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Strumenti dell’Organizzazione degli Stati islamici

SEZIONE III: Strumenti regionali

3.2 Strumenti dell’Organizzazione degli Stati islamici

L’OCI (l’Organizzazione della Conferenza Islamica) 91 è stata costituita a Rabat il 25 settembre 1969. Si tratta della più grande organizzazione del mondo islamico, comprendendo 57 Paesi a prevalenza musulmana. Sotto l’aspetto giuridico, pur essendo geograficamente rappresentata in buona parte del globo, è qualificata come organizzazione regionale. Essa possiede soggettività giuridica distinta da quella propria degli Stati membri e gode della competenza giuridica, dei privilegi e delle immunità necessari per svolgere le sue funzioni. Nell’OCI sono confluiti molti Paesi diversi per struttura di governo e collocazione, il cui comune denominatore è l’appartenenza all’Islam. Ciò permette all’OCI di qualificarsi come la più grande, se non l’unica, associazione religiosa internazionale costituita da Paesi sovrani. Essa promuove la solidarietà e la cooperazione in tutti i settori, in particolare la salvaguardia dei luoghi santi dell’Islam e il sostegno al popolo palestinese. É strutturata su tre livelli “gerarchici”. ci sono i quattro organi principali: la Conferenza dei Re e dei Capi di Stato o di Governo, la Conferenza islamica dei Ministri degli esteri; il Segretariato generale diviso in diversi dipartimenti per migliorare le operazioni quotidiane dell’organizzazione come, per esempio, dipartimenti di affari sociali, economici e culturali; ed infine, la Corte islamica internazionale di giustizia. La Conferenza dei Ministri degli esteri è la seconda principale istituzione dell’OCI ancorché subordinata alla Conferenza dei Re e dei Capi di Stato o di Governo, la quale è andata assumendo sempre maggiore importanza diventando, nel corso degli anni, l’istituzione dove vengono effettivamente prese le decisioni. Con le sue 25 riunioni annuali e le sue 7 straordinarie essa, di fatto, ha dato vita all’OCI che, senza l’attivismo dimostrato dalla Conferenza dei Ministri degli esteri, sarebbe probabilmente divenuta

“un’organizzazione sterile e inattiva” (Scarfi, 2005, 19). Al secondo livello ci sono i Comitati

specialistici, come i tre principali Comitati permanenti (cooperazione economica, scienze e tecnologia, affari culturali e informazioni) e il Comitato Al-Quds (Gerusalemme in arabo). Al

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terzo livello sono stati posti una miriade di organi specializzati e agenzie sussidiarie, quali la Banca islamica, l’Agenzia giornalistica islamica, e l´IRCICA per citarne alcuni. Le loro attività e il funzionamento vengono valutate dalle Risoluzioni adottate dalla Conferenza dei Ministri degli esteri.

L´IRCICA (il Centro di ricerca sulla storia, l’arte e la cultura islamica) è nata dalla Risoluzione della VII Conferenza islamica dei Ministri degli esteri nel 1976, ma è operante dal 1980. I suoi organi sono il Consiglio governativo, composto da 10 esperti nominati dagli Stati membri, il Direttore generale del Centro ed il Segretario dell´OCI. Sprovvista da una Assemblea generale, i suoi compiti sono in carico della Commissione islamica per gli affari economici, culturali e sociali che si incontra una volta all’anno (Zagato, 2007,113). L´IRCICA svolge la sua missione di tutelare i beni culturali islamici anche attraverso un’intensa attività accademica e l’organizzazione di simposi internazionali. Nel 2005, per esempio, l’organizzazione ha dato vita all´ICIA- The International Congress on Islamic Archaeology, con lo scopo di creare un forum per lo scambio di risultati di ricerca e scavo sull'archeologia del periodo islamico e fornire un'opportunità per una valutazione dello stato del campo, dei suoi problemi e delle sue prospettive.

L´ISESCO (l’Organizzazione islamica per l’istruzione, le scienze e la cultura) nacque come una delle istituzioni specializzate dell´OCI nel 1980 dalla Risoluzione della XI Conferenza islamica dei Ministri degli esteri. Il suo profilo organizzativo (a differenza dall´IRCICA) ha la forma di quello classico delle Organizzazioni internazionali governative (Zagato, 2007,113); è costituito dalla Conferenza generale, rappresentata dai ministri incaricati dell'istruzione, della scienza, della cultura e delle comunicazioni nominati dai loro governi si riunisce in una sessione regolare una volta ogni tre anni oppure in una sessione speciale; dal Consiglio esecutivo composto da un rappresentante esperto in campo per ogni Stato membro, che deve essere esperto in materia di istruzione e dal Direttore generale eletto dalla Conferenza generale per un periodo di tre anni, rinnovabile, su proposta del Consiglio esecutivo. Il Direttore generale è a capo della struttura amministrativa dell'ISESCO ed è responsabile nei confronti del Consiglio esecutivo e della Conferenza generale. Ha autorità diretta sull'intero personale della Direzione Generale. Nel corso degli anni l’organizzazione ha definito una propria strategia operativa, per tradurre la visione in impatto concreto diviso in quattro fasi principali: 1) l’individuazione dei temi prioritari ed elaborare delle strategie realistiche in riguardo insieme alle agli organi di governo interni e i Paesi membri; 2) la formalizzazione delle visioni comuni la produzione di documenti formali di esplicitazione dell´orientamento istituzionale e definizione di strategie

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operative; 3) la diffusione delle dichiarazioni formali e delle strategie dichiarate dall´ISESCO, così come supporto ai Governi dei Paesi aderenti nell’adattamento di queste strategie ed infine, 4) la creazione di strumenti a supporto dei processi di attuazione delle linee strategiche e delle dichiarazioni istituzionali (Baraldi, Pignatti 2017, 99). Per quanto concerne la protezione dei beni culturali, questo è uno dei temi fondamentali nelle attività dell´ISESCO, il quale, unitamente alle altre istituzioni, è un attivo organizzatore o compartecipante delle conferenze sulla tutela del patrimonio culturale islamico ed anche quello non appartenente da questa religione. Una delle più importanti si svolse il 30-31 dicembre 2001 come risposta alla distruzione dei Buddha di Bamiyan distrutti dai talebani in Afghanistan il 12 marzo 2001. La conferenza venne organizzata in collaborazione con l’UNESCO, l’OCI e l’ALECSO con lo scopo di analizzare l’accaduto ed elaborare una risposta coerente ed efficace che potesse risultare accettabile anche in contesti analoghi.

3.2.1 La Dichiarazione di Doha del Simposio Internazionale degli ´Ulamâ sull’Islam e il Patrimonio Culturale

La Dichiarazione di Doha del Simposio Internazionale degli ´Ulamâ92 sull’Islam e il

Patrimonio Culturale93 chiarisce alcune incertezze sulla natura giuridica e dottrinale

relativamente al patrimonio non islamico, affermando che “il patrimonio culturale costituisca

un fattore decisivo per la conservazione delle identità delle civiltà e per il consolidamento delle specificità culturali dei popoli e delle Nazioni, dotandoli delle condizioni essenziali di continuità storica e di persistenza” e che “la natura tollerante della religione Islamica esiga rispetto per il patrimonio umano in generale, a prescindere dalle sue origini, forme o manifestazioni.”. Nella Dichiarazione sono elencate alcune raccomandazioni da intraprendere

per diffondere la maggior attenzione per i valori culturali nella società islamica come, per esempio: prestare la massima attenzione ai valori culturali nei curricula educativi e nei media; sottolineare il bisogno di rispettare la diversità culturale e religiosa nelle relazioni con gli altri, sollecitare le tre organizzazioni affinché continuino a cooperare nel conservare il patrimonio e nell´assicurare la restituzione dei beni culturali rubati, ecc. Riassumendo, la posizione espressa dalle principali organizzazioni internazionali operanti nel campo della cultura nel mondo

92Nel mondo musulmano, dotto in scienze religiose (teologia e diritto) al di fuori di ogni carattere sacrale. 93Per ulteriori informazioni visitare: http://unesdoc.unesco.org/images/0014/001408/140834m.pdf, Data ultima

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islamico è quella di rispettare e preservare le manifestazioni dei valori umani e condanna l’avvenuto dei Buddha di Bamiya come distruzione intenzionale del patrimonio culturale del nemico. Un’altra riunione di grandissimo rilievo concernente la tutela del patrimonio culturale islamico, della quale era co-organizzatore anche l´ISESCO, fu la X Conferenza islamica dei ministri della cultura svoltasi a Khartoum, in Sudan, il 21 novembre 2017. In questa occasione è stata adottata la Dichiarazione islamica sulla protezione del patrimonio culturale nel mondo

islamico come risposta sulle violazioni dagli estremisti israeliani contro la moschea al-Aqsa

nella Gerusalemme Est.

3.2.2 La Dichiarazione islamica sulla protezione del patrimonio culturale nel mondo islamico

Come espresso nel suo Preambolo, la Conferenza dei Ministri della cultura afferma un “ruolo

importante della conservazione, la valorizzazione e la riabilitazione del patrimonio culturale tangibile e intangibile che svolgono nel preservare la memoria collettiva e salvaguardando l'identità dei popoli”94, ed assumendo “il danno inflitto agli edifici storici a causa di guerre e disastri naturali, tra gli altri fattori, e il saccheggio, il contrabbando, il traffico illecito o lo scavo di reperti in molti Stati membri95” cerca di “sviluppare un quadro di riferimento consensuale che riunisca la legislazione degli Stati membri sulla conservazione del patrimonio culturale tangibile e intangibile e promuova la cooperazione nazionale, regionale e internazionale per garantire la sua conservazione e sensibilizzazione della sua importanza96”.

Gli obiettivi della Dichiarazione in esame, la quale costituisce il primo capitolo del testo, sono l’avvicinamento delle opinioni degli Stati membri sulla conservazione del patrimonio culturale e la loro cooperazione ad aumentare la consapevolezza dell'importanza del patrimonio culturale situato nel territorio degli Stati membri a livello locale, regionale e internazionale. L´art. 2 definisce il termine bene culturale “tutte i beni mobili, architettonici ed intangibili, compreso

il patrimonio subacqueo, situate temporaneamente o permanentemente all'interno o al di fuori del territorio e del dominio marittimo degli Stati membri e la cui conservazione è utile per la civiltà islamica e umana, nonché per la sua storia, arte e scienza”. I meccanismi per la

protezione effettiva del patrimonio culturale sono: Il Comitato del Patrimonio Mondiale Islamico (istituito nel 2007 dalla V Conferenza islamica dei ministri della cultura per rendere

94Cfr, 5 Preambolo della Dichiarazione islamica sulla protezione del patrimonio culturale nel mondo islamico del 21 novembre 2017;

95Cfr, 8 Preambolo della Dichiarazione islamica sulla protezione del patrimonio culturale nel mondo islamico del 21 novembre 2017;

96Cfr, 12 Preambolo della Dichiarazione islamica sulla protezione del patrimonio culturale nel mondo islamico del 21 novembre 2017.

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più efficace l'azione dell'ISESCO in aree relative al patrimonio culturale islamico nelle aree di crisi) il cui compito è quello di promuovere gli obiettivi della Dichiarazione, incoraggiare gli Stati membri a conservare e ad aggiornare i registri per l'inventario del loro patrimonio culturale, incoraggiandoli a stabilire leggi applicabili, tenendo conto dell'applicazione delle norme di protezione riconosciute a livello internazionale e di gestione della “ Watch Bureau” (art. 4). La Dichiarazione prevede anche la creazione del “Heritage Projects Fund” presso l'ISESCO per sostenere i progetti volti a salvaguardare, conservare e promuovere il patrimonio islamico in pericolo, nonché i progetti focalizzati sulla sua valorizzazione (art. 5). Il fondo viene finanziato attraverso i contributi volontari degli Stati membri, dei donatori e degli altri collaboratori. La sua gestione è supervisionata dall'ISESCO, il quale riceve le richieste di finanziamento dagli Stati Membri e prepara le valutazioni che li riguardano prima di sottoporli al Comitato per il Patrimonio Culturale Mondiale Islamico (art.7). Infine, la Dichiarazione affida al Comitato del Patrimonio Mondiale Islamico la creazione del c.d. “Watch Bureau” con lo scopo di monitorare la situazione del patrimonio di Al-Quds Al-Sharif (la città di Gerusalemme in arabo), preparare i rapporti a tal fine e presentarli alla parti competenti; monitorare la situazione del patrimonio islamico situato in luoghi esposti alla guerra, nel rispetto dei principi delle carte dell'OIC e dell'ONU, ed infine raccogliere le informazioni riguardanti il traffico illecito del patrimonio culturale islamico, la sua distruzione da parte di gruppi estremisti, e gli scavi archeologici clandestini. La seconda parte del testo in questione si occupa di sistemi per la salvaguardia del patrimonio culturale. L´art. 9 stabilisce che gli Stati membri che non dispongono di una legislazione in questa materia sono tenuti ad attuare la legislazione nazionale che disciplina la salvaguardia del loro patrimonio culturale, oppure aggiornare quella esistente se non adeguata. La stessa cosa vale anche nel caso gli Stati membri non avessero organismi specializzati nella protezione del patrimonio culturale; essi sono tenuti a nominare un apparato amministrativo e istituzionale di alto livello per gestire, proteggere, promuovere e utilizzare il patrimonio culturale locale nel modo più efficace possibile, nel quadro di una politica di sviluppo che valorizzi e salvaguardi i suoi componenti (art.10). Inoltre, gli Stati membri sono tenuti ad istituire un inventario del patrimonio culturale tangibile e intangibile all'interno dei loro territori e prendere tutte le misure necessarie perla sua conservazione. Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati sono invitati a creare le liste che contengono i beni culturali che vengono protetti con gli strumenti giuridici vincolanti; iscrivere il proprio patrimonio culturale nella Lista del patrimonio mondiale islamico oppure nella Lista del patrimonio mondiale dell´UNESCO (art.11). Per quanto riguarda l’importazione dei beni culturali, l´art. 13 dichiara che gli Stati membri si astengono dall'importare beni culturali che

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appartengono agli altri Stati, a meno che non avvenga nell'ambito dell'esportazione autorizzata. Così anche i musei, le istituzioni pubbliche e private, le gallerie d’arte e case d´aste che si trovano sui loro territori devono astenersi dall'acquisire o vendere oggetti storici sospettati di essere illegalmente rimossi da un altro Stato. I beni esportati/ importati sprovvisti dall’autorizzazione saranno sequestrati e lo Stato d’origine ne sarà informato immediatamente (art. 22). Le seguenti parti della Dichiarazione in esame sono dedicate all’assistenza tecnica e finanziaria ed alle misure preventive e la mediazione. Gli Stati membri, ai sensi dell´art. 17, possono richiedere l'OCI la consulenza ed assistenza tecnica e finanziaria per salvaguardare il loro patrimonio islamico tramite il Comitato islamico del patrimonio mondiale. Quest’ultimo esamina tutte le domande e nel caso la risposta fosse positiva, l’assistenza tecnica consisterebbe dalla nomina di un esperto o l'assunzione di una parte del costo di operazioni di studio, restauro, scavo o salvataggio del patrimonio culturale dello Stato richiedente. Per quanto concerne le misure preventive e la mediazione, ciascun Stato membro deve ricevere prontamente tutte le informazioni riguardanti eventuali danni al proprio patrimonio culturale che disponibili dal “Watch Bureau” (art. 20). Inoltre, tutte le Parti contraenti sono tenuti a rispettare le disposizioni della Convenzione dell’Aja per la protezione di beni culturali in caso di conflitto armato del 1954 (art. 21).