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Intesa come obbligazione di risarcimento dei danni cui soggiacciono gli amministra- tori e i dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio in modo che l’accertamento della medesima comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell’amministrazione danneggiata, due sono i presupposti in conseguenza dei quali un soggetto può essere chiamato a risponderne: il dolo e la colpa grave.

La limitazione della colpa alle ipotesi di dolo e di colpa grave, non deve essere intesa come una deroga al principio della colpa lieve, bensì come un elemento per precisare che

la forma di colpa alla quale ci si deve riferire è quella in concreto,147 accertata in base ai canoni della prevedibilità e della evitabilità della serie produttiva di danni.

Il danno cui si fa riferimento consiste nel pregiudizio economico ovvero nella diminuzione patrimoniale, che il soggetto danneggiante sarà tenuto a risarcire.

Da quanto sopra esposto relativo alla responsabilità amministrativa emerge il fatto che la responsabilità amministrativa dei medici opera su un piano diverso rispetto alla responsabilità civile148, in quanto essa non è rivolta ad una pronuncia riguardante il rapporto tra medico e paziente, ma è diretta a tutelare i pubblici bilanci dalle lesioni che in conseguenza dell’azione dolosa o gravemente colposa dei medici possono essere depauperati in conseguenza di sentenze favorevoli ai pazienti danneggiati149.

La giurisdizione in materia appartiene alla Corte dei conti150 ed il danno che viene contestato è di tipo indiretto, in quanto può essere contestato solo quando di verifichi a carico dell’amministrazione151.

147 Cfr. Corte Cost. Sez. Civile, Sentenza n.371 del 1998.

148 Si veda in proposito Corte dei conti III Sez. Centrale d’Appello, Sent. n. 601 del 10 novembre 2004 nella

quale si osserva che “il giudizio civile di risarcimento e quello di responsabilità amministrativa per danni

conseguiti all’attività sanitaria, si muovono su piani distinti, sia perché finalizzati a regolare rapporti giuridici soggettivamente ed oggettivamente diversi sia perché diversi sono i parametri normativi di riferimento (Sez. III^, 30 marzo 2000 n. 124). … mentre nel processo civile la colpa dei medici viene richiesta in grado elevato solo quando la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.), e, quindi, per l’imperizia e non anche per la valutazione della prudenza e della diligenza per le quali è sufficiente la colpa lieve (art.1176 c.c.), nel giudizio di responsabilità amministrativa è sempre richiesta la colpa grave non solo per l’imperizia, ma anche per l’imprudenza e per la negligenza. Ed è alla luce di tali principi, che il ricordato recepimento da parte del giudice civile della perizia non può costituire preclusione per il giudice contabile ai fini di una diversa valutazione dei fatti nell’ottica della pronuncia che il medesimo è chiamato a rendere: il che, del resto, si inserisce nel più vasto contesto dei rapporti tra giudizio civile e giudizio amministrativo che esclude qualsiasi effetto vincolante dell’uno rispetto all’altro”.

149 Altalex, Articolo di Mullano G.: “La responsabilità amministrativa del medico”.

150 Cfr. Corte di Cassazione, Sent. nn. 15288 del 4/12/2001 e 4634 del 15/7/1988: in questo caso la Suprema

Corte afferma che: quando una struttura ospedaliera pubblica, a seguito dell’attuazione della legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, con riferimento all’art. 28, 1° comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, per il quale “In materia di responsabilità, ai dipendenti delle Unità sanitarie locali si applicano le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e successive integrazioni e modificazioni”, viene condannata al risarcimento del danno di un suo paziente in conseguenza di un fatto colposo del proprio dipendente e successivamente agisce in rivalsa nei confronti dello stesso dipendente, il giudice competente è la Corte dei conti, poichè la giurisdizione contabile, secondo la previsione dell’art. 52 del R.D. 12 luglio 1934 n. 1214 e dell’art. 103 della Costituzione, “non si riferisce ai soli fatti inerenti al maneggio di denaro, ma si estende ad ogni ipotesi di responsabilità per pregiudizi economici arrecati allo Stato o ad enti pubblici da persone legate da vincoli di impiego o di servizio ed in conseguenza di violazione degli obblighi inerenti a detti rapporti”.

151 Si veda: Corte dei conti, Sez. giur. Regione Sicilia, sent. 16 maggio 2007 n. 1287: “l’obbligo giuridico

di risarcire il terzo, e tale obbligo emerge nella sua pienezza nel momento in cui si sia evidenziato nell’an e nel quantum con un negozio unilaterale (riconoscimento del debito), o bilaterale (transazione) o con una sentenza definitiva di condanna della pubblica amministrazione a risarcire a un terzo un danno prodotto per inadempimento contrattuale o per fatto illecito del proprio dipendente”.

Conseguentemente, il decorso del termine prescrizionale, ai fini dell’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei responsabili, ha inizio nel momento in cui sorge l’obbligo giuridico di risarcire il terzo152.

Pertanto, nell’attività sanitaria. la condotta può essere valutata come gravemente colposa quando il comportamento del medico sia stato del tutto anomalo ed inadeguato, tale da costituire una devianza evidente dai canoni di diligenza e perizia tecnica e da collocarsi in posizione di sostanziale estraneità rispetto al più elementare modello di attività volta alla realizzazione degli interessi cui gli operatori pubblici.

Ebbene. Appare, pertanto, chiaro il fatto che non possano essere addebitate al medico le conseguenze dannose che sono da attribuire alla struttura sanitaria nel quale lo stesso si trova ad operare.

II comma 5 dell’art. 9153 della Legge introduce alcune disposizioni specifiche per

l’azione c.d. di responsabilità amministrativa (anziché di rivalsa), attraverso la quale lo Stato recupera, almeno in parte, il costo del risarcimento pagato dalla struttura sanitaria pubblica al paziente per i danni cagionatigli dal professionista con dolo o colpa grave nell’ambito del rapporto di servizio con la struttura stessa (c.d. responsabilità per danno erariale indiretto).

I problemi applicativi, che rendono inadeguato il livello di certezza del diritto nell’ambito della responsabilità amministrativa, non sono presi affatto in considerazione dal Legislatore.

152 Si veda in particolare Corte dei conti, Sez. Riunite, sent. 3/2003/QM del 30 ottobre 2002 - 15 gennaio

2002 la quale sancisce che “in ipotesi di danno c.d. indiretto l’esordio della prescrizione del diritto dell’Amministrazione al risarcimento del danno va fissato alla data in cui il debito della Pubblica Amministrazione. nei confronti del terzo è divenuto certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna dell’Amministrazione o dalla esecutività della transazione”.

153 Il suddetto comma stabilisce che “In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal

danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’articolo 7, o dell’esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell’esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei Conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto dall’art. 1, comma 1 bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall’art. 52, secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria ha operato. L’importo della condanna per la responsabilità ammini- strativa e della surrogazione di cui all’art. 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o socio sanitarie pubbliche, non può essere proposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori”.

In virtù della riformulazione del testo avvenuta durante il suo passaggio al Senato, tale azione viene esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti154, per i casi in cui l’accoglimento della domanda di risarcimento concerna una struttura sanitaria o socio-sanitaria pubblica.

Vi è, tuttavia, anche un secondo gruppo di situazioni: i casi di condanna del professionista sanitario al risarcimento, in seguito all’azione esperita direttamente nei suoi confronti da parte del danneggiato, qualora - deve ritenersi - ricorra una delle seguenti ipotesi: 1) la struttura pubblica che abbia dovuto provvedere al pagamento in base alle misure per la copertura della responsabilità civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie - misure che la struttura, ai sensi del citato comma 1, terzo periodo, dell’articolo 10 deve adottare, qualora scelga di non stipulare una relativa polizza assicurativa; 2) quest’ultima polizza sussista, ma la copertura fornita dalla medesima abbia determinato danni (quale, per esempio, un aumento dei premi assicurativi) alla struttura pubblica155.

La riforma si occupa anche della quantificazione del danno erariale addebitabile al sanitario, stabilendo che a tal fine “si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l’esercente la professione sanitaria ha operato” (comma 5, secondo periodo, dell’art. 9).

Tale disposizione fa espressamente salvi sia l’art. 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sia l’articolo 52, secondo comma, del teste unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. II primo stabilisce che “Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”. II secondo dispone che “La Corte, valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto”.

Proprio in questo consiste il potere di riduzione cui si riferisce la precedente disposizione. Quindi, i criteri di cui tenere conto nella quantificazione del danno, fermo restando il medesimo tetto introdotto dalla riforma relativamente alla rivalsa, sono:

154 Nel testo approvato in prima lettura dalia Camera, anche con riferimento alle strutture pubbliche si

faceva riferimento ad un’azione da incardinare presso il giudice ordinario e si sopprimeva, in merito, la giurisdizione della Corte dei conti, che e stata invece ripristinata dal testo approvato dal Senato.

155 Dossier del Servizio Studi sull’A. Senato n. 2224-A, “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e

a) situazioni fattuali di particolare difficoltà della struttura in cui si è verificato l’illecito; b) valutazione delle singole responsabilità, potendo il potere riduttivo essere esercitato anche in ragione del fatto che il professionista aveva sempre svolto encomiabilmente il proprio servizio; c) eventuali vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione.

Quest’ultima ipotesi potrebbe realizzarsi nei casi in la colpa grave del sanitario procuri, oltre al danno, anche un vantaggio per la struttura, ad esempio un risparmio di spese dovuto al ridotto costo del trattamento scelto, con colpa grave, dal sanitario rispetto a quello della cura o degli accertamenti da eseguire.

Tale condotta deve essere considerata in sede di quantificazione del danno, non di accertamento della responsabilità; ben potendo essere proporzionalmente ridotto il risarcimento, in considerazione dei vantaggi conseguiti dalla struttura, che hanno ridotto l’entità del danno erariale. Irrilevante è il risparmio di spesa ai fini della qualificazione non grave della colpa.

Il terzo periodo del comma 5 prevede un tetto massimo analogo a quello introdotto per la rivalsa delle strutture private.

In riferimento al profilo dell’onere della prova, il comma 7 stabilisce, come per l’azione di rivalsa, che, anche nel giudizio di responsabilità amministrativa, il giudice può “desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione solo se l’esercente la professione sanitaria ne sia stato parte”.

La riforma introduce una regola che esula dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa per danno erariale indiretto.

L’ultimo periodo del comma 5 vieta per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, che l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, sia preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e prevede che il giudicato costituisca oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

Tale formulazione appare, forse, inutilmente sanzionatoria e, comunque, troppo rigida rispetto a quella originariamente approvata dalla Camera in prima lettura, che, più mite, poneva un divieto, sempre triennale, di partecipazione a tali concorsi.

La regola posta dall’ultimo periodo del comma 6 non dovrebbe trovare applicazione nei casi in cui la domanda risarcitoria accolta dal giudice concerna “prestazioni erogate

da una struttura privata (neanche nelle ipotesi di sanitari che intendano transitare in una struttura pubblica o di sanitari nel frattempo transitati in una struttura pubblica)”156.

Fermo restando l’inutilità della disposizione ai fini della tutela dei pazienti, sembra porre un’ulteriore e irragionevole disparità di trattamento, Infatti, sia che tale regola valga da monito per essere più scrupolosi sul lavoro, sia che le si voglia attribuire la funzione di selezione del merito nell’attribuzione degli incarichi, dovrebbe essere applicata anche ai sanitari operanti nelle strutture sanitarie, essendo la loro attività funzionale alla tutela della salute.

C

APITOLO

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ILSISTEMASANITARIOITALIANO

ACONFRONTOCONGLIALTRISISTEMI