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Il Primo Protocollo dell’Aja 1954 per la protezione dei beni culturali in

SEZIONE IV: Applicabilità delle convenzioni internazionali al caso della

4.3 Il Primo Protocollo dell’Aja 1954 per la protezione dei beni culturali in

Il Primo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione dell’Aja contiene le norme relative alla protezione dei beni culturali mobili e al controllo e al divieto di esportazione dai territori sottoposti ad occupazione militare ed all'eventuale restituzione di tali beni alla fine del conflitto. La prima parte di questo Protocollo contiene gli obblighi per lo Stato occupante. Esso deve impedire i furti e le esportazioni dei beni culturali dal territorio occupato nel corso di un conflitto armato; deve porre sotto sequestro i beni culturali importati sul suo territorio o provenienti direttamente o indirettamente dal territorio da esso occupato e consegnare alla fine delle ostilità alle autorità competenti del territorio precedentemente occupato i beni culturali che in quel momento si trovino nel suo territorio, precedentemente esportati in violazione del paragrafo 1. Se il Paese in cui è stato importato il bene non riesce a sequestrarlo al momento dell'importazione, deve farlo quando lo richiede il governo dello Stato occupato. Tali beni in nessun caso possono essere trattenuti a titolo di riparazione di guerra (par. 3). Inoltre, grava sullo Stato occupante (par. 4) che doveva impedire l’esportazione dei beni culturali da territorio da essa occupato l’obbligo di indennizzare i possessori di buona fede dei beni culturali soggetti alla restituzione. In merito alla Sezione III del presente Capitolo, ovvero Il problema degli scavi

176Cfr. Art. 730 del codice penale libanese: “Modified in accordance with Law n. 239 date 5 May 1993, anyone who deliberately destroys buildings, monuments, statues or other structures designed for the benefit of the public adornment shall be punished by imprisonment from six to three years and a fine of 100 000 LBP to 600 000 LBP”;

177Cfr. Art. 731 del codice penale libanese: “The same penalty shall be applied to anyone who intentionally destroys a monument or any immovable antiquity, a statue or a registered natural landscape, whether owned by him or another person”;

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illegali e furti delle collezioni museali nel Libano durante la guerra civile, si è visto che

purtroppo i beni culturali mobili furono saccheggiati dal territorio su larga scala. Dal comportamento poco rispettoso verso il patrimonio culturale libanese (si ricorda la distruzione del Museo Nazionale di Beirut) da parte degli eserciti delle due Potenze occupanti si puó costatare che esse non rispettarono neanche il Primo Protocollo della Convenzione dell’Aja del 1954. In primis, come Parti contraenti che occupano un dato territorio non venne rispettato il par. 1 della prima parte del Protocollo in esame, in quanto non impedirono l’esportazione dei beni culturali definiti nell´art. 1 della Convenzione dell’Aja del 1954. Come è stato analizzato prima, una quantità inestimabile di reperti archeologici libanesi provenienti da tutto il territorio occupato venne venduta al mercato nero (Fisk, 1991; Joreige, 2013; Seeden, 1994; Seif, 2015). In secondo luogo, le autorità israeliane e siriane avevano l’obbligo di porre sotto sequestro i beni culturali importati sui loro territori provenienti direttamente o indirettamente dal territorio libanese. A questo punto viene in rilievo la legislazione siriana ed israeliana riguardante la circolazione dei beni culturali. Per quanto concerne lo Stato d’Israele, esso emanò la Legge

sulle antichità178 nel 1978 che afferma l’appartenenza allo Stato di tutti gli oggetti creati prima del 1700 d.C. che assumono lo status di antichità. Tuttavia, la Legge in questione stabilisce che le collezioni assemblate prima della sua approvazione nel 1978 possano essere vendute dai commercianti autorizzati. Tale affermazione rappresenta una delle principali lacune della Legge, poiché in realtà molti dei reperti archeologici vengono effettivamente trovati dopo il 1978, ma i commercianti con facilità cambiano il numero dell’inventario del dato oggetto. Il trucco sta nel permesso di esportazione. I commercianti non sono tenuti a fornire permessi di esportazione per le merci che vendono; l'onere è, ai sensi dell´art. 22179 della Legge in esame, sul compratore per richiederne uno e senza la sua richiesta la vendita non viene registrata ufficialmente (la licenza di esportazione è rilasciata dal Dipartimento delle antichità d'Israele- IAA dopo la verifica dell’oggetto come parte dell'inventario di un commerciante registrato). Il numero di inventario per l'oggetto venduto può quindi essere riassegnato a un oggetto simile, ‘riciclando’ così il reperto archeologico (Kersel, 2008, 30). Inoltre, fino al 2012, lo Stato d’Israele non era particolarmente severo in merito all’importazione dei beni culturali provenienti dagli altri Paesi. Le norme riguardanti l'importazione delle antichità in Israele sono

178The Antiquities Law of the State of Israel of 1978 (AL 1978), per ulteriori informazioni visitare il sito:

http://www.antiquities.org.il/Article_list_eng.aspx?sub_menu=2&section_id=42&Module_id=6, Data ultima consultazione: 09/01/2019.

179Cfr. Art. 22 della Legge sulle antichitá dello Stato d´Israele ( 1978): “a) A person shall not take out of Israel an antiquity of national value save with the written approval of the Director of Antiquities; b) A person shall not take out of Israel any other antiquity save with the written approval of the Director of Antiquties”;

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state modificate solo recentemente. I nuovi regolamenti, entrati in vigore il 20 aprile 2012, richiedono una dichiarazione doganale per l'importazione delle antichità e un'ispezione preliminare degli oggetti da parte del Dipartimento delle antichità d'Israele per il rilascio di una licenza di importazione. Nella Repubblica Siriana venne emanata nel 1963 la Legge n.222 sulle

Antichità Siriane180 che regola ogni questione relativa alla ricerca, protezione e promozione del

patrimonio culturale. In merito all’importazione dei beni culturali dagli altri Paesi, essa viene regolata dagli artt. 12 e 33. Ai sensi dell´art.12: “Antiquity Authorities181, according to

international agreements, conventions, recommendations and foundation, must work on recovery antiquities that were smuggled out of Syrian Arab Republic and helping in returning smuggled foreign antiquities, on condition of reciprocity”. Inoltre, il controllo dei beni culturali

importati viene effettuato dagli uffici doganali, che a loro volta sono obbligati a “show the

imported articles to antiquities authorities in order to register important pieces which become like movable antiquities and fall under provision of this Law.” Come tale, la legislazione siriana

fu considerata come più efficiente e soddisfacente nella protezione dei beni culturali (Al Khabour,2018,8) rispetto a quella israeliana, ma non è noto nessun sequestro di beni culturali dal territorio libanese al momento dell’importazione ordinato dagli uffici competenti. Alla stregua del par. 2 del Primo Protocollo del ´54 se lo Stato in cui è stato importato il bene non riesce a sequestrare lo stesso al momento dell'importazione, deve farlo quando lo richiede il governo dello Stato occupato. Anche se è difficile rintracciare il numero approssimativo dei reperti archeologici rubati, in quanto la DGA, a vent’anni dopo il cessate il fuoco non aveva ancora i mezzi per valutare il danno subito dall'archeologia libanese durante la Guerra Civile (Sader,2003,8/7), sembra che le autorità libanesi non abbiano mai richiesto al governo israeliano o quello siriano la restituzione di manufatti in conformità al Protocollo in esame. Così non vengono messi in questione neanche i suoi paragrafi rimanenti, ovvero il divieto di trattenere i beni culturali a titolo di riparazioni di guerra, il risarcimento dei possessori in buona fede dei beni culturali che devono essere consegnati.

180Per approfondire visitare il sito:

http://www.unesco.org/culture/natlaws/media/pdf/syrianarabrepublic/sy_antiquitieslaw1963_engtof.pdf , Data ultima consultazione: 08/01/2019;

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4.4 La Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale,