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A Strange Sight, which pleased me Mightily: i mostri e la curiosità

Rinascimento mostruoso Campi d’indagine per la prima età moderna

1.6. A Strange Sight, which pleased me Mightily: i mostri e la curiosità

Un anno dopo aver raccontato del mostro di Ravenna, e averlo connesso con il sacco della città avvenuto nel marzo 1512, lo speziale fiorentino Luca Landucci dava te- stimonianza di un altro caso di nascita mostruosa, documentando questa volta una reazione emotiva completamente diversa di fronte al mostruoso umano, quella che sopra ho più volte definito il complesso della curiosità. Il mostro non suscitava, cioè, reazioni di orrore per il suo aspetto prodigioso; piuttosto, in quanto capriccio della natura e oggetto di spettacolo, destava stupore in spettatori disposti a pagare molti denari pur di poterlo ammirare:

Venne a Firenze uno spagniuolo el quale aveva seco un garzonetto di circa 13 anni, el quale garzonetto era nato con questa voglia, o vogli dire mostro, el quale andava mostrando per la città e guadagnava molti denari; el quale gli usciva del corpo una altra creatura che aveva el capo in corpo suo e fuori pendevano le gambe colla natu- ra sua e parte del corpo, el quale cresceva come il garzonetto, e orinava col detto mostro, e non dava molto affanno al garzone110.

Il testo di Landucci, risalente al 1513, è particolarmente rilevante proprio per la coincidenza quasi esatta tra due nascite mostruose presentate con atteggiamenti op- posti: da un lato il mostro di Ravenna, dall’altro il gemello parassitico di Firenze, a dimostrazione che i due diversi campi su cui era polarizzata la reazione al mostruoso umano, orrore/curiosità, potevano tranquillamente convivere alla stessa altezza cro- nologica e nel medesimo contesto.

107Ivi, IV, p. 958. 108Ivi, VI, p. 110. 109Ivi, VI, p. 114.

110Luca Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, cit., p. 343.

ciava l’imminente castigo divino per l’eresiarca («non durarà longo tempo che sarà anichilito»). Ancora una volta intorno ad una creatura mostruosa si creava un complesso di senso, che metteva insieme il dato fisico, la lettura allegorica, la po- lemica religiosa e l’auspicio di una prossima fine per colui che, in ambito cattolico, incarnava ormai il nemico: quel Martin Lutero che lacerando la Chiesa, non era soltanto uomo della discordia, ma vero e proprio Anticristo103.

Le nascite mostruose analizzate in questo paragrafo, e l’insieme delle reazioni da loro suscitate, dimostrano la straordinaria sensibilità della letteratura sui mostri alle circostanze politiche e religiose nel cui contesto tale letteratura si colloca: il mo- stro di Ravenna e quello di Marano attestano l’importanza dell’instabilità politica italiana per l’interpretazione delle nascite di bambini deformi nelle prime due decadi del Cinquecento; la lettura luterana dei mostri di Roma e di Freiberg, e le risposte italiane a tale polemica, così come il più tardo mostro di Castelbaldo possono ade- guatamente fornire strumenti per comprendere la polemica religiosa tra Riforma e Controriforma.

Lasciando per un attimo da parte il caso dell’Inghilterra, che sarà specifico og- getto d’analisi nei capitoli successivi, è invece interessante posare brevemente lo sguardo sulla Francia: la serie in sei volumi delle Histoire prodigieuses, ampia rac- colta di fatti prodigiosi che si dipana nell’arco di 34 anni, mostra chiaramente quanto le circostanze politiche e religiose condizionino il complesso dell’orrore, favorendo- lo nei momenti di instabilità, e togliendogli invece forza nei momenti di minore an- goscia104.

Nei primi due volumi, redatti da Pierre Boaistuau (1560) e Claude Tesserant (1567) in anni di relativa tranquillità politica, i mostri e gli altri prodigi venivano as- sociati alla punizione divina, ma anche interpretati in maniera meno inquietante. Se- condo Boaistuau, la causa principale delle nascite mostruose era sì il castigo divino inflitto alle persone sessualmente smodate, come segno evidente e terribile dell’«orrore del loro peccato»; tuttavia egli menzionava anche cause naturali di na- scite mostruose, quali l’immaginazione materna, l’eccesso e il difetto di seme, l’indisposizione dell’utero105. Ugualmente, sei anni dopo, Claude Tesserant riteneva che i mostri nati a Padova e a Venezia nel 1487 potessero essere stati presagi delle disgrazie che di lì a poco avrebbero colpito l’Italia, ma mostrava un atteggiamento più scettico a proposito di due gemelli siamesi nati vicino ad Heidelberg nel 1486, notando che nessuna disgrazia si fosse verificata in Germania in quell’anno106.

Il terzo, quarto e quinto volume della serie uscirono tra il 1575 e il 1582 (compi- lati rispettivamente da François de Belleforest, Rod Hoyer et Arnauld Sorbin), pro- prio al culmine delle guerre francesi di religione: non casualmente, in questi volumi l’atteggiamento scettico scompare, e gli autori affermano chiaramente che tutti i mo-

103 Su Lutero come artefice della rottura del corpo mistico cristiano, si veda Ronnie Po-Chia Hsia, A Ti-

me for Monsters, cit., pp. 72-80.

104 Pierre Boaistuau et al., Histoires prodigieuses et mémorables, 6 vols., Lyon, Jean Pillehotte, 1598. 105 Ivi, I, pp. 29-30 e 314-315. Sul potere dell’immaginazione materna come causa di nascite mostruose,

si veda Marie-Hélène Huet, Monstrous Imagination, Harvard, Harvard University Press, 1993, special- mente pp. 13-103.

stri sono prodigi, inviati direttamente da Dio al fine di esortare i cristiani al penti- mento e alla penitenza107. Al contrario, l’anonimo autore del sesto volume, pubblica- to nel 1594 durante un periodo di relativa pace, preoccupato che i volumi precedenti avessero annoiato i lettori, promise di «suscitare più piacere nei lettori, per lo più curiosi di storie di cose stupefacenti»108. Pur notando che gli anni tra il 1567 e il 1573 erano stati particolarmente ricchi di nascite mostruose, a causa della giusta in- dignazione di Dio nei confronti degli eretici insorti contro la vera fede di Cristo, egli si ripromise di raccontare tutte le cose non comuni e che avevano destato «grande curiosità»109. In questo modo, egli dimostrava una chiara consapevolezza del legame tra mostri e circostanze politico-religiose, ma nello stesso tempo suggeriva che il mostruoso, e con esso tutte le altre meraviglie, potessero suscitare non soltanto orro- re, ma anche piacere.

È questo secondo complesso emotivo-cognitivo, che ho definito sopra comples- so della curiosità, che ora metterò in luce.

1.6. A Strange Sight, which pleased me Mightily: i mostri e la curiosità

Un anno dopo aver raccontato del mostro di Ravenna, e averlo connesso con il sacco della città avvenuto nel marzo 1512, lo speziale fiorentino Luca Landucci dava te- stimonianza di un altro caso di nascita mostruosa, documentando questa volta una reazione emotiva completamente diversa di fronte al mostruoso umano, quella che sopra ho più volte definito il complesso della curiosità. Il mostro non suscitava, cioè, reazioni di orrore per il suo aspetto prodigioso; piuttosto, in quanto capriccio della natura e oggetto di spettacolo, destava stupore in spettatori disposti a pagare molti denari pur di poterlo ammirare:

Venne a Firenze uno spagniuolo el quale aveva seco un garzonetto di circa 13 anni, el quale garzonetto era nato con questa voglia, o vogli dire mostro, el quale andava mostrando per la città e guadagnava molti denari; el quale gli usciva del corpo una altra creatura che aveva el capo in corpo suo e fuori pendevano le gambe colla natu- ra sua e parte del corpo, el quale cresceva come il garzonetto, e orinava col detto mostro, e non dava molto affanno al garzone110.

Il testo di Landucci, risalente al 1513, è particolarmente rilevante proprio per la coincidenza quasi esatta tra due nascite mostruose presentate con atteggiamenti op- posti: da un lato il mostro di Ravenna, dall’altro il gemello parassitico di Firenze, a dimostrazione che i due diversi campi su cui era polarizzata la reazione al mostruoso umano, orrore/curiosità, potevano tranquillamente convivere alla stessa altezza cro- nologica e nel medesimo contesto.

107 Ivi, IV, p. 958. 108 Ivi, VI, p. 110. 109 Ivi, VI, p. 114.

110 Luca Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, cit., p. 343.

ciava l’imminente castigo divino per l’eresiarca («non durarà longo tempo che sarà anichilito»). Ancora una volta intorno ad una creatura mostruosa si creava un complesso di senso, che metteva insieme il dato fisico, la lettura allegorica, la po- lemica religiosa e l’auspicio di una prossima fine per colui che, in ambito cattolico, incarnava ormai il nemico: quel Martin Lutero che lacerando la Chiesa, non era soltanto uomo della discordia, ma vero e proprio Anticristo103.

Le nascite mostruose analizzate in questo paragrafo, e l’insieme delle reazioni da loro suscitate, dimostrano la straordinaria sensibilità della letteratura sui mostri alle circostanze politiche e religiose nel cui contesto tale letteratura si colloca: il mo- stro di Ravenna e quello di Marano attestano l’importanza dell’instabilità politica italiana per l’interpretazione delle nascite di bambini deformi nelle prime due decadi del Cinquecento; la lettura luterana dei mostri di Roma e di Freiberg, e le risposte italiane a tale polemica, così come il più tardo mostro di Castelbaldo possono ade- guatamente fornire strumenti per comprendere la polemica religiosa tra Riforma e Controriforma.

Lasciando per un attimo da parte il caso dell’Inghilterra, che sarà specifico og- getto d’analisi nei capitoli successivi, è invece interessante posare brevemente lo sguardo sulla Francia: la serie in sei volumi delle Histoire prodigieuses, ampia rac- colta di fatti prodigiosi che si dipana nell’arco di 34 anni, mostra chiaramente quanto le circostanze politiche e religiose condizionino il complesso dell’orrore, favorendo- lo nei momenti di instabilità, e togliendogli invece forza nei momenti di minore an- goscia104.

Nei primi due volumi, redatti da Pierre Boaistuau (1560) e Claude Tesserant (1567) in anni di relativa tranquillità politica, i mostri e gli altri prodigi venivano as- sociati alla punizione divina, ma anche interpretati in maniera meno inquietante. Se- condo Boaistuau, la causa principale delle nascite mostruose era sì il castigo divino inflitto alle persone sessualmente smodate, come segno evidente e terribile dell’«orrore del loro peccato»; tuttavia egli menzionava anche cause naturali di na- scite mostruose, quali l’immaginazione materna, l’eccesso e il difetto di seme, l’indisposizione dell’utero105. Ugualmente, sei anni dopo, Claude Tesserant riteneva che i mostri nati a Padova e a Venezia nel 1487 potessero essere stati presagi delle disgrazie che di lì a poco avrebbero colpito l’Italia, ma mostrava un atteggiamento più scettico a proposito di due gemelli siamesi nati vicino ad Heidelberg nel 1486, notando che nessuna disgrazia si fosse verificata in Germania in quell’anno106.

Il terzo, quarto e quinto volume della serie uscirono tra il 1575 e il 1582 (compi- lati rispettivamente da François de Belleforest, Rod Hoyer et Arnauld Sorbin), pro- prio al culmine delle guerre francesi di religione: non casualmente, in questi volumi l’atteggiamento scettico scompare, e gli autori affermano chiaramente che tutti i mo-

103Su Lutero come artefice della rottura del corpo mistico cristiano, si veda Ronnie Po-Chia Hsia, A Ti-

me for Monsters, cit., pp. 72-80.

104Pierre Boaistuau et al., Histoires prodigieuses et mémorables, 6 vols., Lyon, Jean Pillehotte, 1598. 105Ivi, I, pp. 29-30 e 314-315. Sul potere dell’immaginazione materna come causa di nascite mostruose,

si veda Marie-Hélène Huet, Monstrous Imagination, Harvard, Harvard University Press, 1993, special- mente pp. 13-103.

l’eccesso o il difetto di materia (ad esempio, per i nani, i giganti, i gemelli siamesi o le persone con arti mancanti o in soprannumero), l’immaginazione della madre (ad esempio, per gli irsuti), oppure l’equilibrio tra contributo materno e paterno (erma- froditi e persone dal sesso incerto)113.

In realtà, tuttavia, lo stesso mostro poteva suscitare reazioni diverse: queste crea- ture straordinarie erano collocate in uno spazio di confine tra naturale e soprannatu- rale, perciò il fatto che la loro esistenza potesse essere motivata con cause riconosci- bili non escludeva che le si potesse leggere anche come prodigi. Gli unici mostri che procuravano univocamente orrore erano tanto insoliti e bizzarri (come gli ibridi uo- mo-animale, il mostro di Ravenna, l’asino-papa) che per essi ogni causa naturale era a priori esclusa, e la loro orribile presenza poteva essere ricondotta soltanto alla vo- lontà divina di comunicare all’uomo un messaggio ominoso. Ma la maggior parte dei mostri non apparteneva a questa categoria, per così dire, estrema: della grande maggioranza delle creature deformi che sopravvivevano alla nascita, si poteva alme- no ipoteticamente immaginare un’occasione di esposizione pubblica.

I contesti in cui il mostruoso poteva essere fonte di curiosità, o addirittura di piacere, erano molteplici: non mancavano, ad esempio, imbalsamati o in rappresen- tazioni pittoriche, nelle collezioni del tempo, sia in quelle dei principi che in quelle dei collezionisti professionisti, accanto ad altri mirabilia di natura. Nella collezione di Isabella d’Este, a Mantova, trovava posto insieme a cammei, coralli, vasi antichi e conchiglie, anche il corpo imbalsamato di un cucciolo di cane mostruoso, che aveva due corpi uniti, otto piedi e due code, ma una sola testa114. Alla fine del Cinquecen- to, la collezione dei Gonzaga includeva anche un feto umano con quattro occhi e due bocche115, mentre la collezione di Ferdinando II d’Asburgo conteneva i ritratti di un gigante e di un irsuto di Tenerife, Pedro Gonzàlez, rappresentato con tutta la sua fa- miglia, insieme alla moglie e ai figli, molti dei quali affetti dalla medesima forma di ipertricosi116.

Ma il gusto per i mostri come oggetto di esposizione non era ovviamente limita- to al ristretto ambito delle collezioni di corte: gli spettacoli in cui erano esibite le lo- ro bizzarrie anatomiche erano un pezzo forte dei mercati e delle fiere. Particolar- mente ricca, a questo proposito, è la documentazione sulla Londra seicentesca: Sa- muel Pepys, ad esempio, alla data del 21 dicembre 1668, annotò nel suo diario di

113Cfr. Lorraine Daston, Katharine Park, Wonder and the Order of Nature, cit., p. 192.

114Il cucciolo era stato partorito da Mamia, cagnolina di proprietà della stessa Isabella d’Este (cfr. Giu-

seppe Olmi, Musei, orti botanici e teatri anatomici, in Enciclopedia Italiana. Ottava appendice. Il con-

tributo italiano alla storia del pensiero – Scienze, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani,

2013, pp. 30-37.

115Cfr. Dario Franchini et al., La scienza a corte. Collezionismo eclettico, natura e immagine a Mantova

fra Rinascimento e Manierismo, Roma, Bulzoni, 1979, p. 108.

116Cfr. Elisabeth Scheicher, Die Kunstkammer. Kunsthistorisches Museum, Sammlunge Schloss Ambras,

Innsbruck, Kunsthistorisches Museum, 1977, pp. 149-153. Sulla vicenda di Pedro Gonzàlez, si veda Ro- berto Zapperi, Der wilde Mann von Teneriffe, München, Beck, 2004 (Il selvaggio gentiluomo.

L’incredibile storia di Pedro Gonzàlez e dei suoi figli, Roma, Donzelli, 2005). D’altra parte, nel pieno delle guerre di religione, nel 1531, le esibizioni pubbli-

che di esseri umani mostruosi erano ufficialmente autorizzate: nel dicembre di quell’anno, il cronista modenese Tommasino Lancellotti annotò l’esistenza a Ficaro- lo, nel Polesine, di una donna dalla mostruosità imprecisata, che aveva «la patente del vicario del vescovo di Ferrara, e chi la vole vedere paga»111. Nel corso del Cin- quecento, simili notizie di esposizioni pubbliche di creature mostruose sono piutto- sto comuni, e non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa. E allo stesso modo ca- pitava che anche bimbi mostruosi morti poco dopo la nascita, e imbalsamati, potes- sero essere oggetto di spettacolo, o comunque di lucro. Lo dimostra il diario di Lucia Pioppi, una suora modenese, che nel 1550, ricordando un’esperienza d’infanzia, an- notò sul suo diario:

Il dì detto messer padre, cioè messer Giovanni Lodovico Pioppi, pagò un bolognino per ciascun di noi di casa un forastiero di terra tedesca, hovero Francese, il quale si fece vedere in casa nostra in una cassetta un puttino morto imbalsamato, che avea doi teste, con le faccie bellissime, che parevano due volti di bambini, et poi del resto un solo corpo bellissimo da vedere, et di bella carne, cosa meravigliosa112.

I brani qui citati (di Landucci, Lancellotti e Pioppi), confrontati con quelli coevi, menzionati nel paragrafo precedente (Sanuto e ancora Landucci e Lancellotti), mostrano che i due complessi cognitivo-emotivi dell’orrore e della curiosità di fronte alle creature mostruose costituivano due reazioni contemporaneamente dis- ponibili agli spettatori della prima età moderna: lo stesso Landucci che presentava il mostro di Ravenna come segno premonitore del sacco della città, poteva raccontare del «garzonetto spagniuolo» che destava curiosità nel pubblico fiorentino; il medesimo Lancellotti che narrava della donna mostruosa ferrarese, esposta a pa- gamento con la «patente del vicario del vescovo», aveva potuto, in un altro contesto, raccontare del mostro di Freiberg in chiave orrorosa e antiluterana; se Lucia Pioppi ricordava il «puttino morto imbalsamato, che avea doi teste» come di «cosa meravi- gliosa», pochi anni prima Marino Sanuto collezionava un foglio volante in cui il mostro di Castelbaldo era segno dell’eresia luterana, e della conseguente ira divina. I due complessi esistevano, dunque, parallelamente: a seconda delle circostanze, tal- volta uno prevaleva sull’altro, talvolta essi erano intrecciati.

Ma qual era, allora – quando esisteva – il discrimine tra l’orrore e il piacere? In parte, la reazione era diversa a seconda delle circostanze politiche e religiose esterne (in periodo di conflitto politico o religioso, il mostro veniva interpretato quasi neces- sariamente come presagio, e destava orrore); in parte, la reazione era condizionata dalla conformazione stessa del mostro e dalla possibilità di determinarne facilmente una causa naturale: sapendo che tali esseri avevano una spiegazione naturale sempli- ce, e priva di qualsiasi componente morale, li si poteva osservare con piacere, in quanto manifestazioni della varietà della natura o, al limite, in quanto capricci del caso. Le spiegazioni più comuni, che rendevano meno orribile il mostro, erano

111 Tommasino Lancellotti, Cronaca modenese, cit., IV, p. 23.

l’eccesso o il difetto di materia (ad esempio, per i nani, i giganti, i gemelli siamesi o le persone con arti mancanti o in soprannumero), l’immaginazione della madre (ad esempio, per gli irsuti), oppure l’equilibrio tra contributo materno e paterno (erma- froditi e persone dal sesso incerto)113.

In realtà, tuttavia, lo stesso mostro poteva suscitare reazioni diverse: queste crea- ture straordinarie erano collocate in uno spazio di confine tra naturale e soprannatu- rale, perciò il fatto che la loro esistenza potesse essere motivata con cause riconosci- bili non escludeva che le si potesse leggere anche come prodigi. Gli unici mostri che procuravano univocamente orrore erano tanto insoliti e bizzarri (come gli ibridi uo- mo-animale, il mostro di Ravenna, l’asino-papa) che per essi ogni causa naturale era a priori esclusa, e la loro orribile presenza poteva essere ricondotta soltanto alla vo- lontà divina di comunicare all’uomo un messaggio ominoso. Ma la maggior parte dei mostri non apparteneva a questa categoria, per così dire, estrema: della grande maggioranza delle creature deformi che sopravvivevano alla nascita, si poteva alme- no ipoteticamente immaginare un’occasione di esposizione pubblica.

I contesti in cui il mostruoso poteva essere fonte di curiosità, o addirittura di piacere, erano molteplici: non mancavano, ad esempio, imbalsamati o in rappresen- tazioni pittoriche, nelle collezioni del tempo, sia in quelle dei principi che in quelle dei collezionisti professionisti, accanto ad altri mirabilia di natura. Nella collezione di Isabella d’Este, a Mantova, trovava posto insieme a cammei, coralli, vasi antichi e conchiglie, anche il corpo imbalsamato di un cucciolo di cane mostruoso, che aveva due corpi uniti, otto piedi e due code, ma una sola testa114. Alla fine del Cinquecen- to, la collezione dei Gonzaga includeva anche un feto umano con quattro occhi e due bocche115, mentre la collezione di Ferdinando II d’Asburgo conteneva i ritratti di un gigante e di un irsuto di Tenerife, Pedro Gonzàlez, rappresentato con tutta la sua fa- miglia, insieme alla moglie e ai figli, molti dei quali affetti dalla medesima forma di ipertricosi116.

Ma il gusto per i mostri come oggetto di esposizione non era ovviamente limita- to al ristretto ambito delle collezioni di corte: gli spettacoli in cui erano esibite le lo- ro bizzarrie anatomiche erano un pezzo forte dei mercati e delle fiere. Particolar- mente ricca, a questo proposito, è la documentazione sulla Londra seicentesca: Sa- muel Pepys, ad esempio, alla data del 21 dicembre 1668, annotò nel suo diario di

113 Cfr. Lorraine Daston, Katharine Park, Wonder and the Order of Nature, cit., p. 192.