Business, una questione di etica
3.2 L’impresa estera nello sviluppo economico locale
dipendenza per la quale l’ambiente stesso non è più in grado di gestirsi autonomamente ma si deve adattare dipendendo dai cambiamenti dell’azienda.21
Come già anticipato, un effetto della globalizzazione in ambito sociale riguarda l’assetto degli aggregati sociali (i consumatori). Si è osservato che la globalizzazione comporta l’interdipendenza tra le economie producendo una convergenza a comuni modelli di comportamento e di consumo. Questa conseguenza comporta degli effetti rilevanti sui sistemi sociali, anche se non è ancora del tutto in grado di annullare le caratteristiche dei singoli paesi.22
Vengono quindi a crearsi dei “valori omogenei” legati al consumo di massa che vanno ad intaccare la purezza e l’innocenza dei Pvs. Un esempio rilevante è il denaro e il potere che ruota intorno ad esso: attraverso i mass media vengono rappresentati questi due fenomeni come l’obiettivo principale del singolo, così importante che per raggiungerlo si perde la coerenza con il proprio essere e la propria cultura. Il mercato mondiale che è andato creandosi in questo campo ha prodotto una “non cultura” che comporta la “mercificazione totale delle attività umane e un’omologazione della domanda”23. Come affermarono R.J. Barnet e J. Cavanagh (1994), la cultura che si va
creando con la globalizzazione è assimilata a un “centro commerciale mondializzato” (global shopping mall).24
Gli effetti negativi non si hanno solo nei Pvs, ma anche nel paese di origine dell’impresa delocalizzata, tra cui la perdita di posti di lavoro degli operai precedentemente attivi nel reparto di produzione che ora si trova in uno stato estero, essendo questi generalmente lavoratori non qualificati, subiscono anche la conseguente riduzione dell’offerta di lavoro causata in parte dalla concorrenza della manodopera, in parte dall’evoluzione tecnologica che permette alle aziende di diminuire il personale nel reparto di produzione.25
3.2 L’impresa estera nello sviluppo economico locale
21 Ibid. 22 Ibid.
23 www.treccani.it, Globalizzazione, “Enciclopedia del Novecento, II Supplemento (1998)”,
http://www.treccani.it/enciclopedia/globalizzazione_(Enciclopedia-‐del-‐Novecento)/
24 Ibid. 25 Ibid.,
A seguito dell’introduzione fatta nel paragrafo precedente, si analizzerà ora più nel dettaglio il ruolo che spetta alla sussidiaria nei confronti dell’ambiente in cui questa si insedia. L’impresa deve porre particolare attenzione agli effetti che la presenza della sede staccata ha non solo sulle condizioni economiche e produttive di una determinata area geografica ma anche sulle relative prospettive di sviluppo.26
Il modello concettuale proposto da Coda (1988) sostiene che le decisioni strategiche dell’impresa devono essere valutate sia dal punto di vista reddituale e competitivo, sia da quello sociale. È necessario dunque che l’impresa non si limiti a trarre dall’ambiente quei fattori che le permettono di progredire attraverso la creazione di valore e remunerazione, anzi, deve contribuire al miglioramento dell’ambiente in cui opera e delle persone coinvolte in tale impresa partecipando allo sviluppo ambientale e sociale dell’area.27
L’impegno che l’impresa deve porre nei confronti del sistema territoriale locale non è relativo alla sola necessità etica, ma è anche una conseguenza logica poiché lo stabilire forti relazioni sociali basate su rispetto e deferenza reciproci, favorisce il consolidamento dell’impresa stessa nel territorio straniero.28
3.2.1 La responsabilità sociale dell’impresa multinazionale
La “responsabilità sociale” dell’impresa può rappresentare un concetto utile per descrivere concretamente il modo in cui l’impresa internazionalizzata agisce da forza positiva sulle condizioni di sviluppo equilibrato del territorio e delle persone. A riguardo, già quindici anni fa Henry Mintzberg scriveva (1984) ”there is a need to
reverse the long-‐term trend toward impersonalism and utilitarism in our organization. (…) Social responsability represents our best hope, perhaps our real hope, for arresting and revising that trend.”
In linea generale con questo termine si può intendere l’attenzione dell’impresa verso l’equilibrio tra il proprio obiettivo di sviluppo economico e competitivo e gli effetti sugli obiettivi e sui bisogni dell’ambiente cui essa è più direttamente collegata (ambiente inteso come insieme di categorie di persone). Da questo concetto deriva una serie di complicazioni.29
È fondamentale precisare che la responsabilità sociale differisce dal quadro normativo vigente a livello locale. L’impresa deve rispettare la legge come condizione
26 CAROLI, “Globalizzazione e localizzazione dell’impresa internazionalizzata”, cit., p. 444 27 Ibid.
28 Ibid.
minima necessaria al fine di poter attuare il progetto di delocalizzazione. A differenza di quanto detto, la responsabilità sociale fa riferimento a quei bisogni della società che non possono essere soddisfatti attraverso misure legislative.30
Grazie alle competenze possedute, la multinazionale può agire in modo ausiliario nei confronti delle amministrazioni locali contribuendo allo sviluppo economico e sociale dell’area in cui si insedia. Per l’impresa estera, sono rilevanti i riflessi favorevoli di cui godrà poi l’immagine aziendale.31
La multinazionale oggi deve quindi accollarsi responsabilità ampie e complesse che sono ormai considerate dai governi locali come obbligatorie; a seguito di quanto affermato, viene ora introdotto il concetto di filantropia strategica.32 Quest’ultimo fa
riferimento ad una particolare forma di intervento e di sostegno verso i Pvs che nel concreto consiste non solo nell’impiego di risorse finanziarie, ma in modo particolare nel trasferimento di competenze manageriali e know-‐how per la risoluzione dei problemi e lo sviluppo delle realtà locali.33
L’attività filantropica ha un effetto positivo nelle aree dove viene esercitata, nonostante ciò essa riesce a soddisfare solo parzialmente la responsabilità sociale dell’impresa poiché non rientra nelle attività tipiche dell’azienda. Questo elemento ha una conseguenza diretta molto chiara: anche se l’impresa opera a favore della comunità attraverso le attività sopra elencate, non esclude che la stessa possa avere anche degli impatti negativi sull’ambiente circostante. Infine, è da considerare che la dimensione quantitativa dell’azione filantropica è molto limitata rispetto al valore che viene dato alle attività economiche con scopo lucrativo attuate dall’impresa estera nella stessa area. In ogni caso, l’attività filantropica dell’impresa multinazionale
permette di ridurre i gap tra valori etici universali e locali, non di meno, supporta lo sviluppo dei Paesi emergenti o Pvs. 34
Riferendoci al divario tra le norme etiche, la multinazionale deve valutare la possibilità o meno di applicare i propri principi economici ed etici nel progetto da attuare. Il problema in questo caso è riuscire a trovare una soluzione che rispetti i principi etici universali in modo da tutelare i diritti di entrambe le parti: tali principi devono potersi adattare a realtà culturali e morali diverse. Allo stesso tempo però, è
30 Ibid., cit., p. 473
31 Sergio SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., pp. 143-‐144 32 Il concetto è illustrato in Mc Alister et al., 2005, p. 333
33 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 144 34 CAROLI, ”Globalizzazione e delocalizzazione …”, cit., p. 474
molto difficile poter stabilire delle regole comuni (o codici universali) che siano da guida per lo sviluppo internazionale. È necessario perciò stabilire dei limiti entro cui poter accogliere pratiche e comportamenti lontani dai principi etici generalmente condivisi dai Paesi sviluppati.35
A tale proposito sono stati pervenuti dieci tipi di diritti universali (V. Donalds, 1989) i quali dovrebbero essere rispettati in tutti i paesi del mondo, non dovrebbero perciò pervenire i dilemmi precedentemente elencati poiché questi sono basati su
standard morali universali. A riguardo di tale pensiero teorico vi sono state delle
critiche (V. Hendry, 1999), nella fattispecie una parte di questi diritti potrebbe essere soggetta e condizionata da una matrice etnocentrica36.37
L’etnocentrismo potrebbe rappresentare una forma di “imperialismo” culturale dove un’etnia si arroga il diritto di scegliere quali siano i principi da rispettare.38
Altro fattore da considerare in tale sede è il sistema legislativo locale; spesso l’impresa estera si confronta con un sistema legislativo incompleto o non particolarmente sensibile ai principi di equità sociale che invece sono d’obbligo nei paesi occidentali. Nello specifico, è una situazione che si riscontra sovente nel campo dei diritti umani39 e della protezione del lavoro: nei paesi in cui vengono a mancare il
rispetto e la tutela per questi diritti, la società estera dimostra di attenersi ai principi di responsabilità sociale nel momento in cui rifiuta di usufruire delle leggi locali applicando i principi morali del paese della corporate e quindi mantenere dei modelli di comportamento analoghi a quelli utilizzati nel paese d’origine, infine può porre particolare attenzione agli stessi soggetti che non vengono particolarmente tutelati dalla legge aiutandoli a difendere i propri diritti.40
3.2.2 L’etica nella scelta di investimento
35 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 145
36 Etnocentrismo Termine coniato dal sociologo G.W. Sumner (Folkways, 1907) per indicare la tendenza
a giudicare i membri, la struttura, la cultura e la storia di gruppi diversi dal proprio, con riferimento ai valori, alle norme e ai costumi ai quali si è stati educati. Quasi sempre l’e. comporta la supervalutazione della propria cultura e, di conseguenza, la svalutazione della cultura altrui. (fonte: www.treccani.it, http://www.treccani.it/enciclopedia/etnocentrismo/)
37 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 151 38 Ibid.
39 L’elemento più delicato è rappresentato dalla definizione della soglia di accettabilità del rispetto dei
diritti umani, con priorità per i diritti individuali quali: diritto all’integrità della persona, alla libertà, allo sviluppo economico, al lavoro e all’assistenza.
Nell’attuare un progetto di internazionalizzazione, oltre alle scelte legate al fattore prettamente economico, sono presenti anche le problematiche relative al come investire e se è conveniente farlo in paesi considerati moralmente distanti. Generalmente gli approcci possono essere di tre tipi: operare secondo i valori della propria cultura e morale, considerare e rispettare la cultura e la morale del Paese straniero oppure cercare un compromesso tra le due alternative.41 Le ostilità che
sorgono tra valori derivano non solo dalla contrapposizione di valutazione, ma anche dal diverso peso che a essi viene attribuito. Quando si è interessati a operare in paesi con principi etici lontani dai nostri solitamente gli approcci sono due: rinunciare al progetto per non incombere in culture che non rispettano i valori etici per noi fondamentali oppure insidiarsi con l’intento e l’obiettivo di migliorare la situazione locale.42
In altri termini, si può sostenere che questo tipo di scelta dipende dalle finalità imprenditoriali che l’impresa intende perseguire. Perciò nel momento in cui un’azienda decide di investire nonostante il divario etico morale può, attraverso esempi e comportamenti concreti, modificare in positivo la situazione locale, si tratta di una scelta che intrinsecamente ha un elevato valore etico. Al contrario, se l’intento dei vertici aziendali è, indipendente dal gap etico, legato solamente ad aumentare il profitto dell’azienda, sotto il profilo etico non si potrà di certo avere una risposta positiva.43
Nel primo caso l’impresa manifesta lo sforzo di stabilire con gli enti locali relazioni con un contenuto significativo sia nel campo tecnico-‐economico che etico-‐morale. Altro modo per manifestare la responsabilità sociale si ha quando l’impresa si mostra disponibile a stabilire tali relazioni in una prospettiva del medio-‐lungo periodo così da poter favorire il consolidamento dei principi e degli ideali trasmessi.44
3.2.3 Il caso IDE
Considerando di investire nel paese estero tramite IDE, un grosso problema che l’impresa si trova ad affrontare è lo scontro nel concreto della problematicità di gestire in loco risorse umane con orientamenti civili, religiosi e culturali diversi da
41 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 147 -‐ 148 42 Ibid.
43 Ibid.
quelli conosciuti. Il grande divario della sensibilità etica tra le due, o più, culture comporta un problema di management del personale non trascurabile.45
A tale proposito, una delle responsabilità maggiori che spettano all’impresa estera è rappresentata dalla scelta del manager, ovvero se questo deve essere un connazionale della corporate oppure un locale.46
Come già anticipato, al giorno d’oggi, le multinazionali si trovano continuamente ad affrontare questioni relative all’impatto sociale che l’impresa insediata ha nell’ambiente circostante. Un ruolo fondamentale è ricoperto dai manager che gestiscono in modo quasi autonomo la sussidiaria poiché a loro vengono affidati incarichi internazionali a livello strategico e devono coordinare le attività aziendali in compatibilità da una lato con la corporate dall’altro con l’ambiente in cui si trovano ad operare. Il manager si trova dunque nella posizione di dover affrontare un ruolo di importanza notevole da cui dipende gran parte dello sviluppo dell’impresa.47 Un
problema che si ripercuote sovente è l’insuccesso delle strategie internazionali attuate dall’impresa poiché carenti nella comprensione delle diversità della cultura delle persone con cui si va ad operare.
È quindi importante per le imprese trovare dei manager in grado di soddisfare le esigenze organizzative e le politiche aziendali sapendosi relazionare con l’ambiente in cui l’impresa opera.48
In conclusione, la figura che il manager deve ricoprire è quella di una persona competente non solo in ambito economico ma anche in ambito culturale. Questo significa che tale dirigente deve essere in grado di sapersi relazionare in modo adeguato con gli operatori di diversa etnia e saper coglierne le caratteristiche migliori in modo che queste possano contribuire al progresso delle performance singole e complessive (Morosini – Shane – Singh, 1988).49
3.2.4 Effetti positivi e negativi
Dopo aver analizzato nel dettaglio le difficoltà che le aziende internazionalizzate riscontrano nel confrontarsi quotidianamente con società eticamente lontane, e la
45 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 144
46 Patrizia SILVESTRELLI, “Problematiche relative alla scelta di manager expatriates nelle imprese
internazionali”, cit., pp. 256-‐257
47 Ibid. 48 Ibid. 49 Ibid.
possibilità per queste aziende di poter migliorare la condizione ambientale in cui operano, si andrà ora ad affrontare quel filone della letteratura che si occupa del post
outsourcing ovvero l’impact-‐sourcing. In altri termini, è ora nostro interesse
esaminare quali possono essere i fattori positivi e negativi che si manifestano nel territorio locale a seguito dell’insediamento estero.50
Negativi
Generalmente, quando ci si riferisce alle imprese che hanno delocalizzato in Paesi in cui la manodopera e i costi di gestione sono più convenienti rispetto ai Paesi sviluppati la prima cosa che sovviene alla mente è il disagio che questo spostamento causa ai dipendenti dell’azienda stessa, i quali vengono licenziati favorendo il lavoro nei Pvs o Paesei emergenti.51
In realtà, gli effetti dell’impresa internazionalizzata sul territorio ospitante sono particolarmente controversi. Gli studiosi che seguono lo sviluppo locale affermano che tendenzialmente, a differenza di quanto si crede, l’impresa insediata crea delle circostanze non favorevoli allo sviluppo dell’area geografica in cui è presente.52
Il primo elemento da analizzare è indubbiante il fatto che il cuore della sussidiaria si trova all’estero e sovente i manager non sono locali, perciò si ha un distacco fisico e sociale tra le politiche aziendali prese dalla dirigenza e il peso che queste hanno sull’ambiente circostante: nel concreto, una minore sensibilità nei confronti degli interessi economici e sociali locali.53
Al contrario, un’impresa di proprietà locale sarà sicuramente più attenta agli sviluppi di questo genere che sono la diretta conseguenza delle decisioni aziendali. 54
Altro elemento da considerarsi negativo è numero di posti di lavoro che offre la sussidiaria ai lavoratori locali. Considerando il volume d’affari solitamente molto alto, si è dimostrato (Turok 1993) che la quantità e la qualità dei posti di lavori offerti dalla nuova azienda sono nettamente inferiori rispetto alle aspettative. Inoltre, la quantità di semilavorati e le materie prime che l’azienda acquista da fornitori locali è molto limitata favorendo l’importazione dei prodotti dai fornitori della corporate, in modo
50 CAROLI, ”Globalizzazione e delocalizzazione …”, cit., p. 452 51 Ibid.
52 Ibid. 53 Ibid.
particolare se messa a confronto con la quantità di prodotti finiti che vengono venuti alle aziende del posto.55
I fattori negativi non sussistono solamente in capo etico morale, bensì vengono riscontrati anche nel settore economico. Riferendoci ora all’utilizzo dell’utile netto prodotto dalla sussidiaria, questo non porta alcun beneficio all’area locale poiché abitualmente viene distribuito tra gli azionisti i quali sovente non sono residenti nell’area, inoltre, è possibile che le risorse della sussidiaria siano impiegate per lo sviluppo di altre unità operativi presenti in altri paesi.56
Per quanto riguarda invece il settore informatico tecnologico si hanno dei pareri discordanti. Infatti alcune ricerche (De Bant, 1984) dimostrano che le sussidiarie possono essere un fattore di recupero del ritardo tecnologico locale, o di rafforzamento delle aziende indigene. Al contrario (Perrucci-‐Pezzoli-‐Schiattarella, 1993) si osserva che non c’è un metodo per dimostrare che quanto appena sostenuto sia veritiero in modo inconfutabile. Ad esempio, la tecnologia importata può essere tutelata da brevetti di durata decennale e quindi le aziende locali non possono usufruire di tale tecnologia nel breve-‐medio periodo, oppure ai dipendenti della sussidiaria viene insegnato solo parte del lavoro in modo da mantenerli all’oscuro dall’intero procedimento così da preservare la conoscenza dello stesso.57
Positivi
Al di là degli effetti negativi illustrati nell’analisi precedente, si vuole qui di seguito dimostrare che non è concettualmente corretto affermare che l’impresa estera porta solamente ostilità nell’area in cui si insedia.
Con riferimento a quanto sopra riportando, le scelte prese dalla sussidiaria nell’acquisto di materie prime o semilavorati sono influenzate dalla dirigenza della
corporate, allo stesso tempo però, questa viene indubbiamente compiuta sulla base di
criteri di convenienza economica e strategica. Ciò dimostra che i responsabili della sede centrale hanno un’influenza limitata sul potere decisionale della sussidiaria.58
Per quanto riguarda invece il rimpatrio del profitto, poiché il valore aggiunto che l’impresa crea nel territorio in cui si insedia in parte è distribuito tra gli azionisti in
55 CAROLI, ”Globalizzazione e delocalizzazione …”, cit., p. 453 56 SAPELLI, “Etica d’impresa e valori di giustizia”, cit., p. 52
57 SCIARELLI, ”L’etica nelle scelte di investimento diretto estero”, cit., p. 55 58 Ibid., cit., p. 49
parte rimane del paese della sussidiaria andando a favorire quindi lo sviluppo dell’area interessata.59
Altro fattore positivo è riscontrato nel momento in cui l’impresa che si insedia ha un marchio noto e famoso nel mondo creando spontaneamente una miglioria nell’attrattività della zona per gli investitori stranieri. Si innesta così un circolo vizioso dello sviluppo in quanto la presenza di un’azienda di fama internazionale spinge altre aziende ad insediarsi nella stessa area in cui si è ormai diffusa una cultura della produzione positiva e, di conseguenza, viene a rafforzarsi la qualità della struttura industriale locale comportando tutti quei fattori positivi sopra elencati.60
Si evince dunque che l’insediamento produttivo non ha solamente effetti negativi sull’ambiente circostante, bensì offre molte opportunità di crescita. È da sottolineare inolte, che le condizioni di sviluppo di un Paese dipendono dalle competenze preesistenti al suo interno ed in modo particolare dalle risorse umane. Il ruolo dunque che l’impresa svolge in tale area non deriva solamente dalle politiche aziendali dell’impresa stessa, ma anche dalle possibilità che l’ambiente offre e come queste vengono sviluppate dall’azienda.61
3.2.5 L’equilibrio sta nel mezzo
A seguito di questa profonda analisi possiamo affermare che l’impresa estera agisce sull’ambiente in cui si insedia come una catalizzatore (Cantwell, 1987) che potenzia o indebolisce la natura attrattiva della zona ai fini dell’insediamento produttivo. Non è possibile definire a priori se l’impresa porterà effetti positivi o negativi sul territorio ove opera poiché questi dipendono strettamente dalla misura e dal modo in cui le risorse locali si intersecano con l’impresa e le relative politiche aziendali.
Analogamente, ci si ricollega a quanto in precedenza affermato analizzando il campo della responsabilità sociale: la posizione e il ruolo delle reti intere non possono essere definiti solamente sulla base di un profitto lucrativo per migliorare l’essere economico dell’azienda. È necessario che queste sviluppino anche quei fattori che portano il successo dell’impresa nel suo insieme. Questo è possibile secondo un
59 CAROLI, ”Globalizzazione e delocalizzazione …”, cit., p. 455 60 Ibid.
principio di scambio equilibrato tra impresa e territorio che permette allo sviluppo locale di ottenere fattori positivi.62
Indubbiamente, la presenza estera imprime un impulso significativo all’evoluzione di un territorio in ambito economico, politico, sociale, etico e morale.63
3.2.6 Codici etici e contratto sociale
Nel corso degli ultimi trent’anni si è assistito ad una evoluzione della concezione