• Non ci sono risultati.

La scomparsa del perfetto: qualche ipotes

CIL VI 12737 Una simile coincidenza potrebbe far pensare che, nelle epistole, il nominativo adoperato per il nome

10. La scomparsa del perfetto: qualche ipotes

Il perfetto in greco classico occupava una posizione instabile. Poteva essere sostituito con il presente, poiché esprimeva uno stato presente di un evento avvenuto nel passato, ed era portatore di significati vari e complessi124:

aveva una doppia referenza cronologica, “à dominante actuelle ou passée, l'autre zone chronologique étant toujours en filigrane” (Duhoux 2000: 430);

poteva esprimere una rappresentazione dell'azione in senso statico (ad

esempio κέκτημαι, 'io ho acquisito' quindi 'possiedo') o con significato

121 Cfr. Browning (1983: 81) e Aerts (1965: 178-183). 122 Cfr. Aerts (1965: 169 ss). 123 Cfr. Aerts (1965: 183). 124 Cfr. Duhoux (2000: 430). 175 173

enfatico o espressivo (quando l'intento era mettere in rilievo la conseguenza di un'azione compiuta nel passato);

poteva esprimere l'aspetto di stato (“L'aspect d'état spécifie explicitement que le début ou la fin de la réalisation du procès a débouché sur un résultat”(Duhoux 2000: 142)) o aspetto zero (l'aspetto di quei verbi che non possedevano che il perfetto, come οἶδα).

Il sovraccarico di informazioni espresse dal perfetto ne avrebbe, secondo Duhoux (2000: 142), determinato la debolezza: il tempo sarebbe presto stato considerato un semplice passato, senza alcuna distinzione di tipo aspettuale rispetto agli altri tempi. Una confusione di questo tipo si sarebbe tradotta morfologicamente nella sostituzione delle desinenze del perfetto con quelle dei tempi storici (-ας della 2PS con -ες, -ασι della 3PP con -αν), e nella sostituzione dell'aumento con il raddoppiamento in alcuni aoristi, e viceversa del raddoppiamento con l'aumento in alcuni perfetti125.

Il perfetto sarebbe quindi passato dal subire la concorrenza dell'aoristo nell'espressione del passato all'esserne completamente sostituito: stando al lavoro di Mandilaras (1973: 219-220), il I d.C. avrebbe rappresentato un punto cruciale di questa evoluzione, che sarebbe terminata con la definitiva superiorità dell'aoristo nel II d.C.. Al termine di questa evoluzione il perfetto, considerato ormai un semplice tempo passato, sarebbe stato connotato di sfumature modali e adoperato per esprimere l'irrealtà, o si sarebbe conservato esclusivamente in qualche forma isolata come εὔρηκα (rara, ma ancora attestata nelle grammatiche di greco moderno). L'antico perfetto sarebbe stato in seguito sostituito dalla forma perifrastica neogreca, composta dall'ausiliare έχω seguito da una forma verbale invariabile (del tipo έχω γράψει 'ho scritto').

La polisemia del perfetto da un lato e la concorrenza con l'aoristo dall'altro ne avrebbero determinato il progressivo inutilizzo: il ricorso a perifrasi composte da un ausiliante al presente e un ausiliato al passato (aoristo o perfetto) rispondeva perfettamente alla necessità di sostituire il perfetto, e di esprimere un'azione o stato presente derivante da un'azione conclusa nel passato. D'altro canto, come sostiene Hatzidakis (1975: 205), proprio la creazione di forme perifrastiche avrebbe accelerato il processo di progressiva scomparsa del perfetto:

Der adjektivische Gebrauch des part. Perf. Pass. und die Verbindung desselben mit den Verben εἰμί und ἔχω zur Umschreibung des Perfekts und Plusquamperf. hat den Verlust des Perfekts vollendet.

Il participio sarebbe stato dapprima utilizzato con funzione attributiva, per creare perifrasi che rispondessero a necessità stilistiche dello scrittore (descrittive o narrative): l'esistenza di questo tipo di sintagmi dimostra come la lingua avesse i mezzi e la possibilità di creare forme verbali complesse. Facendo riferimento all'evoluzione del perfetto in latino, Benveniste (1971: 242) afferma che

[...] la sostituzione della forma semplice con morfemi legati con una forma composta con morfemi slegati, all'attivo come al passivo, porta a conflitti tra la forma del perfetto attivo o passivo e l'enunciazione di uno stato presente mediante “essere+aggettivo verbale”.

In latino come in greco, la possibilità di rendere con una forma doppia l'antico perfetto sortì un duplice effetto: da un lato venne effettivamente creata una forma più trasparente di quella sintetica, attraverso la quale le due dimensioni temporali dell'azione espressa erano ben evidenziate; dall'altro lato la concorrenza con queste forme complesse contribuì ulteriormente al regresso dell'antico perfetto.

A proposito del latino, Benveniste (1971: 242) afferma che il passo successivo alla creazione di perifrasi con ausiliare e aggettivo verbale sarebbe stato la sostituzione di est mihi con habeō126:

La generalizzazione del verbo habēre e la possibilità oramai affermata di esprimere con habeō aliquid la relazione aliquid est mihi hanno permesso l'instaurazione di un perfetto transitivo univoco habeo factum e il ritorno a una chiara distinzione delle voci del perfetto.

L'espressione del perfetto transitivo avrebbe dunque subito un cambiamento: dall'utilizzo dell'ausiliare essere, adoperato per esprimere lo stato raggiunto, si sarebbe passato ad una connotazione in senso possessivo dello stato raggiunto, indicata

126 Lo studioso fa in particolare riferimento al fatto che in latino il possesso potesse essere espresso

tramite il verbo habeō nel suo significato etimologico di 'possedere' o da una costruzione con il verbo essere e il cosiddetto dativo di possesso.

177 175

dall'ausiliare avere, per cui colui che ha compiuto l'azione sarebbe presentato anche come possessore dello dello stato raggiunto127.

L'antico perfectum sarebbe stato mantenuto in latino come aoristo, cioè come tempo verbale che esprime un'azione compiuta e conclusa nel passato, mentre la duplice connotazione temporale dell'aspetto perfettivo sarebbe stata resa da due elementi, strettamente connessi in un'unica perifrasi, dei quali uno, l'ausiliante, all'indicativo presente e l'altro, l'ausiliato, al participio passato. In greco, invece, l'aoristo si sarebbe conservato con significato proprio, mentre l'antico perfetto sarebbe scomparso nella tarda κοινή, portando alla situazione attuale del sistema verbale greco, che distingue due temi paralleli, il presente e l'aoristo. Secondo Mirambel (1966: 177), l'opposizione a due gradi del tema verbale (presente/aoristo), che venne a sostituirsi a quella a tre gradi aspettuali (presente/aoristo/perfetto), sarebbe stata l'espressione di una necessità di tipo semantico:

[...] c'est le rôle de cet élément dans la représentation de l'état ou de l'action, au moyen d'une opposition qui n'est pas temporelle, bien qu'elle puisse être liée au temps; c'est, ainsi, sa valeur concrète en ce qui concerne l'object exprimé, puisque le choix necessaire entre les deux termes de l'opposition dépend moins de l'arbitraire de l'esprit que des circonstances qu'impose la réalité; c'est, en conséquence, la relation que le verbe établit entre l'objet exprimé et le sujet qui l'exprime, relation variable selon l'aspect.

La

nuova ripartizione dicotomica dei temi identificherebbe perciò lo stato dell'Oggetto espresso in relazione al Soggetto: quando l'azione espressa è definita nella sua durata nel tempo, allora assumerà il tema del presente (ενεστωτικό θέμα), quando invece l'azione espressa è di tipo puntuale assumerà il tema dell'aoristo128.

Le fasi attraverso le quali si sarebbe articolato il progressivo regresso del perfetto a favore della sua sostituzione con forme perifrastiche possono essere individuate come segue:

• creazione e utilizzo di forme perifrastiche in greco antico e classico: costruzioni perifrastiche sono attestate in greco fin da Omero, e tuttavia sono da considerarsi perifrasi improprie, nelle quali i verbi essere e avere

127 (Benveniste 1971: 237).

128 “Ο ενεστώτας και ο αόριστος λέγονται αρχικοί χρόνοι του ρήματος, επειδή από το θήμα τους

mantenevano il loro significato originario, e il participio aveva valore attributivo. Venivano impiegate per rispondere a necessità stilistiche ed espressive;

• creazione e utilizzo di forme perifrastiche per esprimere alcune voci mancanti di perfetto e piuccheperfetto: intorno al IV a.C. la flessione del perfetto avrebbe raggiunto la sua forma completa con la creazione di perifrasi proprie per esprimere la 3PP dell'indicativo perfetto dei temi in consonante, il congiuntivo e l'ottativo del perfetto medio-passivo e la 3PP del piuccheperfetto degli stessi temi in consonante. Già in alcuni testi letterari del V a.C. (Tucidide, Platone, oratori, tragici) erano attestate perifrasi del tipo ἦν+participio aoristo per esprimere il piuccheperfetto; • indebolimento dell'aspetto perfettivo:

• la duplicità temporale espressa dall'aspetto perfettivo (presente e passato) avrebbe permesso al parlante di adoperare il tempo anche per esprimere un semplice presente;

• l'aspetto perfettivo sarebbe stato completamente perso relativamente alla dimensione passata: l'idea di raggiungimento di uno stato fu sostituita da quella di semplice anteriorità, tanto che perfetto e aoristo potevano essere invariabilmente usati per esprimere un'azione avvenuta nel passato (il parlante preferiva comunque utilizzare l'aoristo);

• desistematizzazione129 del perfetto: il tempo avrebbe perso desinenze e affissi

propri, fino al punto che diventò impossibile distinguere tra il perfetto e l'aoristo (la confusione delle desinenze e degli affissi caratteristici dei due tempi era bidirezionale130). Spiega Vendryes (1953: 106):

[...] on sait bien comme les nuances d'aspect se fanent vite, ont besoin d'être refraîchies, pour ainsi dire, et renouvelées. Le parfait résultatif subit peu à peu un affaiblissement, qui lui ôte sa valeur propre, le rend ambigu et par suite inutile. La notion de résultat passe progressivement en retrait [...];

• necessità di ripristinare l'espressione dell'aspetto perfettivo: la lingua rispose alla necessità di ricostruire una forma che potesse indicare uno stato derivante da un'azione compiuta nel passato con la creazione di forme

129 La definizione è tratta da Browning (1983). 130 Cfr. Horrocks (1997: 118-119).

179 177

perifrastiche composte da un ausiliare (essere o avere) all'indicativo presente e un participio passato (aoristo o perfetto). Queste forme complesse, le prime perifrasi proprie dopo quelle create per esprimere le voci mancanti nella flessione del perfetto, sono databili alla tarda κοινή.

Le attestazioni su papiro che ho analizzato permettono di ricostruire l'evoluzione linguistica fino a questo punto: nelle epistole private, inoltre, la sostituzione di forme verbali monolitiche con perifrasi è poco attestata, ma, in compenso, è frequente la confusione tra aoristo e perfetto. Ciò che è ampiamente osservabile è l'assunzione da parte dell'aoristo di ogni significato di passato, indipendentemente dalla connotazione aspettuale.

Verosimilmente, tuttavia, il processo continuò con le seguenti fasi131:

- scelta dell'ausiliare avere: il perfetto, espresso ormai di preferenza con perifrasi, sarebbe stato sistematizzato. La scelta dell'ausiliare cadde su avere, verbo in grado di sottolineare la parte che il Soggetto prende all'azione:

Peu à peu l'idée de possession a englobé tout ce qui est relatif au sujet. Celui-ci, grâce au verbe «avoir», indique la part qu'il prend au procès; il affirme qu'il est en rapporte à lui toutes les données, qu'il les domine et se les subordonne (Vendryes,1952: 102).

L'espressione della diatesi sarebbe stata a questo punto affidata all'elemento nominale, e non più alla scelta dell'ausiliare (fino ad allora ἔχω era stato adoperato per le perifrasi di significato attivo e εἶναι per quelle di significato passivo);

- abbandono dell'ausiliare avere per esprimere il futuro: la forma ἔχω+infinito (aoristo o raramente presente), sarebbe diventata sempre meno frequente, e spesso sostituita o dal semplice indicativo presente o dalle perifrasi ἔχω νὰ+congiuntivo o, di preferenza, da θέλω νὰ+congiuntivo (l'infinito era una forma verbale in regresso132);

- utilizzo dell'antica perifrasi del futuro per esprimere il perfetto: ultimo passo nella creazione dell'attuale perifrasi per il perfetto sarebbe stata la selezione della perifrasi ἔχω+infinito aoristo, originariamente propria del futuro, per esprimere il perfetto. Verosimilmente, l'innovazione non sarebbe stata introdotta prima del XVI

131 A questo proposito sono stati utili Aerts (1965); Browning (1987); Horrocks (1997); Vendryes (1952). 132 Per l'evoluzione delle nuove forme di futuro cfr. Horrocks (1997: 229 ss.) e Browning (1983: 64, 79).

sec. e avrebbe avuto origine dalla risemantizzazione di una perifrasi adoperata per esprimere il condizionale: la perifrasi ἔχω+infinito aoristo, con ἔχω nella forma di imperfetto εἶχα, avrebbe dapprima avuto una sfumatura condizionale (“i.e. the 'past' of the future”133):

εἶχα (εἶχον) ποιῆσαι can take on a conditional meaning 'I should or would do or have done'. This is actually found in Koine and early medieval texts, e.g. Acta Philippi 58.15 εἰ δὲ καὶ σὺ τοιαῦτα πράγματα ἑώρακας (ἑωράκεις) οὐκ εἶχες ταραχθῆναι ἐπὶ τούτοις 'if you too had seen such things, would you not have been disturbed by them?' [...] (Browning 1983: 79-80).

Browning propone che, poiché già nella tarda κοινή l'indicativo piuccheperfetto poteva essere impiegato come condizionale o passato dell'irrealtà, allora sarebbe stato facile che la perifrasi εἶχα+infinito aoristo, usata per il condizionale, fosse scelta come perifrasi per indicare il piuccheperfetto, perdendo la connotazione modale. Il passo successivo sarebbe stato, quindi, indicare il perfetto con la perifrasi ἔχω+infinito aoristo (ormai sempre meno adoperata per indicare il futuro134).