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IL CAPODANNO BANGLA: ANNO 1415 DEL CALENDARIO MUSULMANO

5. RAPPRESENTAZIONI QUOTIDIANE E INCONTRI SUL CAMPO

5.3 IL CAPODANNO BANGLA: ANNO 1415 DEL CALENDARIO MUSULMANO

Il capodanno bangla è la festa più importante dell'anno. In bangla si chiama Pohela

Boishakh, o Poila Boishakh. Si tratta del Nuovo Anno, il Nôbobôrsho, cioè il primo

giorno del calendario bangla, celebrato sia in Bangladesh sia nel Bengala Occidentale e anche nelle regioni di Assam e Tripura. La celebrazione del Pohela Boishakh dovrebbe unire tutti i membri delle differenti associazioni bangla, indipendentemente dalle differenze religiose e regionali. Il Capodanno cade il 14 di aprile o il 15 di aprile, secondo il calendario gregoriano, sulla base dell’applicazione o del nuovo calendario o di quello bangla53.

E' difficile trovare lo spazio concesso dal Comune per la festa. Ci si trova fuori città, in campagna, presso un allevamento di polli (Azienda Maya). Si tratta di un tendone mobile, con un ingresso confinato da transenne, luci, musica del Bangladesh. All'ingresso non vedo nessun italiano, solo io e mio marito. Ci sono moltissime auto: sono presenti almeno mille persone, tra giovani e famiglie. Ci avviciniamo all'ingresso, che è a pagamento, dove c'è un giovane che parla solo bangla, ma entriamo grazie all'aiuto di Ontara, la figlia di Rahman, che arriva in nostro aiuto e gli spiega che siamo degli ospiti di suo padre e ci accompagna per quasi tutta la serata.

Ci viene incontro Rahman, il quale ci accompagna davanti al palco centrale, dove parlano gli ospiti illustri della serata: cantanti, danzatrici, maghi, i rappresentanti di altre associazioni del Bangladesh a Udine, Pordenone e Conegliano.

Gli ideali dell'associazione Bati sono scritti in uno striscione all'interno del tendone del palco in chiare lettere italiano - bangla: Unità, Onestà, Assistenza. Il capodanno bengalese, mi spiega il Vicesindaco, il Dott. Mazzero che ho incontrato anche in quest'occasione, è organizzato con le risorse dei vari servizi bangla presenti nel territorio (National exchange company, Bangladesh alimentari, Asian supermarket,

Awlad Hossain phone center, Dje money transfer, Ital bangla, Patron indian bar, Desh kebab, Zurich Insurance Company, Patean società bocciofila italo-bangla...) ma anche con gli aiuti finanziari del

comune di Pieve di Soligo.

Il Dott. Mazzero, ospite alla festa e seduto tra le autorità italiane, mi dice che i rapporti dei “bengalesi” col Comune di Pieve di Soligo sono sempre positivi, sebbene Rahman ed altri membri della “comunità” bangla si aspetterebbero qualcosa di più. Spesso infatti ogni associazione vuole fare la sua festa di capodanno, ma il comune spinge perché queste divisioni cessino, sia per un risparmio economico sia per eliminare i contrasti tra le diverse associazioni bangla per le sovvenzioni. Oltre a lui sono presenti diverse autorità dell'amministrazione comunale: l'Assessore alla cultura e il Sindaco, i quali mi presentano positivamente l'“integrazione” dei “bengalesi” nel territorio. Li considerano musulmani moderati, elogiandone la specializzazione lavorativa nel settore del mobile, la pulizia, l'ordine, la tranquillità e l'autogestione.

La serata è divisa secondo un programma preciso: l'alzabandiera, il discorso del Presidente, il concerto con cantanti particolarmente amati dai giovani, gli ospiti d'onore tra cui Badsha Miah (Presidente Tangail Association), Shopon Hoque (Presidente Bangladesh Association Pordenone), Mohammad Harun Al Rashid (Primo Segretario dell'ambasciata del Bangladesh a Roma), Rustom Ali (Udine), Md. Mushiur Rahman (Presidente Narayanganj Association), Md. Abdul Rahim (Presidente Narsingidi Association), gli spettacoli di danza e magia. In quest'occasione si sono ritrovati molti esponenti delle varie associazioni del territorio di Pieve e del Nord-Italia e anche di Roma.

Rafiqul Islam è il presidente generale Bati di Pordenone e mi ha invitata a conoscere la realtà della sua città dove dice, l'ottanta per cento delle donne del Bangladesh non lavora e non conosce l'italiano. Assieme a lui c'è Zakir Khandaker, presidente dell'associazione Arco dei Panjabi del Bangladesh di Pordenone, che assieme alla Bati gestisce delle risorse per la città di Khulna. Gli chiedo come si trovano in Italia e mi risponde che essi sono in cinquecento persone, che si sono inseriti nel lavoro ma la maggior parte delle donne non è occupata e segue i corsi di italiano. Il signor Khandaker mi invita a visitare la sua associazione.

La prima parte del programma si apre con il canto dell'inno del Bangladesh, la lettura di poemi nazionali, le canzoni bangla, che mirano alla glorificazione di persone e fatti della storia del Bangladesh soprattutto alla Giornata per l'Indipendenza (Bijoy Dibos)54.

Le manifestazioni pubbliche della Bati si svolgono secondo una precisa organizzazione, che Rahman gestisce con decisione: in ogni evento c’è sempre uno spazio dedicato alla premiazione dei veterani della guerra di Indipendenza contro il Pakistan del 1971, fatto che ha un ruolo fondamentale nella mitologia nazionale del Bangladesh. I “programmi” festivi appaiono come un luogo in cui viene riaffermata l'“identità collettiva” dei migranti dal Bangladesh, che è permeata di un forte nazionalismo, tramite il ricordo delle persone e dei fatti storici che sono all'origine del Bangladesh. Tuttavia, come mi spiegherà successivamente Rahman, la sua associazione rappresenta solo gli interessi specifici della regione del Tangail. Infatti il raggruppamento dei vari regionalismi in un'unica festa di Capodanno è, come ha precisato il Vicesindaco, dovuto a motivi economici.

Una canzone bangla in versi, molto conosciuta, che ascolto durante gli spettacoli è Ami Banglae Gan

Gai” (Io canto in bangla): Ami, akbar dekhi, bar bar dakhi, dekhi banglar mukh. Ami, banglai valobasi, ami baglaka valobasi. Ami, tarihat dhora sara prithibir manusar kasa ashi55.

Il pubblico presente è in grande maggioranza bangla. Le donne giovani sono vestite con abiti sfavillanti

shari o più sobri salwar kameetz, un abito composto da ampi pantaloni e una camicia a foggia di tunica,

indossato da molte donne musulmane, hindu e sikh. Le donne più mature, moltissime velate, si godono lo spettacolo con i figli più piccoli in braccio. Esse sono sedute sotto il tendone del palco tutte a sinistra rispetto agli uomini che si mettono a destra. I più giovani sono coinvolti ad ascoltare infervorati la musica di successo del loro paese. I bambini, alcuni dal doppio nome italiano e bangla, giocano a rincorrersi coi padri nel campo da calcio.

Durante la festa conosco L. Syeda, una ballerina bangla che vive a Maniago di Pordenone, qui da tre mesi, ha 33 anni ed è sposata con il suo cugino. Parla già l'italiano che ha imparato in televisione e attraverso gli amici che tornavano in patria. Mi dice che vicino a Dhaka ci sono 200 italiani e che a Natale viene loro concesso uno spazio per festeggiare e sono riforniti di dolci e panettoni. E' arrivata da poco assieme al marito, è chiamata spesso come danzatrice del ventre nelle feste bangla. Mi dice di trovarsi bene in Italia dove può continuare a fare la danzatrice professionale come in Bangladesh. Il marito sta cercando un'altra occupazione.

All'ora di cena Rahman ci invita a mangiare in una cucina assieme alle autorità comunali, separati dai bangali. Ci dice che negli stand gastronomici esterni si mangia in modo più economico e non proprio bene come nella cucina dove c'è pollo al curry, riso alle verdure speziate, ma soprattutto del vino bianco o rosso. In realtà, avendo già cenato negli stand, mi accorgo che il cibo è lo stesso. Il personale negli stand è tutto maschile, fatto che farebbe pensare ad una divisione degli spazi e i ruoli pubblici maschili e femminili. In realtà, parlando con le donne presenti alla festa, emerge che la preparazione del cibo è avvenuta per mano loro, nelle loro case. A fine della serata salutiamo Rahman.

In questo caso riscontro che la mobilitazione delle numerose associazioni dei bangali acquista spessore tramite la consapevolezza della propria differenza, rappresentata

54 Termine frutto di interviste sul campo.

55 La traduzione di questa poesia, gentilmente prodotta da un mio informatore, è: Io vedo una volta, vedo molte volte il volto dei bangali. Io amo in bangla, io amo in lingua bangla, io raggiungo le persone del mondo con la mano nella mano dei bangali.

dall'interiorizzazione di tratti culturali da parte della collettività, ma non in senso di confinamento, bensì di protezione e costruzione di senso (Schmidt, 2004: 7). Ne è un esempio l'intreccio dinamico dei vari elementi appartenenti al repertorio storico della memoria collettiva con le nuove esperienze della migrazione: la società bocciofila italo- bangla Patean. Questo prelude alla costruzione di un'identità complessa.

L'assenza di italiani alla festa, la curiosità di molte donne bangla nei mie confronti, fanno pensare ad una costruzione della presenza dei bangali nella società pievigina unidirezionale ed escludente.

Il linguaggio utilizzato dalle autorità presenti stabilisce un immaginario sociale sui