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La creazione di forme perifrastiche: un possibile latinismo?

CIL VI 12737 Una simile coincidenza potrebbe far pensare che, nelle epistole, il nominativo adoperato per il nome

11. La creazione di forme perifrastiche: un possibile latinismo?

Lo sviluppo di forme perifrastiche in sostituzione dell'antico perfetto è una caratteristica propria di latino e greco, e la tentazione di riconoscere in una delle due lingue l'origine della costruzione è sempre stata forte.

Horrocks (1997: 77) sembra in un primo momento sostenere la possibilità di un'influenza del latino sulla creazione di forme perifrastiche per sostituire l'antico perfetto in greco:

The falling together of perfect and aorist, functionally and then formally, may have been influenced by the dual use of the Latin perfect as a past perfective and a present stative. The renewal of the 'true' (stative) perfect by periphrases with ἔχω 'have' and εἰμί 'be'+perfect (or functionally equivalent aorist) passive participle, the former in an active sense, the latter in a passive one, may also reflect the influence of the parallel (Vulgar) Latin constructions: cf. hoc habeo factum 'this I-have in-a-having-been- done-state' = 'I have done this'; hoc factum est 'this in-a-having-been-done-state is' = 'this is done''.

133 (Horrocks 1997: 230).

134 Cfr. anche Horrocks (1997: 229 ss).

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Sostenitore di questa ipotesi è Björck, che ritiene che la perifrasi ἦν+participio aoristo sia un piuccheperfetto creato come calco sul latino; Browning (1983: 33) lascia invece la questione aperta, non sostenendo, ma neanche escludendo, che le forme perifrastiche di perfetto possano essere state create in greco per influenza del latino. Come ha tuttavia sottolineato lo stesso Horrocks (1997: 78):

Looking at all these developments together, therefore, it seems that those which had a long-term impact represent no more than carrying through of changes which had already begun in the classical or early post-classical language. Although many can be paralleled in imperial Vulgar Latin, it is probably safe to conclude that the majority are simply a by-product of the transition of both (Attic) Greek and Latin from the status of local dialects to world languages, with the well-known drift towards greater grammatical analycity that such a role almost invariably entails, at least in more popular register.

L'ipotesi che la creazione di un perfetto perifrastico con ausiliare ἔχειν sia stata un'innovazione importata dal latino in greco ha poco senso, così come ha poco senso l'ipotesi contraria, che pure ha avuto molti sostenitori135. È evidente che le due ipotesi,

diametralmente opposte, si annullano a vicenda. Nel primo caso perché, benché la dominazione romana nei territori dell'antico impero ellenistico sia stata prolungata nel tempo, il latino non divenne mai lingua d'uso, tantomeno, ad esempio, dell'amministrazione: il suo confinamento a particolari settori e contesti non avrebbe permesso un'influenza tanto profonda su un'altra lingua da determinare l'introduzione di un'innovazione come la costituzione di un perfetto perifrastico con l'ausiliare avere. Sostiene Mayser (1926: 141): “Die Möglichkeit lateinischen Einflusses auf die griechische Tempuswahl, wovon Thumb [...] handelt, ist jedenfalls für die ptolemäische Zeit abzulehnen”.

Perifrasi con ἔχειν sono, come abbiamo visto, attestate a partire dall'età attica (è il cosiddetto σχῆμα ἀττικόν di cui parla Aerts136), prima ancora, cioé, che il latino

potesse influenzare le sorti della storia della lingua greca. Il greco non aveva bisogno di un modello straniero per creare una perifrasi che sostituisse il perfetto: la forma verbale era minacciata dalla concorrenza dell'aoristo e dall'erosione morfologica, ma la lingua possedeva già da sé gli strumenti per creare una perifrasi che ne portasse il significato. Poiché il perfetto passivo offriva già un modello di composizione alla 3PP

135 Cfr Bonfante (1987) e la bibliografia riportata in Bonfante (1987: 614).

136 Cfr. par. 8. Esempi di ἔχω+participio aoristo attivo (o perfetto attivo) in Schwyzer (1939: 812-813).

dell'indicativo (εἰσί+participio perfetto), è verosimile che proprio questa perifrasi abbia in principio influenzato la creazione simmetrica di un perfetto transitivo, formato con l'ausiliare ἔχειν137. L'analogia sui modelli di perifrasi con essere potrebbe

quindi essere il motivo della creazione di perifrasi proprie anche con l'ausiliare avere. Come ha dimostrato Browning, inoltre, la scelta definitiva di una perifrasi con l'ausiliare avere non sarebbe attestata in greco prima del XVI sec., periodo che nulla ha a che fare con la dominazione romana.

D'altro canto, è anche da rifiutare l'ipotesi secondo la quale sarebbe stato il greco a introdurre in latino un modello di perifrasi di perfetto: il fatto, ad esempio, che nelle famiglie romane fossero schiavi greci ad esercitare la professione di pedagogo non può essere sufficiente per ipotizzare che la loro presenza potesse determinare l'introduzione di un'innovazione che sarebbe poi stata ampliata a tutta la lingua. Evidenze cronologiche, inoltre, rigettano totalmente questa ipotesi, poiché perifrasi di perfetto con il verbo habeō sono attestate in latino fin dalle opere di Plauto:

vir me habet pessumis despicatam modis Cas. 189

'mio marito mi ha disprezzata con modi pessimi'

res omnis relictas habeo Stich. 362

'ho abbandonato tutte le sostanze138'.

La perifrasi habeō+participio perfetto passivo è stata ampiamente analizzata da Maria Napoli in un recente lavoro, nel quale la studiosa ha esaminato le attestazioni della perifrasi (prevalentemete in latino arcaico) e ha proposto un'interessante spiegazione della scelta del sintagma per la formazione delle perifrasi di perfetto attestate nelle lingue romanze. A proposito della ricorrenza di habeō+participio perfetto passivo nei testi arcaici, Napoli (2007: 13) riporta un giudizio diffuso, secondo il quale:

137 Benveniste (1971: 243 ss) applica questo tipo di ragionamento alla comparsa e diffusione della forma

del perfetto con avere in germanico.

138 Gli esempi sono tratti da Vendryes (1952: 103).

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La caratteristica peculiare di questi costrutti risiederebbe nel fatto che habeo mantiene il pieno valore lessicale, e che il suo soggetto non coincide necessariamente con l'agente del processo espresso dal PPP predicativo, come è appunto caratteristico del risultativo possessivo.

Secondo questa ipotesi, alla base della costruzione habeō+Oggetto Diretto+participio perfetto passivo vi sarebbero quindi costruzioni possessive del tipo habeō+Oggetto Diretto+aggettivo in funzione attributiva, e il participio svolgerebbe una funzione predicativa nei confronti dell'Oggetto Diretto. Secondo l'opinione più diffusa, il processo che avrebbe portato dal sintagma del latino arcaico alle forma analitiche romanze di perfetto sarebbe stato determinato da una rianalisi sintattica, che avrebbe fatto sì che il participio non fungesse più da predicativo dell'oggetto, ma diventasse parte integrante del sintagma verbale. Come ha dimostrato Napoli (2007: 42), tuttavia, la creazione di forme analitiche di perfetto non rappresenterebbe un caso di rianalisi, quanto piuttosto di grammaticalizzazione, che si conforma alle proprietà dei processi di grammaticalizzazione individuati da Haspelmath (1998) (perdita di autonomia lessicale di habeō, gradualità del processo, unidirezionalità, nessuna ambiguità di interpretazione dei sintagmi):

[...] il costrutto con habeo+PPP, nato come risultativo possessivo, grammaticalizzato già in latino arcaico per l'espressione di un contenuto aspettuale specificamente risultativo, grazie all'estensione ai verbi telici sviluppa anche un contenuto temporale di anteriorità, che consolida progressivamente [...].

Il costrutto habeō+participio perfetto passivo sarebbe stato dunque caratteristico dei verbi telici e, se in un primo momento era un sintagma marginale e usato in contesti informali, sarebbe poi stato progressivamente esteso a tutti i contesti. La gradualità del processo è uno degli elementi maggiormente messo in risalto dalla Napoli, a buon diritto: il costrutto habeō+participio perfetto passivo con significato perfettivo sarebbe stato infatti adoperato in contemporanea con le più diffuse forme sintetiche di perfetto, ma sarebbe stata una forma periferica, limitata a una determinata categoria di verbi e al parlato informale.

Un'ipotesi che spieghi le innovazioni comuni con la vicinanza (spaziale o temporale) tra le due lingue non sembra essere convincente. Ciò che sembra verosimile è che le due lingue abbiano creato delle forme simili per rispondere ad

un'esigenza comune, quella di esprimere lo stato raggiunto attraverso un evento accaduto nel passato, indicando che “le sujet, arrivé à ses fins, se trouve en possession de l'objet qu'il voulait atteindre” (Vendryes 1952: 106), e per sostituire le forme analitiche di perfetto (che in greco erano scomparse e in latino avevano esclusivamente significato di aoristo).

Horrocks139 parla di drift towards greater grammatical analycity che avrebbe

caratterizzato entrambe le lingue, almeno nel registro parlato, dal momento in cui erano diventate le lingue di un impero: probabilmente, vicende storiche comuni possono aver influenzato derive comuni delle due lingue, ma una spiegazione di questo tipo non è soddisfacente. Il fatto che perifrasi propriamente intese -in cui cioè il verbo finito si comportasse da ausiliare e il participio avesse funzione verbale e non aggettivale- siano attestate tanto in greco quanto in latino prima che il contatto tra le due lingue diventasse, per così dire, intensivo spinge a pensare che la deriva delle due lingue sia comune e autonoma.

D'altro canto, come Vendryes (1952). ha dimostrato, la scelta dell'ausiliare avere per la costruzione di perifrasi di perfetto è comune a più lingue, indipendentemente dal fatto che siano contigue o siano state storicamente in contatto o appartengano alla stessa famiglia. La selezione dell'ausiliare sembra piuttosto rispondere a una necessità di tipo semantico: la forma composta permette infatti di visualizzare la doppia connotazione temporale del perfetto (ed è perciò maggiormente trasparente rispetto alle corrispondenti forme sintetiche) e l'utilizzo dell'ausiliare avere sottolinea che, portato a termine un processo, il soggetto ne possiede il risultato.