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I limiti delle linee guida scientifico-ministeriali

Già nel secondo capitolo abbiamo descritto la rilevanza delle linee guida nella nuova legge sulla responsabilità sanitaria. Proviamo, ora, a cogliere quali sono i limiti nella loro applicazione. Nell’ultimo decennio sono state prodotte da ogni sorta di organismo, da società scientifiche internazionali e nazionali, da agenzie regolatorie, da gruppi di esperti, da aziende sanitaria locali e ospedaliere o da singole unità operative.

120 Cass., Civ., Sez. III, 3 febbraio 2011, n. 2557, in Giustizia civile, mass. 20112, 2, 175, Arch. giur. civ.

sin., 2011,7-8, 594.

121 Corte dei Conti Sez. Giur. Emilia Romagna Sentenza n. 49/16. 122 Cass. Pen. 27.04.2015, n. 26996.

Nella sola Gran Bretagna sono state pubblicate recentemente più di 2000 linee guida con protocolli in programmi regionali di audit124.

Si spiega la scelta del Legislatore di tornare ad occuparsi della materia, con l’obiettivo di selezionare le linee guida di riferimento per i professionisti.

La nuova legge Gelli - Bianco rafforza il riferimento alle linee guida non solo nel giudizio di responsabilità professionale, ma prima ancora nel contesto terapeutico.

Nell’art. 5 sono stati aggiunti i commi 2, 3 e 4 concernenti la disciplina delle buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida.

Gli ampliamenti della disciplina prevedono che gli esercenti le professioni Sanitarie nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengano, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti, istituzioni pubblici e privati, nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e disciplinato con decreto del Ministro della salute da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e da aggiornare con cadenza biennale.

In mancanza delle suddette raccomandazioni gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali, come riportato nei commi 2, 3 e 4. II comma 2 disciplina alcuni contenuti del decreto ministeriale diretto ad istituire e disciplinare l’elenco degli enti, delle istituzioni, delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie che elaborano le raccomandazioni e le linee guida cui si attengono gli esercenti le professioni sanitarie nell’esecuzione delle relative prestazioni.

124 Il termine Audit deriva dal latino audire. Colui che ascolta è pertanto ‘qui audit’. In italiano quindi si

pronuncia come è scritto e non anglicizzando in odit! L’Audit è una delle principali metodologie di approccio alla verifica e revisione della qualità, obiettivo proprio del governo clinico. Audit di processo e di esito Si distinguono due tipi fondamentali di Audit: L’Audit di processo, che si focalizza sull’appropriatezza degli interventi clinico-assistenziali attuati in quanto in grado di influire sul risultato. Lo standard di riferimento è pertanto la buona pratica clinica, definita sulla base di linee guida, procedure, percorsi assistenziali (pathway). Permette l’identificazione della non aderenza allo standard di riferimento, la quantifica, ne valuta le motivazioni, individua possibili correlazioni e fornisce pertanto il feedback per migliorare le prestazioni assistenziali. L’Audit di esito misura invece l’effetto che ha avuto l’attività di assistenza sulla salute dei pazienti. Si focalizza quindi sul fine ultimo dell’assistenza: la salute del paziente e la qualità della vita. I risultati possono essere valutati sulla base di una serie di indicatori quali la mortalità, la reospedalizzazione, l’autonomia del paziente, la qualità percepita, etc. A un Audit di esito si sottopongono gli eventi sentinella, cioè quegli eventi avversi di particolare gravità, indicativi di un serio malfunzionamento del sistema, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del Servizio Sanitario. Estremamente opportuna risulta l’attivazione di un Audit in relazione a ‘eventi sentinella evitati’ (near miss event), che permettano proprio di indagare quell’insieme di comportamenti e di procedure inadeguate che sono la parte sommersa dell’iceberg, di cui l’evento sentinella rappresenta soltanto l’apice.

Il decreto ministeriale, nel regolamentare l’iscrizione in apposito elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche, stabilisce:

• requisiti minimi di rappresentatività sul territorio nazionale;

• la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei professionisti aventi titolo, alla loro partecipazione alle decisioni, all’assenza di scopo di lucro, alla pubblicazione dei bilanci preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla dichiarazione e alla regolazione dei conflitti di interesse;

• le procedure di iscrizione all’elenco, le verifiche sul mantenimento dei requisiti e le modalità di sospensione o cancellazione dallo stesso.

Secondo quanto previsto dal comma 3, tali linee guida e i relativi aggiornamenti sono integrati nel sistema nazionale per le linee guida (SNLG), il quale è disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della Salute, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Per l’emanazione del decreto viene richiamata la procedura di cui al comma 28, secondo periodo dell’articolo 1 della legge n. 662/1996 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) che prevede, oltre alla previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la proposta del Comitato strategico del Sistema nazionale linee-guida (di cui al D.M. del 30 giugno 2004), integrate da un rappresentante della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

Gli aggiornamenti delle stesse sono indicate dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni.

II comma 4 prevede la clausola di invarianza degli oneri finanziari in relazione alla attività di cui al comma 3.

Si prefigura, dunque, con la procedura di formalizzazione e pubblicazione delle linee guida, una nuova ripartizione di competenze tra lo Stato e i professionisti nell’erogazione delle prestazioni sanitarie: il primo si prende in carico un preliminare vaglio di affidabilità scientifica delle linee guida; i secondi sono invece tenuti, nel caso concreto, alla corretta scelta e alla esecuzione delle raccomandazioni “certificate”. L’attività medica assume, in tal modo, una dimensione sempre più organizzata e istituzionale.

In linea con la riforma del 2012, la Legge collega all’osservanza delle linee guida o delle buone pratiche clinico assistenziali una limitazione di responsabilità penale.

Con l’art. 6125, rubricato “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”, è stato inserito l’articolo 590-sexies dal titolo “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”.

Viene previsto (comma 1 dell’art. 6) che se i fatti di cui agli art. 589 c.p. (omicidio colposo) e art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste in caso di condotta negligente o imprudente del medico. Solo se l’evento si sia verificato a causa di imperizia la punibilità è esclusa, purché risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccoman- dazioni previste dalle linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

II comma 2 dell’articolo abroga, con finalità di coordinamento, il comma 1 dell’articolo 3 della legge Balduzzi (di conversione del decreto-leqqe n. 158/2012) che attualmente disciplina la materia. La legge Balduzzi ha sensibilmente riformato il settore della responsabilità penale del medico, lasciando tuttavia inalterata quella civile. L’art. 3, comma 1, della suddetta legge prevede che l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve (ma solo per colpa grave). Spetterà al giudice ovviamente valutare caso per caso sia la lievità della colpa che la corrispondenza dell’operato del medico alle linee guida.

L’art. 5 della Legge stabilisce il carattere vincolante delle linee guida scientifico- ministeriale e delle buone pratiche clinico assistenziali, “salve le specificità del caso concreto”; analogamente, nell’art. 6 l’imperizia è penalmente irrilevante solo se il profes- sionista segue tali linee guida e queste sono “adeguate alle specificità del caso concreto”. Dunque, come già sotto il vigore dell’art. 3 del d.l. n.158/2012, si conferma che l’appli- cazione delle regole cautelari contenute nelle linee guida deve essere preceduta da un’opera intellettuale di verifica della loro idoneità a tutelare la salute del paziente,

125 L’art. 6, rubricato “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, ha inserito nel codice

penale l’art. 590-sexies, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, ai sensi del quale: “Se i fatti di cui agli artt. 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratico clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

tenendo conto di tutte le sue peculiarità clinico-anamnestiche, che solo in casi di parti- colare semplicità possono essere prese in considerazione dai redattori delle linee guida.

La Legge ha introdotto, quindi, nel diritto penale - sia pure con esclusivo riferimento agli esercenti la professione sanitaria - il concetto di colpa lieve che, secondo la giuri- sprudenza della Corte di cassazione126, non potrebbe trovare applicazione nelle ipotesi di colpa professionale, neppure limitatamente ai casi in cui “la prestazione implica la solu- zione di problemi tecnici di speciale difficolta”, previsti dall’articolo 2236 del codice civile.

Pur in presenza di colpa lieve, resta comunque fermo l’obbligo risarcitorio di cui all’articolo 2043 del codice civile: in relazione alla colpa in senso civilistico, l’art. 7, comma 3, della Legge introduce la possibilità per il giudice, anche nella determinazione del quantum del danno, di tenere debitamente conto della condotta colposa del medico.

Rispetto alla legge Balduzzi, le novità introdotte dall’art. 590-sexies c.p. per la responsabilità penale del medico riguardano, in particolare, la mancata distinzione tra i gradi della colpa, con la soppressione del riferimento alla colpa lieve, stante l’esclusione dell’illecito penale nel solo caso di imperizia (sempre ove siano rispettate le citate linee guida o le buone pratiche) e la punibilità dell’omicidio colposo e delle lesioni colpose causate dal sanitario per negligenza o imprudenza (gli ulteriori elementi del reato colposo previsti dall’art. 43 c.p.), indipendentemente dalla gravità della condotta, quindi anche per negligenza o imprudenza lieve.

Fermo restando che la quasi generalità dei casi riguarda l’imperizia127, “la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida e alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia”, non potendosi escludere che le stesse fonti pongano raccomandazioni rispetto alle quali il parametro valutativo della condotta del soggetto agente sia quello della diligenza, come nel caso in cui siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera della accuratezza, che quella della adeguatezza professionale.

Nelle argomentazioni la Corte ha precisato che tale interpretazione è conforme al tenore letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della perizia e risponde alle istanze di tassatività dello statuto della colpa generica delineato dall’art. 43, terzo

126 Cfr. Cass., Sez. IV, Sent. del 28-10-2008, n. 46412. 127 Cfr. Cass., IV sezione penale, 11 maggio 2016, n. 23283.

comma, c.p.; nello stesso senso, in precedenza,128 per quanto riguarda l’interpretazione del concetto di colpa grave, la giurisprudenza penale ha superato i confini della nozione civilistica di gravità della colpa ex art. 2236 c.c. (secondo cui il prestatore d’opera non risponde dei danni se la prestazione implica la soluzione di problemi di speciale difficolta, se non in caso di colpa grave o dolo).

Nel caso della colpa medica, infatti, la citata Cass. sent. n. 23283/2016 ha riconosciuto, sulla scia della sentenza n. 16237 del 2013 (cd. sentenza Cantore), un peso decisivo alle circostanze del caso concreto che rendono difficile anche ciò che astrattamente (e magari in un altro contesto) non è fuori dagli standard: non solo la complessità, l’oscurità del quadro patologico, la difficolta di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità e novità della situazione data, ma anche “la situazione nella quale il terapeuta si trovi ad operare”, vale a dire i c.d. fattori contestuali, tra i quali spiccano l’urgenza e l’assenza di presidi adeguati e più in generale il disagio organizzativo. Si tratta quindi della misurazione della colpa medica, e dunque anche della sua gravità, sulla base del contesto.

Il testo dell’articolo 6 approvato in prima lettura dalla Camera stabiliva che l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona, a causa di imperizia, la morte o la lesione personale della persona assistita, risponde dei reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.) o di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) nel caso di colpa grave. La colpa grave è in ogni caso esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, siano rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida.

La concreta utilità di questa riforma sarà rimessa alla capacità delle emanande linee guida di offrire ai professionisti, da un lato, chiare indicazioni di comportamento e, dall’altro, la possibilità di basarsi su standard qualitativi idonei a tutelare al meglio la salute dei malati e a rendere sostenibile il sistema sanitario, così da diventare un punto di riferimento di carattere clinico e medico-legale.

Così, la Commissione Igiene e Sanità del Senato ha dimostrato consapevolezza di tale rispetto, disciplinando in modo più preciso proprio le linee guida, anche per le profes- sioni odontoiatriche, come sollecitato dalla Cao (Commissione Albi degli Odontoiatri)129.

Attraverso gli artt. 5 e 6, la riforma si pone in linea con la giurisprudenza consolidata in materie di linee guida. Già prima del 2012, infatti, era diffusa l’affermazione di responsabilità per i professionisti che, proprio per essersi attenuti scrupolosamente alle linee-guida, non procedevano immediatamente all’intervento chirurgico.

128 Cassazione, IV sezione penale, sentenza 24 gennaio 2013, n. 11493.

Non è affatto contraddittorio ipotizzare la colpa nonostante il rispetto alle linee guida. Seppure elaborate da autorità pubbliche, le linee guida conservano comunque carattere orientativo e mai tassativo, perché l’esigenza di personalizzare le scelte diagnostiche e terapeutiche rappresenta un inevitabile principio “rigorosamente scientifico”.

Dopo l’entrata in vigore del decreto legge Balduzzi, tale impostazione è stata ribadita dalla giurisprudenza, che ha chiarito come l’adesione alle linee guida non consenta di escludere la responsabilità penale del medico, se il paziente presenta un quadro clinico che impone una condotta diversa da quella contenuta nelle linee guida130.

Come l’adeguamento alle linee guida non esclude la colpa del professionista, così la sua scelta di discostarsi dalle stesse non costituisce di per sé colpa, né generica né specifica, essendo, anzi, espressione della sua autonomia131.

Ancor più attuale e rilevante è divenuta la questione, già postasi sotto il vigore del D.L. n. 158/2012, se l’inosservanza delle linee guida scientifico-ministeriali possa inte- grare una colpa specifica ex art. 43 c.p.

Si tratta di un aspetto, questo, che presenta ricadute applicative non solo penalistiche, ma anche civilistiche, ove si consideri che se l’interpretazione dell’art. 7 sposterà sul paziente l’onere di provare anche la colpa del professionista, considerare la violazione delle linee guida ex art. 5 come colpa specifica consentirebbe allo stesso di provare la differenza tra la condotta indicata nella linea guida e quella tenuta in concreto, dovendo, invece, il sanitario provare che le specifiche circostanze del caso clinico rendevano necessario discostarsi dalla linea guida132.

130 Cass. Pen., Sez. IV, 8 luglio 2014, n2168, in De jure; Cass. Pen., Sez. IV, 7 maggio 2015, n. 34295, in

De jure; Cass. Pen., Sez. IV 2 marzo 2011, n. 8254, in Resp. civ., 2011, 1162. Nel tentativo di delineare, anche esemplificatamente, le situazioni in cui il professionista può essere in colpa nonostante l’osservanza delle linee guida e delle buone pratiche, Cass. pen., Sez. 9 ottobre 2014, n. 47289, …, pag. 23 del libro).

131 Cass. Pen., Sez. IV, 11 luglio 2012, n. 35922, in Riv. Medico Legale. dir. san., 2013, n. 268, con nota di

Rotolo G., in tale pronuncia si legge che “nel praticare la professione, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire l’unico fine della cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da disposizioni o direttive che non siano perti- nenti ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità. Ciò vale, in particolare, per le “linee guida” dettate dall’amministrazione sanitaria per garantire l’economicità della struttura sanitaria ospedaliera (in ipotesi, per accelerare le dimissioni dall’ospedale, non appena si raggiunga la stabilizzazione del quadro clinico del paziente), onde il medico, che ha il dovere deontologico di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza, e si pone rispetto a questo in una posizione di garanzia, non sarebbe tenuto al rispetto di tali direttive, laddove risultino in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non potrebbe andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, senza adottare le decisioni più opportune a tutela della salute del paziente”.

132 La questione della configurabilità della colpa specifica, invece, non è rilevante nei confronti della

struttura sanitaria e nei casi in cui si consideri contrattuale la responsabilità del professionista, perché in tali ipotesi l’onere di dimostrare la correttezza del comportamento è tenuto interamente a carico del convenuto.

Secondo parte della dottrina la previsione dell’art. 3 del d.l. n.158/2012 consentiva di sostenere che l’inosservanza delle linee guida costituisse colpa specifica: proprio il fatto che le linee guida indicano regole di corretto esercizio della professione rende la loro violazione rilevante come colpa specifica133.

Deporrebbe in tal senso anche l’art. 5, comma 1, della riforma, che utilizzando la forma verbale “si attengono”, attribuisce carattere vincolante sia alle linee guida scientifico-ministeriali che alle buone pratiche clinico-assistenziali.134

Non mancano, tuttavia, argomenti a sostegno della tesi contraria.

La versione entrata in vigore - secondo altra parte della dottrina - estenderebbe notevolmente il novero dei soggetti legittimati, includendovi genericamente anche “enti e istituzioni pubblici e privati” e le “associazioni tecnico - scientifiche delle professioni sanitarie”, potendo accadere che più enti e società scientifiche elaborino differenti linee guida per la medesima patologia, con riflessi in ordine alla configurabilità della colpa specifica, qualora il comportamento violi una linea guida scientifico-ministeriale, ma risulti conforme ad altra linea guida rilevante ex art. 5.

4.4 L’applicazione delle tabelle ministeriali previste per il danno biologico