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CIL VI 12737 Una simile coincidenza potrebbe far pensare che, nelle epistole, il nominativo adoperato per il nome

11. Influenza del latino?

È stata più volte avanzata la proposta di un'influenza del latino sul greco nello sviluppo di una nuova forma di completiva in sostituzione delle costruzioni con accusativo+infinito: la selezione di ut, congiunzione propria delle subordinate finali, come congiunzione caratteristica delle completive avrebbe influito sulla scelta di ἵνα in greco. Secondo un'ipotesi del genere, la dominazione romana e la presenza di parlanti latini in territori grecofoni avrebbe a tal punto influenzato il parlante da determinare il passaggio di una stessa innovazione da una lingua all'altra. Tuttavia, come afferma Moulton (1906: 208): “[...] the usage was deeply rooted in the vernacular, in fields which Latin cannot have touched to the extent which so far- reaching a change involves”.

L'utilizzo di completive con modi finiti in sostituzione delle vecchie completive costruite con accusativo+infinito rappresentava un fenomeno profondamente radicato nella lingua parlata, tanto che è difficile pensare che fosse stato causato da una lingua di substrato in un periodo di tempo relativamente breve. Gli esempi nei papiri e nel greco del Nuovo Testamento mostrano come l'innovazione fosse stata semplicemente generata da particolari contesti semantici: “[...] the purpose clause with ἵνα is a merely use of the jussive subjunctive, which makes its appareance after a verb of commanding or wishing entirely reasonable” (Moulton 1906: 208).

La congiunzione ἵνα sarebbe passata perciò dall'introdurre un comando a indicare qualsiasi tipo di completiva:

From such sentences, in which the object clause, from the nature of the governing verb, had a jussive sense in it which made the subjunctive natural, there was an easy transition to object clauses in which the jussive idea was absent (Moulton 1906: 208).

Nel lavoro di De Boel, due esempi sono particolarmente indicativi:

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Εἶπεν δὲ αὐτῷ ὁ διάβολος Εἰ Υἱὸς εἶ τοῦ Θεοῦ, εἰπὲ τῷ λίθῳ τούτῳ ἵνα γένηται

ἄρτος. Lc 4, 3

'Gli disse il diavolo: “Se sei Figlio di Dio, di' a questa pietra di diventare pane”'

καὶ προσελθὼν ὁ πειράζων εἶπεν αὐτῷ Εἰ Υἱὸς εἶ τοῦ Θεοῦ, εἰπὲ ἵνα οἱ λίθοι

οὗτοι ἄρτοι γένωνται Mt 4, 3

'e avanzando il tentatore gli disse: “Se sei Figlio di Dio, ordina che le pietre si trasformino in pani”'.

Gli esempi mostrano chiaramente lo slittamento semantico del verbo λέγω, che in entrambi i passi è un verbo a controllo, ed è costruito con ἵνα: la congiunzione conferisce quindi al generico utterance verb una sfumatura iussiva.

Come ha sottolineato De Boel (1999: 276):

[...] la subordonnée par ἵνα est à même de donner un sens volitif large à des verbes de déclaration qui ne sont en principe pas des verbes de volonté, comme γράφω ou λέγω qu'elle transpose après ces verbes-là un discours direct en discours indirect, exprimant la substance de la déclaration volitive, ce qui était, en attique classique, le privilège de l'infinitif.

Dall'essere usata per introdurre completive con significato iussivo, la congiunzione ἵνα sarebbe stata generalizzata ad ogni tipo di completiva, dichiarativa o iussiva che fosse: la distinzione semantica tra i diversi tipi di informazione veicolati dalle completive (giudizio, emozione, comando, affermazione e così via) sarebbe a questo punto stata affidata alla semantica del verbo reggente.

12. Conclusioni

L'infinito rappresentava un modo debole in greco tardo: non marcava la categoria di persona né quella di numero, e non distingueva interamente quella di tempo (mentre indicava chiaramente le differenze di aspetto). Era perciò meno trasparente dei modi finiti corrispondenti.

Nei papiri l'infinito manteneva pressoché tutte le funzioni che gli appartenevano in greco classico, e col tempo si era andato sviluppando e diffondendo soprattutto l'utilizzo dell'infinito articolato, con funzioni e significati ben più numerosi di quelli veicolati dalla stessa forma in età classica: alcuni studiosi hanno visto nell'ampio ricorso alle forme articolate dell'infinito una volontà da parte del parlante di dare una forma più “corposa” allo stesso, per ovviare alla sua debolezza, fornendolo di una flessione in tutto e per tutto uguale a quella dei sostantivi.

La scarsa trasparenza del modo avrebbe ben presto causato la sua sostituzione, in contesti completivi, da parte di costruzioni con modi finiti, introdotte in un primo tempo da ὅτι nel caso in cui il verbo reggente esprimesse il significato di 'dire' o 'pensare' (cognition-utterance verbs) o da ἵνα nel caso in cui il verbo reggente fosse un verbo a controllo.

Sulla già poca trasparenza del modo si sarebbe innestato il mutamento fonetico, che avrebbe causato la confusione di alcune forme di infinito con forme di congiuntivo: c'è chi vede in questa situazione di poca chiarezza fonetica uno dei motivi scatenanti la scomparsa dell'infinito. La confusione di tipo fonetico non sarebbe però stata una ragione sufficiente a dare il via al lento processo di sostituzione dell'infinito a favore di costruzioni con modi finiti, se il primo non fosse già stato avvertito come strutturalmente debole dal parlante, e quindi come una forma verbale da non adoperare o a cui preferire l'indicativo o il congiuntivo, quantomeno in contesti completivi.

Più in là nel tempo, e di certo non nel periodo coperto dai papiri analizzati, sarebbe stata selezionata la congiunzione ἵνα per introdurre le completive prima e per sostituire del tutto l'infinito poi: tra le due costruzioni possibili all'interno del dominio dichiarativo sarebbe perciò stata scelta quella appartenente alla sfera del comando, forse anche per influenza delle nuove perifrasi, del tipo θέλω ἵνα+modo finito, nate per sostituire le antiche forme sintetiche di futuro.

L'innovazione rappresenta perciò una semplificazione (o impoverimento) di regola, grazie alla quale il parlante non deve scegliere fra una completiva all'infinito in caso di EQUI subject e una completiva con un modo finito in caso di Soggetto diverso: questa seconda soluzione sarebbe stata estesa a tutti i tipi di completive, senza alcuna differenza.

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