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IL CASO DI STUDIO: LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO

Sezione III: Il ruolo del patrimonio culturale nel processo di riconciliazione

CAPITOLO 3: IL CASO DI STUDIO: LA PROTEZIONE DEL PATRIMONIO

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SEZIONE I: Contesto sociale e origine del conflitto civile

La Guerra Civile in Libano ebbe inizio nel 1975. Il 13 aprile di quell’anno, nella località ʿAyn al-Rummāna (un quartiere di Beirut) un piccolo gruppo di persone assisteva alla consacrazione di una chiesa cristiana. Da un'automobile in corsa partirono raffiche di mitra da parte degli uomini armati appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (una fazione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina -OLP) contro un gruppo dei membri del Partito Falangista Libanese che assisteva alla cerimonia. Al termine dell'attacco armato si contarono quattro morti e sette feriti. Alcune ore dopo, un autobus con a bordo famiglie libanesi e palestinesi, di ritorno da una manifestazione nel campo profughi di Sabra e diretto a Tel al- Zaatar, cadde vittima di un’imboscata premeditata nei pressi di Ain Remaneh, a est di Beirut. Diversi uomini aprirono il fuoco, uccidendo più di 30 civili, compresi donne e bambini, e ferendone gravemente altrettanti. Tale episodio viene considerato come il vero inizio della Guerra Civile in Libano. In realtà, però, esso fu solo il culmine di una crisi già iniziata negli anni precedenti, la cui origine era insita in evidenti problematiche economiche sociali e politiche. Per capire tale situazione bisogna tornare indietro al 1932, quando venne organizzato, sotto il controllo dei francesi, un censimento che è in realtà anche l’unico realizzato finora in Libano. Esso svolse un ruolo fondamentale per la successiva costruzione dello Stato e la divisione dei poteri. I risultati del censimento sono riportati in tabella 1143:

143Maktabi, R. The Lebanese Census of 1932 Revisited. Who Are the Lebanese? British Journal of Middle Eastern Studies, Vol. 26, No. 2, 1999, pp. 219-241

Gruppo religioso Popolazione nel 1932 (unità) % sulla popolazione totale Sunniti 175.925 22,4 Sciiti 154.208 19,6 Drusi 53.047 6,8 Musulmani totali 383.180 48,8 Maroniti 226.378 28,8 Greco-ortodossi 76.522 9,7 Greco-cattolici 45.999 5,9 Armeno-ortodossi 25.462 3,2 Armeno-cattolici 5.694 0,7 Siriano-ortodossi 2.574 0,3

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Tab.1 Risultati del censimento della popolazione libanese del 1932

In base a questi risultati, tramite il Patto Nazionale (al-Mīthāq al-Waṭanī) stipulato nel 1943 (quando fu ottenuta l’indipendenza dalla potenza mandataria francese), l’élite politica optò per un sistema politico basato sul ‘confessionalismo’, dividendo le cariche dello Stato in maniera proporzionale a seconda del peso delle diverse comunità. Lo scopo della separazione dei poteri era di evitare la dominanza assoluta di un singolo gruppo religioso rispetto agli altri. Ai Maroniti (ca. 29% della popolazione), pertanto, veniva lasciata sia la presidenza della repubblica sia il comando dell’esercito. La funzione del primo ministro veniva mantenuta dai Sunniti (ca. 22% della popolazione); la presidenza del parlamento veniva attribuita ad un componente scelto tra gli Sciiti (ca. 20% della popolazione) e il ministero della difesa veniva lasciato a un componente dei Drusi (ca. il 7 % della popolazione), una religione monoteista di derivazione musulmana sciita. Altre posizioni erano analogamente riservate lungo le linee settarie. I seggi della Camera dei Rappresentanti erano divisi per un rapporto di 6 elementi cristiani per ogni 5 rappresentanti musulmani. Tuttavia, il sistema iniziò a perdere l’equilibrio fin da subito. Frammentazione sociale, conflitto settario e clientelismo politico furono i risultati negativi che si rilevarono quasi immediatamente. I politici libanesi d’allora non riuscirono a soddisfare gli interessi divergenti delle varie comunità. Inoltre, il loro impegno per il mantenimento dello status quo (e le proprie basi di potere) rifletteva una mancanza di preoccupazione per le crescenti disuguaglianze socioeconomiche. Le élite non ebbero mai l'intenzione di occuparsi del superamento delle differenze tra varie componenti della società libanese o della necessità di fondere identità private contrastanti in un'identità nazionale più completa (Barakat,1993,16).

II Patto Nazionale non prevedeva, inoltre, la svolta della crescita demografica del Paese a favore dei Musulmani negli anni successivi. La mancata proporzione era dovuta soprattutto all’elevata emigrazione dei cristiani ed alti tassi di natalità tra i musulmani, in particolare tra gli sciiti. A questo punto, la rappresentante cristiana (presente in prevalenza nelle le comunità urbane) nel

Siriano-cattolici 2.675 0,3 Protestanti 6.712 0,9 Altre confessioni cristiane 528 0,1 Cristiani totali 392.544 50,0 Ebrei 3.518 0,4 Altri 6.301 0,8 Totale 785.543 100,0

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sistema diventò eccessiva rispetto alla realtà della popolazione complessiva e a discapito della componente sciita (Yapp,1996,104).

Un altro problema fu lo sviluppo economico. Viene ricordato che negli anni Cinquanta e Sessanta il Libano era nella fase di un vero boom economico. Dopo la nascita dello Stato d’Israele, i porti libanesi furono infatti preferiti dagli altri Paesi mediorientali per l‘esportazione del petrolio. Favorevoli erano anche le condizioni economiche; grazie alla sua posizione geopolitica, alla sua storia specifica e alle caratteristiche culturali della sua borghesia, il Libano fu uno dei principali punti per la penetrazione economica occidentale nel Medio Oriente (Nasr,1978,4). Tutto ciò modellò le strutture essenziali dell'economia libanese. Con una bassa inflazione, alti livelli di crescita economica e un ampio equilibrio di pagamenti in eccesso (credito interno), il Paese dei Cedri divenne ben presto interessante per gli investori stranieri, così come per ricchi arabi in fuga, in particolare siriani ed egiziani. La capitale Beirut acquistò lo stato del centro degli affari del mondo arabo ed un incrocio di interesse internazionale nella regione.

Nell‘arco di un decennio il tasso di crescita medio annuo fu intorno a circa il 6%, il reddito nazionale pro-capite aumentò da 400 dollari nel 1965 a 1415 dollari nel 1974 (Nasr,1978, 3). Inoltre, le classi medio-alte libanesi detenevano riserve e risparmi privati molto consistenti. Tale espansione economica rapida però fu accompagnata da una grave maldistribuzione e da uno sviluppo irregolare tra regioni, classi e comunità. All‘inizio degli anni Settanta, il Paese soffriva per un’incapacità complessiva di rinnovamento in diversi settori, sia per quanto riguarda le infrastrutture sia per quanto concerne la riforma di settori cruciali come quello agricolo, dove era ancora impiegato il 40% della popolazione. I nuovi indirizzi di politica economica del governo causarono un deterioramento delle condizioni complessive, provocando un calo consistente degli investimenti per l‘industria nazionale e una sempre maggiore importazione di beni dall‘estero. Tutto ciò provocò un aumento dei prezzi dei beni importati, che alimentò proteste generalizzate e scioperi su tutto il territorio libanese (Di Peri, 2016). Un altro elemento che in gran parte contribuì alla frammentazione ed agli scontri fu la resistenza attiva palestinese. L‘Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a partire dal 1948 costituì in Libano una sorta di ‘Stato nello Stato’ che usò il territorio libanese come base per attaccare Israele. Ben presto, però le milizie palestinesi iniziarono gli scontri anche con le altre milizie dei gruppi religiosi presenti in Libano. Queste ultime iniziarono a formarsi per proteggere gli interessi dei vari gruppi all’interno della società libanese. L’azione delle milizie diventò sempre più forte, anche per il fatto che l‘esercito nazionale non riuscì mai a esercitare

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il monopolio sull'uso della forza a causa delle divisioni confessionali, en gran parte rimase fuori dalle lotte tra le varie comunità. Generalmente, le milizie si divisero in due parti combattenti: la parte cristiana venne protetta dal Partito Falangista Libanese, l’organizzazione leader di tante piccole milizie, difendendo la parte Est di Beirut dalle forze palestinesi e musulmane. Questi ultimi, invece, insieme ai comunisti, nazionalisti arabi e nazionalisti siriani si unirono sotto l'egida del Movimento nazionale libanese (LNM) guidato di Kamal Jumblat, il capo del Partito Socialista Progressista Libanese. L’alto numero dei profughi palestinesi nel territorio libanese, l'inimicizia tra le diverse etnie già presenti in Libano, l'inefficienza dell'esercito nazionale libanese insieme all'invasione politica e militare dell'OLP fecero sì che nel 1975 scoppiasse una vera e propria guerra civile (Yapp,1996, 467). I palestinesi avevano la simpatia dei libanesi musulmani, mentre i cristiani erano filoccidentali e sentivano la loro presenza come una forte minaccia per il paese, anche perché l'esercito del Libano non era in grado di contrastare i palestinesi.

Quello che scoppiò subito dopo le vicende in precedenza menzionate diventò di fatto una guerra civile (as al-ahd¯- the events), anche se questa definizione non è universalmente confermata, visto che furono coinvolti vari soggetti (anche stranieri) sia governativi che non governativi. Tale conflitto è stato caratterizzato dalla sua lunga durata (aprile 1975-dicembre 1990) dalla sua complessità politico-militare e dall’altissimo numero di vittime (più di 170 000 persone - e da due terzi di popolazione sfollati o sradicati dalle loro abitazioni (Khalaf, 2002, IX).

La caratteristica che aveva reso la guerra civile in Libano atipica risiedeva, infatti, nell’elemento di ‘neutralità’ del territorio libanese, diventato teatro di guerre internazionali che coinvolgevano numerosi attori; regionali ed internazionali. Il conflitto in Libano ruotava intorno ad alcune questioni inerenti alla politica regionale in Medio Oriente dell'ultima parte del Novecento, tra cui il conflitto tra Palestina e Israele, la guerra fredda, il nazionalismo arabo e l'Islam politico (Haughbolle, 25/10/2011). In generale, questo conflitto si può suddividere in quattro fasi:

1) La prima fase (1975-1977), ovvero la “Guerra dei Due Anni” (Harbas-Sanatay)144, innescata dai violenti scontri tra l’OLP e la Falange cristiano-maronita fino all’occupazione siriana del territorio libanese. Tale fase venne identificata come un conflitto interno; la società si divise tra una coalizione di “status quo” cristiana ed una

144 La Guerra dei Due Anni (Harbas-Sanatay) iniziò nell’aprile 1975 e durò circa due anni, caratterizzata principalmente da conflitti interni tra fazioni libanesi belligeranti tra loro. A partire dal 1977 il conflitto iniziò ad assumere il carattere internazionale con l’ingresso dei paesi vicini (la Siria) e della stessa Lega Araba con l’invio della Forza Araba di Dissuasione.

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coalizione ‘revisionista’ composta dai musulmani e l’OLP. La scissione fu presente anche nell’esercito dello Stato; la parte musulmana e l'Esercito Arabo Libanese, si unirono al LNM (principalmente la sinistra musulmana) e attaccarono congiuntamente il Palazzo presidenziale.

2) La seconda fase (1977-1981), rappresentata dall'intervento siriano, la successiva l'invasione israeliana e la creazione da parte delle Nazioni Unite della Security Zone nel Sud dello stato.

3) La terza fase (1982-1983), definita dall’inizio dell’invasione israeliana in Libano, l’assedio di Beirut, le stragi dei campi profughi palestinesi, e culminata con l’Accordo libanese-israeliano del 17 maggio 1983; così come la “Guerra della Montagna”145 (1983) tra drusi e milizie cristiane.

4) La quarta e ultima fase (1984-1990) fa riferimento invece al periodo intercorso tra la “Guerra dei Campi”146 tra sciiti e palestinesi e la fine della Guerra Civile, avvenuta in seguito agli accordi di Ta’if nel 1989. Con questi accordi la Siria divenne la potenza dominante nella regione e la sua presenza militare post-bellica in Libano finì solo nel 2005 con la Rivoluzione dei Cedri147. Nel 1990 la Siria impose l'accordo con la forza, escludendo i leader cristiani più importanti, e successivamente controllò il processo di attuazione degli accordi di pace.

145La “Guerra della Montagna” scoppiò nel settembre del 1983, quando le Forze Libanesi, spinte dagli israeliani, attaccarono i Drusi del Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt. I Drusi respinsero l’attacco, nonostante l’appoggio fornito alle Forze Libanesi e agli israeliani dall’aviazione e dalla marina americana. Migliaia di cristiani vengono cacciati dai villaggi della regione di Shuf considerata il cuore della comunità drusa.

146 La preoccupazione del presidente siriano Hafez al- Assad della nuova invasione israeliana nel territorio libanese fece sì che Assad organizzasse una coalizione guidata da Amal per garantire la fuoriuscita dell’OLP dal Libano, provocando nel 1985 lo scoppio della “Guerra dei campi” che vide fronteggiarsi Amal, i siriani e le forze armate libanesi con l’OLP, Fatah, il Partito comunista, il Partito socialista progressista ed Hezbollah, guerra sostanzialmente inconcludente che finì nel 1986.

147La Rivoluzione dei Cedri fu una serie di manifestazioni di protesta che seguirono il funerale dell'ex Primo Ministro e uomo d'affari Rafiq Hariri, assassinato a Beirut il 14 febbraio 2005.La popolazione libanese trasformò la manifestazione funebre in una dura protesta contro la presenza militare della Siria (ritenuta responsabile dell'attentato). Tale manifestazione, ed altre successive, fu organizzata al fine di conseguire il ritiro totale immediato delle truppe siriane dal territorio nazionale, in quanto la Siria continuava ad esercitare – da diversi anni – un protettorato nei confronti del Libano sotto la copertura-alibi di Forza Araba di Dissuasione (FAD). Per ulteriori informazioni visitare il sito: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/13629390500124259, Data ultima consultazione: 27/12/2018.

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