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Il Fascio Tenente Luigi Avversi di Barcellona

Gli strumenti dell’inquadramento politico e culturale

2.1 Il Fascismo e gli emigrat

2.2.2. I Fasci all’Estero

2.2.2.1. Il Fascio Tenente Luigi Avversi di Barcellona

«Se esiste una maniera con la quale non si può definire la traiettoria del Fascio italiano di Barcellona nel corso dei suoi tredici anni di vita è tranquilla»206. Con queste parole Gonzàlez i Vilalta iniziava la storia del Fascio italiano Tenente Luigi Avversi di Barcellona. In effetti, l’insediamento del fascio locale nella comunità italiana del capoluogo catalano non fu un percorso semplice, a causa della «equivoca posizione»207 che l’associazione avrebbe dovuto rappresentare nei confronti delle istituzioni preesistenti e delle autorità consolari. La scomparsa della documentazione ufficiale della Segreteria dei Fasci all’Estero208 e le pochissime informazioni riguardanti la sezione barcellonese riscontrate ne Il Legionario complicano ulteriormente la possibilità di tracciare una storia lineare dell’organizzazione. La stessa data di costituzione è dubbia; da un lato sono state riscontrate le lettere private di due veterani fascisti, Cesare Pavesio, e Carlo Carandini; secondo il primo il Fascio sarebbe stato fondato nel 1923, mentre per il secondo nel dicembre 1925209.

Dall’altro, stando ai comunicati

ufficiali pubblicati nei bollettini della Segreteria Generale dal titolo “I Fasci Italiani all’Estero” sia il 22 maggio 1924210che il 30 maggio 1925211 venne annunciata la costituzione del Fascio di Barcellona. Il primo direttorio era composta da Alfredo Santarini, Amleto Luise e Enrico Carandini, sotto la supervisione del Console Generale d’Italia Ferdinando Mazzini. Tra tutte queste date sembra che la più probabile sia quella ricordata da Carandini; in effetti, il 19 dicembre 1925 si celebrava, nell’Hotel Quattro Nazioni la prima riunione del Fascio di Barcellona. L’atto di costituzione veniva siglato con un documento ratificato da 18 firmatari: Amleto Luise, Enrico Dalla Rosa, Camillo De Filippo, Cesare Gollino, Carlo Carandini, Nino Buzzanca, Gaetano Foico, Camillo Tovani, Giuseppe Rapelli, Giuseppe Zanon, Renzo Collo, Mario Maragliano, Pietro Ballarini, Alfredo Santarini, Carlo Pironti, G. Renzo Bonavia,

206

A. Gonzàlez i Vilalta, Cataluña bajo vigilancia, cit., p.. 45

207

Ibidem p. 46

208

D. Fabiano, I Fasci italiani all’estero, cit. p 225.

209

In realtà Carandini propone una data ufficiosa ed una ufficiale; la prima è 10 aprile 1924 si riuniva una prima delegazione del Fascio, capeggiata da Giuseppe Bonavia, la quale preparò la costituzione ufficiale del Fascio, nel dicembre 1925. A. Gonzàlez i Vilalta, Cataluña bajo vigilancia, cit., p.46

210

“Costituzione di nuovi Fasci. Nomine dei Direttori”, in I Fasci Italiani all’Estero, a. I, n.2, 22 maggio 1924, p.2 Disponibile online: http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/giornale/UM10011128/1924/unico/00000006

211

“Spagna. Barcellona. La costituzione del Fascio”, in I Fasci Italiani all’Estero, a. II, n.22, 30 maggio 1925, p. 15 Disponibile online: http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/giornale/UM10011128/1925/unico/00000505

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Pietro Lupi e Ferruccio Verdelli212

. In quella riunione veniva approvato anche il primo statuto della sezione. Secondo l’Articolo 1:

«Il Fascio Italiano, costituito in conformità al regolamento delle leggi spagnole, ha come obiettivo riunire gli italiani residenti in Spagna, mantenere sempre vivo in essi il sentimento della Patria, aiutarli, proteggerli, valorizzarli, informare gli stranieri sulla realtà d’Italia, diffondere l’arte, la scienza e la cultura italiana, e armonizzare le relazioni tra Spagna e Italia»213.

Per essere ammessi era necessario presentare una richiesta scritta con la garanzia di due soci e bisognava confermare di non appartenere a nessuna loggia massonica o società segreta. Tuttavia, in alcuni casi, l’accettazione della domanda avveniva solo in seguito ad un controllo da parte delle autorità consolari, in merito ai precidenti e all’orientamento politico del candidato214.

Come avremo modo di constatare, le relazioni tra il Fascio di Barcellona e le autorità consolari non furono sempre floride ed iniziarono a incresparsi nell’estate del 1925, a seguito della rielezione di Aldo Zennaro alla presidenza della Società Reduci e Smobilitati. In quella occasione - dettagliata nel prossimo capitolo in seguito - il console Mazzini volle procedere con cautela, mentre i membri del fascio richiedevano un intervento più deciso. Beneficiando del supporto del delegato del PNF per la Spagna Marchiandi, il console poté seguire la sua strategia. Nell’aprile dell’anno successivo, il direttorio del Fascio chiedeva al console Mazzini di realizzare un censo completo degli italiani residenti nella circoscrizione sotto la sua supervisione ai quali poter inviare materiale di propaganda fascista215. Considerando questa richiesta come un chiaro tentativo di oltrepassare la sua autorità, il 22 aprile, Mazzini scriveva all’ambasciata di Madrid, criticando le azioni dei dirigenti fascisti: «Credo opportuno aggiungere […] che, nonostante i miei consigli, questo Fascio non realizza le sue iniziative dentro le sue possibilità e, per tanto, può provocare interferenze e confusioni, che è nostro interesse evitare»216. Il console ricevette l’appoggio dell’ambasciatore, ma ciò non bastò per placare gli animi all’interno del Fascio. Il 28 maggio il direttorio della sezione barcellonese inviò una lettera di protesta a Mazzini accusandolo di non essere fascista e di essere il

212

A. Gonzàlez i Vilalta, Cataluña bajo vigilancia, cit., p. 48.

213 Ibidem. Traduzione mia. 214

Ibi, p. 49.

215

Tutte le informazioni sono prese da A. Gonzàlez i Vilalta, Cataluña bajo vigilancia, cit., pp. 49-59.

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principale responsabile dei conflitti interni alla colonia. Inoltre, l’attacco continuava sostenendo che il console «avesse preteso combattere ogni iniziativa modesta e giustificata del Fascio, presentandola come una illecita interferenza e un attentato all’autorità consolare, […] mentre, in realtà, condannava il Fascio a una degradante inoperatività per svalorizzarlo e giustificare così le prevenzioni adottate»217. Pochi giorni dopo, Mazzini ricevette una lettera da parte di Marchiandi che, questa volta, si schierava apertamente con il fascio. A quel punto, al console non rimase che coinvolgere direttamente il Ministero degli Affari Esteri per chiedere la definitiva sostituzione delle personalità poste al vertice dell’organizzazione:

«Per uscire da questo stato di cose penso che sarebbe consigliabile la nomina di una commissione straordinaria per questo Fascio in sostituzione dell’attuale direttorio, il quale, cedendo alle ispirazioni di un suo membro, ha mancato i propri doveri, ristabilendo così una situazione che assicuri il rispetto all’autorità, la concordia degli animi, la buona direzione delle istituzioni che faciliterà consenso ed adesione al fascio»218.

La situazione si bloccò finché l’ambasciatore di Madrid non decise di riunirsi con Mazzini e Marchiandi. Il risultato della riunione fu quello sperato dal console: il direttorio del Fascio doveva essere sostituito. Il 1° novembre Marchiandi inviava una lettera alla comunità italiana del capoluogo catalano, dichiarando lo scioglimento del Fascio di Barcellona. Si trattò di una vera e propria rifondazione, dato che i soci furono obbligati a riconsegnare il proprio carnet e a presentare nuovamente la domanda di ammissione che sarebbe stata esaminata dal nuovo direttorio, composto da Mario Acquarone, Antonio Clementi e Mazinio Paretti. Nella stessa lettera, il delegato del PNF per la Spagna sottolineava che l’accesso all’organizzazione era subordinato all’assoluto rispetto per le gerarchie, per le rappresentanze diplomatiche e per le leggi del paese ospitante. Se da un lato i cambi ai vertici avevano risolto, temporaneamente, le relazioni tra il console ed il fascio, dall’altro avevano accentuato le diatribe all’interno della stessa organizzazione. La polemica durò per vari mesi e solo a seguito della nomina del nuovo console Guido Romanelli si arrivò ad una soluzione definitiva, ma con un ulteriore cambio al vertice del fascio. Dal 20 giugno 1927 la configurazione del nuovo direttorio era: Mario Acquarone (presidente), Nino Buzzanca (vicepresidente) e Emilio Carandini (segretario).

217

IISH, CNT-FAI, p. 35, fascc. C1-C4, in Ibidem. Traduzione mia.

218

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Dei nove anni compresi tra il 1928 e l’inizio della Guerra Civile nel 1936, i documenti relativi all’attività del Fascio di Barcellona sono molto scarsi; la corrispondenza tra l’organizzazione ed il Consolato Generale si limitò alla richiesta di controlli e indagini nei confronti degli aspiranti membri: ad esempio il 30 maggio 1928 si chiesero informazioni sul signor Scotto Pasquale di Agostino e sulla signora Clotile Pozzoli, il 2 luglio 1929 si richiedevano dettagli su Enrico Russo e molti altri si susseguirono nel corso degli anni. Quanto ai documenti da noi analizzati, nei numeri del novembre 1934 e del novembre- dicembre 1935 del Bollettino d’Informazione ai Soci della Casa degli Italiani venivano pubblicati due articoli dedicati rispettivamente al Fascio Luigi Avversi e al Fascio Femminile. In entrambi gli articoli venivano delineati gli obiettivi dei due comitati; per quanto riguarda la sezione maschile:

«Le finalità dei Fasci Italiani all’Estero consistono nel mantenere alle Colonie Italiane sparse nel mondo una sensibilità nazionale che fraternizzi in tutto con quella esistente in Patria. E per sensibilità nazionale il Fascismo intende solidarietà fra tutti gli Italiani, disciplina verso sé stessi e gli interessi sociali, dedizione dell’individuo alla Patria. Questi postulati sono poi le colonne maestre della Comunità Fascista. Gli obiettivi dei Fascio di Barcellona non possono essere altri, ed infatti esso accomuna tutte le aspirazioni della collettività italiana che tendono a creare una Comunità intesa in senso fascista. Per questo, esso presiede alle opere assistenziali, nelle loro varie manifestazioni, e se lascia certe funzioni esecutive alle Associazioni tradizionali, ne affida altre al Fascio Femminile; da una parte si preoccupa della formazione culturale dei giovani, affidata alle Scuole Elementari e Medie, e dall’altra affida al Gruppo Giovanile l’educazione fisica e la formazione spirituale della gioventù; ed, infine si fa animatore di tutte le iniziative che concorrono a plasmare quella comunità funzionale e spirituale che forma lo scopo del Fascismo»219.

mentre per quella femminile:

«Compito essenziale del Fascio Femminile è quello di fiancheggiare l’opera assistenziale del

Fascio. L’azione del Fascio Femminile assume fisionomia propria nell’organizzare manifestazioni assistenziali a favore delle famiglie più bisognose e dei connazionali degenti negli ospedali od incarcerati, come pure nell’organizzare della simpatica Befana fascista. Alla

219 Nello stesso articolo venivano pubblicati i “Comandamenti del Duce ai fascisti italiani all’Estero”: 1° I fascisti che sono all’Estero

devono essere ossequienti alla leggi del paese che li ospita. Devono dare esempio quotidiano di questo ossequio alle leggi, e dare, se necessari tale esempio agli stessi cittadini; 2° Non partecipare a quella che è politica interna dei paesi dove i fascisti sono ospitati; 3° Non suscitare dissidi nelle colonie ma piuttosto sanarli, all’ombra del Littorio; 4° Dare esempio di probità pubblica e privata; 5° Rispettare i rappresentanti dell’Italia all’Estero; 6° Difendere l’italianità nel passato e nel presente; 7° Fare opera di assistenza fra gli italiani che si trovano in stato di bisogno”. AHC, Bollettino d’Informazione ai Soci, III, novembre 1934, p. 7.

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sua iniziativa sono pure riservate le manifestazioni assistenziali e patriottiche che avvenimenti del giorno possono suggerire. Attivissima e benemerita Direttrice de Fascio Femminile è la Signa Annetta Ventura»220.

Sicuramente il fatto che Barcellona sia rimasta per quasi la totalità del conflitto uno dei baluardi principali della Repubblica, causando la fuga dei filofascisti italiani segnò negativamente le attività del fascio locale, ma non portò al suo definitivo scioglimento, come pensava Gonzàlez i Vilalta. In un documento posteriore la conclusione del conflitto e conservato nell’ASMAE221, del quale però non sappiamo né la data, né l’autore, il Fascio di

Barcellona veniva delineato come quello con maggior peso nella penisola iberica. Un ulteriore conferma della continuità della sezione barcellonese è stata riscontrata nella relazione presidenziale della del 1939 nella quale si allude ad un progetto di ristrutturazione dell’immobile di Pasaje Méndez Vigo n. 5-7, al termine del quale vi avrebbero trovato sede l’ufficio del Fascio, la sezione della G.I.L.E e l’O.N.D.222

Nella relazione dell’anno seguente veniva ufficializzato il trasferimento:

«Abbiamo continuato i lavori di sistemazione dei nostri due immobili. In quello ai n° 5-7 hanno trovato sede il Fascio, gli uffici amministrativi, la Sezione dell’O.N.D.., la Sezione Combattenti. I locali dell’immobile al n° 8 sono stati destinati solo alle attività culturali (Scuole, Istituto di Cultura) e alla G.I.L.E»223.

Il nostro interesse per il Fascio di Barcellona si focalizza nell’azione di penetrazione svolta dai suoi membri, nelle cariche ufficiali delle altre associazione preesistenti e di carattere liberale. Questo processo si rivelò apertamente a partire dal 1924, anche se, come avremo modo di vedere nel prossimo capitolo, già all’inizio degli anni Venti alcuni membri del direttorio della Casa degli Italiani erano di orientazione filo fascista, mentre altri, pur essendo soci da tempo, non avevano mai ricoperto cariche sociali. Ma, soprattutto, avremo modo di constatare che il processo non fu imposto con la forza o attraverso sotterfugi; al contrario, si rispettarono sempre le norme statuarie dell’associazione, avvalendosi frequentemente della facoltà di convocare assemblee straordinarie e lasciando che fossero i soci a deliberare.

220 AHC Bollettino d’Informazione ai Soci, Novembre-Dicembre 1935 - XIV, p. 16 221

ASMAE, As, 1936-1945, b. 114, in R. Domínguez Méndez, Los fasci italianos en España, cit., p. 135.

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ACI, Memorie e Bilanci. 1936-1945. Volume VI, Relazione Presidenziale, 1939, p. 7

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