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Il risarcimento del danno al paziente e la rilevanza del comportamento del professionista a

Come l’art. 3 del Decreto Legge Balduzzi, anche la Legge Gelli-Bianco opta per attribuire rilevanza al comportamento del medico in sede di quantificazione del risarcimento.

La differente formulazione dell’art. 7 della Legge del 28 febbraio 2017 rispetto al previgente art. 3 può indurre a sostenere che il comportamento del medico legittimi anche un aumento del risarcimento.

L’art. 3, comma 3, ultimo periodo, del decreto legge n.158/2012 chiamava il giudice a tenere conto del fatto che il medico si fosse attenuto alle linee guida e alle buone pratiche. Invece, l’art. 7 prescrive di tenere conto della condotta ai sensi degli artt. 5 e 6 della nuova legge, richiamando al rispetto delle linee guida e, dall’altro, richiedendo al medico di discordarsene in relazione alla specificità del caso concreto.

La disposizione in esame pone la questione se il comportamento del medico riduca o incrementi soltanto il proprio obbligo risarcitorio nei confronti del paziente o anche quello della struttura sanitaria.

Al riguardo, la formulazione dell’art. 7 della Legge non ricollega la riduzione (o eventualmente l’aumento) del risarcimento alla natura contrattuale o extracontrattuale dell’azione, ma solo alla scelta del medico di seguire o meno le linee guida o le buone pratiche.

Di conseguenza, l’effetto (riduttivo o accrescitivo) dovrebbe riguardare solo il soggetto che ha tenuto tale condotta, mentre nei confronti della struttura il risarcimento dovrebbe essere determinato senza tenere conto del comportamento del professionista117.

quantificare il danno tenendo conto delle difficoltà strutturali ed organizzative in cui è stata eseguita la prestazione. Infatti, tali aspetti devono essere presi in considerazione anche nell’azione di rivalsa esperita dalle strutture private proprio in quanto influiscono sulla valutazione della gravità della colpa e dell’entità delle conseguenze derivatene, come previsto dall’art. 2055 c.c.

117 In tal senso, sotto il vigore dell’abrogato articolo 3, Chindemi D., Responsabilità contrattuale o aquiliana

del medico alla luce della c.d. Legge Balduzzi?, cit. il quale aggiunge: “Nel caso in cui vengano citati in giudizio il medico e la struttura sanitaria, anche facendo valere la responsabilità contrattuale nei confronti di entrambi, sono possibili risarcimenti differenziati, in quanto per il medico opera la riduzione del risarcimento non invocabile nei confronti della struttura sanitaria. Poiché, tuttavia, la condanna comunque al risarcimento dei danni a favore della vittima è, comunque, solidale - struttura sanitaria e medico - ai sensi dell’art.2055 c.c. il paziente avrà diritto all’integrale risarcimento del danno, mentre la struttura, anche nel caso di affermazione di responsabilità del medico, non potrà rivalersi nei confronti del sanitario per l’intero ma solo per il minor importo determinato dal giudice che dovrà tener conto (debitamente) della condotta del medico se caratterizzata dalla colpa lieve e dall’osservanza delle linee guida. Ad esempio se la responsabilità del medico è integrale, occorre che il giudice determini il danno ridotto per il sanitario (ad esempio 60%) e la rivalsa potrà avvenire solo per tale percentuale, rimanendo la differenza a carico della struttura sanitaria che si vede, quindi, penalizzare dall’operato, comunque, colposo del medico, mentre il danneggiato potrà pretendere, comunque, l’intero importo da ciascuno dei condannati in solido”.

Altro argomento a sostegno di tale conclusione è di tipo sistematico.

In particolare, i primi due commi dell’art. 7 disciplinano la responsabilità soltanto delle strutture sanitarie, senza alcun riferimento alla quantificazione del danno, mentre il terzo comma, primo periodo, disciplina espressamente la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, qualificandola come extracontrattuale, a meno che abbia assunto un’obbligazione contrattuale verso il paziente; nel secondo e ultimo periodo dello stesso comma viene, invece, introdotta la rilevanza della condotta del medico ai fini della quantificazione del danno. Ne deriva che tale regola dovrebbe valere solo per la responsabilità dei medici e non anche per quella delle strutture.

Sotto altro profilo, concernente la voce di danno influenzata dal comportamento del medico, secondo una prima impostazione, tale riduzione non inciderebbe su una specifica voce di danno, ma sul risarcimento nel suo complesso, andando quindi a depauperare il ristoro di danni a contenuto obiettivo, come quello biologico e patrimoniale, decurtando il giudice in via equitativa il risarcimento che sarebbe spettato al danneggiato in virtù delle regole generali.

A sostegno di quest’impostazione deporrebbe innanzitutto l’insussistenza di un principio costituzionale di integralità del risarcimento118. Altre conferme sono state individuate negli artt. 2055, comma 2, e 1225 c.c.; il primo stabilisce che chi risarcisce il danno può esercitare l’azione di regresso contro ciascuno degli altri danneggianti “nella misura determinata dalla gravita della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate”, il secondo collega l’ammontare del risarcimento all’elemento sogget- tivo, perché consente il ristoro anche dei danni imprevedibili solo se l’inadempimento o il ritardo dipende da dolo.

Secondo altro orientamento, il risarcimento non può essere decurtato, ostando quanto chiarito dalla Relazione al codice civiche, nella quale è escluso il principio di commisurare il risarcimento del danno, poiché nell’ipotesi di fatto doloso o colposo, il danno prevedibile o non deve essere risarcito per intero119.

118 In merito, si rinvia a Ponzanelli G., La irrilevanza costituzionale del principio di integrale riparazione

del danno ed a Pedrazzi G., Oltre il risarcimento: il danno aquiliano tra (integrale) riparazione e sanzione.

119 Relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile, libro IV, Delle obbligazioni, Roma, 1943, n. 801;

rileva Nocco L., Le Linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nella legge

Balduzzi: un opportuno strumento di soft law o un incentivo alla medicina difensiva? In riv. It. Med. Leg.

Dir. San., 2013, 2, 781, nel quale si ritiene che appare contraddittorio portare la responsabilità del medico nell’ambito extracontrattuale e, al contempo, pretendere di derogare alla regola di integralità del risarcimento.

Si avverte nella giurisprudenza che esiste una voce risarcitoria (o componente del danno non patrimoniale) la cui quantificazione può essere condizionata anche dalla mera condotta del danneggiante e dall’intensità del dolo o dal grado della colpa: nel danno morale da reato tali elementi sono idonei a dimostrare l’entità del patema d’animo o della lesione dell’integrità morale, per usare il più recente lessico della giurisprudenza120.

Tale interpretazione consentirebbe una riduzione del risarcimento del danno morale nel caso in cui il sanitario abbia seguito le linee guida e le buone pratiche ex art. 5 senza commettere negligenze o imprudenze.

Nel caso della responsabilità amministrativa per danno sanitario va dimostrata la colpa grave del convenuto nel caso specifico, e pertanto vanno indicati gli elementi di prova in base ai quali, sul caso concreto, l’accusa ritiene che vi sia stata violazione delle buone pratiche mediche121.

Non appare corretto ritenere che l’esistenza di particolari linee guida che si pongono, in astratto, in contrasto con la condotta del medico nel fatto che ha determinato una lesione al paziente sia di per sé sufficiente a dimostrare che la condotta del sanitario è stata sicuramente connotata da colpa grave. Deve essere infatti evidenziato che il concetto di colpa grave si differenzia tra l’ambito penalistico (dove per l’esimente in parola viene in rilievo la sola imperizia, non estendendosi anche ad errori diagnostici per negligenza o imprudenza122) e l’ambito giuscontabile (dove la colpa grave del medico sussiste per errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione o il difetto di un minimo di perizia tecnica e ogni altra imprudenza che dimostri superficialità123), con ciò introducendo una valutazione ad ampio spettro dell’elemento soggettivo nella responsabilità medica sul piano erariale.