Il sentimento di disgusto, derivando il suo significato dal senso del gusto o meglio da ogni sensazione che offende il senso del gusto74, è legato imprescindibilmente all’atto di mangiare o di gustare, e per questo motivo la sua manifestazione sarà principalmente concentrata sull’espressione e sui movimenti della bocca. Dal momento che il disgusto esprime la sua contrarietà verso l’oggetto ingerito, o come abbiamo visto precedentemente, verso l’oggetto toccato, annusato o visto, i movimenti della bocca si espandono in tutto il resto del viso, in particolar modo aggrottando e corrugando la fronte e le sopracciglia e accompagnando questi movimenti con gesti volti a respingere l’oggetto causa di disgusto impedendo con esso un contatto successivo.
Quando il disgusto è moderato e provocato da qualcosa che si è ingerito, si spalanca la bocca, come per gettare fuori il boccone, si sputa, si soffia sporgendo le labbra e si prova a ripulire il cavo orale tossendo o producendo dei suoni
73 Cit. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 61. 74 Si veda la nota 37 a pagina 40.
50 gutturali. Spesso si rabbrividisce, si portano le braccia verso il petto come se volessimo proteggerci e le spalle si sollevano. Molte volte i movimenti della bocca sono simili a quelli che precedono un conato di vomito. La bocca può assumere due posizioni opposte: quando si è già inghiottita o assaggiata la cosa disgustosa, la bocca si apre e si porta fuori la lingua; quando invece la cosa disgustosa ha meno a che fare con il senso del gusto ma più con quello della vista o del tatto, la bocca assume una posizione scomposta, il labbro superiore si contrae energicamente, quello inferiore si abbassa e si rovescia quasi a capovolgersi, il naso si arriccia e si increspa, le guance sono sollevate, gli occhi tendono istantaneamente a chiudersi e le arcate dentali in alcuni casi possono avvicinarsi e assumere una posizione rigida e serrata per impedire l’intrusione di oggetti indesiderati.
È ora il momento di esaminare l’emozione di disgusto nei bambini piccoli. È corretto dire che anche i bambini di età inferiore ai tre anni provino consapevolmente l’emozione che noi adulti chiamiamo di disgusto?
Sicuramente si può dire che anche i neonati o i bambini durante la prima infanzia – periodo che va dagli zero ai ventiquattro mesi – o addirittura i bambini fino ai tre anni di vita producano espressioni facciali che diventano poi caratteristiche del disgusto. Fino a questa età il disgusto non si è ancora propriamente manifestato ma è ancora vincolato alla semplice avversione per un certo sapore e per quanto riguarda il pericolo, esso non è ancora conosciuto ed entrato in scena:
«La categoria del pericolo sembra emergere nei primi anni di vita, e il disgusto vero e proprio è presente soltanto a partire dall’età di quattro anni circa. I bambini non mostrano una repulsione per le feci o per il vomito nella prima infanzia; se mai, i bambini sono affascinati e attratti dalle proprie feci, e il disgusto, che imparano in seguito, costituisce
51 una potente forza sociale capace di ribaltare l’attrazione in avversione. Prima dell’età di tre o quattro anni non esiste bambino che mostri una repulsione nei confronti degli odori, a parte quelli che sono fisicamente irritanti. Il disgusto, quindi, viene loro insegnato dai genitori e dalla società […]. Questo fatto mostra che nel disgusto, così come nel linguaggio, l’insegnamento sociale svolge un ruolo importante»75
.
È evidente che, in gran parte se non in tutte le società, i genitori trasmettono ai bambini forti messaggi sia di avversione che di disgusto nei confronti di alcuni oggetti, e che questi messaggi trasformano l’attrazione in avversione, o quantomeno causano una repressione molto forte. Tuttavia i bambini non sviluppano immediatamente un disgusto vero e proprio verso questi oggetti; piuttosto, come reazione alle indicazioni dei genitori, svilupperebbero in un primo tempo una semplice avversione. Dopo ripetute manifestazioni di disgusto da parte dei genitori e di altri i bambini arrivano a condividere pienamente il disgusto.
Nonostante il disgusto sia scisso dall’ambito di ciò che è pericoloso, tuttavia esso porta a evitare molti oggetti o sostanze che sono ritenute realmente pericolose divenendo in questo modo uno strumento euristico molto importante per la vita quotidiana sebbene, come già detto, il disgustoso non coincida esattamente con ciò che è pericoloso.
Il disgusto finisce per emergere prima o poi perché può essere necessario per vivere.
A livello antropologico tali questioni sono riprese e approfondite da Pierre Bourdieu nella sua opera principale del 1979 La distinzione. Critica sociale del gusto76 nella quale secondo l’autore i gusti intesi come preferenze non dipendono solo da una propensione individuale ma sono legati anche alla società nella quale
75 Cit. Nussbaum M., Nascondere l’Umanità. Il Disgusto, la Vergogna, la Legge, cit., p. 121. 76 Bourdieu P., La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna 2001.
52 si vive, ossia egli ritiene che le strutture sociali siano forze condizionanti, così come allo stesso modo, come abbiamo visto poco sopra, i genitori incarnano tali forze nei bambini riuscendo a influenzarli e a persuaderli. Secondo Bourdieu un individuo sceglie certi beni e ha un certo gusto a causa delle sue condizioni sociali ed economiche, in altre parole, nella società ogni individuo fa scelte di consumo in base alla sua classe sociale. Ogni persona si inserisce o nella classe dominante (ricca e istruita) o nella classe dominata (povera e incolta). La posizione sociale di un individuo è determinata da tre variabili: capitale economico (reddito), capitale culturale (conoscenze acquisite grazie alla famiglia e alla scuola) e capitale sociale (relazioni che un individuo intrattiene con altre persone: amici, colleghi di lavoro o di studio etc.). Tutti noi occupiamo una posizione sociale grazie a una combinazione specifica di questi tre tipi di capitale. Le condizioni degli individui in termini di tipi di capitale posseduto possono trasformarsi in scelte relative a beni di consumo e prodotti culturali. Ogni classe, in base al reddito e all’istruzione, sceglie beni e prodotti secondo il loro gusto. Per il sociologo però, è importante sia ciò che scegliamo, sia ciò che non scegliamo. Noi ci definiamo in opposizione a ciò che non ci piace. Il gusto per una cosa implica automaticamente il disgusto per un’altra cosa. Per l’autore l’individuo sceglie beni e prodotti culturali conformemente al suo gusto, dettato da motivazioni coscienti, ma anche da motivazioni inconsce e irrazionali. Crescendo nella nostra famiglia e andando a scuola, acquisiamo delle conoscenze e dei modelli di comportamento che memorizziamo e che diventano inconsci cioè che applichiamo senza rendercene conto. Grazie a queste conoscenze registrate legate alla classe sociale di appartenenza, noi scegliamo beni di consumo, arredamento, abbigliamento,
53 linguaggio e cura del corpo e inoltre emettiamo giudizi su queste nostre o altrui pratiche e opere culturali. Tali giudizi esprimono il nostro gusto ed esso funziona come “senso dell’orientamento sociale” perché noi possiamo capire la posizione sociale delle persone sulla base delle loro pratiche e dei loro gusti. Saremo spesso disgustati dalle scelte operate dalle classi inferiori perché riflettono un gusto che si discosta da quello nostro e che per questo stesso motivo troviamo riluttante.
Con le parole della stessa Nussbaum e con il contenuto dell’opera di Bourdieu si è dimostrato come il disgusto sia un’emozione «soggetta a influenze culturali e ideologiche»77.
In conclusione è da evidenziare come le movenze dei lineamenti e i gesti tipici del disgusto siano «gesti e movenze comuni a tutte le parti del mondo»78. Anche la Nussbaum79 sottolinea come il disgusto abbia forti tratti comuni nelle diverse culture ma anche nelle diverse epoche e nelle diverse parti del mondo.