L’impresa internazionalizzata
2.4 IDE: Investimenti Diretti Esteri
in un determinato paese: costi della logistica, del lavoro, delle materie prime ecc. 79
L’insediamento produttivo presenta anche degli svantaggi ovvero gli investimenti e i costi iniziali sono ingenti, tali spese richiedono adeguati volumi di produzione per la copertura dei margini, inoltre è indispensabile la presenza di personale qualificato che non è sempre facilmente reperibile.
Vi sono varie tipologie di IDE: Greenfield80, Brownfield81, acquisizioni o fusioni82.
2.4
IDE: Investimenti Diretti Esteri
Gli IDE (in inglese FDI, Foreign Direct Investment) vengono definiti come un investimento internazionale effettuato in un’impresa locale da parte di un soggetto residente all’estero. Questi investimenti sono volti a ottenere un interesse durevole, ovvero mirano a stabilire un rapporto a lungo termine tra il soggetto investitore e l’impresa estera.
Altro elemento importante è il grado di influenza significativo che l’investitore punta ad ottenere nella gestione dell’impresa.
Le caratteristiche fondamentali di questa forma di investimento sono quindi la lunga durata e la possibilità di avere il controllo totale nel poter prendere le decisioni all’interno dell’impresa.
Il paradigma di Dunning83 OIL (Ownership, Location, Internationalisation) spiega
come le aziende possono trarre beneficio dall’insediamento in un paese estero. Le
79 Ibid., cit., p.103
80 La struttura viene collocata in un sito non precedentemente utilizzato da attività economica
81 La struttura viene collocata in un’area che precedentemente era stata sfruttata da attività economica,
successivamente abbandonata e grazie a bonifiche o riconversione può essere utilizzata nuovamente
82 Consente un ingresso più veloce nel mercato estero, in quanto viene sfruttato un marchio già
conosciuto e affermato, così da garantirsi l’accesso ai canali di distribuzione e alla clientela affiliata.
83 John Dunning (1927-‐2009), economista inglese che negli anni ottanta ha pubblicato la teoria
imprese multinazionali84 procedono con un investimento diretto quando riescono a
realizzare tre ordini di vantaggio in modo quasi simultaneo:
I. ownership specific competitive advantage: vantaggi legati al diritto di proprietà,
quindi prodotti o processi produttivi per i quali è precluso l’accesso alle altre imprese (come ad esempio i brevetti, marchio, ecc.)
II. location advantages: vantaggi dipendenti dalle caratteristiche del Paese estero
scelto, ovvero le qualità delle condizioni ambientali sia del paese, sia del mercato
III. internationalisation advantage: vantaggi di internazionalizzazione dovuti al
benefici ottenuti tramite l’acquisizione dell’impresa fornitrice che permette di rendere interne all’impresa madre quelle fasi produttive che erano in precedenza erano esterne all’azienda, in altre parole, l’impresa è interessata a mantenere un asset interno al processo produttivo
2.4.1 La classificazione
Per classificare i diversi tipi di IDE, in primo luogo si analizzano quelli verticali e orizzontali; i primi fanno riferimento agli investimenti che riguardano una o più fase della produzione del prodotto, mentre i secondi sono relativi a operazioni di investimento che afferiscono alla produzione di un bene che viene prodotto anche dalla casa madre.
Gli IDE verticali rappresentano in un certo senso l’attuale fase della globalizzazione economica, ovvero la vecchia catena di montaggio in formato moderno e la frammentazione della produzione a seconda delle richieste e dei vantaggi che offre il mercato: l’impresa frammenta il processo produttivo e ne localizza una fase all’estero (a monte o a valle). L’obiettivo di questo tipo di investimento è quello di ridurre i costi di produzione dislocando dove la manodopera e costi di gestione sono più economici.
Gli IDE orizzontali solitamente vengono utilizzati per motivi extra economici come aggirare le barriere tariffarie, accedere ad agevolazioni fiscali ecc., si tratta in questo caso di trasferimenti tecnologici o di necessità di aumentare l’occupazione. Questi
84 Si definisce impresa multinazionale ogni impresa la cui proprietà e direzione si trovano in un paese,
mentre gli impianti di produzione e le strutture di distribuzione sono dislocati in paesi diversi, e le cui decisioni hanno quindi peso politico ed economico anche fuori del paese d’origine.
Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/multinazionale_res-‐1c7e6eda-‐45f8-‐11e2-‐8bbb-‐
hanno come obiettivo la conquista di un mercato in cui è molto difficile, o impossibile, accedere tramite esportazione: vengono detti investimenti market-‐seeking.
Altro metodo per classificare gli IDE si basa sul grado di coinvolgimento dell’investitore estero nelle attività o controllo dell’impresa locale, quindi si dividono in greenfield, brownfield e acquisizioni o fusioni (M&A).
Infine, la suddivisione può essere effettuata sulla base degli obiettivi che l’investitore persegue:
a) resource seeking: questo IDE è motivato dalla ricerca di materia prima ad un costo più basso
b) market seeking: questo IDE mira ad un’espansione e alla crescita di un determinato mercato estero
c) efficiency seeking: questo IDE ricerca una maggiore efficienza nel senso di diminuire i costi di produzione
d) strategic asset seeking: questo IDE è finalizzato all’acquisizione di attività avanzate che possono aumentare il vantaggio della propria impresa
2.4.2 La “nuova” e “vecchia” teoria degli IDE
La attuale teoria degli IDE fa riferimento alla teoria OLI, basandosi principalmente sui vantaggi di localizzazione e proprietà, include inoltre il processo decisionale delle imprese delocalizzanti all’interno di un quadro economico generale.
La precedente teoria85 invece, considerava il costo dei trasporti come nullo e la
presenza di imprese delocalizzate veniva spiegata in termini di differenziazione nella dotazione di fattori.
Presa in questi termini, la teoria dava spiegazioni concrete solamente nel caso in cui si considerasse un IDE verticale e non aveva sufficienti motivazioni per delucidare gli IDE orizzontali.
A differenza di ciò, la nuova teoria86 sostiene che le attività delle imprese
internazionalizzate non siano guidate da vantaggi ottenuti dalle differenze nella
85 E. Helpman, A simple theory of international trade with multinational corporations, «Journal of Political
Economy»,1984, 92, 31; E. Helpman, P. Krugman, Market structure and foreign trade, 1985
86 S.L. Brainard, A simple theory of multinational corporation and trade with a trade-‐off between proximity
dotazione dei fattori, bensì da un trade-‐off87 tra i vantaggi legati alla prossimità e quelli legati derivanti dalla concentrazione. Nel caso in cui i vantaggi di prossimità siano maggiori di quelli di concentrazione, si hanno i propositi per attuare l’investimento estero.88
2.4.3 L’evoluzione degli IDE dall’occidente all’oriente
Storicamente i paesi in cui erano destinati gli IDE erano i paesi sviluppati, in particolar modo venivano utilizzati gli investimenti tipo M&A89 per sfruttare
maggiormente i vantaggi locali come il know-‐how, tecnologie avanzate, il marchio ecc. Negli ultimi anni questi flussi in entrata di IDE sono meno stabili di quelli indirizzati verso i paesi in via di sviluppo e dei paesi in transazione i quali hanno visto una crescita costante negli ultimi anni. [Fig. 2.4.3.1]
In particolare, nel 2010, questi rappresentavano circa la metà dei flussi IDE mondiali. [Fig. 2.4.3.2]
Figura 2.4.3.1 : Dimostrazione grafica dello sviluppo degli IDE in uscita da parte sia dei paesi emergenti sia di quelli sviluppati (valori espressi in percentuale)
Fonte: www.unctad.org
87 In economia, relazione funzionale tra due variabili tale che la crescita di una risulta incompatibile con la
crescita dell’altra e ne comporta anzi una contrazione: fonte: ww.treccani.it
88 www.treccani.it
Figura 2.4.3.2 : Dimostrazione grafica degli IDE in entrata sia da parte sia dei paesi emergenti sia di quelli sviluppati (valori espressi in miliardi di dollari)
Fonte: www.unctad.org
2.4.4 Un po’ di numeri: la Cina e gli IDE
Negli ultimi decenni l’evoluzione dell’economia nazionale ha portato la Cina a trasformarsi in un investitore internazionale; particolare sviluppo si è avuto in seguito alla crisi economica mondiale del 2009 che non ha colpito Pechino in modo così grave come gli stati occidentali. [Fig. 2.4.4.1 e 2.4.4.2]
Figura 2.4.4.1 : Rappresentazione percentuale degli IDE da parte dei BRISC e degli stati sviluppati nel periodo precedente la crisi e quello successivo.
Fonte: www.unctad.org
Figura 2.4.4.2 : Rappresentazione grafica degli IDE in Cina dal 1982 con previsione fino al 2015
FONTE: www.chinaglobaltrade.com
In tale periodo i vertici del Partito sostennero che era indispensabile procedere con gli IDE non nei paesi sviluppati ma nei paesi in via di sviluppo per i motivi che verranno qui di seguito elencati.
Greenfield
M&A
La Cina è riconosciuta a livello mondiale per essere un “opificio a cielo aperto”90,
perciò la sua necessità nell’investire tramite IDE non era legata al risparmio sulla manodopera (come generalmente avviene per i paesi industrializzati), bensì i settori principali sui quali Pechino investe sono il terziario91 e il primario92. [Fig. 2.4.4.3]
Figura 2.4.4.3 : Distribuzione settoriale degli IDE calcolati in percentuale sia su base del valore sia su base di quantità, 2003-‐2012
Fonte: ww.unctad.org
Da quando la Cina ha iniziato ad investire all’estero, gli stati obiettivi erano generalmente USA e Australia e la modalità di IDE prescelta era M&A a discapito del
greenfield per ovvi motivi: in questo modo Pechino poteva avvalersi della tecnologia e know how avanzati in modo molto semplice e diretto. [Fig. 2.4.4.4]
Figura 2.4.4.4 : Numero di greenfield e M&A di Cina e India tra il 2003 e 2008
Fonte: www.unctad.org
90 Paolo QUERCIA; Paolo, MAGRI, I BRICs e noi, Istituto per gli studi di politica internazionale, 2011 91 Acquisizione di servizi, finanziari e non, che sono funzionali al suo settore manifatturiero 92 Acquisire in maniera diretta o indiretta il controllo delle materie prime e fonti energetiche
Come prima riflessione, possiamo dedurre che la Cina investe all’estero per soddisfare le proprie esigenze interne con lo scopo di far progredire il proprio Paese, e non con l’intento di portare la propria egemonia in altri stati condizionandoli in modo strategico e politico.
Secondo uno studio dell’ente ICE93, nel 2011 gli IDE in Cina sono cresciuti del 9,7%
rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 116 miliardi di USD. Hong Kong si conferma al primo posto dei paesi investitori seguito dalle Isole Vergini, Giappone, Singapore, Corea ed infine gli USA [Fig. 2.4.4.5]
Nello stesso anno l’Unione Europea ha investito tramite IDE in Cina per un valore in calo dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Al primo posto tra i paesi europei investitori troviamo la Germania, seguita dalla Francia e Paesi Bassi; per quanto riguarda l’Italia, è scesa di cinque posti a livello mondiale raggiungendo il ventunesimo paese investitore, allo stesso tempo ha perso un posto all’interno della comunità europea dove ora risiede al sesto posto. [Fig. 2.4.4.6]
Figura 2.4.4.5 : Grafico rappresentate i paesi maggiori investitori tramite IDE in Cina, calcolato su base di milioni di dollari americani, 2009 – 2011
Fonte: www.ice.it
Figura 2.4.4.6 : Grafico rappresentate la classifica dei paesi europei maggiori investitori tramite IDE in Cina, calcolato su base di milioni di dollari americani, 2008 – 2011 (i numeri rappresentati sotto i nomi degli stati indicano la loro posizione nella classifica mondiale) Fonte: www.ice.it
2.4.5 Greenfield, una scelta di investimento
Questa modalità comporta l’opportunità di realizzare una nuova organizzazione aziendale con le caratteristiche prescelte dall’investitore e presuppone un’entrata nel mercato progressiva; è la forma più complessa poiché l’attività produttiva viene costituita ex novo nel paese estero (Estrin e Meyer, 1999).
Questo processo richiede dei tempi di ingresso nel nuovo mercato molto lunghi poiché è indispensabile una crescita interna dell’impresa, ovvero la costruzione delle sedi l’istituzione dei contratti, l’ottenimento di licenze e molti altri oneri. 94
Gli IDE greenfield sono generalmente più stabili, mentre le M&A sono caratterizzate da ampie fluttuazioni. [Fig. 2.4.5.1 – 2.4.5.2 – 2.4.5.6]
Figura 2.4.5.1 : Rappresentazione del valore di M&A e greenfield a livello mondiale, 2007-‐2011
Fonte: www.unctad.org
Figura 2.4.5.2 : Rappresentazione del valore di M&A e greenfield a livello mondiale calcolato in miliardi di dollari americani, 2009 Q1-‐2012 Q3
Fonte: www.unctad.org
Figura 2.4.5.3 : Rappresentazione del valore di M&A e greenfield a livello mondiale calcolato in miliardi di dollari americani, 2005 -‐2012
2.5
Le quattro fasi del processo di internazionalizzazione
Il fenomeno dell’internazionalizzazione può essere definito come un processo che avviene gradualmente e in ognuno di questi l’impresa assume una determinata configurazione. Tali approcci sottolineano il carattere dinamico dell’espansione estera caratterizzato da cause e decisioni che si evolvono assieme all’impresa.
Dal modo in cui l’azienda gestisce le operazioni estere nel corso della sua evoluzione, si può identificare in quale fase del processo di internazionalizzazione questa si trovi.
“Già Saraceno osservava come l’impresa internazionale non deve essere intesa come un archetipo, ma piuttosto come il risultato in continuo divenire di un percorso evolutivo”95.
Le fasi in cui il processo evolutivo si sviluppa sono generalmente quattro [Fig. 2.5.1]: a) entrata nel mercato
b) assestamento della presenza nel mercato estero
c) sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero
d) razionalizzazione della posizione internazionale
Figura 2.5.1: Le fasi del processo di entrata
Fonte: CAROLI, Globalizzazione e delocalizzazione dell’impresa internazionalizzata, p. 92
95Matteo CAROLI, Globalizzazione e delocalizzazione dell’impresa internazionalizzata, Milano, Franco