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Having to do with Monsters: mostri in bilico tra ragione ed emozione

Rinascimento mostruoso Campi d’indagine per la prima età moderna

1.4. Having to do with Monsters: mostri in bilico tra ragione ed emozione

Ora possiamo tornare a leggere, con diversa consapevolezza, il brano del De naturae divinis characterismis del medico e astronomo Cornelius Gemma da cui siamo parti- ti: nel lungo elenco di razze mostruose in apertura riconosciamo adesso il doveroso tributo ad una tradizione culturale ormai ridotta a museo di carta; mentre nella preoccupata constatazione che i mostri «si possono trovare anche qua, in mezzo a noi, ora che le regole della giustizia sono calpestate, la totalità della natura umana ridicolizzata e ogni religione distrutta» si legge – declinato in chiave moralizzante – il grande spazio che il preternaturale si era lentamente conquistato nel dibattito colto63. Quando Gemma scriveva il suo trattato, i mostri erano ormai divenuti oggetto di un’attenzione pressoché ossessiva, cui contribuivano sia il rinnovato interesse dei medici e dei filosofi della natura, sia il gusto per il bizzarro, alimentato dalle scoper- te geografiche e dal collezionismo; ma la motivazione principale dell’irrompere di un vero e proprio immaginario prodigioso nell’Europa del Rinascimento è da ricer- care nell’inquietudine religiosa che costituì l’humus da cui prese forma la rivoluzio- ne luterana. Tutti questi elementi, convergenti, diedero risonanza ad una specifica epifania della meraviglia – le nascite mostruose – che assunse un ruolo centrale nell’immaginario della prima età moderna.

Nel pieno Cinquecento, numerosissimi opuscoli e fogli volanti raccontavano, il- lustravano, decifravano le nascite mostruose in tutta Europa, e la deformità fisica, letta e percepita come prodigio in chiave politica, religiosa, sociale, e poi gradual- mente fatta oggetto di spettacolo e di indagine scientifica o parascientifica, costitui- va un potentissimo filtro di interpretazione della realtà, sia a livello popolare sia col- to. Questa straordinaria pervasività, se da un lato costituì l’ossatura di una visione del mondo radicata e duratura, dall’altro appare oggi un importante campo di inda-

63 Cornelius Gemma, De naturae divinis characterismis, cit., p. 76.

Nuovo Mondo, l’età delle esplorazioni e il successivo affollarsi nel Vecchio Conti- nente di meraviglie di ogni sorta59; dall’altro, la nascita e lo sviluppo, negli ambienti d’élite di tutta Europa, della moda collezionistica, che esploderà in quegli scrigni stracolmi di pezzi rari d’arte e di naturalia che sono le Wunderkammern60.

Forzata da tutte queste pressioni, anche la filosofia subì una vera e propria rivo- luzione: cause di tipo preternaturale (gli spiriti, l’immaginazione, le influenze cele- sti, le anime elevate) abbondano, ad esempio, nella cosmologia del più importante e influente filosofo del Quattrocento italiano, Marsilio Ficino. Ma fu nell’opera di Gi- rolamo Cardano, medico, erudito e professore di medicina nelle università di Pavia e Bologna, che la meraviglia divenne non solo una parte importante della filosofia, ma in un certo senso il fulcro stesso dell’intera impresa filosofica.

Cardano interpretava, infatti, l’universo come una rete di interazioni occulte, percorsa dagli effetti della contingenza e del caso, in cui il raro e il meraviglioso di- vennero la chiave interpretativa del mondo fisico. Questo approccio allo studio della realtà appare chiaramente nella sua opera enciclopedica di filosofia naturale, il De rerum varietate (1557), che illustra il ruolo chiave svolto dalla meraviglia61. Il tratta- to inizia con un esame di vari luoghi e regioni, seguiti da quelle che Cardano chia- mava le meraviglie delle terra (ad esempio, i terremoti in Italia meridionale), le me- raviglie dell’acqua (un lago pietrificante irlandese), le meraviglie dell’aria (i venti irresistibili dell’Assiria), le meraviglie dei cieli (la nascita di un mostro o di un mu- to). Seguivano ulteriori meraviglie, tratte dagli altri regni della natura – metalli, pie- tre, animali, piante e creature umane – con la constatazione che «il nostro tempo non ha conosciuto nulla che non sia meraviglioso, e la natura gioca altrettanto meravi- gliosamente nelle cose piccole che in quelle grandi»62.

In tale apprezzamento della bellezza inesauribile della natura, che procede per accumulazione compulsiva, pare di riconoscere la medesima passione collezionistica che animava i proprietari delle Stanze di meraviglie. Ma qui, diversamente che in quelle collezioni di rarità, il filosofo giocava un ruolo di selezione accurata: egli ana- lizzava i fenomeni, e proponendone le cause, decideva in quali casi la meraviglia fosse lecita, e in quali fosse invece dovuta soltanto all’ignoranza o alla superstizio- ne: l’intento evidente di questa disamina era di riabilitare la meraviglia agli occhi della filosofia, presentandola come un sentimento estremamente differenziato, la cui

59 A questo proposito, Stephen Greenblatt ha dimostrato come questa retorica della meraviglia servisse a

sostenere la conquista e l’assoggettamento della popolazione del Nuovo Mondo (Marvelous Posses-

sions. The Wonder of the New World, Chicago, University of Chicago Press, 1991, pp. 29-30 e 49-50

[Meraviglia e possesso. Lo stupore di fronte al Nuovo Mondo, traduzione italiana di Giovanni Arganese e Marco Cupellaro, Bologna, Il Mulino, 1994]).

60 La letteratura critica sul collezionismo nel Rinascimento è molto vasta. Si segnalano qui Adalgisa Lu-

gli, Naturalia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle Wunderkammern d’Europa, Milano, Gabriele Mazzotta, 1983; Oliver Impey, Arthur MacGregor (eds), The Origins of Museums. The Cabinet

of Curiosities in Sixteenth- and Seventeenth-Century Europe, Oxford, Clarendon Press, 1985; Giuseppe

Olmi, L’inventario del mondo. Catalogazione della Natura e luoghi del sapere nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 1992.

61 Girolamo Cardano, De rerum varietate, in Id., Opera omnia, 10 voll., Lyon, Jean Antoine Huguetan-

Marc Antoine Ravaud, 1663, III.

intensità era attentamente calibrata sul suo oggetto dalla mente del saggio. Da un la- to egli purgava dunque la filosofia dalle false meraviglie, ma proprio nello stesso momento riscattava il sentimento della meraviglia, proiettandola in una dimensione in cui non era più esito dell’ignoranza, ma – al contrario – della virtù e del gusto raf- finato.

Nel lungo percorso che ho delineato in questo paragrafo, ho cercato di mostrare come, tra il XII e il XVI secolo, la meraviglia sia stata al centro di un vero e proprio dilemma epistemologico, divaricato tra negazione e riabilitazione. Infine vincente, essa non è più né il motore della conoscenza come in Aristotele, né lo stupore devo- to di Agostino, né la superstizione di Adelardo: è divenuta – in pieno Rinascimento – il campo privilegiato dell’indagine filosofica, quello in cui si poteva misurare la sottigliezza dell’intelletto.

Un campo d’indagine in cui ebbe un ruolo centrale, baricentrico, quasi ossessi- vo, lo studio, la narrazione e l’interpretazione delle nascite mostruose di esseri uma- ni. E in questa direzione ora torneremo a dirigere il nostro sguardo.

1.4. Having to do with Monsters: mostri in bilico tra ragione ed emozione

Ora possiamo tornare a leggere, con diversa consapevolezza, il brano del De naturae divinis characterismis del medico e astronomo Cornelius Gemma da cui siamo parti- ti: nel lungo elenco di razze mostruose in apertura riconosciamo adesso il doveroso tributo ad una tradizione culturale ormai ridotta a museo di carta; mentre nella preoccupata constatazione che i mostri «si possono trovare anche qua, in mezzo a noi, ora che le regole della giustizia sono calpestate, la totalità della natura umana ridicolizzata e ogni religione distrutta» si legge – declinato in chiave moralizzante – il grande spazio che il preternaturale si era lentamente conquistato nel dibattito colto63. Quando Gemma scriveva il suo trattato, i mostri erano ormai divenuti oggetto di un’attenzione pressoché ossessiva, cui contribuivano sia il rinnovato interesse dei medici e dei filosofi della natura, sia il gusto per il bizzarro, alimentato dalle scoper- te geografiche e dal collezionismo; ma la motivazione principale dell’irrompere di un vero e proprio immaginario prodigioso nell’Europa del Rinascimento è da ricer- care nell’inquietudine religiosa che costituì l’humus da cui prese forma la rivoluzio- ne luterana. Tutti questi elementi, convergenti, diedero risonanza ad una specifica epifania della meraviglia – le nascite mostruose – che assunse un ruolo centrale nell’immaginario della prima età moderna.

Nel pieno Cinquecento, numerosissimi opuscoli e fogli volanti raccontavano, il- lustravano, decifravano le nascite mostruose in tutta Europa, e la deformità fisica, letta e percepita come prodigio in chiave politica, religiosa, sociale, e poi gradual- mente fatta oggetto di spettacolo e di indagine scientifica o parascientifica, costitui- va un potentissimo filtro di interpretazione della realtà, sia a livello popolare sia col- to. Questa straordinaria pervasività, se da un lato costituì l’ossatura di una visione del mondo radicata e duratura, dall’altro appare oggi un importante campo di inda-

63 Cornelius Gemma, De naturae divinis characterismis, cit., p. 76.

Nuovo Mondo, l’età delle esplorazioni e il successivo affollarsi nel Vecchio Conti- nente di meraviglie di ogni sorta59; dall’altro, la nascita e lo sviluppo, negli ambienti d’élite di tutta Europa, della moda collezionistica, che esploderà in quegli scrigni stracolmi di pezzi rari d’arte e di naturalia che sono le Wunderkammern60.

Forzata da tutte queste pressioni, anche la filosofia subì una vera e propria rivo- luzione: cause di tipo preternaturale (gli spiriti, l’immaginazione, le influenze cele- sti, le anime elevate) abbondano, ad esempio, nella cosmologia del più importante e influente filosofo del Quattrocento italiano, Marsilio Ficino. Ma fu nell’opera di Gi- rolamo Cardano, medico, erudito e professore di medicina nelle università di Pavia e Bologna, che la meraviglia divenne non solo una parte importante della filosofia, ma in un certo senso il fulcro stesso dell’intera impresa filosofica.

Cardano interpretava, infatti, l’universo come una rete di interazioni occulte, percorsa dagli effetti della contingenza e del caso, in cui il raro e il meraviglioso di- vennero la chiave interpretativa del mondo fisico. Questo approccio allo studio della realtà appare chiaramente nella sua opera enciclopedica di filosofia naturale, il De rerum varietate (1557), che illustra il ruolo chiave svolto dalla meraviglia61. Il tratta- to inizia con un esame di vari luoghi e regioni, seguiti da quelle che Cardano chia- mava le meraviglie delle terra (ad esempio, i terremoti in Italia meridionale), le me- raviglie dell’acqua (un lago pietrificante irlandese), le meraviglie dell’aria (i venti irresistibili dell’Assiria), le meraviglie dei cieli (la nascita di un mostro o di un mu- to). Seguivano ulteriori meraviglie, tratte dagli altri regni della natura – metalli, pie- tre, animali, piante e creature umane – con la constatazione che «il nostro tempo non ha conosciuto nulla che non sia meraviglioso, e la natura gioca altrettanto meravi- gliosamente nelle cose piccole che in quelle grandi»62.

In tale apprezzamento della bellezza inesauribile della natura, che procede per accumulazione compulsiva, pare di riconoscere la medesima passione collezionistica che animava i proprietari delle Stanze di meraviglie. Ma qui, diversamente che in quelle collezioni di rarità, il filosofo giocava un ruolo di selezione accurata: egli ana- lizzava i fenomeni, e proponendone le cause, decideva in quali casi la meraviglia fosse lecita, e in quali fosse invece dovuta soltanto all’ignoranza o alla superstizio- ne: l’intento evidente di questa disamina era di riabilitare la meraviglia agli occhi della filosofia, presentandola come un sentimento estremamente differenziato, la cui

59A questo proposito, Stephen Greenblatt ha dimostrato come questa retorica della meraviglia servisse a

sostenere la conquista e l’assoggettamento della popolazione del Nuovo Mondo (Marvelous Posses-

sions. The Wonder of the New World, Chicago, University of Chicago Press, 1991, pp. 29-30 e 49-50

[Meraviglia e possesso. Lo stupore di fronte al Nuovo Mondo, traduzione italiana di Giovanni Arganese e Marco Cupellaro, Bologna, Il Mulino, 1994]).

60La letteratura critica sul collezionismo nel Rinascimento è molto vasta. Si segnalano qui Adalgisa Lu-

gli, Naturalia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle Wunderkammern d’Europa, Milano, Gabriele Mazzotta, 1983; Oliver Impey, Arthur MacGregor (eds), The Origins of Museums. The Cabinet

of Curiosities in Sixteenth- and Seventeenth-Century Europe, Oxford, Clarendon Press, 1985; Giuseppe

Olmi, L’inventario del mondo. Catalogazione della Natura e luoghi del sapere nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 1992.

61Girolamo Cardano, De rerum varietate, in Id., Opera omnia, 10 voll., Lyon, Jean Antoine Huguetan-

Marc Antoine Ravaud, 1663, III.

mata, e conoscono intrecci, rallentamenti, arresti, riprese; non stupisce, dunque, che due studiose attente come Lorraine Daston e Katharine Park, nel successivo Won- ders and the Order of Nature (1998), abbiano rivisto sostanzialmente il loro model- lo, e sostituito, alle tre rigide fasi introdotte nell’articolo del 1981, tre diversi «com- plessi emotivo-cognitivi» – ovvero tre differenti reazioni di fronte al mostruoso umano – duttilmente sovrapponibili alle stesse altezze cronologiche:

instead of three successive stages, we now see three separate complexes of interpre- tations and associated emotion – horror, pleasure, and repugnance – which overlap- ped and coexisted during much of the early modern period, although each had its own rhythm and dynamic68.

In quanto portenti che annunciavano ira divina e catastrofi imminenti, i mostri susci- tavano orrore: in essi, la sospensione delle consuete leggi di natura era letta come segno di una rottura nell’ordine morale. In quanto meraviglie, essi invece destavano piacere: creature rare ma non minacciose, riflettevano un’estetica della varietà e dell’ingegnosità della natura. In quanto deformità o errori naturali, infine, i mostri ispiravano ripugnanza; non erano né funesti né ammirevoli, bensì deplorevoli: il prezzo da pagare, di tanto in tanto, per la bellezza e la regolarità della natura.

Il concetto di «complesso emotivo-cognitivo» introdotto da Daston e Park è per- suasivo e potente69. Con la sua commistione di aspetti conoscitivi ed emozionali, la nozione di complesso traccia i contorni di una visione del mondo articolata, e allo stesso tempo segnala la possibilità di sovrapposizioni e convivenze tra reazioni di- verse. Ciò che non convince fino in fondo è, tuttavia, la scelta di identificare tre dif- ferenti complessi (orrore, piacere, ripugnanza). La terza reazione proposta da Daston e Park sarebbe – secondo le due studiose – tipica della mentalità scientifica svilup- patasi tra la fine del Seicento e il Settecento, e legata all’identificazione del mostro come violazione della norma naturale; tale errore desterebbe, appunto, una reazione di ripugnanza. Ma, per quanto attiene alle fonti inglesi del periodo 1550-1715, que- sta reazione non è ancora attestata; anzi, come mostrerò nell’ultimo capitolo di que- sto lavoro, la reazione dei medici – tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo – sarà, ancora, di curiosità e di interesse, inevitabili motori della ricerca scientifica, e del piacere della conoscenza.

Nell’ultima parte di questo capitolo, ho scelto perciò di analizzare due sole rea- zioni di fronte al mostro, precisando ancora che non si tratta di due fasi che si succe- do il mostro è fonte di speculazione economica, rimane comunque prodigio, e può continuare ad essere letto, almeno parzialmente, come messaggio d’ira divina (cfr. Ottavia Niccoli, Profeti e popolo

nell’Italia del Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 1987, p. 50).

68Lorraine Daston, Katharine Park, Wonders and the Order of Nature, cit., p. 176.

69Ibidem: «these complexes of reactions to monsters were at once cognitive and emotional». La defini-

zione data dalle due studiose si può agevolmente confrontare con quella suggerita dalla psicanalisi, nell’ambito della quale si definisce complesso «un insieme organizzato di rappresentazioni e di ricordi con forte valore affettivo, parzialmente o totalmente inconsci» (Jean Laplanche, Jean-Bertrand Pontalis,

Enciclopedia della psicanalisi, Roma-Bari, Laterza, 1981, p. 74 [Vocabulaire de la psychanalyse, Paris,

Presses Universitaires de France, 1967]). Usata in questo specifico senso, la parola definisce l’esistenza di una rappresentazione parzialmente inconscia, che determina sia il modo in cui il soggetto (ri)conosce l’oggetto che ha davanti, sia la reazione emotiva che si accompagna all’atto cognitivo.

gine per la comprensione della storia culturale europea nei primi secoli dell’età mo- derna: sorprendentemente, per comprendere a fondo il Rinascimento, siamo chiama- ti ad «avere a che fare con i mostri»64.

Coscienti di questa necessità di studio, in un articolo apparso nel 1981, Lorraine Daston e Katharine Park cercavano di tracciare una linea di sviluppo dell’interesse moderno per le nascite mostruose, distinguendo tre momenti cronologicamente suc- cessivi, caratterizzati da tre distinti atteggiamenti culturali. In una prima fase, corri- spondente agli anni immediatamente successivi al 1500, i mostri sarebbero stati trat- tati come prodigi (insieme ai terremoti, le inondazioni e le altre catastrofi naturali), cioè come segni della volontà divina, una lettura diffusa e amplificata dai conflitti religiosi; in una seconda fase, a cavallo tra XVI e XVII secolo, le creature deformi avrebbero perso il ruolo di segno, per essere intese solo come meraviglie di natura, esito della ricchezza della creazione più che dell’ira di Dio; infine, nell’ultimo de- cennio del XVII secolo, la mostruosità umana avrebbe perduto ogni legame con la lettura prodigiosa, per essere integrata completamente nella disciplina medica. In questa rigida scansione cronologica, quindi, il mostro sarebbe stato prima un prodi- gio, poi una meraviglia naturale, infine oggetto di indagine medica65.

Alcuni anni dopo lo studio di Daston e Park, un’analoga e altrettanto schematica partizione cronologica è stata proposta e arricchita da Dudley Wilson, che ricostrui- sce un’evoluzione dipanata in quattro distinte «attitudes»: la prima (dagli inizi del XVI secolo) vede i mostri deliberatamente inviati da Dio come segni della sua vo- lontà; la seconda (cronologicamente molto ridotta: fine XVI – inizi XVII secolo) corrisponde alla curiosità per l’elemento naturale bizzarro, che trova la sua più evi- dente manifestazione nella fortuna del collezionismo; la terza, sebbene ancora intrisa di elementi teologici, è legata allo sviluppo delle riviste scientifiche del pieno XVIII secolo; la quarta, infine, corrisponde alle ricerche teratologiche del XIX secolo, ca- ratterizzate da una reale e laica impostazione scientifica66.

Sebbene utili per articolare l’evoluzione di un immaginario complesso e varie- gato, queste scansioni appaiono caratterizzate da un eccessivo schematismo – estra- neo alle naturali sovrapposizioni e convivenze di atteggiamenti diversi – e che può condurre talvolta a letture semplificate67. I fenomeni culturali hanno natura più sfu-

64 A questo proposito, Lorraine Daston e Katharine Park segnalano «the dramatic emergence of the pro-

digy tradition, in the years around 1500, as a matter of urgent and nearly universal concern» (Wonders

and the Order of Nature, cit., p. 175).

65 Katharine Park, Lorraine Daston, Unnatural Conceptions: the Study of Monsters in Sixteenth and Sev-

enteenth-Century England and France, «Past & Present», 92, 1981, p. 23. Una medesima partizione

cronologica era già stata proposta da Georges Canguilhem, Monstruosity and the Monstrous, «Dio- gène», 40, 1962, pp. 27-42 e Jean Céard, La nature et les prodiges, Geneva, Droz, 1977, pp. 365-373.

66 Dudley Wilson, Signs and Portents, cit., p. 1.

67 Ad esempio, mi pare di individuare un’eccessiva semplificazione da parte di Dudley Wilson: analiz-

zando quella da lui definita la seconda «attitude», caratterizzata dal prevalere del gusto del bizzarro, e quindi dalla spettacolarizzazione del bambino mostruoso a fini di lucro, lo studioso suggerisce che «the birth of a monster might well be a blessing consciously vouchsafed to a poor family by a benevolent creator», leggendo così il mostro come dono divino e mezzo di rivalsa sociale per i genitori (Signs and

Portents, cit., p. 72, corsivo di chi scrive). In realtà, credo sia opportuna una lettura più cauta, che vede

mata, e conoscono intrecci, rallentamenti, arresti, riprese; non stupisce, dunque, che due studiose attente come Lorraine Daston e Katharine Park, nel successivo Won- ders and the Order of Nature (1998), abbiano rivisto sostanzialmente il loro model- lo, e sostituito, alle tre rigide fasi introdotte nell’articolo del 1981, tre diversi «com- plessi emotivo-cognitivi» – ovvero tre differenti reazioni di fronte al mostruoso umano – duttilmente sovrapponibili alle stesse altezze cronologiche:

instead of three successive stages, we now see three separate complexes of interpre- tations and associated emotion – horror, pleasure, and repugnance – which overlap- ped and coexisted during much of the early modern period, although each had its own rhythm and dynamic68.

In quanto portenti che annunciavano ira divina e catastrofi imminenti, i mostri susci- tavano orrore: in essi, la sospensione delle consuete leggi di natura era letta come segno di una rottura nell’ordine morale. In quanto meraviglie, essi invece destavano piacere: creature rare ma non minacciose, riflettevano un’estetica della varietà e dell’ingegnosità della natura. In quanto deformità o errori naturali, infine, i mostri