COMUNI TOTALE TOTALE MARINA DI CAMPO
2.1 L’identità competitiva
L’idea che ruota attorno all’identità competitiva è molto più di una curiosità accademica ai margini del marketing: già oggi è l’obiettivo di molti governi, per non dire la maggioranza. Molti governi, molti consulenti ed addirittura molti studiosi continuano ad avere un’interpretazione ingenua e superficiale del nation branding, intendendolo come promozione standard di un prodotto, condita di pubbliche relazioni e identità aziendale, con l’unica differenza che il prodotto in questione è un paese.
Oggi il mondo è un mercato globale; il rapido affermarsi della globalizzazione comporta che ogni paese, ogni città e ogni regione debba competere con tutti gli altri per la sua fetta di consumatori, turisti, investitori, studenti, imprenditori, e per guadagnarsi l’attenzione e il rispetto dei grandi media, degli altri governi, e dei popoli degli altri paesi; la maggior parte delle persone non ha il tempo di cogliere la realtà degli altri paesi e si affida ai luoghi comuni senza capire veramente la ricchezza e la complessità di cosa c’è dietro. Quindi chi governa responsabilmente ha bisogno di sapere, per conto della popolazione, delle istituzioni e delle aziende, qual è la percezione che il mondo ha del proprio paese e sviluppare una strategia per gestirla; è parte integrante dell’attività di governo costruire una reputazione solida, vera, potente, attraente e realmente utile al perseguimento degli obiettivi economici, politici, sociali, e che rifletta fedelmente lo spirito, il genio e la volontà della popolazione: questo compito è diventato una delle principali attività di governo del XXI secolo. In quasi tutti gli stati ci sono molti enti, agenzie, ministeri, gruppi di interesse, organizzazioni non governative e aziende ognuno dei quali promuove una visione del suo paese di appartenenza; il problema è che la maggior parte di queste organizzazioni lavorando senza coordinamento trasmettono messaggi incoerenti, se non addirittura contraddittori. Si potrebbero ottenere risultati eccellenti qualora le attività dei vari soggetti fossero coordinate, rese sistematicamente di alta qualità e armonizzate nel contesto di una strategia nazionale che stabilisca chiari obiettivi per l’economia e la società del paese e le sue relazioni politiche e culturali con altri paesi.
53 Quando si parla di branding in un contesto territoriale, come oggi accade sempre più frequente, la gente tende a supporre che le varie tecniche promozionali sono usate per “vendere” il paese; esiste quindi il pericolo, quando si discute di brand e specialmente di nuove idee come l’applicazione della teoria del branding ai paesi, che la discussione si trasformi in quello che gli psicologi chiamano dissonanza cognitiva: tutti parlano in base a obiettivi inconciliabili, dando vita a una conversazione privata basata sulla personale comprensione che hanno della parola senza una reale comunicazione. Il concetto di identità competitiva usa le idee di brand e di branding in un modo specifico, che è differente dai modi in cui il consumatore medio le usa e che in alcuni casi è diverso anche dai modi in cui le usano i professionisti del marketing; è necessario fare una distinzione tra brand, cioè il prodotto, il servizio o un’organizzazione, considerati in associazione al suo nome e alla sua identità, e il concetto di branding con cui si fa riferimento al processo mediante il quale si progettano, pianificano e comunicano il nome e l’identità, in modo da costruire o gestire la reputazione. Un aspetto molto importante da considerare è che sebbene città, regioni e nazioni abbiano effettivamente una brand image, di fatto non possono brandizzate, o almeno non nella stessa maniera in cui avviene per i prodotti e per i servizi o aziende; è importante inoltre definire quattro aspetti differenti del brand:
1. l’identità del brand (brand identity), il concetto chiave del prodotto, chiaramente e distintamente espresso (nei prodotti e nei servizi commerciali è ciò che troviamoci troviamo di fronte in quanto consumatori);
2. l’immagine del brand (brand image), cioè la percezione del brand che esiste nella mente dei consumatori, l’insieme di associazioni, ricordi, aspettative e altri sentimenti che sono legati al prodotto o al servizio;
3. lo scopo del brand (brand purpose), può essere considerato come l’equivalente interno del brand image. L’idea è che una promessa fatta al mercato riguardo a un certo brand ha poco senso se non è prima condivisa dalla forza lavoro e dagli altri stakeholders che l’hanno prodotta, se non è vissuto all’interno delle strutture, dei processi e della cultura dell’organizzazione aziendale;
4. il valore del brand (brand equity) riassume l’idea che se un’azienda, un prodotto o un servizio acquisiscono una reputazione forte, solida e positiva, essa diventa una risorsa di enorme valore, che ha probabilmente un valore più alto di tutte le risorse tangibili dell’organizzazione, perché rappresenta la capacità che un
54 impresa ha di continuare a vendere applicando margini elevati fino a quando l’immagine del brand rimane intatta.
Brand è quindi senza dubbio, una parola pericolosa, carica di dimensioni emotive e anche negative, ma il concetto di brand è molto potente e di fondamentale importanza per la gestione di città, regioni e nazioni: esso coglie l’idea che ogni luogo o località ha bisogno di capire e gestire la propria identità interna e la propria reputazione esterna.
Ogni luogo abitato sulla Terra ha una reputazione, esattamente come i prodotti e le aziende possiedono una propria brand image; la reputazione di un luogo può essere ricca e complessa oppure semplice; può essere prevalentemente negativa o prevalentemente positiva e sicuramente è in grado di influenzare il modo in cui le persone, dentro e fuori dei suoi confini di un paese, si comportano nei suoi confronti e reagiscono rispetto a ciò che viene prodotto e fatto; non è sbagliato quindi dire che la reputazione di un territorio ha un impatto profondo sul suo destino sociale, culturale, politico ed economico. Riguardo ai modi in cui i paesi e i loro governi rappresentano se stessi al resto del mondo, l’area che ha più elementi in comune con il brand management delle aziende è quella della diplomazia pubblica che abbinata alla gestione del brand sta alla base dell’identità competitiva. Generalmente i paesi ottengono il miglioramento più grande dello loro reputazione quando tutti i suoi principali settori sono allineati in base ad una strategia comune; tutti gli attori interessati all’immagine del paese devono essere rappresentati al suo interno e tale rappresentanza è uno dei principi base per costruire l’identità competitiva. Creare un’identità competitiva è però un’operazione molto grande e complessa; non esiste un’area del marketing commerciale che si avvicini per profondità e ampiezza alla strategia dell’identità competitiva, con il suo programma di imporre creatività, consistenza, veridicità ed efficienza a una grande varietà di campi quanto mai complessi, inclusi lo sviluppo e la promozione del turismo nazionale e regionali, gli investimenti interni, il reclutamento e il commercio, il branding delle esportazioni, le relazioni internazionali e la politica estera. Possiamo quindi dire che il primo e più importante componente di qualsiasi strategia di identità competitiva è quello di creare uno spirito di nazionalismo benigno tra la popolazione, malgrado le differenze culturali, sociali, etniche, linguistiche, economiche, politiche e territoriali; tutto questo è molto diverso dal tipo di sfide che chi fa marketing di prodotto si trova ad affrontare, eppure, allo stesso tempo, è anche una sfida ben nota a chi lavora
55 nel marketing: la necessità di far vivere il brand che si richiede ai vari attori sociali di un’impresa.
L’identità competitiva è certamente uno dei modi in cui il brand può iniziare a realizzare il suo miglior potenziale, e offre l’opportunità di dimostrare che la disciplina può dare un contributo che va oltre la solita affermazione di “accrescere il valore per gli azionisti”; il brand management diventa componente fondamentale del nuovo modello attraverso il quale i luoghi dovrebbero essere gestiti nel futuro: è il collante che tiene insieme una varietà di strumenti diversi per la promozione e la gestione della reputazione di una nazione; strumenti che fino a ora hanno solo prodotto una frazione del loro effetto potenziale perché hanno operato in modo frammentario e inefficiente. Il brand management è principalmente incentrato sulle persone, sullo scopo e sulla reputazione, e solo secondariamente sul denaro.
Grandi cambiamenti nel tessuto politico-sociale della società contemporanea rendono necessario un approccio all’identità competitiva orientato al pubblico; questo è il riconoscimento della crescente influenza esercitata dall’opinione pubblica e dalle forze di mercato negli affari internazionali; la spinta comune a questi cambiamenti è la globalizzazione: una serie di mercati regionali che si stanno rapidamente fondendo in un’unica comunità globale. Secondo alcuni questa situazione avvantaggia ingiustamente i luoghi che possiedono le risorse per promuovere se stessi con maggiore risonanza di altri, ma questo significherebbe presupporre che l’identità competitiva possa essere costituita nello stesso modo dei brand commerciali, e che il successo dipenda da quanto denaro si è in grado di investire nei media; altri sostengono invece che una strategia potente e creativa in termini di identità competitiva, la quale è più un prodotto del capitale intellettuale che di quello finanziario, può dar luogo ad un vantaggio più grande rispetto a grandi somme di denaro usate per spingere messaggi che non ispirano un pubblico distratto.
La comprensione di come funziona il brand management può creare miglioramenti significativi nel modo in cui le nazioni si sviluppano e nelle modalità in cui si relazionano tra loro; fondamentalmente, il messaggio da comunicare è che il brand è solo una metafora per descrivere come le nazioni possano competere più efficacemente nell’età contemporanea, e che solo una piccola parte dei principi del branding commerciale può essere realmente applicata a luoghi e territori. Il resto è
56 completamente nuovo: è una sintesi emergente della teoria e della pratica del settore pubblico e privato che può, e deve, rivoluzionare il modo in cui i luoghi saranno gestiti in futuro.
La teoria su cui si fonda l’identità competitiva è che quando i governi hanno un’idea buona, chiara, credibile e positiva di quello che il loro paese veramente è, di quello che rappresenta e di quale è la direzione in cui sta andando, e riescono a coordinare le azioni, gli investimenti, le politiche e le comunicazioni, così da confermare e rinforzare questa idea, allora hanno buone possibilità di costruire e mantenere un’identità nazionale che è competitiva sia internamente che a livello internazionale; tutti i gruppi di interesse nella maggior parte dei paesi però perseguono i propri affari e comunicano la loro immagine in modo indipendente gli uni dagli altri, e conseguentemente il paese presenta un’immagine di se stesso che non è chiara né coerente per il mondo esterno: è un’immagine complessa, confusa, contraddittoria, che quindi non riesce mai veramente a fare dei passi in avanti.
La promozione ordinaria, quando è effettuata senza alcuna particolare strategia nazionale di lungo periodo a parte la crescita, è un ciclo infinito che può portare o meno alla sviluppo economico di più lungo termine; diversamente dal brand management vero e proprio, questo tipo di promozione è più un tentativo di vendere il paese a imprese e investitori, di vendere vacanze ai turisti, di vendere le politiche del governo ai votanti, ai media e al pubblico estero, di vendere cultura, patrimonio nazionale e così via. Ogni atto di promozione, scambio o rappresentazione deve essere visto non come fine a se stesso, ma come un’opportunità per costruire la reputazione del paese nel suo complesso; e tutti gli enti, le agenzie e le organizzazioni devono lavorare insieme, incontrarsi e far convergere il comportamento di ciascuno su una comune strategia nazionale.
Gli stereotipi che hanno la reputazione dei paesi, positivi o negativi che siano, di fatto raramente riflettono la realtà presente di tali luoghi; una ragione diffusa per questa sconnessione tra immagine e realtà è sicuramente il tempo: un luogo può essere cambiato in fretta, ma la sua immagine può restare indietro di anni o decenni. Parte dei motivi per cui le cose cambiano così lentamente dipende dal fatto che noi, il pubblico, siamo molto attaccati alle nostre convinzioni: continuiamo a credere le stesse cose che abbiamo sempre creduto dei luoghi, e cambiamo idea solo lentamente e con riluttanza.
57 Tuttavia, ci sono esempi che dimostrano che si può davvero cambiare la reputazione internazionale di un luogo per far emergere in modo più corretto la sua situazione presente e le sue aspirazioni future; questo può avvenire anche abbastanza velocemente, a patto che ci sia una chiara strategia per farlo, una leadership visionaria, e il giusto coordinamento fra il governo, il settore pubblico e privato, e la comunità sociale allargata.
Costruire l’identità competitiva necessita di obiettivi chiaramente affermati e opportunamente concordati; è possibile fissare un insieme di obiettivi di breve periodo e di cambiamenti dell’immagine nazionale a più lungo termine, che potrebbero verificarsi. I paesi con un’identità competitiva dovrebbero trovare:
un più chiaro accordo interno sull’identità nazionale e sugli obiettivi generali della società;
un clima dove l’innovazione è premiata e praticata;
offerte più aggressive per accaparrarsi gli eventi internazionali;
una più efficace promozione degli investimenti;
una promozione più efficace sia per il turismo e i viaggi d’affari;
un più sano effetto del paese d’origine, a vantaggio degli esportatori di prodotti e servizi;
un profilo di maggior spessore sui media internazionali;
una più semplice modalità di accesso a enti e organizzazioni regionali e globali;
più proficue relazioni culturali con altri paesi e regioni.
Senza un’identità competitiva, pochi tra questi obiettivi sarebbero concepibili, per non dire raggiungibili; l’identità competitiva possiede tre proprietà: attrae; trasferisce magnetismo ad altri soggetti; e possiede potere di creare ordine del caos. Quindi una strategia di identità competitiva potente e attraente può contribuire a creare un allineamento spontaneo di scopi e di obiettivi condivisi tra gruppi di interesse solitamente in concorrenza o perfino reciprocamente ostili. Quando parliamo della rilevanza del brand management per le nazioni, non ci riferiamo al fatto di inventare un’immagine completamente nuova per loro, o del cancellare in qualche modo le opinioni che le persone mantengono su un certo luogo per rimpiazzarle con qualcosa di migliore; nessuno vorrebbe farlo, non si dovrebbe neanche provare a farlo, e probabilmente nessuno ci riuscirebbe nemmeno volendo. Ciò che i paesi possono fare è
58 formulare una strategia semplice ed efficace per rendere la propria reputazione qualcosa che lavori a loro vantaggio, piuttosto che contro di loro.
La maggior parte delle persone crede che il modo di cambiare l’immagine di un paese sia parlare di se stesso; di fatto questo è il metodo meno efficiente ed anche più costoso; richiede molto denaro, perché usare i media costa molto, e la gente non vi presta molta attenzione dal momento che la pubblicità è sempre presa con scetticismo; la reputazione di una nazione non si costruisce nel tempo attraverso la comunicazione, e perciò non può essere cambiata attraverso la comunicazione. Costruire l’identità competitiva non è pubblicità, design o un esercizio di pubbliche relazioni, anche se sicuramente queste tecniche sono essenziali per promuovere le cose che il paese fa e produce. Creare più armonia tra i modi in cui tutte le aziende, le organizzazioni del paese e le persone fanno affari e vendono i loro prodotti e servizi è una parte importante del processo di costruzione dell’identità competitiva. Il brand management per i paesi dovrebbe essere trattato come una componente di politica nazionale, non come una politica a se stante, una campagna che può essere praticata separatamente dalla programmazione, dal governo, dallo sviluppo economico o dalla gestione dello stato convenzionali; se il brand management è trattato come una disciplina separata dallo stato, e relegata nel contenitore separato di “comunicazioni”, “affari pubblici” o “promozioni”, allora c’è ben poco che si possa ottenere; quando, al contrario, il brand management diventa implicito nel modo in cui il paese viene gestito allora può velocizzare il cambiamento in maniera radicale.
Quello che la maggior parte dei luoghi deve fare è, almeno in linea di principio:
decidere la propria strategia di identità e far sì che un buon numero di stakeholder l’appoggi;
aiutare a creare un nuovo clima di innovazione tra gli stakeholder;
mostrare loro come queste innovazioni possano realmente recare benefici agli affari e contemporaneamente essere in linea con la strategia dell’identità competitiva;
incoraggiarli a riflettere e a rafforzare questa identità in tutto ciò che dicono e che fanno.
Un principio cardine dell’identità competitiva è che se le conseguenze percettive delle azioni e dei comportamenti sono prese in considerazione nello stesso momento in cui
59 tali azioni e comportamenti sono messi in atto, allora i benefici iniziali della risposta positiva del pubblico accelereranno il cambiamento; normalmente ci vuole un tempo piuttosto lungo prima che le persone, sia all’interno che all’esterno di un luogo, registrino ciò che sta accadendo e in quale direzione si sta dirigendo il paese, ma quando questo avviene causa un’accelerazione nel cambiamento, che risulta principalmente da quella sorta di comprensione condivisa che è alla base del comportamento sinergico tra gli stakeholder di una città, regione o nazione. E’ un punto fermo dell’identità competitiva che i paesi debbano guadagnarsi la loro reputazione e non costruirla; un paese può comportarsi impeccabilmente per decenni, ma portarsi addosso il peso di una cattiva reputazione formatasi molto tempo prima, e che potrebbe non essere ancora stata rivista da allora.
Uno dei componenti del brand management che risulta avere maggior valore per i governi quando formulano piani di lungo periodo è l’analisi della brand image, e questo processo di valutazione, misurazione e verifica dell’immagine e della reputazione nazionale, se opportunamente adattato all’obiettivo dell’immagine nazionale invece che aziendale, è una componente chiave della strategia e dell’identità competitiva; data l’importanza della materia, non è più accettabile per i governi azzardare opinioni riguardo a quale immagine di brand sia più forte delle altre, quale sia in declino e quale in ascesa e soprattutto non è accettabile per i governi spendere i soldi dei contribuenti o dei donatori per un esercizio che non può essere monitorato e misurato.