Sicuramente la paura risulta essere una delle emozioni che con maggior convinzione possiamo attribuire al mondo animale. Infatti, grazie all’osservazione da parte di biologi e scienziati, anche ad animali quali seppie, camaleonti o gamberi può essere ascritta una certa forma di paura. Ancora possono provare paura la lepre, il cervo, il topo, la iena, l’asino, il leopardo, la donnola e perché non citare anche quegli animali con i quali l’uomo intrattiene un rapporto speciale ossia gli animali domestici, in particolare cani e gatti. Centrone, infatti, sottolinea
79 che: «La paura è dunque attribuita anche ad animali le cui funzioni intellettuali sono minime, come le seppie»116.
Agli animali viene spesso attribuita anche l’emozione della rabbia ossia l’ira, ma se si considera la definizione che ne dà Aristotele nella Retorica, quale «desiderio di aperta vendetta, accompagnato da dolore, per una palese offesa rivolta alla nostra persona o a qualcuno a noi legato, quando l’offesa non è meritata»117, si può facilmente notare come essa presuma una valutazione razionale complessa, non estendibile agli animali.
Laddove un’emozione comporti valutazioni cognitive piuttosto complesse e sofisticate la possibilità che tali emozioni siano attribuibili agli animali si riduce sempre di più.
«Ma la paura, emozione la cui eventuale componente cognitiva è, almeno in alcune sue manifestazioni, ridotta al minimo, e in cui gli aspetti biologici e istintivi hanno visibilmente un ruolo non trascurabile, è il pathos che con buone ragioni potrebbe essere attribuito anche agli animali»118.
Possono essere date due diverse interpretazioni dell’emozione della paura, fra loro opposte: una accentua la componente istintiva, limitando il più possibile quella cognitiva; l’altra, in contrapposizione, sostiene che per avere paura si debbano presupporre giudizi e valutazioni complesse. In quest’ultimo caso la paura sarebbe una «risposta socialmente condizionata a uno stimolo esterno, basata su conoscenze di qualche genere e su capacità inferenziali di un certo
116 Cit. Centrone B., op. cit., p. 144.
117 Cit. Aristotele, Retorica, cit., 1378a 30-32. 118 Cit. Centrone B., op. cit., p. 145-146.
80 livello»119. Secondo questa interpretazione, dunque, riconoscere un evento, una situazione, un oggetto o una persona come potenzialmente pericolosi o pericolosi a tutti gli effetti, necessita ed esige un’elaborazione cognitiva di un dato spessore. La paura così formulata sarebbe dunque incompatibile con affezioni irrazionali quali il panico o l’ansietà dal momento che esse costringono chi le prova ad agire in modo sconclusionato e privo di ogni logica, o ancora peggio porta all’irrigidimento e alla paralisi.
Anche molti animali possiederebbero la fantasia; essa può dipendere dal pensiero o dalla sensazione. La fantasia è una capacità immaginativa che, ad esempio, può generare una sorta di paura in un individuo anche quando il pericolo non è presente, ma solo rappresentato, immaginato e fantasticato. Nel caso degli animali si tratterebbe di una fantasia sensitiva e non di una fantasia raziocinante o deliberativa come quella umana. Proprio per questo gli animali non possono spaventarsi e impaurirsi per oggetti, eventi o persone che non siano davvero esistenti nella realtà giacché la prefigurazione e l’immaginazione di tali aspetti esige il pensiero e un’elaborazione razionale sconosciuta agli animali. Essi non sono in grado di immaginare un mondo diverso da quello che gli si presenta davanti agli occhi, non sono capaci di inferenze causali retroattive e non hanno la credenza che si accompagna all’opinione. Infatti, per credere una determinata cosa ci è necessario avere delle prove che confermino la nostra opinione e, tali prove, oltre a essere prove pratiche, concrete e materiali basate sui sensi, devono essere spesso anche prove che emergono dopo un’attenta e accurata riflessione razionale. Gli animali, inoltre, non possono nemmeno avere opinioni – se con questo termine
81 si indicano interpretazioni di fatti o formulazioni di giudizi, sulla base di criteri soggettivi e del tutto personali circa specifici eventi la cui verità e certezza è dubbia e incerta. Se invece per opinione intendiamo qualsiasi testimonianza basata su una conoscenza o esperienza sensibile, immediata e contingente, allora gli animali possono essere produttori di opinioni, ricordandoci però che spesso i sensi possono creare conoscenze ingannevoli ed errate. Le emozioni, quindi, si originerebbero da rappresentazioni che precedono l’assenso e la supposizione e sono basate piuttosto sulla percezione del piacevole e del doloroso. Anche gli animali possono immaginare, sulla base di percezioni sensoriali, cosa sia bene o cosa sia male, cosa piacevole e cosa doloroso; il successivo assenso dato dall’uomo attraverso valutazioni razionali, supposizioni e giudizi, non è possibile per l’animale, che si ferma a un primo grado di conoscenza, ossia quella sensibile.
Dunque appare chiaro che gli animali provino certamente paura ma in modalità e forme non del tutto uguali alla paura umana:
«La definizione di paura in termini di un’emozione che si origina dalla fantasia presenta il vantaggio di coprire sia i casi di paura istintiva, improvvisa, irrazionale, in cui si raffigura un pericolo incombente e distruttivo a livello pre-doxastico, sia quelli di paura consapevole, basata su un convincimento cui si assente e possibilmente su considerazioni complesse […]. Sembra dunque di poter concludere che la paura intesa come emozione a pieno titolo è un apparire che necessita di opinione e convincimento ed è, in quanto tale, propria solo dell’uomo; ma anche le forme di paura basate sulla semplice fantasia, precedenti l’assenso razionale, rappresentano emozioni, sia pure imperfette, e al loro livello più basso, sono comuni anche agli animali, in quanto capaci di fantasia, sia pure sensitiva e non raziocinante. L’animale che, sentendo un particolare rumore, fugge impaurito, mette in atto qualcosa di più complesso di una semplice sensazione legata all’udito»120
.
L’animale che agisce in questo modo, infatti, immagina attraverso la fantasia sensitiva, quali potrebbero essere gli effetti potenziali di un certo rumore o di una
82 certa sensazione tattile, visiva, olfattiva etc. Accertate queste, agisce di conseguenza mimetizzandosi con l’ambiente – come nel caso del camaleonte – ritirando la testa nel carapace – come nel caso delle tartarughe – facendo la gobba e rizzando il pelo – come nel caso dei gatti – mettendo la coda fra le gambe – come nel caso dei cani – o fuggendo – come nella maggior parte degli animali.
Se gli animali possono percepire o immaginare le conseguenze che una certa situazione comporta – cioè un possibile danno per la loro incolumità – non possono però risalire alle cause di un determinato rumore o altro, andando indietro nella catena inferenziale. Questo si spiega perché lo scopo principale della paura è la salvezza che fa quindi rivolgere questa emozione sempre al futuro.
«Se è vero che alla paura si accompagna necessariamente una speranza di salvezza, dovrebbe darsi un piacere legato a questa condizione dell’anima, e dunque anche la paura dovrebbe essere costituita, come l’ira da un misto di dolore e piacere. È però evidente che nella maggior parte dei casi di paura questo piacere è solo teorico o minimo, risultando schiacciato dal dolore prevalente»121.
In conclusione, non c’è ombra di dubbio sul fatto che anche gli animali provino paura – ricordiamoci, infatti, che anche l’uomo, in fondo, è un animale. Si tratta però di una paura più primitiva rispetto a quella umana, una paura che ha origine solo nella componente istintuale e sensoriale.
83