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Il dativo: funzioni e significati in greco classico

CIL VI 12737 Una simile coincidenza potrebbe far pensare che, nelle epistole, il nominativo adoperato per il nome

7. Il dativo: funzioni e significati in greco classico

In una citazione di Meillet-Vendryes riportata da Humbert è spiegata in maniera efficace la tendenza delle lingue indoeuropee a una semplificazione progressiva della flessione nominale rispetto alla lingua madre:

De bonne heure, la flexion nominale de l'indo-européen, dont la structure n'a jamais été cohérente, a tendu à se dégrader. L'historie de la flexion nominale dans les diverses langues est celle d'une simplification progressive, qui va jusqu'à l'élimination28.

In età storica il greco aveva ridotto a cinque i casi dell'indoeuropeo e, mentre nominativo, accusativo e genitivo mantenevano il loro valore proprio, il dativo era il risultato del sincretismo tra dativo proprio, strumentale e locativo: se per esprimere i primi due significati era possibile utilizzare il dativo semplice, era necessario l'utilizzo della preposizione ἐν per esprimere il valore locativo (il dativo semplice era adoperato solo per alcune espressioni avverbiali di luogo, ad es. κύκλῳ, o in casi particolari, come οἴκοι 'a casa', Ἐλλάδι 'in Grecia', Σαλαμίνι 'a Salamina').

28 Meillet A. e Vendyes J. 1924, Traité de grammaire comparée des langues classiques, Paris, § 782, citato

7.1 Il dativo: funzioni e significati in prospettiva diacronica

Delle tre funzioni del dativo nel greco classico, lo strumentale fu presto sostituito dalle perifrasi μετά/διά con genitivo, e il locativo oscillò a lungo tra il dativo e l'accusativo.

Come abbiamo avuto modo di vedere29, a partire dal I d.C. fu il sintagma

preposizione+accusativo a sostituire in molti casi il sintagma preposizione+dativo nella sua funzione di locativo; spiega Humbert (1930: 92):

La distinction des catégories d'immobilité et de mouvement qui, de tout temps en grec, admettait une zone neutre où les deux notions étaient également possibles, a commencé de bonne heure à se troubler: dès le Ier siècle de notre ère, dans des textes aussi peu littéraires que possible, ceux du N.T., il y a des témoignages très nets de cette confusion. Puisque les deux prépositions, mal distinguées dans leurs fonctions propres, pouvaient paraître faire double emploi, deux solutions étaient possibles: ou employer de préférence la préposition εἰς avec l'accusatif, ou se servir de ἐν accompagné d'un cas qui devait, avec le temps, devenir de moins en moins clair”

Tra gli esempi riportati da (Humbert 1930):

P. Oxy. XII, 1489 (III d.C.)

τὸ κιθώνιν ἐπιλέλισμε [...] εἰς τὸν πυλῶνα 'ho dimenticato il chitone nel vestibolo'

P. Oxy. XIV 1683 (IV d.C.)

ὅπου ἠπάντηκά σου εἰς τὸ Καισάριον 'quando ti ho incontato al Cesareum'.

La costruzione classica ἐν+dativo per indicare il complemento di stato in luogo sarebbe andata scomparendo proprio perché al dativo, che diventava col tempo un

29 Cfr. esempi (33)-(38).

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caso sempre meno trasparente, si preferivano il genitivo o l'accusativo, i quali invece rimanevano formalmente e semanticamente significanti per il parlante.

Lo stesso Humbert (1930: 33), dopo aver confrontato l'evoluzione del greco e del latino, mutatis mutandis, sostiene che:

Les deux langues ont donc éprouvé, avant tout bouleversement phonétique, un trouble profond dans la distinction de l'immobilité et du mouvement – trouble qui semble avoir d'abord atteint les adverbes de lieu, puis le jeu de contraires datif (ablatif) et accusatif; toutes deux ont été emportées par un besoin d'expression plus vive – ce qui en même temps les entraînait vers l'accusatif. Le grec a favorisé exclusivement la préposition εἰς tandis que le latin, tout en développant grandement le rôle de ad, maintenait in, qui n'était pas seulement immobile. Par un curieux contraste commun aux deux langues (et aux idiomes qui en sont issus), les adverbes des questions quo et ποῖ ont été dédaignés à date ancienne; enfin les langues romanes et le grec moderne n'ont rien gardé d'une distinction que, par ailleurs, une langue tout à fait dépourvue de flexion a su maintenir. De part et d'autre, il s'agit principalement de l’obscurcissement psychologique de deux notions contraires, et non d'une conséquences «fatale» des transformations phonétiques: celles-ci n'ont fait qu'achever la ruine de cette opposition ancienne et fondamentale.

Secondo Humbert, quindi, il locativo in greco non sarebbe più stato espresso dal dativo non tanto a causa del mutamento fonetico, quanto a causa dell'oscuramento della distinzione tra l'idea di stato e quella di movimento, e la loro fusione nel concetto unico di luogo.

Per esprimere il dativo in funzione propria, la lingua avrebbe oscillato tra il genitivo e l'accusativo: i dialetti del Nord avrebbero in seguito optato per il primo caso e il greco comune30 per il secondo. Continua Humbert (1930: 46):

Quant aux deux valeurs concrètes (locatif et instrumental) dont le datif avait hérité, il y avait déjà longtemps que des périphrases prépositionnelles s'étaient substituées à elles.

Il dativo in senso proprio fu prevalentemente sostituito dal genitivo, e i papiri offrono ampia testimonianza del fenomeno. In greco moderno il sincretismo formale

tra antico dativo e genitivo è completo, e il Beneficiario è espresso proprio tramite il genitivo31:

τῆς ἔδωσα τήν ἐφημερίδα 'le diedi il giornale'

benché, in questa funzione, sia in concorrenza con sintagmi preposizionali con l’accusativo, del tipo

ἔδωσα τό βιβλίο τοῦ παιδιοῦ / στό (σε τό) παιδί 'diedi il libro al bambino'

ἔφτιαξε καφέ γιά τό Μιχάλῃ / στό Μιχάλη 'preparò un caffè a Michele'.

A proposito dei nomi propri di persona, Mackridge (1985: 61) sottolinea:

“Nevertheless, the fact that the genitive of pronouns is used in such contexts may influence the speaker to put the noun in the genitive too”:

ἔδωσα τήν ἐφημερίδα τῆς Ελένης 'diedi il giornale ad Elena'

ἔφτιαξε καφέ του Μιχάλη 'preparò il caffè a Michele'.

In realtà, spiega lo studioso, se un nome è usato con un pronome clitico al coreferente genitivo, l’uso del genitivo per quel nome è obbligatorio

31 Gli esempi sono tratti da Mackridge (1985) e contengono l'accentazione ancora in uso prima della

riforma ortografica che avrebbe interessato il neogreco.

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τῆς Ελένης τῆς ἔδωσα τήν ἐφημερίδα 'ad Elena diedi il giornale'

του Μιχάλη του ἔφτιαξε καφέ 'a Michele preparò il caffè'

e l’omissione, propria del parlato, del pronome personale può generare ambiguità di significato, poiché si possono venire a creare proposizioni del tipo 'diedi il giornale di Elena'.

L'innovazione che portò all'attuale situazione del neogreco vide un progressivo indebolimento del dativo e la sua sostituzione con il genitivo, fino alla totale sovrapposizione formale dei due casi: è per questo motivo che si preferisce parlare di sincretismo formale tra genitivo e dativo e non di scomparsa di quest'ultimo, la cui funzione di Beneficiario sopravvive, seppure espressa da un caso diverso.