Con il termine paura si identificano stati di diversa intensità emotiva che vanno da una polarità fisiologica come il timore, l’apprensione, la preoccupazione, l’inquietudine o l’esitazione sino a una polarità patologica come l’ansia, il terrore, la fobia o il panico. La parola paura viene utilizzata per esprimere sia la preoccupazione per un evento presente, sia la preoccupazione per un evento negativo che si prevede possa accadere in futuro; tale prefigurazione si ritrova nella definizione che Aristotele stesso dà di questo fenomeno come «una forma di sofferenza o uno sconvolgimento che deriva dalla prefigurazione di un male imminente che causa rovina o dolore»101.
La paura, come del resto tutte le nostre emozioni, dipende dai pensieri che formuliamo nella nostra mente; spesso, infatti, capita di avere paura senza che ci sia un pericolo reale. Per mezzo del pensiero noi creiamo immagini e il nostro inconscio non distingue tra ciò che è reale e ciò che non lo è, prendendo per vera qualsiasi raffigurazione plasmata dalla mente. Per provare paura, così come per tutte le altre emozioni, è di fondamentale importanza il modo in cui interpretiamo un oggetto, una persona o una situazione: è essenziale l’aspetto cognitivo. Facendo degli esempi si capirà meglio il concetto: c’è chi ha paura di prendere
64 l’aereo perché lo considera un mezzo di trasporto pericoloso, senza via di fuga, un luogo troppo chiuso e opprimente; c’è chi, invece, non ne ha paura perché lo ritiene semplicemente un modo sicuro e veloce per viaggiare (le statistiche infatti confermano la minore pericolosità di questo mezzo di trasporto giacché gli incidenti aerei sono meno frequenti di quelli automobilistici). La paura dipende, quindi, dal nostro diverso modo di formulare pensieri e di interpretare gli eventi.
La paura può manifestarsi in molti modi. Essa si evolve in fobia quando si cronicizza e si focalizza su un oggetto o una situazione specifica. La fobia è una strategia che la nostra mente utilizza per gestire l’ansia: il timore che proviamo di fronte a emozioni e pensieri che non riusciamo a controllare viene spostato su un oggetto esterno (l’aereo, il ragno, la malattia) più facilmente gestibile.
Occupiamoci adesso propriamente di ciò che incute e produce paura. Potenzialmente qualsiasi oggetto, persona o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre un’emozione di paura.
Genera paura tutto ciò che è al di fuori del controllo umano, ad esempio eventi come terremoti, tempeste, incendi, fenomeni atmosferici, «qualificati come oggettivamente temibili per qualunque uomo assennato»102.
Può provocare paura qualcosa che appare come un pericolo imminente. Il verbo apparire presenta tuttavia un’ambivalenza semantica, «in quanto, come noto, designa sia l’apparire, che può corrispondere o meno alla realtà, sia, con maggior enfasi, l’essere manifesto, o evidente»103. Quindi, “un apparente
102 Cit. Centrone B., φόβος nella Retorica di Aristotele: tra emozione istintiva e cognizione
complessa, in La Retorica di Aristotele e la dottrina delle passioni, Pisa University Press, Pisa 2015, p. 165.
65 pericolo” può significare un pericolo che appare tale e lo è anche in realtà, o un pericolo che appare tale ma che in realtà non lo è, o un pericolo manifesto, palese.
«Nel caso della paura, per provocarla è sufficiente che qualcosa appaia come un pericolo imminente, non necessariamente come un pericolo manifesto o cospicuo»104. Successivamente è opportuno chiedersi se, perché si dia un’emozione, sia sufficiente una semplice apparenza o sia necessario l’ulteriore livello della credenza. Facciamo degli esempi: il sole ci appare grande quanto un’anguria ma questa nostra percezione è errata dal momento che sappiamo che la sua grandezza è molto maggiore. Quando siamo preda di un pathos cadiamo vittima di inganni percettivi: ad esempio, quando un bambino si trova a casa da solo, in balia della paura, qualsiasi rumore gli appare sospetto ed è convinto che provengano realmente da un ladro, da qualcuno cioè che gli voglia fare del male. Nel primo esempio – quello del sole – la nostra credenza è vera ma la nostra percezione è sbagliata; nel secondo caso – quello del bambino – è erronea sia la percezione sia la valutazione, perché solo in un secondo momento il bambino si renderà conto che i rumori che sentiva provenivano, per esempio, dall’animale domestico che si trovava nell’altra stanza, dalla caduta accidentale di qualche oggetto lasciato in bilico o da un elettrodomestico lasciato in funzione. Solo se «il pathos non è eccessivo, al soggetto non sfugge che si tratta di apparenze non corrispondenti alla realtà»105. In alcuni casi, tuttavia, «l’apparenza persiste nonostante la consapevolezza della sua falsità»106. Per esempio quando un cioccolatino ci appare un bene, e lo desideriamo, anche se non è un bene per noi
104 Ivi.
105 Ibidem, p. 152. 106 Ivi.
66 (potremmo infatti avere il diabete, malattia per la quale il cioccolatino non sarebbe assolutamente un bene bensì il suo contrario).
Se applichiamo tutto ciò al caso della paura, possiamo indubbiamente sostenere che qualcosa può «apparire pericoloso e dunque incutere paura anche se (ancora) non lo si giudica tale, o non lo si giudica tale in generale»107. Per queste ragioni, può causare paura un rumore improvviso «anche se non si è ancora stabilito se ciò che lo ha causato sia realmente temibile, oppure, caso analogo ma non identico, al buio che provoca paura anche se si ritiene, vera o falsa che sia questa opinione, che non sia qualcosa da temere»108. In sintesi, quindi, per suscitare un pathos è sufficiente un’apparenza che può non essere conforme a ciò che si crede o si opina. A maggior ragione, se è vero tutto ciò, sarà vero anche che la paura può originarsi anche, e soprattutto, se è presente l’opinione che qualcosa di estremamente negativo si stia per verificare. «All’opinare si accompagna infatti la credenza, la convinzione, nello specifico, che qualcosa sia effettivamente temibile»109.
Possiamo affermare senza esitazione che l’emozione di paura che proviamo quando in essa non compare l’opinione corrispondente è comunque un’emozione, se pur di second’ordine. Per spiegare ulteriormente tale tipologia di emozione, si può far riferimento alla pittura dato che è possibile provare una sorta di paura anche solo vedendo immagini dipinte, o alla rappresentazione tragica, alla rappresentazione teatrale, cinematografica o televisiva. In tutte queste diverse forme d’arte, che indiscutibilmente producono emozioni, non si crede mai di
107 Ibidem, p. 153. 108 Ivi.
67 essere realmente in pericolo, ma poiché lo spettatore si sente fortemente coinvolto in tali vicende, è portato a provare la medesima emozione del protagonista.
Qualcuno, tuttavia, potrebbe obiettare che a questa forma di emozione manchi una delle componenti che la rendono tale, ossia l’aspetto conativo, quello cioè che spinge il soggetto ad agire, nel caso della paura è l’istinto di fuggire e ad allontanarsi dal pericolo. Sebbene ciò sia vero, non si può tuttavia negare che quello che viene sperimentato dallo spettatore di una delle suddette forme d’arte sia paura a tutti gli effetti.
È ormai chiaro, quindi, che è possibile provare una sorta di paura, accompagnata da sintomi fisici e dalle manifestazioni corporee a essa correlate anche in assenza di un pericolo reale, semplicemente rappresentandoselo, immaginandoselo e pensandolo. È sufficiente pensare a qualcosa di pauroso per avere i sintomi della paura, anche in assenza del corrispondente oggetto. Questo tipo particolare di paura non può essere esperito dagli animali però, i quali temono sempre qualcosa che è presente. Questo genere di paura, data l’assenza di un oggetto reale che la provochi, non può essere considerata un’emozione a pieno titolo, tuttavia rimane oscura la classificazione di un’affezione del genere. Nonostante tutto ciò, non si esclude che l’affezione subita sia autentica paura, solamente si riscontra il fatto che il pensiero non conferma la presenza di qualcosa di effettivamente temibile, dato che di conseguenza non spinge il soggetto all’azione. «Il fatto che alla condizione dell’anima descritta non segua l’azione […] non è un motivo valido per non considerarla, a qualche titolo, un’emozione che merita il nome di paura: il soggetto prova una forma di dolore (e mostra
68 sintomi fisici corrispondenti al pathos) che deriva da una prefigurazione di qualcosa di temibile»110.
Questa ampia digressione si è mostrata necessaria al fine di dimostrare che l’emozione di paura è pur sempre tale sia quando l’oggetto pericoloso è reale, sia quando è soltanto immaginato, pensato o rappresentato nella nostra mente; quando il pericolo ci appare tale ma non necessariamente crediamo lo sia anche nella realtà; infine quando il pericolo ci appare come un male imminente e lo è anche nella realtà.
Soffermandoci quindi ancora una volta sugli oggetti che possono causare la paura e dirigere la nostra attenzione su di loro, possiamo riscontrarne una varietà molto ampia: possono far paura alcune specie animali; possono incutere timore certe persone che riteniamo cattive e in grado di causarci dolore sia a livello fisico che a livello psicologico; possiamo aver paura di oggetti che potenzialmente, se utilizzati in modo scorretto o con una finalità brutale, possono danneggiarci o ucciderci (pistole, coltelli, forbici, oggetti appuntiti etc.). Possiamo altresì aver paura di cose astratte ma non per questo con un minor grado di pericolosità: può farci paura l’altezza e per questo avere sintomi fisici ben delineati come gambe tremolanti, pallore, sudorazione, cuore accelerato; possiamo aver paura dei luoghi grandi, di spazi aperti (agorafobia), viceversa anche di quelli piccoli e chiusi (la claustrofobia); possiamo avere paura di perdere il lavoro, paura di ciò che gli altri pensano di noi, paura di perdere le persone care, paura delle malattie (ipocondria). Tutte queste diverse tipologie di paura esigono da parte nostra il coraggio di affrontarle e di reagire – reazioni fisiche quali la fuga o psicologiche come
69 l’elaborazione di strategie – per permetterci di sventare il pericolo, impedendo all’azione pericolosa di avere effetto, rendendo vana la minaccia e riuscendo il prima possibile a considerarci salvi per proseguire le nostre attività.