nell’ambiente, nell’acqua e nella catena alimentare
5.4. I PFAS nella catena alimentare 1407
1392
In oltre l'80% dei campioni ematici prelevati a ratti selvatici di tre specie diverse in 47 1393
prefetture del Giappone, 23 PFAS erano presenti con concentrazioni simili a quelle 1394
osservate negli esseri umani. Gli autori della ricerca osservarono una correlazione molto 1395
forte (da p <0,001 a p <0,05) tra la densità della popolazione umana nella zona di 1396
residenza e i livelli di PFOS, PFOA e altri PFAS nel sangue degli animali. Il PFOS 1397
rappresentava il 45% dei PFAS totali presenti nel sangue mentre, il PFOA e il PFNA erano 1398
i PFAS predominanti nei campioni di acqua (Taniyasu et al., 2013).
1399
Nel fiume Hun, le concentrazioni di PFAS aumentavano nei tratti a valli delle città 1400
attraversate (Shenyang e Fushun), suggerendo che gli scarichi fognari urbani 1401
apportavano un importante contributo (all’incirca 5 kg all’anno)(Sun et al., 2011). Nelle 1402
acque superficiali le concentrazion di PFAS erano notevolmente inferiori rispetto alle 1403
acque reflue dagl impianti industriali, suggerendo che il contributo dell’acqua potabile 1404
alla quantità quotiidiana ingerita era minima.
1405 1406
5.4. I PFAS nella catena alimentare 1407
1408
Gli studi sulla catena alimentare hanno oramai definitivamente dimostrato l’elevata 1409
capacità di bioaccumulo dei PFAS negli animali posti al vertice della catena trofica 1410
(mammiferi acquatici e terrestri). Lo studio della distribuzione temporo-‐spaziale dei 1411
PFAS mostra differenze sostanziali nelle regioni più interessate dalla persistenza 1412
ambientale dei pFAS, per esempio Groenlandia e il versante nordamericano dell’Artico.
1413
Nonostante i livelli dei PFAS siano in continuo aumento nelle regioni più a Nord del 1414
pianeta, recenti osservazioni compiute dai canadesi suggeriscono una tendenza alla 1415
riduzione dei livelli di PFOS nelle loro acque. Tuttavia il PFOS continua ad aumentare 1416
nelle foche e negli orsi polari (Butt et al., 2010a).
1417
5.4.1. Osservazioni su animali allevati in laboratorio 1418
1419
Nelle trote iridee (Oncorhynchus mykiss) nutrite per 28 giorni con cibo contenente PFOA 1420
e PFOS fu ritrovat0 lo 0,6% e il 15,5% circa, rispettivamente, dell'intera dose 1421
somministrata (Falk et al., 2014). Le quantità maggiori erano presenti nel fegato 1422
dell'animale, con valori compresi fra lo 0,11% per il PFBS e il 4% per il PFOS, 1423
rispettettivamente dell'intera dose di PFOA e PFOS somministrata. Dopo un periodo di 1424
riposo di 28 giorni la ripetizone del dosaggio dei PFAS nei tessuti dimostrò che i PFSA 1425
erano assorbiti più facilmente rispetto agli altri PFAS, con un'emivita di 8,4 e 20,4 giorni 1426
nei muscoli e nel fegato, rispettivamente per il PFOS e di 8,2 nel sangue e 11,6 nel fegato 1427
per il PFNA.
1428
Sebbene la contaminazione da PFAS nelle trote sembra essere di basso livello, le parti 1429
edibili dei pesci commercilaizzati, soprattutto il filetto e la pelle, contribuirebbero in 1430
modo significativo alla dose totale contenuta nell’intera carcassa degli animali (Falk et al., 1431
2014). Anche altri studi confermano il basso rischio di biomagnificaizone del PFOS e di 1432
altri PFAS nelle trote iridee (Brandsma et al., 2011).
1433 1434
5.4.2. Presenza dei PFAS nella fauna selvatica 1435
5.4.2.1. In Italia 1436
Il PFOS (ma non il PFOA) risultò presente nel muscolo di tutti i campioni (90) di 1437
Coregonus lavaretus (lavarello) e Perca fluviatilis (persico reale) pescati nel Lago 1438
Maggiore, con concentrazioni massime di 46 ng/g ddi peso secco. Le concentrazioni 1439
medie erano 22,2 ng/g nel persico reale e 20 ng/g nel lavarello. Rispetto ai dati riportati 1440
in letteratura, i risultati di questo studio suggeriscono che i pesci del Lago Maggiore 1441
possono rappresentare una fonte significativa di esposizione al PFOS nella dieta, 1442
nonostante i valori osservati siano inferiori alla TDI proposta dall'EFSA (Squadrone et al., 1443
2014).
1444
IL bioaccumulo nella catena alimentare e l'assunzione con la dieta di POA e PFOS fu 1445
valutata in diversi organismi viventi appartenenti a vari livelli della piramide trofica 1446
(produttori primari, erbivori, filtratori, carnivori) nella laguna di Orbetello, Toscana 1447
(Renzi et al., 2013). Nelle acque di quest’area parzialmente protetta, furono osservate 1448
concentrazioni di PFOA (ma non di PFOS) nettamente superiori a quelli riportati nella 1449
letteratura per gli oceani Pacifico e Atlantico e per il mar del Giappone (Yamashita et al., 1450
2005). Rispetto ai dati della letteratura, concentrazioni molto più elevate furono 1451
osservate nella cozze, nelle vongole veraci e nei granchi; i fiumi rappresentavano un fonte 1452
preponderante della contaminazione, contribuendo alla proliferazione delle macroaglhe 1453
dell'intero bacino. Concentrazioni di gran lunga inferiori furono osservate nelle specie 1454
pescate e lavorate secondo la filosofia dei presidi Slow Food, che garantisce una filiera di 1455
produzione degli alimenti sostenibile per l’ambiente e più salubre rispetto alle procedure 1456
di allevamento e coltivazione industriali.
1457 1458
Concentrazioni relativamene basse di PFAS furono osservate in 35 anguille pescate nel 1459
fiume Po e nella laguna di Comacchio, senza significative differenze fra i due siti (Giari et 1460
al., 2014). PFOS e PFOA erano presenti al disopra del limite di rilevabilità della metodica 1461
(>0,4 ng/g) nel 73% e nel 31% dei campioni, rispettivamente. I livelli di PFOS variavano 1462
da <0,4 ng/g di peso umido del pesce fino 6,28 ng/g e quelli del PFOA da <0,4 a 92,77 1463
ng/g. I livelli più alti erano presenti nel sangue e quelli più bassi nei muscoli delle anguille.
1464
In alcuni campioni furono osservate lievi alterazioni istologiche nel fegato ma non nelle 1465
gonadi. Le concentrazioni dei PFAS nelle anguille del Po e delle Valli di Comacchio erano 1466
inferiori a quelle di altri pesci euopei, suggerendo un basso livello d’inquinamento da 1467
PFAS nelle due aree studiate (Giari et al., 2014).
1468 1469
5.4.2.2. In Europa 1470
In Francia 478 pescatori dilettanti metropolitani risposero ad un sondaggio contenente 1471
domande circa le loro abitudini dietetiche, lo status socio-‐economico e demografico. Tutti 1472
i partecipanti accettarono anche di farsi dosare i PFAS nel sangue. Gli obiettivi dello 1473
studio erano di stabilire le concentrazioni ematiche dei PFAS in individui potenzialmente 1474
esposti a elevate quantità di PFAS con la dieta. PFOS, PFOA, PFHxS, PFNA, PFHpS, e PFDA 1475
furono dimostrati ognuno in oltre l'ottanta percento dei campioni di sangue. Il percentile 1476
più alto aveva valori superiori all'analogo percentile ottenuto nella popolazione generale 1477
occidentale, confermando una sovraesposizione di una parte dei 478 pescatori. Per i sei 1478
PFAS sopra ricordati, il consumo di pesci d'acqua dolce può essere considerato come uno 1479
dei fattori che maggiormente contribuiscono alla dose interna di esposizione a tali 1480
molecole (Denys et al., 2014).
1481 1482
Per valutare il rapporto rischio/beneficio del consumo di pesce contaminato, ricercatori 1483
francesi hanno analizzato la distribuzione dei PFAS e degli acidi grassi insaturi in diverse 1484
centinaia di campioni delle 29 specie ittiche marine più consumate in Francia. Il confronto 1485
fu effettuato con il contenuto di PFAS delle 16 specie di pesce d'acqua dolce più 1486
frequentemente consumate in quel paese. I pesci d'acqua dolce risultarono maggiormente 1487
contaminati rispetto a quelli marini, con un differente profilo di contaminazione da parte 1488
dei diversi PFAS. Così, mentre i pesci fluviali erano contaminati prevalentemente dal PFOS 1489
(75% dei PFAS totali), quelli marini mostravano una certa eterogeneità, essendoci una più 1490
“equa” suddivisione della contaminazione: PFOA (24%), PFOS (20%), PFHxA (15%), 1491
PFHpA (11%) e PFBA (11%) erano i PFAS più abbondanti. La carpa comune, il luccioperca 1492
(sandra, Sander lucioperca, ), il persico reale (Perca fluviatilis), il cefalo (bosega, Chelon 1493
labrosus ) e il rutilo (gardon, Rutilus rutilus ) erano fra le varietà più penalizzate avendo il 1494
rapporto più elevato fra concentrazioni di PFAS e contenuto in acidi grassi polinsaturi 1495
(Yamada et al., 2014) 1496
In Olanda, 6 di 14 PFAS risultarono presenti nella maggoranza degli alimenti prelevati in 1497
grandi supermercati in tutto il paese. Le concentrazioni totali più elevate di PFAS erano 1498
presenti nei crostacei e nei pesci magri rispetto a pesci grassi, manzo, farinacei, burro, 1499
uova, formaggi, frutta e verdua. Le dosi più elevate di PFOA e PFOS assunte con la dieta, 1500
rispettivamente 0,5 e 0,6 ng/kg/die erano notevolmente inferiori alla dose tollerabile 1501
giornaliera (Noorlander et al., 2011).
1502 1503
In uno studio condotto sotto l’egida dell’organizzazione Greenpeace su anguille pescate 1504
nei fiumi e laghi di diversi paesi europei, le anguille pescate nel Tevere e nel lago di 1505
Bracciano avevano le concentrazioni di PFOS più basse fra tutti i campioni esaminati (16 1506
ng/g di peso umido) contro valori di 201-‐498 ng/g osservati nei campioni pescati in 1507
Belgio, in Germania, Spagna, Olanda o nel Regno Unito (CHEMICALS, 2006).
1508
5.4.2.3. In Asia 1509
Ricercatori coreani analizzarono le concentrazioni di vari PFAS in 397 campioni di 66 cibi 1510
diversi valutando il contributo relativo di ognuno di essi alla quantità totale ingerita con 1511
la dieta (Heo et al., 2014). Molti campioni risultaroni negativi, mentre la concentrazione 1512
massima di PFAS totali fu di 48,3 ng/g. IL PFOS e i PFCA-‐LC predominavano nei pesci, nei 1513
mitili e nei cibi precotti, mentre il PFOA e i PFCA-‐CC erano prevalenti nei latticini e nelle 1514
bevande. Il contributo alla TDI calcolata secono i criteri dell'EFSA era minimo in tutti 1515
questi cibi, il maggior contributo alla TDI essendo dato dall'acqua potabile del rubinetto 1516
ma non dall'acqua imbottigliata.
1517 1518
Nell'isola di Taiwan, i pesci catturati in fiumi riceventi scarichi di acque reflue da impianti 1519
industriali contengono quantità di PFAS totali e percentuali di PFOS oltre 200 volte 1520
superiori rispetto alle stesse stesse varietà pescate in fiumi nei quali affluiscono impianti 1521
di depurazione e di trattamento di rifiuti urbani (Lin et al., 2014; A. Y.-‐C. Lin et al., 2010) . 1522
Negli effluenti da un impianto di trattamento dei rifiuti industriali nel più grande parco 1523
scientificio dell’isola, PFOS (6930 ng/L), PFHxS 2.662 ng/L e PFOA (3298 ng/L) erano i 1524
tre composti più abbondanti. A valle dell’impianto, le concentrazioni di PFBS e PFOS 1525
erano di gran lunga superiori a quelli ritenuti “sicuri” per la fauna aviaria e ittica selvatica, 1526
Nei sedimenti le concentrazioni di PFOS variavano da 1,5 a 78 ng/g, quelli del PFOA da 0,5 1527
a 5,6 ng/g e quelli del PFDoA da 0 a 5,4 ng/g. Nel fegato di tilapia (un tipo di pesce cinese 1528
sempre più esportato in occidente per il suo basso costo) e di pesce gatto furono trovate 1529
concentrazioni di PFOS fino a 28933 ng/g d (Lin et al., 2014).
1530
5.4.3. Nel Nord America 1531
In uno dei primi studi già citati , il PFOS -‐ dosato in circa 200 campioni di alimenti (latte, 1532
fagiolini, carne di maiale, carne di pollo, uova, pane, salumi, pesce, carne macinata) 1533
comprati nei mercati delle sei città – risultò presente con frequenza e quantità maggiori 1534
nelle città sedi di impianti di produzione o di utilizzo dei PFAS (Diderich, n.d.).
1535
5.5. I PFAS nei prodotti di consumo domestici e professionali