata e

dunque dei temi esposti e sviluppati rispettivamente nell’introduzione del Bürger e nelle pagine iniziali delle memorie di Haller.

112 versagt ist, die sich zum Unbedingten berufen fühlen und

doch in ihm nicht zu leben vermögen: ihnen bietet sich, wenn ihr Geist im Leiden stark und elastisch geworden ist, der versöhnliche Ausweg in den Humor. […]

einzig der Humor […] vollbringt dies Unmögliche, überzieht und vereinigt alle Bezirke des Menschenwesens mit den Strahlungen seiner Prismen (Hesse, Steppenwolf, 72)207.

Se per raggiungere una meta lontana è necessario intraprendere un viaggio, Haller dovrà guardare dentro se stesso, analizzare la sua duplice natura di lupo e uomo e imparare ad apprezzare se stesso e il mondo e nelle sue contraddizioni e molteplicità:

Um dies zu erreichen, oder rum vielleicht am Ende doch noch den Sprung ins Weltall wagen zu können, müsste solch ein Steppenwolf einmal sich selbst gegenübergestellt werden, müsste tief in das Chaos der eigenen Seele blicken und zum vollen Bewusstsein seiner selbst kommen. […] Mensch und Wolf würden genötigt sein, einander ohne fälschende Gefühlsmenschen zu erkennen, einander nackt in die Augen zu sehen. Dann würden sie entweder explodieren und für immer auseinandergehen, so dass es keinen Steppenwolf mehr gäbe, oder sie würden unter dem aufgehenden Licht des Humors eine Vernunftehe schlissen (Hesse, Steppenwolf, 73)208.

Trovarsi di fronte a se stesso, dunque, per guardarsi negli occhi, come se fosse di fronte a uno specchio209. Haller, tuttavia, come anticipa il trattato, “besteht

207 “I lupi della steppa che sono senza pace, che soffrono continuamente e terribilmente, che non

hanno lo slancio necessario per arrivare alla tragedia, per penetrare nello spazio astrale, che sentono la vocazione dell’assoluto eppure non vi possono vivere: quando il loro spirito si è fatto abbastanza forte ed elastico nella sofferenza, trovano la confortante via d’uscita nell’umorismo. […] soltanto l’umorismo […] compie l’impossibile, illumina e unisce tutte le zone della natura umana alle irradiazioni dei suoi prismi” (Hesse, Il lupo della steppa,XIII).

208 “Per arrivare a questo scopo o poter addirittura tentare il balzo nell’universo, questo lupo della

steppa dovrebbe trovarsi una volta di fronte a se stesso, dovrebbe vedere il caos nella propria anima e arrivare finalmente a una perfetta coscienza di sé. […] Uomo e lupo sarebbero costretti a riconoscersi vicenda senza false maschere sentimentali, a guardarsi apertamente negli occhi. Allora o esploderebbero e si staccherebbero per sempre, sicché non ci sarebbe più Il Lupo della Steppa, o concluderebbero alla luce dell’umorismo nascente un connubio di convivenza” (Hesse, Il lupo della

steppa,XIV).

113 nicht aus zwei Wesen, sondern aus hundert, aus Tausenden” (Hesse, Steppenwolf, 76)210, ed è un menzognero se si convince di essere solo metà uomo e metà lupo,