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La scomparsa dell'infinito: un'ipotes

CIL VI 12737 Una simile coincidenza potrebbe far pensare che, nelle epistole, il nominativo adoperato per il nome

10. La scomparsa dell'infinito: un'ipotes

La debolezza strutturale dell'infinito è uno dei motivi che portò prima alla sua sostituzione per mezzo di modi finiti, e poi alla sua definitiva scomparsa. Il greco tendeva infatti a caratterizzare le forme verbali in senso personale, attribuendo a ciascuna forma delle desinenze personali e temporali esplicite, mentre l'infinito rappresentava l'idea verbale nuda, per usare una definizione di Humbert, e aveva bisogno di un verbo reggente che ne determinasse la funzione e il significato. Secondo Horrocks (1997: 45-46):

This should be seen primarily as an internal simplification by which one type of subordinate complement clause (the accusative and infinitive construction) was gradually replaced in its two different functions by distinct, but already existing, constructions that were semantically more transparent. As a result, all subjects could be nominative, and the verbs of all subordinate clauses with an expressed subject could be finite, the choice between indicative and subjunctive being determined by the 'type' of the main verb involved.

Le completive con accusativo+infinito sarebbero perciò state rimpiazzate, in un processo di semplificazione interna, da costruzioni con modi finiti rette da ὡς o ὅτι in dipendenza da verbi dichiarativi, e da ἵνα in dipendenza da verbi che esprimevano comando70: le tre costruzioni esistevano già in greco classico, le prime due con

significato propriamente dichiarativo, l'ultima con significato finale. Le congiunzioni ὡς e ὅτι, inoltre, benché fossero adoperate entrambe in contesti completivi, avevano sfumature di significato diverse:

De même, en principe, l'équivalence est aussi complète entre ὡς et ὅτι qu'entre le type conjonctif et le type infinitif; mais en pratique, la coexistence des deux conjonctions a parfois entraîné des différenciations de sens qui, pour être d'origine secondaire, n'en sont pas moins importantes: en général, on emploie ὡς quand le jugement énoncé

70 L'argomento della semplificazione interna va inteso nel senso di semplificazione di regola sintattica,

nella fattispecie una regola che prevede un'opzione infinito vs indicativo viene rimpiazzata da una regola che prevede un'unica scelta, che è il membro estensivo della coppia (in questo caso l'indicativo).

comporte des réserves - comme quand le verbe principal est négatif ou quand on ne prend pas à son compte ce que dit quelqu'un (Humbert, 1960: 184-185).

La congiunzione ὅτι sarebbe stata col tempo selezionata per introdurre le completive in dipendenza da verbi dichiarativi, a scapito di ὡς, ed è quella di cui abbiamo le attestazioni più numerose nelle epistole su papiri.

Fino al VI d.C., epoca della datazione più bassa dei documenti che ho analizzato, la costruzione con ἵνα era ancora scarsamente diffusa e impiegata: benché fosse adoperata dagli scrittori di età ellenistica e attestata anche in Polibio, nei papiri epistolari (così come nel greco del Nuovo Testamento) le è nettamente preferita la completiva con ὅτι. La selezione della congiunzione ἵνα per introdurre la completiva in sostituzione dell'infinito sarebbe quindi stata più tarda, e avrebbe dato vita all'attuale perifrasi con να+verbo finito che in greco moderno sostituisce l'infinito classico. La congiunzione avrebbe perso perciò col tempo la sua connotazione finale per esprimere invece significato dichiarativo.

La scelta di ἵνα sembra essere stata dettata da ragioni di tipo semantico: la congiunzione era infatti caratteristica delle completive che seguivano verbi con significato iussivo (quelli che Givón (1980: 517) definisce manipulative verbs) o desiderativo, e proprio i verbi di questo tipo sembrano essere stati selezionati come tipo di riferimento. Come sottolinea Joseph (1983: 53): “[...] these facts seem to represent a case of a linguistic change spreading through the grammar, affecting some lexical items and some constructions before others”.

La selezione della congiunzione ἵνα è un caso di innovazione linguistica che muove da motivazioni di tipo semantico: partendo da una determinata classe lessicale, in questo caso i verbi di comando, la sostituzione dell'infinito con una completiva al congiuntivo introdotta da ἵνα si sarebbe diffusa, per una sorta di livellamento analogico, a tutti i verbi di 'dire' (il verbo reggente avrebbe subito una sorta di slittamento del significato da 'dire per comandare' al semplice 'dire').

La costruzione con ἵνα avrebbe rappresentato un tipo produttivo: oltre a introdurre completive in dipendenza da verbi di comando, infatti, sarebbe stata ben presto adoperata come congiunzione che, in dipendenza da θέλω, sarebbe venuta a sostituire le antiche forme sintetiche di futuro. Ancora una volta la congiunzione

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sarebbe stata legata alla sfera semantica dell'ordine o del desiderio, proiettati in un tempo posteriore rispetto a quello dell'enunciazione.

Con tutta probabilità, la definitiva scomparsa dell'infinito va datata intorno al XV sec.71, benché Mirambel (1961) la dati al X d.C.: le ragioni di una datazione così

bassa sono esposte da Joseph nel suo lavoro del 1983 sull'infinito all'interno dello balkanische Sprachbund. Joseph concorda con la datazione proposta da Hesseling72 e

mostra, attraverso una varietà di esempi, come l'infinito sia un modo ancora adoperato in greco medievale e moderno, seppur con modalità diverse rispetto agli impieghi del greco classico (è ad esempio impiegato con significato temporale o in dipendenza da θέλω, con funzione di futuro). Quello che si sarebbe verificato nel XV sec. è il passaggio da uno stadio linguistico in cui la scelta tra infinito e corrispondenti costruzioni con modi finiti era opzionale ad uno stadio in cui la scelta di un modo finito diventò obbligatoria. È proprio Joseph a parlare di un gradual retreat dell'infinito, inteso come un lento processo di indebolimento, utilizzo sempre più raro e infine abbandono del modo, che sarebbe iniziato già nel greco di età tardo- classica.

Tuttavia, proprio Joseph (1978: 20) sottolinea come sia strano che l'infinito sia completamente scomparso dal greco moderno, mentre sopravvivono alcune forme participiali, e soprattutto come la scomparsa dell'infinito, lungi dall'assecondare il genio di ogni lingua, che tende alla semplicità, ne rappresenti una complicazione:

[...] the loss of the infinitive certainly reduced the number of verbal forms, but it also led to a situation in which a high degree of redundant information is often expressed. For example, in all Modern Greek sentences with the subject of a subordinate clause co-referent with the subject of a main clause, EACH verb must be marked for the person and number of this subject. This is a situation in which many languages, including English, French, Turkish and Hebrew, “fell the need

to inflect only one of the verbs in this way Joseph (1978: 21).

Benché il participio sia sopravvissuto come forma verbale, tuttavia non ha mantenuto la stessa ricchezza flessiva che lo caratterizzava in età classica: dall'essere infatti un nome verbale a tre uscite, ciascuna per ogni genere, e caratterizzato da una

71 Cfr. Joseph (1983: 81-82).

flessione completa quanto a numero e caso è diventato in greco moderno una forma fissa e indeclinabile, dagli impieghi meno estesi che in greco classico.