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Heriz de villa Insula, i de Dorra e il mondo della piccola aristocrazia

II.3.1.2 Gli Heriz de Villa Insula

Nelle fonti di Sobrado il caso del gruppo dei Transulfiz non fu affatto isolato e abbiamo trovato altri piccoli gruppi sul territorio che contribuirono alla costruzione del patrimonio del monastero. Esempi simili sono quelli delle famiglie Heriz de villa Insula e Almandran-de Dorra. Nel primo caso si tratta dei discendenti di Hero Múñiz, figlio di Odosinda Menéndez, ossia Nuño, Froila, Pietro Rodrigo Osorio, Ferdinando, Urraca, Pietro e Maria Heriz che compaiono costantemente nelle fonti di Sobrado sin dalla fine del XII secolo564. La prima attestazione di Hero Múñiz nelle fonti di Sobrado risale al 1157, quando donò all’abate Egidio di Sobrado le sue proprietà nelle località di Teixeiro e Villariño nella diocesi di Lugo565, mentre dieci anni più tardi nel 1167 lo stesso Hero Múñiz insieme alla moglie Adosinsa Meléndez, aveva donato una serie di proprietà fondiarie al monastero di Sobrado comprese tra Aranga e la chiesa di Santa Eulalia de

Curtis al confine tra l’arcidiocesi di Compostela e la diocesi di Mondoñedo566. Come nel caso dei Transulfiz, anche gli Heriz avevano interessi nel nord della Galizia come nella parte centro-orientale della regione e in seguito, nel 1188, i figli di Hero, Nuño, Froyla, Pietro, Ferdinando, Urraca Heriz e alcuni dei suoi nipoti - figli di Rodrigo e Osorio Heriz - donarono a Sobrado tutte le proprietà ereditate da Hero567.

Nuño Heriz contrasse matrimonio con Elvira Froílaz de Insula568, località nell’area di Monterroso all’interno dell’episcopato di Lugo569, dalla quale ebbe tre figli: Ferdinando, Pietro e Giovanni Núñiz detto Fol. Nuño Heriz analogamente al padre fu in 561 IBID., I, docs. n. 259 e 331. 562 IBID., I, doc. n. 255. 563 IBID., I, docs. n. 268 e 328. 564 IBID., I, doc. n. 221. 565 IBID., I, doc. n. 153. 566

IBID., I, doc. n. 152. Abbiamo anche un’altra attestazione di Hero nelle fonti di Sobrado tra le due

donazioni. L’11 novembre 1164, Pelagio Diáz vendette a Sobrado le sue proprietà nell’area di Aranga ed

Erosa in cambio di tre mucche; l’altra metà della proprietà apparteneva a Hero che la cedette a Pelagio

insieme ad alcune proprietà della moglie Urraca Múñiz in cambio di alcuni capi di bestiame. Cfr. nello stesso volume il doc. n. 159.

567

IBID., II, doc. n. 482.

568

IBID., II, doc. n. 503. 569

C. PEREIRA MARTÍNEZ, Catálogo do Tumbo de la Hacienda que la Madre de Dios de Sobrado tiene en

Tierra de Mellide y Monterroso y Donaciones, y Foros, y Ventas, «Anuario Brigantiño», 22 (1999), pp.

strettissimo contatto con il monastero di Sobrado: da una carta del 1206 apprendiamo che Nuño Heriz donò in usufrutto vitalizio la metà di tutte le sue proprietà al figlio Giovanni detto Fol, in quanto l’unico ad aver contratto matrimonio legittimo570, e l’altra metà ai suoi fratelli571. Nuño pose però una clausola ben precisa; i figli avrebbero potuto dare in pegno le terre soltanto ai cistercensi di Sobrado e anzi si sarebbero dovuti impegnare a donare i beni in questione facendo testamento presso il monastero572.

Dei figli di Nuño abbiamo diversi riferimenti nelle fonti. Di Ferdinando abbiamo solo una attestazione, non datata, nelle fonti di Sobrado; da un documento del monastero sappiamo soltanto che un converso di nome Domenico - come vedremo, probabilmente Domenico de Ferreira che abbiamo già più volte incrociato nelle fonti - pagò una cifra di diciassette soldi per rilevare tutte le proprietà di Ferdinando Núñiz nella località di Insula che aveva ereditato dal padre Nuño, mentre del fratello Pietro Núñiz non abbiamo nessuna attestazione certa nelle fonti cistercensi573. Un ruolo decisamente più importante nelle vicende del monastero fu quello del terzo fratello Giovanni Núñiz detto Fol. Nel 1190 Giovanni appare insieme al padre Nuño e agli zii Pietro e Ferdinando Heriz tra i confirmantes della donazione fatta all’abate di Sobrado Ferdinando dal parroco Giovanni Gutíerrez della chiesa di Santa Maria de Castro e di alcune terre nell’area di Constantim nel nord-ovest della Galizia574. Lo stesso Giovanni Núñiz deteneva beni nell’area vicino alla chiesa appena menzionata: il 29 agosto del 1208 Jimena Pérez donò a Sobrado tutte le proprietà in villa Insula riguardanti la chiesa di Santa Maria de Castro appartenute e ottenute proprio da Giovanni Núñiz detto Fol, seguendo i consigli che le diedero i probiviri presenti all’atto giunti al seguito di un giudice di Lugo di nome Giovanni Vermúdez575. Il 17 giugno del 1206 Giovanni Núñiz donò a Sobrado tutte le sue proprietà di villa Ladra, che già aveva dato in pegno al grangiere Domenico de Ferreira, affidando parte dei suoi beni ai suoi cugini Martino, Oveco e Ferdinando, i figli di Froila Heriz, e ponendo le stesse clausole di suo padre Nuño, sepolto presso il monastero cistercense: i beni donati potevano essere solo venduti o dati in pegno ai monaci di Sobrado576.

570

LOSCERTALES, Tumbo de Sobrado cit., II, doc. n. 505 «quia hunc solum habebat de uxore legitima». 571

IBIDEM. 572

IBID.

573

IBID., II, doc. n. 503. 574

IBID., II, doc. n. 480. 575

IBID., II, doc. n. 506. 576

Figura 16. Albero genealogico degli Heriz di villa Insula.

In questo documento appaiono menzionati i discendenti di Froila Heriz, uno degli altri figli di Hero Múñiz, anch’egli in contatto con il monastero di Sobrado; nel marzo del 1180 compare come rogatario in un atto del monastero577, mentre nel marzo 1182 insieme alla sorella Eldonza Heriz, donò tutte le sue proprietà nella terra di Sobrado e in prossimità del monastero di Aranga all’abate Umberto578. Nel 1186 Froila Heriz è di nuovo tra i rogatari di un atto del monastero di Sobrado579, mentre nel 1188 insieme alla moglie Elvira Ovéquiz donó ai cistercensi altre terre nell’area di sobrado e la metà della chiesa di Santiago de Bahamonde nella diocesi di Lugo580. Probabilmente Froila non visse a lungo: tre anni più tardi nel 1191, la moglie Elvira si era già risposata con un certo Munio e aveva stretto un accordo con l’abate di Sobrado per ottenere in usufrutto vitalizio la metà della chiesa di Bahamonde donata in precedenza dal marito e 577 IBID, I, doc. n. 437. 578 IBID., I, doc. n. 221. 579

IBID., II, doc. n. 517. 580

IBID., II, doc. n. 498.

Hero Múñiz

Nuño Osorio Ferdinando Froila Urraca Pietro Maria Rodrigo Pietro

Martino Froílaz Giovanni Froílaz Giovanni Fol Pietro Ferdinando

concedendo successivamente la cifra di quindici soldi ai figli avuti con Froila581. Dal loro matrimonio erano nati, infatti, vari figli che puntualmente ritroviamo nelle fonti del monastero di Sobrado. Nel 1205 Pietro, Oveco, Ferdinando, Urraca, Martino ed Elvira Froílaz, donarono ai monaci di Sobrado Martino Rodríguez e al grangiere di Constantim Domenico de Ferreira tutte le proprietà della famiglia in villa Insula e Bahamonde582. Pietro Froílaz diede in pegno alcune proprietà ai cistercensi di Sobrado - stavolta nell’area di villa Ulfi - insieme ai fratelli Ferdinando, Oveco e alla sorella Elvira583, mentre Oveco nel 1182 strinse un accordo con il cellerario di Sobrado, Arias, e il grangiere di Reparada Pietro Sánchez, per la gestione e il controllo di alcune terre situate in villa Ulfi, Sarantelio e San Giorgio584. Martino Froílaz all’inizio del XIII secolo donò le sue proprietà in villa Insula e Bahamonde al monastero di Sobrado585, mentre suo fratello Giovanni vi entrò come converso586, facendo carriera e diventando il grangiere di Constantim verso la fine del primo quarto del XIII secolo, sostituendo proprio quel Domenico de Ferreira che, come abbiamo visto, per molti anni era stato spesso il referente cistercense della famiglia per le donazioni nell’area di villa Insula. Quest’ultimo è un punto di decisiva importanza, in quanto gli Heriz compirono un salto di qualità enorme nelle loro relazioni con Sobrado in quanto non solo inserirono alcuni dei loro membri all’interno del cenobio come i Transulfiz; nel loro caso Giovanni Froílaz diventando grangiere permise alla famiglia Heriz di avere un proprio elemento all’interno del monastero in grado di gestire direttamente il patrimonio familiare nelle sue aree di interesse e di compiere donazioni in suo favore, tanto da converso quanto da grangiere, come si evince chiaramente dalle fonti cistercensi587.

I casi di Giovanni Froílaz e di Domenico de Ferreira, un frater conversus del monastero in contatto tanto quanto con la grande che con la piccola aristocrazia galiziana588, dimostrano come sia necessario riconsiderare il ruolo, la provenienza e la 581 IBID., doc. n. 499. 582 IBID., doc. n. 509. 583 IBID., I, doc. n. 639. 584

IBID., II, doc. n. 373. 585

IBID., II, doc. n. 501. Nel cartulario del monastero compare negli stessi anni un converso del monastero

di Sobrado di Nome Oveco Froílaz, sucesivamente grangiere di Querquotorto. Nelle fonti il nome Oveco Froílaz non é molto comune, ma non abbiamo nessun elemento per accertare o meno la presenza del membro degli Heriz in monastero e per questo propendiamo per un semplice caso di omonimia. Per il converso di Sobrado si veda LOSCERTALES, Tumbo de Sobrado cit., I, docs. n. 215, 230, 235, 285, 407, 448, 464, 561, 575 e 626 e IDEM, II, docs. n. 112, 346, 347, 356, 363, 390, 466, 481, 509 e 510.

586

IBID., II, doc. n. 503 «Ego Iohannes Froyle frater Superaddi omnem hereditatem..quas habeo...ex patre mei Froyle Herit».

587

IBID., I, docs. n. 407 e 448, IBID., II, docs. n. 195, 510, 521, 525, 526 e 530. 588

condizione dei conversi, figure alle soglie dello stato monastico, semi-monaci o non

monaci-monaci come li ha definti recentemente G. M. Cantarella589. Si pensi anche solo alle rivolte e alle deposizioni di abati segnalate spessissimo negli Statuta dell’Ordine e che sappiamo coinvolsero anche Sobrado nel 1243590: alla luce della decisiva funzione dei conversi nell’amministrazione del patrimonio monastico, quale ruolo assunsero in questi casi? La figura del converso nelle fonti di Sobrado mostra tutta la sua ambiguità nell’ambito del mondo monastico cistercense. Da una parte c’erano le famiglie aristocratiche interessate a promuovere i loro membri come conversi e grangieri per poter gestire più agevolmente e “dall’interno” il proprio patrimonio. Dall’altra invece i monaci bianchi che avevano bisogno di uomini abituati al comando, dotati di connessioni sul territorio e spesso anche di capacità militari (i conversi vengono descritti sempre positivamente nelle fonti dell’Ordine probabilmente proprio per l’esigenza che i cistercensi avevano di questa figura591) per controllare territori lontani dalle abbazie, ma cosa succedeva quando questi uomini sfuggivano al controllo del monasteroe costruivano reti indipendenti dal centro dell’abbazia? Lo statuto di converso nell’ambito cistercense, almeno fino alla fine del XII secolo, potrebbe essere considerato come un’autentica forma di rimescolamento sociale all’interno dei cenobi dell’Ordine? Senza dubbio la figura del converso fu al centro di un dibattito interno all’Ordine di Cîteaux e un segnale di tale problematica potrebbe essere identificato con la norma capitolare del 1188 che impose l’obbligo per gli aristocratici di entrare in monastero come monaci e non come conversi, soluzione che gli stessi Statuta dell’Ordine indicavano come ideale anche per tutte le personae generosae nei confronti del monastero592. Anche se - come ha dimostrato lo studio di M. Righetti Tosti-Croce -

589

G. M. CANTARELLA, Diversi sed non adversi, equilibri, squilibri, nuovi equilibri nelle istituzioni

ecclesiastiche del XII secolo, «Quaderni del M.Ae.S.», XI (2008), p. 231. 590

Si veda il nostro, Chiaravalle di Fiastra cit., pp. 198-200 e relative note. Negli Statuta del 1243 si parla di una rivolta organizzata dai conversi che tentarono di orientare l’elezione abbaziale; il caso è stato studiato da J. FRANCE, Separate But Equal: Cistercian Lay Brothers (1120-1350), Collegeville, 2012, in particolare si veda la nota 49 (consultato on-line su google.books in data (19/06/2013). Si tratta di una segnalazione isolata e non abbiamo i nomi dei conversi ribelli, anche se questo tema della conflittualità interna ai monasteri cistercensi galiziani potrebbe rivelarsi un oggetto di ricerca di grande originalità e interesse.

591

L. BRACA, Cistercensi nello specchio dell’aldilà Forme dell’ideale nella letteratura dei miracoli, tra

dinamiche istituzionali e culturali, «Bisime», 111 (2009), pp. 80-81. Queste pagine nascono dalla

discussione con il dr. L. Braca al quale va il mio più sentito ringraziamento per gli spunti di riflessione e per l’aiuto decisivo nel reperire fonti e materiali bibliografici.

592

Cfr. J. M. CANIVEZ, Statuta Capitolorum generalium Cistercensis ab anno 1116 ad annum 1786, Louvain, 1933-1941, VIII, p. 108. Per un’edizione più recente si veda C. WADDELL, Narrative and

legislative texts from early Cîteaux, Cîteaux, 1999, p. 151. Su questo tema si veda inoltre J. DUBOIS, The

Laybrothers' Life in the Tweltfh Century: a Form of Lay Monasticism, «Cistercian Studies», 7 (1972), pp.

questa norma non fu sempre rispettata e abbiamo attestazioni di membri di famiglie aristocratiche come conversi all’interno di cenobi cistercensi ancora durante tutto il primo quarto del XIII secolo593, il provvedimento del Capitolo generale per la prima volta stabiliva una selezione sociale dei membri delle abbazie dell’Ordine. Perché questa scelta così radicale? All’inizio del XIII secolo l’abate cistercense Cesario di Heisterbach rovesciando il pensiero di Bernardo di Clairvaux, sosteneva (come ha sottolineato brillantemente L. Braca) che ai monaci cistercensi, e quindi agli aristocratici, spettasse direttamente il paradiso senza passare per i loca purgatoria dove invece in alcuni casi si trovavano certi conversi dopo la morte in attesa di raggiungere il regno dei cieli594. Questa affermazione di supremazia dei monaci bianchi sull’aldilà si potrebbe leggere anche come una sottile propaganda finalizzata, oltre che a rafforzare l’immagine di unità dell’Ordine595, anche a rendere più appetibile lo status di monaco per le aristocrazie per limitare la conflittualità interna ai monasteri? Senza contare un fattore fondamentale già segnalato dal Lékai nei suoi studi; con l’allargamento del patrimonio monastico cistercense i conversi non vivevano più nel monastero ma fuori, nelle grange dove venivano costruite anche chiese e residenze per i conversi per l’impossibilità di tornare al monastero nell’arco di una sola giornata596. Alcune domande allora ci sorgono spontanee: questa lontananza pur avendo ragioni pratiche alla base, poté comportare anche un problema politico? La distanza tra monaci e conversi, ora anche su un piano fisico, poteva causare problemi ai vertici dell’abbazia che non riuscivano più a controllare le comunità di conversi? Si potrebbe pertanto immaginare una dialettica centro-periferia non solo a livello generale tra Cîteaux, le prime quattro abbazie cistercensi (Clairvaux, Pontigny, Morimond e la Ferté) e le loro abbazie-figlie, ma anche all’interno di ogni singolo monastero dell’Ordine? Partendo da casi come quello di Sobrado si potrebbero rileggere e ristudiare le fonti letterarie anche alla luce delle dinamiche di centro-periferia nel mondo monastico e del contrasto tra gli aristocratici-monaci e gli aristocratici-conversi per interpretare le importanti

P. MCGUIRE, Written Sources and Cistercian Inspiration in Caesarius of Heisterbach, «Analecta

Cistercensia», 35 (1979), pp. 227-282.

593

RIGHETTI TOSTI-CROCE, Architettura per il lavoro cit., p. 21. 594

L. BRACA, Cistercensi nello specchio dell’aldilà cit., pp. 63-99, in particolare pp. 79-81. La questione è stata ampiamente approfondita in L. BRACA, Visioni paradisiache e territori infernali. Crisi istituzionale

e trasmissione d’identità nelle collezioni di miracoli cistercensi (seconda metà sec. XII-primo quarto sec. XIII), Tesi di dottorato inedita, Università di Padova, diretta dal prof. A. Rigon, a.a. 2011-2012, pp. 161-

185. 595

IBIDEM, pp. 81-99. Si ringrazia il dott. Lorenzo Braca per avermi dato il permesso di consultare la sua tesi di dottorato inedita.

596

trasformazioni dell’Ordine a cavallo tra XII e XIII secolo e aprendo così nuovi scenari per lo studio dei monaci bianchi.