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Proviamo, ora, ad approfondire il tema della responsabilità professionale nel common law inglese è un autentico crocevia di tutti i principali temi che ruotano intorno al law of tort, sia per quanto riguarda la risarcibilità dei danni puramente economici, sia nel suo punto di intersezione con il law of contract, il quale fino al 1999, quando fu emanato il Contracts Act, era caratterizzato dalla centralità del principio della privity of

contract e della improrogabilità dei suoi effetti ai terzi.

Non è mai stato posto in dubbio che dal contratto di prestazione d’opera professionale nasca a carico del professionista l’obbligo di eseguire la sua prestazione, evitando qualsiasi pregiudizio al cliente.

Preliminarmente alla trattazione della responsabilità medica, occorre accennare alla responsabilità civile nel diritto inglese, che è introduttiva e complementare rispetto a quella medica.

Nel diritto inglese si parla di c.d. Policentrismo della responsabilità civile per indicare la circostanza per cui la materia presenta un raggio di intervento ampio, tale da comprendere al suo interno condotte fra loro eterogenee, quali ad esempio, i sinistri stradali, la vendita di cosa altrui, gli errati consigli professionali o, anche, le diagnosi mediche inadeguate.

La letteratura giuridica inglese quindi procede nell’esame delle singole fattispecie per analizzare gli elementi costitutivi di ciascuna figura, senza affrontare lo studio in maniera unitaria.

La ragione di tale approccio è dovuta, in primo luogo, nell’evoluzione del Tort Law, il quale ha risentito del sistema dei writs e quindi del meccanismo di formulazione di un’azione tipica per ciascuna fattispecie dannosa prodotta nella realtà.

In altri termini, il common law, analogamente a quanto avvenuto nel diritto romano, si è attenuto ai tipi di illecito derivanti dal predetto sistema; così dopo la riforma

giudiziaria del 1875, il giurista inglese è portato ad inquadrare ogni fattispecie sottoposta al suo esame in uno dei tradizionali fatti tipici consolidati nella pratica.

Il punto di partenza del modello anglo-americano di illecito extra-contrattuale è stato il writ of trepass, il quale aveva inizialmente natura penale, in quanto si riteneva che tali tipi di azioni avessero come effetto principale quello di turbare la pace comune e la sanzione era rappresentata da una pena. Solo successivamente, venne affermato l’obbligo del danneggiante di corrispondere una somma di denaro a vantaggio del soggetto danneggiato.

Verso la fine del XIV secolo nacque la action of trepass on the case che, rispetto al

tort originario si caratterizzava per la funzione prettamente civilistica e, dunque, per la

prevalente funzione risarcitoria, e non sanzionatoria nei confronti del soggetto agente; era sufficiente allegare la colpa del convenuto e, ai fini del risarcimento, occorreva provare la sussistenza del danno, a differenza del trepass, nella quale la violazione del bene giuridico protetto era insita nella stessa azione prodotta.

La distinzione tra trepass tradizionale e trepass on the case si è protratta per molti secoli sino a dare vita ad un sistema di illeciti intenzionali e non intenzionali.

Tra gli illeciti non intenzionali il più rilevante è il tort of neglicence che è fattispecie onnicomprensiva.

Inizialmente, il tort of neglicence veniva richiamato in un limitato numero di casi, addebitato a quei soggetti che, svolgendo un’attività di rilievo pubblico (per esempio, il chirurgo), si riteneva fossero onerati di un particolare dovere di diligenza nei confronti dei consociati.

A partire dall’800, tuttavia, l’utilizzo del tort of negligence si allargò notevolmente, iniziando ad essere invocato in relazione alle fattispecie di un illecito per indicare la sussistenza di un comportamento non scrupoloso fonte di danno per un altro soggetto.

Si deve precisarsi tuttavia che non ogni comportamento negligente comporta l’affermazione di un tort of negligence.

Nel common law inglese, deve prima procedersi all’accertamento di una situazione giuridicamente protetta, l’esistenza di un duty of care, così da usare estrema prudenza nell’espandere i doveri di diligenza, onde evitare un eccessivo proibizionismo.

Tale impostazione non ha però impedito agli studiosi di tracciare le linee comuni all’intera categoria, sino a delineare i profili del duty of care che deve essere prevedibile; attivo, ossia non collegato ad obblighi di non fare; collegato alla protezione di interessi

di primaria rilevanza, quali vita, salute e proprietà; infine, rivolto a tutelare solo determinate categorie, e non l’intera collettività.

Spetta, sotto tale aspetto, al giudice valutare se sussista il dovere di diligenza del danneggiante nei confronti del danneggiato e se esso sia stato violato, a tal fine dovendo l’attore dimostrare che dalla violazione dello standard di diligenza gli sia derivato un danno.

Venendo a trattare nello specifico la responsabilità civile dell’esercente la professione sanitaria inglese157, deve evidenziarsi come la principale peculiarità sia rappresentata dal fatto che l’attore, per reagire contro un errore medico, ha a disposizione sia l’azione extra contrattuale che quella contrattuale, a condizione però che vi sia stato un rapporto medico - paziente, al di fuori delle prestazioni del servizio sanitario nazionale. Sono emblematici due casi ritenuti di notevole interesse: Walden v. Marshall e il

Surgeon’s case. La prima delle due decisioni citate ha riguardato la conformità della

domanda alla formalistica rigidità delle forms of actions, un’azione di responsabilità veterinaria collocata nell’azione simil-acquiliana dell’epoca, vale a dire il writ of trepass

in consimili casu.

Pochi anni dopo, nel Surgeon’s case, riguardante l’errata cura di una mano, la difesa del convenuto era basata sul fatto che lo stesso non si era obbligato a curare l’attore. La domanda ha riguardato una questione procedurale, ma è stata prospettata come trepass

on the case.

In entrambi i casi, si agisce in via extracontrattuale, ma dimostrato un contratto si può percorrere un’altra strada.

La responsabilità medica risente quindi delle tendenze della responsabilità extracontrattuale, in cui la diligente esecuzione dell’intervento è la prima difesa del convenuto, ma è anche lo strumento per la rigorosa applicazione del principio della

condicio sine qua non che include la prevedibilità del danno tra i parametri necessari per

l’accertamento della negligence.

Potrebbe ipotizzarsi che il danneggiato venga avvantaggiato dal ricorso all’azione contrattuale, ma in realtà le obbligazioni assunte dal medico con il contratto rispecchiano quelle dell’illecito, dovendo l’attore confrontarsi anche con la prova del nesso causale, che si riscontra nelle azioni extracontrattuali.

157 In proposito, si veda Vanni di S. Vincenzo, La responsabilità professionale del medico e dell’avvocato:

una ricerca di diritto comparato, in Cerami-Serio, Scritti di comparazione e storia giuridica II, Ricordando Giovanni Criscuoli, Torino, 2013, 343.

Indicazioni utili, per la materia contrattuale, e indirettamente extracontrattuale, si rinvengono nelle teorie di Atiyah, il quale offre spunti significativi in una prospettiva comparata.

Vi si afferma la osmosi tra rimedi contrattuali ed extracontrattuali, con la relativa tendenza ad utilizzarli alternativamente per superare gli ostacoli visti.

Tale relazione è, di certo, influenzata, da un punto di vista storico, dalla comune genesi delle azioni di trespass on the case e di assumpsit, anche se ricorre in altre ipotesi, come ad esempio nel caso del produttore.

Viene rinvenuta la ragione della preferenza dell’azione aquiliana nell’esigenza di superare i ricorrenti problemi di consideration e di privity of contract, laddove non fosse stato pattuito un corrispettivo, non vi sarebbe stato un contract. Si sottolinea anche che il diritto dei contratti non riguarda solo la vincolatività delle promesse e la creazione di ragionevoli affidamenti, ma si è riempito di valori di tipo sociale e svolge anche funzioni redistributive.

L’itinerario della responsabilità professionale nel solco del cumulo dell’azione contrattuale e di quella extracontrattuale prosegue sino ai giorni nostri, mantenendo il generale obbligo di diligenza che grava sul professionista che eserciti la propria opera158 (quanto detto non è smentito dalla circostanza per cui, nella maggior parte dei casi, le azioni giudiziali sono fondate sulla sola negligence, e non su entrambre le causae petendi). Un leading case di rilevante interesse è il caso Bolam v. Friern Hospital Management

Committee, riguardante un paziente volontario, Mr. Bolam, ricoverato presso un centro

di cura mentale gestito dal Comitato del Friern Hospital, il quale aveva subito gravi lesioni, causate dalla mancata somministrazione del farmaco necessario al rilassamento dei muscoli.

Nella pronuncia in esame il giudice applicò, per la prima volta, il Bolam Test, che escludeva la negligenza della condotta del medico conformatasi ad una pratica accertata e ritenuta appropriata dalla comunità scientifica. Il test, al fine di valutare la negligenza, adoperava lo standard dell’uomo di ordinaria diligenza che esercita quella determinata professione.

158 Al Duty of care si richiamò espressamente Lord Denning in Esso Petroleum Co. Ltd. V. Mardon, quando,

modificando il trend del passato affermò che sui professionisti incombe il dovere di usare una reasonable

care, a prescindere dall’esistenza di uno specifico obbligo contrattuale, la cui violazione dà luogo a

Il Bolam test venne applicato anche successivamente 159, anche si fece strada l’idea che i principi in esso espressi impedissero alle Corti di entrare nel merito delle pratiche professionali.

Per questa ragione, il Bolam test subì un ridimensionamento nel 2000 nel caso

Bolitho v. City e Hackney Health Autorithy, nel quale Lord Browne Wilkinson si

soffermò sui requisiti necessari a definire una comunità scientifica responsabile, ragionevole e rispettabile.

5.2 Sostenibilità del modello attuale di responsabilità nel confronto con gli