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INCONTRO CON IL VICESINDACO LUCA MAZZERO: POLITICHE DEL

5. RAPPRESENTAZIONI QUOTIDIANE E INCONTRI SUL CAMPO

5.1 INCONTRO CON IL VICESINDACO LUCA MAZZERO: POLITICHE DEL

La maestra che mi aveva accompagnato in visita a Pieve di Soligo mi fornisce un contatto utile per creare dei contatti istituzionali, interfaccia dell'integrazione bangla nel territorio, il Dott. Luca Mazzero, Vice-Sindaco di Pieve che incontro presso il Municipio nel giugno 200847.

Gli racconto degli esiti dei miei primi contatti con i migranti dal Bangladesh a Pieve e gli chiedo di parlarmi del rapporto dei migranti di provenienza dal Bangladesh con le istituzioni. Il vicesindaco che è anche Assessore ai servizi sociali, mi dice che il comune sta cercando di istituire un rapporto positivo, di collaborazione e di dialogo con le associazioni degli immigranti presenti nel territorio. Si pensava alla costituzione di una Consulta per l'immigrazione. Aggiunge che i “bengalesi” non hanno mai creato problemi di ordine pubblico, si presentano bene e sono capaci di auto-regolamentarsi.

Mi spiega che nel panorama politico locale, quella di Pieve è una giunta anomala: è formata da una Lista Civica, che comprende persone schierate politicamente sia col centro-destra che col centro-sinistra, ma in opposizione alla Lega Nord. A tal proposito gli chiedo una sua spiegazione sulle recenti elezioni politiche e l'elezione di Rahman. Mazzero smentisce tutte le accuse e dice che quello che è successo a Pieve succede ovunque ci siano “comunità di immigrati coese e organizzate”48, fatto che dimostra, secondo lui, la maturazione alla quale “questi nostri amici” sono giunti e la voglia di integrarsi e partecipare alla vita attiva.

Gli chiedo di parlarmi dei vari problemi che la giunta ha affrontato con questa provenienza, da quelli della più estesa “comunità musulmana” locale, la quale comprende anche musulmani di altra origine (Marocco, Senegal, Europa dell'Est), che richiede di usufruire di spazi pubblici per la celebrazione delle cerimonie religiose legate ad alcune importanti festività bangla, alle norme di visibilità delle vetrine dei negozi bangla, agli schiamazzi notturni dei rumeni durante la notte, all'uso improprio di aree verdi comunali da parte dei senegalesi.

Mi parla poi del progetto di rinnovamento urbanistico che sta vivendo il centro cittadino e degli sforzi compiuti perché tutti i negozianti, anche quelli “stranieri”, possano partecipare a questa opera di rigenerazione del tessuto urbanistico pievigino. A tal proposito dice che il comune è giunto ad un accordo per cui, in cambio di una sala comunale per i corsi di lingua bangali ai bambini, i “bengalesi” dell'associazione Basco, acronimo che sta per Associazione del Bangladesh per l'organizzazione socio- culturale, si adoperano per mantenere il decoro e la pulizia delle aree verdi della piazza. Un'altra proposta del Comune (2009) ha previsto, per favorire l'integrazione degli immigranti di Pieve, la formazione di cinque “extra vigili” per controllare la raccolta differenziata, le zone a rischio di abbandono rifiuti, ovvero le isole ecologiche. Queste figure, maschili e femminili, devono inoltre recarsi presso i luoghi di aggregazione degli “stranieri”, presso i phone center e i negozi gestiti da cittadini italiani a spiegare il corretto funzionamento della raccolta differenziata. Tra questi vigili, specifica, c'è anche un bangali.

L'opuscolo informativo della società dei servizi ambientali, la Savno, è quanto mai discutibile: le foto sorridenti degli operatori immigranti, tra i quali un bangali, si compongono con le immagini di un bidone per l'immondizia e il simbolo del riciclo. È così che si rappresenta il miglior modello di promozione sociale per gli immigranti? Pieve risulta dunque un territorio in trasformazione che, considerata la forte concentrazione di residenti di origine immigrata e in specifico la “dinamicità e giovinezza del flusso bengalese” (Caritas Migrantes, 2002) ha spinto alla promozione di interventi diretti ad “agevolare l'integrazione sociale nel Comune di Pieve di Soligo

47 Alla giunta civica succede nell'anno 2009 l'amministrazione pievigina della Lega Nord.

48 Le espressioni tra parentesi sono dell'intervistato. Ho scelto di lasciarle per restituire il linguaggio utilizzato dai miei attori sociali, attraverso il quale si diffondono gli stereotipi.

dei propri associati”49 di questa provenienza, ridisegnando così il profilo antropologico sociale del Quartier del Piave.

I migranti dal Bangladesh hanno creato qui, negli ultimi vent'anni, un vissuto commerciale e una socialità nuova, concreta, sebbene limitata ai compaesani ed altri immigranti, mediante attività autonome differenti (bazar, call center, ristorazione, scuola di lingua bangla), con una circolazione di beni e persone di orizzonti geografici e culturali vari, che coinvolge lateralmente anche cittadini italiani e i residenti nel vicinato.

L'antropologo Eickelman spiega che il “sentimento di gruppo”, invocato anche attraverso la discendenza, come mezzo per esprimere solidarietà, ha significati diversi a seconda del contesto dato che variano l'insieme delle “relazioni di parentela vantate e riconosciute, di legami clientelari, o i legami fondati sulla residenza contigua”. Questo genere di “vicinanza”, continua, è costituita da legami di obbligo molto forti e “serve da guida nelle relazioni sociali pratiche”.

Gli effetti visibili della trasformazione del territorio e della sua percezione, sono prima di tutto abitativi, cioè la progressiva occupazione dei bangali del vecchio centro storico dove abitano negli edifici “borghesi e indecorosi” posti su due o tre piani, spostando di fatto il centro della città “italiana” dietro la storica Piazza Vittorio Emanuele II°, passata ora a luogo di forte socialità e dinamicità dei bangali che da lì telefonano, partono con i bus, si incontrano, passano anche il loro tempo libero.

La piazza e il palazzo frontale del municipio, comprese le scuole, che furono completati dall'architetto Chisini a fine Ottocento, erano il simbolo della nuova classe dirigente laica e illuminata dell'Italia unita, volto unitario e coerente della società plurale di Pieve, almeno fino a qualche ventennio fa.

Recentemente, mi aveva informata il Vicesindaco, la sede municipale è stata spostata in una palazzina a ridosso del ponte sul Soligo che, osserverò poi, è lontana da quello che chiama l'“agglomerato urbano bangla”. Piazza Vittorio Emanuele è divenuta un luogo di passaggio, un parcheggio e una stazione di autocorriere, mentre le scuole sono state spostate verso altre sedi. Il decrepito edificio del Chisini, spazio gratuito per il corso di lingua italiana per immigranti, è destinato a chiusura, mentre un ingente e costoso intervento residenziale “moderno” ha fortemente deturpato la piazza stessa sia per la sua tipologia architettonica che per i materiali e le dimensioni.

A tutti gli effetti è stato nuovamente rotto il centro di Pieve e configurato un altro che

non sembra però assolvere alle funzioni vitali che aveva il precedente. La trasformazione è avvenuta soprattutto a svantaggio, spiega il vicesindaco, delle relazioni tra gli autoctoni. Questo sembra eludere il fatto che all'interno del tessuto sociale esistono anche i bangali.

Infine egli lamenta il fatto che la “comunità bangla”, sebbene coesa, sia organizzata in più associazioni, perché questo impedisce al comune di prendere delle iniziative comuni nei confronti di tutta la “comunità”. Infatti continua, mentre l'associazione Basco, nonostante la sua breve vita, si è sempre dimostrata più propositiva e con una migliore capacità di muoversi nel territorio, la Bati, pur esistendo da una decina di anni e all'inizio in modo informale, ha attivato poche collaborazioni: con l'Anolf Cisl trevigiana e il Comitato organizzatore della festa interculturale di Giavera del Montello.

Il Vice-sindaco non mi fornisce contatti con il Presidente dell'associazione Bati e mi informa di una “festa tradizionale” che avrà luogo in luglio dove potrò incontrarlo.

Innanzitutto è importante notare che la politica delle due associazioni bangla, la Bati e la Basco, ritenute rappresentare la loro “tradizione” spesso congelata nella ripetizione di quelli che sono ritenuti degli stereotipi accettabili, come le feste, esprime richieste differenti per le sue diverse provenienze. Infatti il problema della diversità non si pone solo a proposito delle culture considerate nei loro rapporti reciproci, ma esiste anche in seno ad ogni società (Lévi-Strauss, 1952: 170).

Il linguaggio del Vicesindaco Mazzero utilizza termini fortemente ideologici e stereotipanti che tendono a raggruppare, per meglio gestire, tutte le differenze, di cui anche l'analisi più sommaria rivela la presenza all'interno delle associazioni. In questo caso l'etnografo non può costruire il suo discorso su categorie riduttive quali “bengalesi”, “comunità di immigrati coese e organizzate”, “agglomerato urbano bangla”, “comunità bangla”, “tradizione” allo scopo agevolare il lavoro delle istituzioni.