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CAPITOLO 2 NUOVE TECNOLOGIE E SISTEMA FORMATIVO DALLA

3.6 I nativi digitali: chi sono e come apprendono

stile comunicativo orientato all’interazione ed alla condivisione, fenomeni caratterizzanti gli ultimi anni del Web, hanno accompagnato l’affacciarsi nel panorama formativo di una nuova generazione di studenti definiti nativi digitali273. L’autore che ha coniato tale espressione, Mark Prensky, intervenendo nel dibattito sulla trasformazione delle istituzioni educative negli Stati Uniti, osserva come “gli studenti di oggi non sono più i soggetti per i quali il nostro sistema educativo è stato progettato e sviluppato. Gli studenti di oggi non hanno subìto, cioè, una trasformazione incrementale come è successo in passato nel succedersi delle generazioni. Non hanno, cioè, semplicemente cambiato il loro

272 Di Bari R., L’era della Web Communication, Tangran Edizioni, Trento, 2010.

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Prensky M., Digital natives, digital immigrants. In On the Horizon, MCB University Press, Vol.9, No. 5, October 2001.

gergo, i loro vestiti e i loro sistemi simbolici di riconoscimento e appartenenza, così come i loro stili di comportamento, si è manifestata una discontinuità radicale”. Con l’espressione nativi digitali, si individuano coloro che nascono, crescono, apprendono, comunicano e socializzano all’interno di un ecosistema mediale rinnovato, in cui i media digitali non sono utilizzati semplicemente per la produttività individuale o per lo svago, ma sono in stretta simbiosi con essi274. Si tratta di una nuova forma di Homo sapiens in grado di stabilire un rapporto comunicativo e di interazione molto forte con le tecnologie e i media sempre più velocemente prodotte e proposte sul mercato275. I nativi digitali sono abituati sin dalla tenera età ad interagire con gli schermi digitali e monitor interattivi che circondano l’ambiente familiare e rappresentano l’interfaccia comunicativa di computer fissi e portatili, consolle, smartphone, lettori multimediali, navigatori satellitari, ecc. I nativi digitali rappresentano la versione 2.0 dell’Homo Sapiens, o come preferisce lo studioso olandese Wim Veen, dell’Homo Zappiens. Secondo lo studioso “il termine Homo Zappiens identifica una generazione che ha avuto nel mouse, nel PC e nello schermo una finestra di accesso al mondo. Questa generazione, i nativi digitali di Prensky, mostra comportamenti di comunicazione e apprendimento differenti dalle generazioni precedenti; in particolare, apprende attraverso schermi, icone, suoni, giochi, navigazioni virtuali e in costante contatto telematico con il gruppo dei pari. Questo significa sviluppare comportamenti di apprendimento non lineari e non alfabetici276”. I nativi digitali sono naturalmente portati a considerare le tecnologie come un elemento strutturale della loro esistenza, “piegandole” alle loro esigenze, approcciandosi ad esse tramite il gioco, sbagliando e sperimentando anche tramite prove e tentativi successivi. I nativi parlano il linguaggio digitale dei computer, dei videogiochi e di Internet, distaccandosi nettamente dai loro genitori e dai loro insegnanti, i cosiddetti immigranti digitali (digital immigrants), espressione, secondo Prensky, che identifica coloro che “hanno dovuto adattarsi al nuovo ambiente socio- tecnologico, ma conservando il loro accento, i loro piedi nel passato. Gi adulti

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Longo G. O., Il simbionte. Prove dell’umanità futura, Meltemi, Roma, 2003.

275 Ferri P., Nativi digitali, Mondadori Bruno, Milano, 2011.

276 Veen W., Vrakking B., Homo Zappiens. Growing up in a Digital Age, Network Continuum

hanno avuto un tipo di socializzazione alla tecnologia molto differente dai loro figli o non l’hanno avuta affatto, e stanno oggi imparando a vivere nel mondo digitale come se apprendessero una seconda lingua. Una lingua imparata non da piccoli ma più avanti nel corso della vita e, come suggeriscono alcuni neurobiologi, utilizzando una parte differente della mente o del cervello”. Alcuni pongono il confine tra le due generazioni, quella degli immigranti e quella dei nativi, nell’anno 1985 in concomitanza con la diffusione sul mercato dei primi sistemi operativi ad interfaccia grafica. Per altri, almeno per quanto riguarda l’Italia, il confine potrebbe essere spostato di qualche anno più avanti, ovvero intorno al 1996 o addirittura al 2000, anno in cui si è diffusa su larga scala, quindi anche in ambito domestico, la rete Internet e la navigazione sul Web tramite browser277. La rivoluzione tecnologica alla quale la società, a partire dagli ultimi decenni del XXI secolo, è stata esposta ha determinato un accrescimento esponenziale della quantità di conoscenze disponibili, tanto che secondo il sociologo Martinotti278 la quantità di informazioni a disposizione per ogni cittadino del mondo oggi equivale a 250 GB (corrispondenti a 54 DVD) contro gli appena 600 MB del 1945 (corrispondenti ad un CD). Le tecnologie digitali hanno contribuito a rendere il campo dei saperi e della conoscenza un sistema molto dinamico e in continua evoluzione, i contenuti disciplinari si aggiornano e mutano con grande velocità, e ciò implica un approccio al sapere che privilegia la qualità e la meta riflessione piuttosto che la quantità e l’acquisizione passiva di nozioni e concetti. Le modalità e la tecnologia di creazione e diffusione del sapere e delle conoscenze sono cambiati, gli oggetti della conoscenza ed i supporti culturali sono diventati digitali: tale cambiamento è per i “nativi” qualcosa di naturale e scontato in quanto è la rete la loro primaria fonte di reperimento, consumo e divulgazione di informazioni. In contemporanea a tale fenomeno i nativi hanno sviluppato una cultura di fruizione dei media che Henry Jenkins definisce cultura partecipativa: “la nuova cultura partecipativa sta emergendo man mano che la cultura giovanile assorbe e reagisce all’esplosione delle nuove tecnologie digitali che rendono

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Tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996 sono stati introdotti sul mercato i browser Netscape Navigator e Internet Explorer.

278 Martinotti G., Squinternet. Ordine e disordine nella società digitale, in Ceri P., Borgna P. (a

possibili, per il consumatore medio, attività come archiviare, il commentare, l’appropriarsi e il rimettere in circolo contenuti mediali in nuovi e potenti modi. Concentrare l’attenzione a sull’ampliarsi dell’accesso alle nuove tecnologie non ci porta lontano se non pensiamo anche a promuovere le competenze e le conoscenze culturali necessarie per utilizzare questi strumenti per raggiungere i nostri scopi279”. I nuovi media e le nuove tecnologie hanno messo a disposizione dei nativi digitali la possibilità di manipolare e trattare le informazioni in modo molto potente, di sperimentare nuove soluzioni e di metterle alla prova in tempo reale. Ciò avviene tramite la tecnica del mash up, ovvero mettendo insieme e mixando contenuti mediali, frammenti di software o di elementi multimediali attraverso applicazioni che consentono operazioni di editing e manipolazione, attività che sviluppano la capacità di analisi e di reinterpretazioni dei contenuti sui quali si opera. I nativi digitali, inoltre, si caratterizzano rispetto agli immigranti digitali dal multitasking, ovvero la capacità di intraprendere e gestire due o più attività contemporaneamente e indipendentemente dalla loro co-presenza spaziale280. I pareri su tale attività sono contrastanti, considerato che per alcuni studiosi281 un elevato numero di processi cognitivi in simultanea porterebbe a delle performance più basse, mettendo a repentaglio la capacità di attenzione, mentre per altri, come Henry Jenkins, multitasking ed attenzione “dovrebbero essere pensate come abilità complementari usate dal cervello per affrontare i limiti della memoria a breve termine”. I soggetti che attuano il multitasking in modo costruttivo a supporto delle proprie attività utilizzano gli archivi del Web in cui sono registrate le informazioni come estensione della memoria a breve termine, e risolvono il sovraccarico cognitivo tipico del multitasking facendo “zapping” tra una fonte di apprendimento e l’altra282. La necessità sociale di scambiare, condividere e diffondere nuova informazione, insieme ai comportamenti di apprendimento non lineari della nuova generazione, indica alle istituzioni scolastiche e formative la necessità di adeguare le infrastrutture, i curricula ed il

279 Jenkins H., Clinton K., Purushotma R., Robison A. J., Weigel M., Confronting the Challengers

of Partecipatory Culture. Media education for the 21 Century, The MIT Press, Cambridge, 2009.

280 Marinelli A., Multitasking generation. Contrazione del tempo e dislocazione dell’attenzione, in

In-formazione, n.4, pp. 13-17, 2009.

281 Carr N., The shallows. What the Internet Is Doing to Our Brains, W.W. Norton, New York,

2010.

modo di interagire dei docenti/formatori allo stile comunicativo e di apprendimento maturato dai nativi digitali. Insegnanti, formatori, genitori, ovvero tutti coloro che appartengono al mondo gutenberghiano, e di conseguenza immigranti digitali, sono chiamati a ridurre il gap generazionale283 che li divide dai nativi adeguandosi all’idea che la tecnologia rappresenta una presenza indispensabile che accompagna le attività quotidiane e formative di ogni soggetto e supporta le sue funzioni intellettuali, cognitive, comunicative, relazionali. Le ICT, dunque, vanno utilizzate al fine di consentire l’adeguamento delle istituzioni formative, delle professionalità che vi operano, degli stili di insegnamento e delle metodologie didattiche, al nuovo stile comunicativo e di apprendimento della net generation. I nativi si aspettano innovazione nelle modalità didattiche, maggiore dialogo con i docenti, maggiori opportunità di costruire autonomamente e socialmente il percorso formativo personale adeguandolo ai propri bisogni e stili cognitivi. I comportamenti di apprendimento dei nativi, sono stati analizzati in una ricerca condotta dall’agenzia inglese per l’innovazione dei sistemi scolastici Becta, secondo la quale, come fa notare Paolo Ferri, il Web 2.0 e le innovazioni digitali hanno inciso sullo stile di apprendimento dei nativi secondo quattro dimensioni così individuate:

1. una marcata inclinazione verso le attività di ricerca e di esplorazione nell’apprendimento rispetto allo stile di apprendimento ricettivo/passivo di contenuti tipico delle generazioni precedenti;

2. una naturale familiarità nell’utilizzo del Web e dei suoi strumenti come mezzo principale per ricercare e condividere contenuti;

3. una crescita nella propensione alla collaborazione e alla cooperazione nell’apprendimento tra pari evidenziata negli ambienti di social network e di content sharing;

4. una forte tendenza nel voler manifestare la propria individualità, identità e le proprie idee tramite i sistemi di social network, blogging e microblogging. Tali considerazioni fanno comprendere come sia necessario sfruttare tutte le potenzialità dei media digitali e del modello della comunicazione interattiva molti a molti, facendo in modo che tutte le organizzazioni e le istituzioni sociali,

283 Papert S., The Connected family: Bridging the Digital Generation Gap, Longstreet Press,

politiche e formative si adattino alla nuova realtà nella quale la capacità di accedere alla conoscenza e crearne di nuova rappresenta uno dei pilastri fondamentali per la crescita, la competitività ed il cambiamento della società nel suo complesso. Il cambiamento tecnologico, il cui ritmo è destinato a crescere ancora, comporterà una costante riduzione della distanza tra il mondo reale e quello digitale ed un aumento dell’importanza del ruolo delle reti sociali, non solo negli aspetti ludici e dell’intrattenimento, ma anche per quanto riguarda lo scambio di informazioni all’interno delle transazioni economiche tra privati, organizzazioni economiche, formative ed istituzioni. I nativi digitali, saranno tra pochi anni inseriti pienamente nella struttura culturale, produttiva, politica, economica e sociale della società della conoscenza, guidandola verso i futuri cambiamenti: per tale motivo è necessario che genitori ed insegnanti si avvicinino e si rapportino alla rivoluzione tecnologica ed antropologica che interessa figli e studenti, alleandosi e gettando un ponte verso la cultura dei nativi nonostante il divario tecnologico esistente ed il diverso modo di interpretare la rivoluzione digitale.