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La malpractice tra questioni giuridiche e proposte normative

Il giurista inglese Sir William Blackstone73, nel 1768, usò il termine “mala praxis”, divenuto successivamente “malpractice” per indicare la negligenza nella attività medica. Ripreso nel 1879 da un giornale medico inglese per un caso di malasanità, alla fine del XX secolo venne adoperato per episodi più rilevanti, messi in risalto dall’opinione pubblica.

Nel corso degli anni, numerose sono state numerose le definizioni di malasanità. Robert Rosenthal74 nel 1995 la definiva come “una evidente e dimostrata mancanza di conoscenza e/o abilità nella conduzione della pratica clinica”, ma solo a partire dagli anni ’80 l’errore medico e le sue conseguenze legali divennero un “problema” per la medicina e per gli ospedali.

Charles Bosk, nel 1986, evidenzia quanto gli errori nei reparti di medicina cambino a seconda dell’incertezza tipica delle varie discipline. In tempi più recenti si sono sviluppati 4 concetti che devono coesistere per definire un dato evento come “malasanità”: occorre che vi sia un obbligo dovuto e violato e che tale violazione abbia portato danno al paziente, immediato o differito nel tempo.

Il General medical council, istituito nel 1858, ha compiti di controllo dell’attività dei medici. L’Association for Responsible medicine (ARM) ha, per esempio, quantificato in un milione di persone circa il numero dei pazienti che hanno riportato danni per la malasanità.

La responsabilità sanitaria, intesa come studio delle tematiche inerenti la responsabilità civile di medici, professionisti della sanità e strutture sanitarie, rappresenta il campo nel quale meglio si sono sviluppati i principali temi di danno alla persona, della prevenzione del danno e dell’assicurazione del rischio di responsabilità civile.

73 Sir William Blackstone, (Londra 10 luglio 1723 - 14 febbraio 1780), giurista e accademico britannico,

professore all’Università di Oxford dal 1758 al 1766. Noto per aver scritto il celebre trattato storico sul common law: “Comentarie on the laws of England”. L’opera ancora oggi rappresenta una fonte importante per le ricostruzioni degli orientamenti del common law e dei suoi principi.

74 Robert Rosenthal, Gieen, Germania 2 marzo 1933, Distinguished Professor Edgar Pierce Professor of

Psychology, Emeritus Harvard University, B.A. Psychology 1953 University of California, Los Angeles, Ph.D. Psychology 1956 University of California, Los Angeles.

Si è dibattuto a lungo su quali possano essere le cause che hanno determinato un incremento così notevole di domande giudiziarie per casi di medical malpractice; se ciò dipenda dalla mancanza di un timore referenziale nei confronti del medico o se il cittadino, più informato dei propri diritti e con maggiori aspettative nei confronti del professionista e della sanità, sia meno disposto ad accettare esiti curativi diversi da quelli attesi, o se, in parte per taluni meccanismi speculativi, si sia affiancato un generale abbassamento dell’attitudine a sopportare e reggere le avversità della vita.

Iniziato il dibattito sul bene salute e sulla risarcibilità di danni legati alla prestazione di cure mediche verso la fine degli anni ’70, la giurisprudenza si è mossa verso una sempre maggiore tutela del paziente e dei suoi diritti fino a determinare una reazione di segno opposto, sfociata in fenomeni di “medicina difensiva”, che hanno condotto ad interventi legislativi, di recente approvazione, orientati verso una maggiore protezione della categoria medica, sia pure nel primario interesse di una migliore attuazione del diritto alla cura.

Nel corso del presente lavoro si tenterà di sviluppare una breve analisi dell’evo- luzione della giurisprudenza a partire dagli anni 70 sino all’approvazione della legge Gelli - Bianco, intervenuta dopo numerosi tentativi di progetti mal riusciti.

Obiettivamente, la progressiva attribuzione a medici e strutture sanitarie del pieno onere probatorio ha comportato due effetti: un aumento dei risarcimenti concessi ai pazienti (e dei premi pretesi dalle assicurazioni), con conseguente maggior aggravio per le finanze pubbliche, e il fiorire di pratiche di c.d. medicina difensiva.

Quest’ultima, nella sua dimensione attiva, consistente nella prescrizione di farmaci e di accertamenti diagnostici dettati non da ragioni cliniche, ma dall’esigenza di precostituirsi la miglior difesa in un eventuale giudizio, ha contribuito all’aumento della spesa sanitaria improduttiva, risolvendo la medicina difensiva passiva nella tendenza a non prendere in carico pazienti che si è in grado di curare75.

Questa dinamica pregiudica sia il medico76 che il paziente (ossia lo stesso soggetto che, attraverso l’indicata evoluzione giurisprudenziale si sarebbe voluto maggiormente tutelare).

75 Cfr. Paliero V. Randazzo F., Danesino P., Buzzi F., “Cause e mezzi” della medicina difensiva: riflessioni

medico-legali, Rivista medico legale. Dir.san., 2013, 17, la medicina difensiva non deriva solo dalla mancanza di capacità del singolo medico, ma soprattutto da fattori di portata generale: l’accanimento mediatico” posto in essere nei confronti dei medici; le “inaccettabili azioni speculative di agenzie infortunistiche e di alcuni medici legali”; gli orientamenti giurisprudenziali che hanno semplificato la possibilità di ottenere la condanna al risarcimento dei danni.

76 Cfr. Genovese U., Zoja R., Effetti della medicina difensiva sulla pratica medica e sul processo di cura,

Nel tentativo di dare soluzione a tali problemi è intervenuto il legislatore, in prima battuta, con l’art. 3 del decreto Balduzzi. Non è un caso che, dopo l’approvazione del d. l. n. 158/2012, sia stato più intenso l’impegno del legislatore e della comunità scientifica, nella formulazione di numerosi disegni di legge, oltre che di talune proposte di origine dottrinale. Un’analisi delle differenti soluzioni, contenuti nei precedenti disegni di legge, sono state avviate e hanno trovato compimento nell’art. 7 della legge 28 febbraio 2017.

La disposizione, facendo espresso riferimento solo al professionista, ha condizionato la responsabilità delle strutture sanitarie all’assetto della giurisprudenza.

Nella prospettiva degli operatori, il citato art. 3 non si è dimostrato effettivamente risolutivo, a causa della sua imprecisa formulazione, attribuendo natura extra contrattuale alla responsabilità dei professionisti.

Tale intervento regolatorio si è rivelato, tuttavia, come si vedrà, inefficace anche nella prospettiva del contenimento della medicina difensiva.