Le emozioni di base sono emozioni innate e riscontrabili in qualsiasi popolazione, per questo sono dette primarie o universali. Le emozioni secondarie, invece, sono quelle che originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.
77 Cit. Fussi A., Disgusto, paura, prossimità nell’analisi fenomenologica di Aurel Kolnai, cit., p.
261.
78 Cit. Darwin C., L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, cit., p. 331.
54 Molti studiosi hanno preso in esame le emozioni cercando di definirle e categorizzarle, primo fra tutti, come abbiamo già visto, Aristotele, il quale se ne è occupato più di duemila anni fa. Per tornare ai giorni nostri è ora giusto porre l’accento sul lavoro messo a punto da Ekman nel 200880
.
Lo psicologo americano racconta di essere stato in un remoto villaggio sulle alture della Papua Nuova Guinea per studiare gli abitanti del posto e verificare se fosse possibile riscontrare anche tra loro le stesse emozioni provate da altri popoli. Gli indigeni, i Fore, popolo pre-letterario, alla vista di Ekman che mangiava del cibo a loro sconosciuto rimasero stupiti. In particolare uno di loro rimase a guardare Ekman con una particolare espressione. Lo studioso, entusiasta della loro reazione, fotografò l’espressione di disgusto evidenziata sul volto di questo membro della tribù e scrisse: «la fotografia illustra che l’uomo è disgustato dalla vista e dall’odore del cibo che io consideravo appetitoso»81
.
Fu proprio seguendo questa tribù che Ekman poté notare come le emozioni di base fossero universali perché riscontrabili in popolazioni diverse, anche in quella dei Fore che è isolata dal resto del mondo. Così decise di stilare una lista di emozioni divise tra primarie e secondarie. Tra le emozioni primarie o di base vi sono: rabbia, paura, tristezza, gioia, sorpresa, disprezzo e disgusto82. Le emozioni secondarie invece sono: invidia, vergogna, gelosia, perdono, rimorso etc. Queste
80
Ekman P., Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste, Amrita, Torino 2008.
81 Ibidem, p. 177.
82 Cfr. Fussi A., Disgusto, paura, prossimità nell’analisi fenomenologica di Aurel Kolnai, cit., p.
261: «Secondo gli studi di Ekman, che in ciò segue Darwin, il disgusto apparterrebbe a un gruppo di emozioni cosiddette “di base”, universalmente riconoscibili grazie a certi movimenti dei muscoli facciali sempre associati a ciascuna di esse. La smorfia di disgusto viene descritta come invariante attraverso le culture, e classificata assieme a tristezza, gioia, paura, ira e sorpresa come un’emozione universale e appartenente a un bagaglio naturale».
55 ultime sono emozioni più complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o di pensieri eterogenei o dell’esperienza per essere attivate.
Le emozioni primarie sarebbero:
«risposte automatiche e specificamente connesse a certi stimoli, che si sarebbero evolute in risposta all’ambiente ostile. Hanno una natura reattiva e una componente cognitiva minima. Sostanzialmente permettono una risposta dell’organismo molto rapida ed efficiente, proprio perché sono indipendenti da sistemi cognitivi complessi. Sfuggono dunque alla deliberazione razionale, che presenterebbe lo svantaggio della lentezza in momenti in cui la rapidità della risposta è essenziale»83.
Le emozioni di base sono quindi estranee al ragionamento: infatti «un serpente che striscia rapidamente verso di noi può generare reazioni di spavento anche se siamo consapevoli del fatto che non è velenoso»84.
Al contrario, dall’analisi fenomenologica di Kolnai emerge chiaramente come emozioni quali la paura e il disgusto – che per Ekman non sono altro che risposte corporee automatiche – siano in realtà fenomeni assai sofisticati. Emerge chiaramente dunque come per i due studiosi le categorie di emozioni primarie e secondarie non corrispondano affatto. Nel suo saggio Kolnai sfrutta l’equiparazione del disgusto con altre emozioni reattive quali per esempio la paura85, il disprezzo, l’odio per far esaltare le peculiarità di ciascun fenomeno. Il fenomenologo ungherese individua gli oggetti intenzionali a cui queste emozioni si rivolgono, le modalità corporee tipiche di ciascuna, l’aspetto cognitivo e il pensiero che sta dietro ognuna di esse.
83 Ibidem, pp. 261-262. 84 Ibidem, p. 262. 85
Il confronto tra disgusto e paura – solo una delle emozioni reattive di cui parla Kolnai e che per alcuni studiosi non è altro che la categoria generale sotto cui classificare il disgusto – sarà oggetto del capitolo quattro, in cui mostrerò come tale confronto possa contribuire alla comprensione del disgusto stesso.
56 Per molto tempo il disgusto è stato oggetto di dibattito circa la sua vera natura: essendo una delle emozioni più fortemente legate alla sensorialità si è spesso ricondotta al campo della corporeità, ma d’altro canto, presentando a ogni modo funzioni cognitive si è ritenuta non corretta questa assimilazione del fenomeno disgustoso alla semplice materialità corporea.
Le sue manifestazioni corporee, come abbiamo visto nella parte a esse dedicata, essendo istintive, involontarie e rapide portano a dubitare della natura emotiva del disgusto e ad associarlo alle reazioni fisiche più semplici ed elementari86. Per l’impulsività delle reazioni il disgusto è allora facilmente confondibile o addirittura riducibile a pulsioni e fenomeni del tutto fisici e corporei come la fame o la sete, a sensazioni come il piacere e il dolore o a reazioni istintive quali il conato di vomito o il ritrarsi irriflesso alla vista di un serpente.
D’altro canto è molto problematica l’inclusione del disgusto nella categoria delle emozioni, nella quale compaiono fenomeni altamente sofisticati e ricchi a livello cognitivo come la vergogna, la colpa, l’invidia e l’indignazione: «Tuttavia, come Kolnai e altri hanno notato, il disgusto va ben oltre la sua manifestazione corporea più comune, la nausea, e se ne distingue per alcuni tratti essenziali, riflettendo sui quali si può iniziare a comprenderne la complessità»87.
86
Cfr. Fussi A., Disgusto, paura, prossimità nell’analisi fenomenologica di Aurel Kolnai, cit., p. 259: «Il disgusto è un fenomeno particolarmente interessante per chi si occupa del rapporto fra corporeità e funzioni cognitive, perché non si lascia facilmente ridurre né all’uno né all’altro aspetto, pur presentandosi come una delle emozioni più legate alla sensorialità. Le sue manifestazioni corporee sono talmente forti da indurre a dubitare che sia propriamente un’emozione: se si pensa alla tipica smorfia con il naso arricciato, e il labbro superiore sollevato, ai conati di vomito, alla nausea e alla repulsione a esso associati, si può essere tentati di catalogarlo fra le reazioni puramente fisiche e involontarie».
57 «Innanzitutto mentre la nausea è una reazione fisica che può non avere alcun oggetto intenzionale specifico, il disgusto si riferisce sempre a oggetti molto caratterizzati»88. Si può provare nausea nei primi mesi di una gravidanza, se si soffre di mal di mare, per l’assunzione di troppo medicine, senza però provare alcuna forma di disgusto. Possiamo altresì essere nauseati alla vista di un banchetto stracolmo di cibo, senza però esserne in alcun modo disgustati: avendo appena finito di mangiare ed essendo completamente sazio, oppure non sentendomi molto bene oggi, la sola vista di cibi genera in me la sensazione tipica della nausea, ma anche il loro odore in qualche modo mi infastidisce nonostante non facciano sorgere il disgusto, dal momento che tali pietanze sono giudicate e valutate delle prelibatezze che però in questo momento non mi attraggono. Si può, viceversa, provare disgusto escludendo dalla reazione emotiva la sensazione di nausea e quindi inibendo o non coinvolgendo i sensi dell’olfatto e del gusto ma affidandoci solo al senso della vista (per esempio quando guardiamo un film nel quale ci sono operazioni chirurgiche ben visibili o quando proviamo disgusto morale per le idee folli di un nostro amico, o per il comportamento sbagliato di una persona in una data situazione etc.). «Anche se il disgusto spesso implica nausea, non è dunque una forma di nausea»89.
In conclusione si è dimostrato come il disgusto non sia una mera reazione corporea identificabile con le manifestazioni a esso correlate, ma sia a tutti gli effetti un’emozione che implica un pensiero: il pensiero che qualcosa stia
88
Ivi.
89 Ivi. Cfr. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 33:«D’altra parte, il disgusto non deve essere confuso né
58 violando il mio spazio e la mia incolumità fisica o spirituale, minacciando la mia purezza e i miei valori.
Si sono riportate, in questa sezione e nella precedente, le opinioni opposte di Ekman da un lato, e di Kolnai, della Nussbaum e di Bourdieu dall’altra: per il primo il disgusto apparterrebbe alle emozioni primarie, innate e universali; per i secondi sì le manifestazioni corporee del disgusto sono le stesse in tutte le parti del mondo e in tutti i tempi, ma tale emozione sarebbe influenzata da fattori sociali, culturali e ideologici da non sottovalutare e diverrebbe cosciente solo a partire dai quattro anni di età di pari passo con lo sviluppo del bambino.