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5. RAPPRESENTAZIONI QUOTIDIANE E INCONTRI SUL CAMPO

5.7 INCONTRO CON BEGUM UMMA

La conoscenza del Presidente dell'Associazione Bati mi fornisce l'occasione di incontrare la prima donna bangla con cui ho relazionato. Il colloquio informale che ho svolto con lei, mi ha ispirato una nuova direzione da seguire nell'indagine etnografica

66 in www.bcii.com. 67 wwwbanglapedia.com

che gli incontri successivi apriranno alla mia attenzione. In questo modo ho focalizzato la mia attenzione alla selezione di quegli scenari sociali che sono meno visibili alla mia percezione.

In questo primo incontro con Rahman conosco la moglie Umma. Umma è più giovane del marito di dieci anni, ha trent'anni e proviene dal Distretto del Tangail. Si è sposata in Bangladesh, la sua dote in gioielli d'oro è rimasta in Bangladesh nella casa paterna. Il padre è in Italia, la madre viene qualche volta in vacanza. Mi parla della sorella in patria che sta molto meglio di lei, viaggia molto con il marito che è medico. Mi chiede se sono sposata e se ho figli. Lei ha tre figlie femmine. Riguardo il primo parto, che è avvenuto in Bangladesh, ha un brutto ricordo perché era troppo giovane, senza esperienza, tanto che in seguito non desiderava più gravidanze, ma ora suo marito desidera ancora un figlio maschio. Sulla soglia della sua casa c'è un alberello di rose profumate, che adora; in Bangladesh, dice ci sono molti più giardini nelle ville. Mi parla dei quartieri e dei giardini delle ville dei ricchi in Bangladesh, delle donne che vi lavorano come colf e che nel tempo libero passeggiano in questo luogo molto piacevole. Mi parla del paesaggio, dei monti che anche qui fan da sfondo al nostro incontro, dei fiumi Gange e Jaimuna. Dice che sono molte le cose che le mancano del Bangladesh oltre ai parenti.

Mi spiega che, qui, ha difficoltà nel condurre il Ramzan in casa, perché gli orari e la luce sono diversi rispetto al Bangladesh.

Lo psicologo Ronald David Laing spiega questo disorientamento con la percezione crepuscolare del tempo quotidiano che altera e sovrappone i riferimenti spaziali vissuti in altre dimore i quali rendono indecifrabile lo spazio al di fuori di quel tempo (1992).

Mi dice che siamo nell'anno 1415 del calendario mussulmano e che ora usa il calendario italiano, infatti nessuno ormai basa la propria vita su quello musulmano. Non fa nemmeno più fatica a convertire le date, appunto perché non ne ha più esperienza. Il calendario bangla è suddiviso in sei stagioni: griscio, boscia,

shorot, hemonto, shiit, boscionto.

Umma mi parla della sua devozione alla dea Durga. Quando abitava in Bangladesh, lei con le sorelle e le amiche prendevano il treno e con un viaggio di solo un'ora, visitavano la città e i templi indù di Calcutta dedicati alla divinità. Umma, come altre donne del Bangladesh, in occasione delle maggiori festività portano il segno rosso sulla fronte usato dalle donne indù, ma questa pratica varia da regione a regione68. In casa tiene un'immagine dipinta della dea preferita che mi fa vedere.

Lei esce con il marito e la famiglia per fare la spesa il sabato pomeriggio. Purtroppo non riesce ad andare al mercato ogni settimana, però ha buone relazioni di vicinato, per cui scambia delle vivande. Altrimenti dà le consegne ad un'altra donna bangla, più anziana, che fa la spesa per lei e per altre donne.

Mi presenta le sue figlie, che a suo avviso hanno una fortunata differenza d'età, nel senso che è facile organizzare un rientro in Bangladesh per tutta la famiglia a scuole terminate. Spesso d'estate, dice, i bangali fanno anche delle vacanze assieme in Austria, dove si incontrano con altri connazionali.

Le chiedo se le piace l'Italia e mi risponde che le piace di più il Bangladesh. Dice che le mancano soprattutto la tranquillità, le relazioni sociali, che, con i bangali qui, non sono del tutto soddisfacenti. Accenna all'uso di Internet, ma dice di preferire trovarsi con le amiche piuttosto che sentirle per telefono. Umma al momento del colloquio non lavora, ma neanche in Bangladesh lavorava.

Le figlie minori mentre parliamo ci giocano attorno. Ontara, la più grande, frequenta il secondo anno del liceo scientifico, dice di amare l'Italia, infatti non tornerebbe più in Bangladesh. Come in altre occasioni, quando è necessario, è lei a fare da mediatrice linguistica tra i genitori e me.

Umma mi parla della difficile situazione politica del loro paese, delle incursioni nei loro villaggi, di soprusi e violenze, memorie che sembrano occupare gran parte dei suoi ricordi. Tuttora segue le evoluzioni politiche del Bangladesh grazie alla parabola che li connette alle televisioni bangla.

Umma afferma di avere buoni rapporti con la vicina di casa, non soddisfacenti e di non conoscere molti italiani.

Rispetto alle tematiche che ho approfondito negli incontri con Rahman, esaminando la

totalità delle sue narrazioni, vedo apparire qui, nei costrutti derivati dall'intervista femminile, la suddivisione tra un universo femminile, legato alle esperienze personali e familiari e uno maschile, legato al mondo del lavoro e delle esperienze sociali. La gran parte dei costrutti femminili è legata ad esperienze familiari e di relazione. Qui in Italia i suoi legami con il vicinato, ambito in cui si svolge gran parte della sua vita quotidiana, sono buone ma non costruttive, ovvero non ritrovano in lei nessun senso relazionale. Il sentimento della nostalgia che traspare dai continui riferimenti di Umma allo spazio e al tempo vita in Bangladesh non è di tipo romantico, bensì diviene rivelatore dell'integrazione nel contesto italiano. Naturalmente un vissuto di nostalgia per il paese d'origine è ineliminabile e si trasforma in un fattore identitario indispensabile, ma un’eccessiva nostalgia è sicuramente indice di un atteggiamento regressivo nei confronti della realtà sociale e quindi di un “cattivo” adattamento alla situazione migratoria che può alimentare un desiderio di ritorno. Nei progetti futuri di Umma c'è il ritorno a casa.