• Non ci sono risultati.

The State and Condition of this Present World: mostruosi segni dei temp

L’approdo dei mostri nell’Inghilterra riformata

2.2. The State and Condition of this Present World: mostruosi segni dei temp

La pubblicazione londinese dei Sileni Alcybiadis non era certo solo un tributo a un dotto di grande spessore intellettuale, che per un lungo periodo della sua vita aveva fatto di Oxford la sua seconda dimora. Le ragioni della fortuna dei Sileni, più volte ristampati, sono da individuare nella precisa aderenza dei temi affrontati da Erasmo con le esigenze spirituali dei lettori inglesi. Vi erano infatti due forti nuclei con- cettuali, alla base del libello erasmiano, che potevano essere accolti con grande fa- vore in Inghilterra nei primi anni quaranta del XVI secolo. Da un lato, il senso di profonda crisi dei tempi presenti, che il teologo attribuiva in ultima istanza alla cor- ruzione del clero e alla conseguente mancanza di una seria e disinteressata guida spirituale; dall’altro, l’insistenza sulla necessità di andare oltre uno sguardo superfi- ciale sulla realtà, ricercando i veri significati, spesso nascosti, delle cose. Il fatto che l’oggetto da ‘aprire’, da ‘decifrare’, fosse proprio la figura mostruosa del sileno, suggeriva che il difforme e il divino potessero convivere nello stesso fenomeno. Il passaggio concettuale successivo era vicinissimo: il ‘mostro’ doveva essere, proprio come il sileno di Alcibiade, un geroglifico da decrittare, e il suo senso era connesso con la decadenza spirituale del tempo presente. Questo passaggio, estraneo ad Erasmo, fu compiuto dall’anonimo curatore del libello, nella costruzione del fron- tespizio sopra descritto: la «Scorneful Image of monstruos shape», accentuata dalla

18 Ivi, pp. 68-69 («Neque vero haec dixerim, quod sacerdotibus eripiendum putem si quid quocunque

modo contigit vel ditionis vel opum, […] verum illos suae magnitudinis conscios ac memores esse volo, ut ista plebeia, ne dicam ethnica, vel reiiciant vitro et infimis cedant vel certe contemptim possideant et iuxta Paulum sic habeant quasi non habeant. Denique sic eos Christi opibus ornatos esse volo, ut quic- quid accesserit ex huius mundi splendore, aut meliorum obscuretur luce aut sordidum etiam ex collatio- ne videatur. Ita fiet ut et quod possident hoc felicius possideant quo securius; nec enim angentur metu, ne quis eripiat» [Erasmo da Rotterdam, Adagi, cit., pp. 1758-1760]).

19 Come sottilnea Hugh Trevor-Roper, «the age of Erasmus was that golden age which lay between the

European discovery of printing and the invention of its antidote, the Index Librorum Prohibitorum» (Re-

ligion, the Reformation and Social Change, London, Macmillan, 1967, p. 17 [Protestantesimo e tra- sformazione sociale, traduzione italiana di Luca Trevisani, Roma-Bari, Laterza, 1994]).

20 Le ultime parole di Erasmo, raccolte da un testimone della sua morte, sono citate da Johan Huizinga,

creatura senza testa, cioè senza guida, veniva dichiarata senza mediazione come un’allegoria dello «state & conditio[n] of this present world, & inespeciall of the Spirituallte how farre they be from ye perfite trade and lyfe of Criste».

In questo ‘riambientamento’, fortemente moralizzante, quello che risultava am- plificato era il colore apocalittico del testo erasmiano, del tutto a discapito delle sfumature ottimistiche (e in certi tratti anche fortemente ironiche) del testo originale. Questa scelta culturale nasceva da motivazioni profonde: quando il testo di Erasmo sbarcò oltre Manica, l’Inghilterra era reduce da anni di cambiamenti tanto radicali quanto dolorosi e sconvolgenti21.

Nel novembre 1534, Enrico VIII si era infatti separato da Roma, promulgando l’Act of Supremacy, con il quale, dichiarandosi «the supreme head of the Church of England», affermava che il fine principale della sua separazione dall’autorità roma- na sarebbe stato di «increase of virtue in Christ’s religion within this realm» e so- prattutto di «repress and extirpate all errors, heresies, and other enormities and abu- ses»: il capo supremo della Anglicana Ecclesia avrebbe deciso in prima persona, senza più ingerenze da «foreign authority», quale fosse la vera fede di Cristo e quali gli abusi.

Gli atti successivi, tuttavia, corrisposero solo in parte a questi iniziali propositi. Dalla seconda metà degli anni Trenta, Enrico presentava la sua Chiesa come un’istituzione equidistante tra la tradizione cattolica e l’innovazione luterana, infra- gilendo una dopo l’altra tutte le certezze dei fedeli sui meccanismi della salvezza. Da un lato si metteva in dubbio l’esistenza del purgatorio, e un buon numero di sa- cramenti cattolici: l’ordine sacerdotale, l’estrema unzione, la cresima e anche la con- fessione. Dell’altro veniva negato il principio luterano della giustificazione tramite la sola fede, e in tal modo non era più chiaro quale fosse la via da percorrere per ot- tenere la salvezza dell’anima: la volontà di equilibrio tra due visioni alternative della redenzione risultava perciò solo fonte di confusione per i sudditi.

Gli unici interventi davvero definiti e concreti di Enrico, gli unici storicamente determinanti e determinabili nel corso del suo regno, furono irrilevanti dal punto di vista dottrinale: da un lato la soppressione dei monasteri, che consentì alla corona di ottenere introiti considerevoli dalla confisca, dall’altro l’obbligo di leggere la bibbia in inglese e non più in latino.

In questo clima di profondo sconcerto, in cui davvero la chiesa di Inghilterra po- teva apparire mostruosa e acefala come una blemmia, si colloca dunque la traduzio- ne londinese dei Sileni Alcybiadis dalla quale siamo partiti. Quell’ardita operazione editoriale testimonia non soltanto il generale interesse per il pensiero del teologo di Rotterdam, ma anche e soprattutto la volontà di sottolinearne l’aspetto morale, ‘usando’ l’autorevole voce di Erasmo per denunciare un’angoscia presente22.

21 Per le informazioni di carattere storico, in questo e nei capitoli successivi, si è fatto soprattutto riferi-

mento allo studio di Susan Brigden, New World, Lost Worlds. The Rule of the Tudors, 1485-1603, Lon- don, Allen Lane-The Penguin Press, 2000, pp. 143-191 (Alle origini dell’Inghilterra moderna. L’età dei

Tudor (1485-1603), traduzione italiana di Ida Di Vicino, Bologna, Il Mulino, 2003).

22 Non sarà forse superfluo ricordare una certa continuità nella diffusione dei testi erasmiani, e più in

generale una coltivazione di alcuni ideali umanistici, nella prima fase della ‘Riforma’ inglese: uno dei primi atti del successore di Enrico VIII, suo figlio Edoardo VI, fu infatti un decreto regio con il quale si

regarde of ye other / so shall it ende that what so euer they poscesse / they shal pos- sesse it with more ioye and suretye / neyther shal they feare or be troubled, lest any man wyll take them from them18.

Malgrado questa prudenza, la forza del pensiero innovatore di Erasmo non poteva non urtare contro la furia conservatrice della Controriforma romana: iscritte nell’Index librorum prohibitorum, le opere del teologo olandese furono condannate al rogo nel 154319. Tuttavia, nulla la collera del potere inquisitorio aveva potuto sul suo corpo mortale: Erasmo si era spento pochi anni prima, nel 1536, a Basilea. Le sue ultime parole («lieve God», Dio caro) erano state un ringraziamento per quella ricerca di purezza e verità che aveva informato tutta la sua vita20.

2.2. The State and Condition of this Present World: mostruosi segni dei tempi

La pubblicazione londinese dei Sileni Alcybiadis non era certo solo un tributo a un dotto di grande spessore intellettuale, che per un lungo periodo della sua vita aveva fatto di Oxford la sua seconda dimora. Le ragioni della fortuna dei Sileni, più volte ristampati, sono da individuare nella precisa aderenza dei temi affrontati da Erasmo con le esigenze spirituali dei lettori inglesi. Vi erano infatti due forti nuclei con- cettuali, alla base del libello erasmiano, che potevano essere accolti con grande fa- vore in Inghilterra nei primi anni quaranta del XVI secolo. Da un lato, il senso di profonda crisi dei tempi presenti, che il teologo attribuiva in ultima istanza alla cor- ruzione del clero e alla conseguente mancanza di una seria e disinteressata guida spirituale; dall’altro, l’insistenza sulla necessità di andare oltre uno sguardo superfi- ciale sulla realtà, ricercando i veri significati, spesso nascosti, delle cose. Il fatto che l’oggetto da ‘aprire’, da ‘decifrare’, fosse proprio la figura mostruosa del sileno, suggeriva che il difforme e il divino potessero convivere nello stesso fenomeno. Il passaggio concettuale successivo era vicinissimo: il ‘mostro’ doveva essere, proprio come il sileno di Alcibiade, un geroglifico da decrittare, e il suo senso era connesso con la decadenza spirituale del tempo presente. Questo passaggio, estraneo ad Erasmo, fu compiuto dall’anonimo curatore del libello, nella costruzione del fron- tespizio sopra descritto: la «Scorneful Image of monstruos shape», accentuata dalla

18 Ivi, pp. 68-69 («Neque vero haec dixerim, quod sacerdotibus eripiendum putem si quid quocunque

modo contigit vel ditionis vel opum, […] verum illos suae magnitudinis conscios ac memores esse volo, ut ista plebeia, ne dicam ethnica, vel reiiciant vitro et infimis cedant vel certe contemptim possideant et iuxta Paulum sic habeant quasi non habeant. Denique sic eos Christi opibus ornatos esse volo, ut quic- quid accesserit ex huius mundi splendore, aut meliorum obscuretur luce aut sordidum etiam ex collatio- ne videatur. Ita fiet ut et quod possident hoc felicius possideant quo securius; nec enim angentur metu, ne quis eripiat» [Erasmo da Rotterdam, Adagi, cit., pp. 1758-1760]).

19 Come sottilnea Hugh Trevor-Roper, «the age of Erasmus was that golden age which lay between the

European discovery of printing and the invention of its antidote, the Index Librorum Prohibitorum» (Re-

ligion, the Reformation and Social Change, London, Macmillan, 1967, p. 17 [Protestantesimo e tra- sformazione sociale, traduzione italiana di Luca Trevisani, Roma-Bari, Laterza, 1994]).

20 Le ultime parole di Erasmo, raccolte da un testimone della sua morte, sono citate da Johan Huizinga,

rivelò molto diverso dal suo predecessore; i problemi del passato divennero i pro- blemi del presente, ma con una differenza sostanziale: ora erano anche più gravi.

La distruzione in massa di tutti i libri delle funzioni cattoliche causò confusione e smarrimento nei devoti, e l’implacabile epidemia di sudor Anglicus che esplose tra la primavera e l’estate del 1551, mietendo ovunque un gran numero di vittime, sca- raventò l’intera popolazione nel terrore più profondo. Nell’aprile del 1552, il Parla- mento tentò di riportare ordine nella dottrina, approvando un nuovo Atto di Unifor- mità. Con esso veniva abolito l’Agnus Dei, eliminato qualunque riferimento al Pur- gatorio e alle orazioni in suffragio dei defunti. Tuttavia, ben lontano dal porre fine al caos, il provvedimento contribuiva alla confusione nata dai continui stravolgimenti della liturgia.

Fu in questa generale percezione di imminente apocalisse che l’ansia nei con- fronti di eventi inspiegabili cominciò a focalizzarsi su quello che appariva il più do- loroso e sconcertante: la nascita di un essere umano mostruoso. In quello stesso 1552, ad esempio, a «Damenwald», nei pressi di «Wodstocke»,

a farmers wife brought forth a mo[n]ster [whose] body was of a bright Bay, his hea- de had hornes, his eyes were greate and hanging out, he had no nose, his mouth broade a span long, amid whiche appeared a white tong and foure square, he had no neck, for his head grew close to hys shoulders, all his body was puft up, and full of wrinckles, hys armes did sticke in his loynes, his feete were slender, and from his Nauill there hung down to his feete a kinde of loose bowel24.

Il mostro di Woodstock, una delle prime nascite mostruose attestate in Inghilterra, ci è pervenuto privo di qualsiasi lettura allegorica: Stephen Batman, che ce ne dà te- stimonianza nel suo The Doome warning all Men to the Judgemente (1581), si limita alla descrizione della sua anatomia, senza attestarne una interpretazione come mes- saggio divino. Questo passaggio sarebbe avvenuto di lì a poco.

24 Stephen Batman, The Doome warning all Men to the Judgemente, [London], imprinted by Ralphe

Nubery assigned by Henry Bynneman. Cum priuilegio Regali, Anno Domini 1581 [STC (2nd ed.), 1582], p. 356.

Un’angoscia della quale non si intravedeva la fine: il re che l’aveva generata, abbandonando il porto romano, ora lasciava i suoi sudditi nel buio del mare aperto. Disinteressato ormai alle questioni dottrinali, Enrico VIII sembrava non avere che un pensiero, la questione dinastica. Nel 1537, una delle sue sei mogli, la ventenne Jane Seymour, era riuscita a esaudire il suo sogno partorendo un figlio maschio. L’impresa aveva avuto un prezzo altissimo, la vita della stessa regina, ma quel sacri- ficio non era stato vano e l’Atto di Successione del 1544, che garantiva al piccolo l’ascesa al trono prima delle sorelle maggiori, Maria e Elisabetta, ne era la testimo- nianza. Ma chi avrebbe guidato il ‘divino infante’ in caso di ascesa al potere prima della maggiore età? Questo dilemma scandì, come le lancette di un orologio, la vec- chiaia di Enrico VIII, il cui lungo regno giunse all’atto conclusivo così come si era aperto, macchiato dal sangue e consumato dalle invidie e dai complotti. Il successo- re, di appena nove anni, si trovò le gracili spalle gravate da una pesante eredità: «a schism without heresy»23.

Edoardo VI occupò il posto del padre il 20 febbraio del 1547, ma il passaggio di consegne si concretizzò solo nelle parole: de facto, il fanciullo non fu che un fanta- sma durante gli anni del suo regale mandato. In sua vece, a intrecciare i fili delle marionettes sul palco della politica, ci sarebbe stato lo zio materno Edward Sey- mour, duca di Somerset, nella cui attività politica, un ruolo centrale ebbe la questio- ne religiosa. Seymour condivise le posizioni di alcuni fra gli evangelici più radicali, e incoraggiò la diffusione e l’attecchimento di un protestantesimo estremo, culmina- to in un Book of Common Prayer completamente revisionato, imposto a partire dalla Pentecoste del 1549. Il nuovo rito prevedeva che la comunione fosse ricevuta da tut- ti, laici e non, sotto le due specie del pane e del vino, ma cercava allo stesso tempo di rimuovere il concetto che il sacerdote, attraverso essa, offrisse in sacrificio il san- gue e il corpo di Cristo.

Tuttavia, la rinuncia all’elevazione durante la consacrazione (il momento del rito di maggiore forza e intercessione), al segno di pace, la cancellazione del grande ci- clo dei giorni festivi dedicati alla celeste schiera dei santi, l’uso dell’inglese in sosti- tuzione del latino e l’evidente impulso riformatore che si celava dietro il nuovo rito, resero il Book of Common Prayer un testo inaccettabile per tutti coloro che avevano idee conservatrici. Ne derivarono irrimediabilmente scontri e conflitti, soprattutto nel sud-ovest del paese dove, ad esempio, la teca che conteneva l’ostia benedetta, posta sopra l’altare, era stata il centro della devozione eucaristica popolare. Per mol- ti, la nuova messa era quanto mai assurda e blasfema e in molte comunità la sua im- posizione scatenò la rivolta. Le sommosse furono brutalmente sedate, ma di lì a po- co Somerset cadde, a seguito di una congiura architettata all’interno delle stesse mu- ra di Hampton Court.

La posizione di indiscusso rilievo fino ad allora occupata dal duca di Somerset fu assunta nel 1550 da John Dudley, duca di Northumberland. Quest’ultimo non si stabiliva che le Parafrasi dei Vangeli di Erasmo dovessero trovarsi in ogni chiesa (cfr. Roland H. Bain- ton, The Age of Reformation of the Sixteenth Century, Boston, The Beacon Press, 1952, p. 188 [La ri-

forma protestante, prefazione di Delio Cantimori, traduzione italiana di Francesco Lo Bue, Torino,

Einaudi, 1958]).

rivelò molto diverso dal suo predecessore; i problemi del passato divennero i pro- blemi del presente, ma con una differenza sostanziale: ora erano anche più gravi.

La distruzione in massa di tutti i libri delle funzioni cattoliche causò confusione e smarrimento nei devoti, e l’implacabile epidemia di sudor Anglicus che esplose tra la primavera e l’estate del 1551, mietendo ovunque un gran numero di vittime, sca- raventò l’intera popolazione nel terrore più profondo. Nell’aprile del 1552, il Parla- mento tentò di riportare ordine nella dottrina, approvando un nuovo Atto di Unifor- mità. Con esso veniva abolito l’Agnus Dei, eliminato qualunque riferimento al Pur- gatorio e alle orazioni in suffragio dei defunti. Tuttavia, ben lontano dal porre fine al caos, il provvedimento contribuiva alla confusione nata dai continui stravolgimenti della liturgia.

Fu in questa generale percezione di imminente apocalisse che l’ansia nei con- fronti di eventi inspiegabili cominciò a focalizzarsi su quello che appariva il più do- loroso e sconcertante: la nascita di un essere umano mostruoso. In quello stesso 1552, ad esempio, a «Damenwald», nei pressi di «Wodstocke»,

a farmers wife brought forth a mo[n]ster [whose] body was of a bright Bay, his hea- de had hornes, his eyes were greate and hanging out, he had no nose, his mouth broade a span long, amid whiche appeared a white tong and foure square, he had no neck, for his head grew close to hys shoulders, all his body was puft up, and full of wrinckles, hys armes did sticke in his loynes, his feete were slender, and from his Nauill there hung down to his feete a kinde of loose bowel24.

Il mostro di Woodstock, una delle prime nascite mostruose attestate in Inghilterra, ci è pervenuto privo di qualsiasi lettura allegorica: Stephen Batman, che ce ne dà te- stimonianza nel suo The Doome warning all Men to the Judgemente (1581), si limita alla descrizione della sua anatomia, senza attestarne una interpretazione come mes- saggio divino. Questo passaggio sarebbe avvenuto di lì a poco.

24 Stephen Batman, The Doome warning all Men to the Judgemente, [London], imprinted by Ralphe

Nubery assigned by Henry Bynneman. Cum priuilegio Regali, Anno Domini 1581 [STC (2nd ed.), 1582], p. 356.

Un’angoscia della quale non si intravedeva la fine: il re che l’aveva generata, abbandonando il porto romano, ora lasciava i suoi sudditi nel buio del mare aperto. Disinteressato ormai alle questioni dottrinali, Enrico VIII sembrava non avere che un pensiero, la questione dinastica. Nel 1537, una delle sue sei mogli, la ventenne Jane Seymour, era riuscita a esaudire il suo sogno partorendo un figlio maschio. L’impresa aveva avuto un prezzo altissimo, la vita della stessa regina, ma quel sacri- ficio non era stato vano e l’Atto di Successione del 1544, che garantiva al piccolo l’ascesa al trono prima delle sorelle maggiori, Maria e Elisabetta, ne era la testimo- nianza. Ma chi avrebbe guidato il ‘divino infante’ in caso di ascesa al potere prima della maggiore età? Questo dilemma scandì, come le lancette di un orologio, la vec- chiaia di Enrico VIII, il cui lungo regno giunse all’atto conclusivo così come si era aperto, macchiato dal sangue e consumato dalle invidie e dai complotti. Il successo- re, di appena nove anni, si trovò le gracili spalle gravate da una pesante eredità: «a schism without heresy»23.

Edoardo VI occupò il posto del padre il 20 febbraio del 1547, ma il passaggio di consegne si concretizzò solo nelle parole: de facto, il fanciullo non fu che un fanta- sma durante gli anni del suo regale mandato. In sua vece, a intrecciare i fili delle marionettes sul palco della politica, ci sarebbe stato lo zio materno Edward Sey- mour, duca di Somerset, nella cui attività politica, un ruolo centrale ebbe la questio- ne religiosa. Seymour condivise le posizioni di alcuni fra gli evangelici più radicali, e incoraggiò la diffusione e l’attecchimento di un protestantesimo estremo, culmina- to in un Book of Common Prayer completamente revisionato, imposto a partire dalla Pentecoste del 1549. Il nuovo rito prevedeva che la comunione fosse ricevuta da tut- ti, laici e non, sotto le due specie del pane e del vino, ma cercava allo stesso tempo di rimuovere il concetto che il sacerdote, attraverso essa, offrisse in sacrificio il san- gue e il corpo di Cristo.