Prima di addentrarci nel pensiero di Kolnai, ritengo necessario offrire alcuni cenni biografici, giacché si tratta di un pensatore non molto conosciuto ma assai rilevante in questa sede.
Aurel Kolnai nacque a Budapest, in Ungheria, il 5 Dicembre 1900, da un’abbiente famiglia ebrea. Nel 1920 si trasferì a Vienna e qui si dedicò allo studio concentrandosi in particolare sulle opere di Brentano, Husserl e Scheler. Nel 1925 aderisce alla fenomenologia – scienza rigorosa, caratterizzata da un atteggiamento critico che dubita delle conoscenze acquisite sospendendo il giudizio – abbandonando la sua impostazione psicoanalitica. Durante gli anni ’30, l’invasione del partito nazista in Austria rimase una delle principali preoccupazioni di Kolnai, anche se nel 1926 si era convertito al cattolicesimo. Nel 1937, infatti, fu costretto a lasciare Vienna a causa delle leggi razziali promulgate dal Nazionalsocialismo e peregrinò prima a Parigi, poi, passando attraverso Spagna e Portogallo raggiunse il Nord America. Dagli Stati Uniti nel 1945 si stabilì in Canada nella città di Quebec, dove ottenne un insegnamento di Storia della filosofia moderna all’università di Laval. Nel 1955 rientrò in Europa, in Inghilterra, per la precisione a Londra, ma fece molta fatica a trovare una cattedra permanente in Gran Bretagna, e anche a causa di preoccupazioni finanziarie, la
35 sua salute cominciò a peggiorare rapidamente. Grazie all’influenza di Bernard Williams e Davide Wiggins riuscì a ottenere l’incarico di “Visiting lectureship” in Ethics part-time al Bedford College di Londra dal 1959 alla sua morte, avvenuta il 28 Giugno 1973 per infarto25.
Le opere di Kolnai sono prevalentemente di carattere etico e politico. Tra le più importanti ricordiamo The war against the West del 1938 – in cui analizza e critica le radici concettuali che sono alla base del Nazionalsocialismo – e Der Ekel, saggio su cui ci soffermeremo in questo capitolo, scritto nel 1927 ma pubblicato due anni dopo nello Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung diretto da Husserl.
Si tratta del primo studio sistematico sul disgusto e costituisce quindi un testo imprescindibile a cui fare riferimento per qualsiasi trattazione sul tema. Il problema del disgusto era stato fino a quel momento completamente trascurato e ignorato, presentando un campo d’indagine vergine e sterile. Con il tempo, accendendosi i riflettori su questa emozione, essa è stata oggetto di interesse epistemologico sia da parte della psicologia che dell’antropologia culturale, delle neuroscienze cognitive, della biologia evoluzionistica, della filosofia della mente, dell’estetica descrittiva, della metafisica e recentemente anche di altri professionisti.
25 Per i dati biografici di Aurel Kolnai cfr. Fussi A., Disgusto, paura, prossimità nell’analisi
fenomenologica di Aurel Kolnai, in AA. VV., Tra corpo e mente. Questioni di Confine, a cura di B. Centi, Le Lettere, Firenze 2016, pp. 257-258 e al profilo bibliografico di Aurel Kolnai di Marco Tedeschini in Kolnai A., Il Disgusto, traduzione e cura di Marco Tedeschini, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2017, pp. 113-129.
36 Il disgusto è l’unica emozione che comprende sia il mondo fisico che la sfera morale. Come vedremo, potremo essere disgustati da un corpo in putrefazione o da atteggiamenti e comportamenti eticamente scorretti, come i tradimenti, la corruzione, la menzogna, la viltà, la mancanza di carattere oltre alle perversioni sessuali.
Il disgusto fisico nasce dall’orrore che l’uomo prova per la sua animalità, vale a dire per il suo corpo, e dall’orrore della morte; il disgusto morale o sociale è parte del razzismo e dell’avversione per il diverso. Tuttavia il disgusto fisico non seleziona sempre il pericolo e quello socio-morale non serve a distinguere il bene dal male.
«Nonostante si tratti di una componente ordinaria e piuttosto rilevante della vita affettiva»26
, ci stupiamo che un’emozione del genere sia rimasta inesplorata e accantonata per così tanto tempo27. Anche nel campo della filosofia sono stati prodotti importanti contributi sul tema, soprattutto dalla prospettiva della filosofia del diritto e della politica con l’analisi di Nussbaum28
. Dal punto di vista dell’estetica è uscito nel 1999 un lavoro monumentale di Menninghaus29
– tradotto in italiano solo recentemente – il quale ha ricostruito la teorizzazione del
26 Cit. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 29.
27 Cfr. Fussi A., Disgusto, paura, prossimità nell’analisi fenomenologica di Aurel Kolnai, cit., pp.
258-259: «All’inizio di Der Ekel, Kolnai lamentava che, mentre emozioni come l’odio e la paura avevano suscitato molto interesse fra gli studiosi, il disgusto fosse per lo più ignorato, benché presentasse qualità molto specifiche, si riferisse a una vasta gamma di oggetti, non fosse riducibile a reazioni istintive e avesse connotazioni sia fisiche che morali […]. La situazione degli studi sul disgusto si è rovesciata in tempi recenti: al fenomeno sono state dedicate innumerevoli ricerche di psicologia sperimentale, e l’interesse su questa emozione continua a crescere». Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 29.
28
Nussbaum M., Nascondere l’Umanità. Il Disgusto, la Vergogna, la Legge, cit; Nussbaum M., Disgusto e umanità. L’orientamento sessuale di fronte alla legge, traduzione di Stefania de Petris, Il Saggiatore, Milano 2011.
29 Menninghaus W., Disgusto. Teoria e storia di una sensazione forte, a cura di Serena Feloj,
37 disgusto nell’arte e nell’ambito della produzione del bello a partire dalle opere dei più famosi filosofi dal ‘700 al ‘900.
Per entrare nel merito dell’argomento, è buona norma procedere per gradi e rispondere alla seguente domanda: quali sono gli oggetti del disgusto? Cos’è disgustoso?
Innanzitutto si può dire, usando le stesse parole di Kolnai, che: «l’ambito di pertinenza del disgusto è eccezionalmente vasto»30
. Inoltre, per quanto riguarda l’oggetto intenzionale di questa emozione, cioè l’oggetto su cui l’emozione si concentra e che causa l’emozione stessa, di primaria importanza è come si presentano gli oggetti, ossia l’aspetto qualitativo delle cose.
«Il disgusto non si riferisce mai all’inorganico, a ciò che è privo di vita (con l’eccezione dello sporco)»31
.
Suscitano disgusto gli oggetti che si stanno putrefacendo. È fondamentale precisare che non disgusta uno scheletro già privo di membra, perché a disgustare non è la morte stessa, ma il passaggio dalla vita alla morte, o la presenza stessa della vita nella morte. Così saremo disgustati da un cadavere in decomposizione con vermi pullulanti, dalle ferite aperte in cui si possono vedere le interiora del nostro corpo e, in generale, da tutto quello che rivela e palesa che il nostro corpo può essere smembrato, sezionato, disfatto etc32. Curiosa, e a cui far subito
30
Cit. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 29.
31
Ibidem, p. 31.
32 Ibidem, p. 62: «L’oggetto prototipico del disgusto è, come già indicato, l’insieme delle
manifestazioni della putrefazione. Ad essa appartengono anche: il decadimento di un corpo vivente, la decomposizione, il disfacimento, il fetore dei cadaveri, in generale il passaggio dal vivente allo stato di morte. Beninteso, non questo stato stesso; l’inorganico non viene affatto esperito come disgustoso. Neppure uno scheletro o un cadavere mummificato: “orrendo” non significa “disgustoso”. La nota caratteristica del disgustoso ha sede in modo particolare nel processo della putrefazione e nel suo portatore […] In generale, conviene ripeterlo, ciò che, in
38 attenzione, è la relazione tra il disgusto e ciò che è vitale. Tale termine ricopre più significati: può voler dire ciò che è dotato di movimento; può voler circoscrivere l’ambito del disgusto stesso, perché esso riguarderebbe per lo più la vita; e infine vitale potrebbe significare ciò che della vita è indegno e dunque da allontanare.33
Suscitano disgusto gli escrementi e le secrezioni corporee: con quest’ultimo termine si indicano ad esempio il sudore, il muco nasale, il ciclo mestruale, la saliva, lo sperma, i catarri e le suppurazioni (produzione di pus). Si tratta per lo più di materiali vischiosi, gelatinosi o semiliquidi che urtano la nostra sensibilità e ci infastidiscono. Le zone corporee dove più spesso si ritrovano fenomeni ripugnanti sono le mucose che possono essere infettate o infiammate e riportare un colore anomalo, un odore sgradevole e produrre delle sostanze per l’appunto disgustose.
L’unica secrezione umana che non è ritenuta disgustosa sono le lacrime, presumibilmente perché si pensa (sbagliando) che siano unicamente umane e quindi non ci ricordano ciò che abbiamo in comune con gli animali.
Ancora a suscitare disgusto può essere, come anticipato, la sporcizia, «l’unico oggetto tipico del disgusto che non sia riferito strettamente alla vita in disfacimento, o in generale alla vita»34
. Lo sporco non disgusta per la sua possibile
quanto mero vivente non funzionante, è morto non è mai disgustoso, perché allora, anche la carne fresca sarebbe disgustosa, anzi così, persino una statua o un ritratto potrebbero esserlo».
33 Cfr. Tedeschini M., Il pre-giudizio del disgusto tra conoscenza e valutazione. A partire da Aurel
Kolnai, in Studi di estetica, anno XLIV, IV serie, 2/2016, p.75.
39 pericolosità o per il suo aspetto “nocivo”35
, ma per il fatto che esso penetra nelle superfici corporee oppure in oggetti d’uso che riguardano intimamente i corpi.
Anche alcuni animali possono disgustare, e in particolare alcuni insetti, ma pure vermi e parassiti; basti pensare a una chioma di capelli infestata di pidocchi, piccoli animaletti che succhiano il nostro sangue prolificandosi in quantità abnorme. Al solo pensiero di questi esserini rabbrividiamo e inconsciamente cominciamo a grattarci la testa.
Tra gli animali che normalmente suscitano un sentimento abbastanza diffuso di disgusto vi sono anche i ratti; essi suscitano angoscia e inquietudine probabilmente perché sappiamo che si tratta di un mammifero, forse l’unico, che ci appare potenzialmente dannoso: infatti dimora nei recessi, ha tendenze parassitarie, è sporco ed è causa di epidemie.
Un altro animale fonte di disgusto è il serpente: esso striscia, è insidioso e freddo; caratteristiche che in parte si ritrovano negli insetti, i quali strisciano, brulicano e si contorcono.
Il disgusto provocato da tutti questi animali non è però proporzionale alla pericolosità oggettiva di tali soggetti; è più probabile che il disgusto assolva alla funzione di allarme e ci metta in guardia da eventuali dispiaceri.
A disgustare possono essere anche dei cibi ma in questo caso «non c’è un disgusto unitariamente afferrabile, perché qui, nonostante l’analisi dei casi tipici, le differenze individuali sono troppo grandi»36
. È tuttavia da osservare come sia
35 Ivi: «L’elemento del “nocivo” certamente, qui, non è centrale: è assolutamente secondario
sapere che mangiare senza aver lavato le mani, o altre cose simili, può avere effetti nocivi per la salute».
40 possibile che nei cibi si nasconda e si annidi la possibilità che siano disgustosi: essi infatti pretendono di essere mangiati e in alcuni casi potrebbero offendere il senso di gusto individuale di una persona.37 Un caso di disgusto gastronomico è fornito dal formaggio: questo alimento ha spesso un odore molto forte e si trova in uno stato molto simile a quello della putrefazione (in esso infatti potrebbero addirittura essere ritrovati vermi a causa dei processi di fermentazione).
Ancora a produrre disgusto potrebbe essere il corpo umano e in alcuni casi la prossimità di un corpo con altri corpi umani: «quanti uomini sono presi da disgusto quando si ritrovano schiacciati in un tram assieme ad altri uomini, o quando si devono sedere su una sedia “scaldata in precedenza”»38
.
A disgustare sono anche i segni del corpo che indicano deterioramento e invecchiamento come le rughe, le grinze, le macchie sulla superficie dell’epidermide, le verruche ma anche gli accumuli di grasso.39
Come già accennato, disgusta inoltre vedere le interiora del nostro corpo, compreso il sangue.
Ci disturbano e ci disgustano la malattia e le deformità corporee. I tumori, le ulcere e altri stati patologici ci disgustano in quanto rappresentano uno stato di decadimento precoce; la deformazione della figura corporea invece disgusta «per il fatto che la mancanza di una parte visibile del corpo determina in qualche modo anche un “surplus” di visibilità»40
. È come se mancando delle parti alla normale
37 Ivi: «Per lo più bisognerebbe fermarsi all’osservazione che, nella maggior parte dei cibi, si cela
la possibilità che siano disgustosi: per via della pretesa di essere mangiati». Cfr. Darwin C., L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, cit., p. 325: «La parola disgusto, nel più stretto significato, si applica ad ogni sensazione che offende il senso del gusto».
38 Cit. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 73.
39 Cfr. Menninghaus W., Disgusto. Teoria e storia di una sensazione forte, cit., pp. 80-85. 40 Cit. Kolnai A., Il Disgusto, cit., p. 75.
41 figura corporea, come arti superiori o inferiori, dita delle mani o dei piedi, il nostro sguardo cadesse proprio su quelle zone “in difetto”, perché diverse dalla normale consuetudine, e andassimo a ledere l’altrui sensibilità provocando nella persona “adocchiata” imbarazzo o vergogna.
A provocare disgusto è quindi la vita fuori posto che si fonda sulla vita stessa e non la mancanza di vista in sé.41
Ci siamo occupati fin qui degli oggetti che causano disgusto fisico; è tempo di capire quali siano gli oggetti che producono disgusto morale.
Suscita disgusto «il sentimento di svogliatezza, che viene risvegliato da un’irritante monotonia»42
. Siamo disgustati quando siamo allietati da un piacere intenso, speciale e continuo: «così avviene quando veniamo serviti con le stesse leccornie ogni giorno, o in generale, soprattutto quando siamo sommersi dai piaceri della tavola per troppo tempo, o stiamo a letto molto a lungo»43
. A differenza della semplice noia, caratteristica di questi stati è una qualche perdita del sentimento del tempo: «una nota d’intemporalità e infecondità, di eterna sazietà, che senza fine intensifica questo stato, nel quale è come se non facessimo altro che girarci su noi stessi»44. Quando ci troviamo immersi in una situazione priva di cambiamenti o di tonalità differenziate, e la monotonia è il comune denominatore che accompagna le nostre giornate, o anche quando per esempio sì proviamo piacere per il godere di un piatto succulento, ma tale piacere non è più avvertito come tale in quanto continuo e abitudinario, il senso del tempo viene
41 Ivi: «A provocare disgusto non è la meramancanza di vita in sé, bensì la vita fuori posto che
può fondarsi su quella».
42 Ibidem, p. 76. 43
Ibidem, p. 77.
42 meno: potrebbe essere mattina o sera, ma tale inquadramento temporale è irrilevante per l’individuo che si trovasse in questa condizione dal momento che le sue giornate si susseguono tutte uguali e senza uno scopo.
Disgustosa può diventare, per la maggior parte degli uomini, l’inattività prolungata, ad esempio, per questioni di salute e in ragione di una vita agiata.
Proviamo disgusto nei confronti dell’incesto: tra fratelli e ancor più tra padri e figli. Il disgusto si rivolge ad aspetti e tipi determinati di immoralità sessuale, ma può anche venir provato senza che ne consegua un autentico giudizio etico. In realtà, tutto ciò che ha una forte connotazione sessuale si presta a essere avvertito come disgustoso dalla maggior parte delle persone.
Da annoverare quale forma di disgusto morale vi è poi la menzogna, ovvero il tratto caratteristico della mendacia. Ci disgustiamo per ogni forma di falsità, infedeltà, tradimento e corruzione cioè per la mancanza di correttezza generale.
Concludiamo questo elenco con il disgusto per tutte le forme di mollezza morale: intendiamo la volubilità, l’inconsistenza, la mancanza di carattere, l’incapacità di volere e prendere posizione.