Gli strumenti dell’inquadramento politico e culturale
2.4 La propaganda fascista e il contesto politico catalano
2.4.2. L’opera nazionalista della Società Dante Alighier
Come abbiamo già esposto nel capitolo precedente, la Società Dante Alighieri venne creata nel 1899, con l’obiettivo di tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana all’estero. Il progetto iniziale della società era fortemente caratterizzato dal contesto storico dell’epoca; la lotta irredentista contro l’Impero Austro-Ungarico per le possessioni italofone nel nord della penisola e l’esodo di migliaia di italiani in cerca di un futuro migliore, le diedero un netto carattere nazionalista299. In questo senso, la società lavorò per rappresentare e celebrare la nazione, tanto all’interno del paese quanto fra gli emigrati italiani di tutto il mondo.
Il processo di fascistizzazione della Società Dante Alighieri si articolò in una progressiva perdita d’autonomia e culminò con l’entrata in vigore dello statuto del 1931, nel quale l’azione in difesa dell’italianità della società veniva relazionata allo “spirito nuovo impresso dalla Guerra e dalla Rivoluzione Fascista»300. Con la progressiva assunzione da
297 ACI, Memorie e Bilanci. 1931-1935. Volume V, Relazione Presidenziale, 1934, p. 7 298
ACI, Memorie e Bilanci. 1931-1935. Volume V, Relazione Presidenziale, 1935, p. 9
299 Si veda B. Pisa, Nazione e politica nella Società Dante Alighieri, Bonacci, Roma, 1995 e P. Salvetti, Immagine nazionale ed emigrazione nella Società Dante Alighieri, Bonacci, Roma 1995.
300
Il processo fu visto dai vertici come il risultato di una convergenza naturale, infatti, ancor prima della ristrutturazione del 1931 “quasi tutto lo stato maggiore della Società si era allineato con il regime, esprimendo in varie occasioni la perfetta coincidenza della
100
parte del regime di tutte le attività di segno organizzativo-politico, la Dante assunse principalmente “la funzione di propagandista dell’italianità fascista, sia all’interno che all’esterno»301, rappresentando e diffondendo per il mondo l’alta cultura italiana. A seguito
del convegno dei presidenti del giugno 1926, la società riprogrammò i propri obiettivi in funzione della nuova situazione politica e la dirigenza fece proprio il progetto di espansione coloniale fascista302. A partire da quel momento la Dante doveva dedicarsi non solo all’insegnamento e alla difesa della lingua, ma «all’intera mentalità, […] la ricerca, l’organizzazione, la propaganda»303
.
All’inizio degli anni Venti, al di là dei confini nazionali si contavano quasi un centinaio di comitati, tra cui due in Spagna, quello di Barcellona, operativo dal 1910, e quello di Madrid che, però, funzionava «de forma efimera»304. Il comitato barcellonese, oltre ad essere il più centro più attivo, era riuscito a coinvolgere una buona parte della comunità spagnola e catalana: nel 1924 i soci erano 483, l’anno dopo salivano a 525, dei quali più della metà sono spagnoli305 e nel 1929 erano 830, 560 dei quali erano di nazionalità spagnola306. Le attività del comitato barcellonese si centravano sulla gestione della Biblioteca Circolante e sui corsi della scuola serale di lingua e letteratura italiana, inoltre venivano organizzate, periodicamente, conferenze su temi letterari, storici e letture dantesche. Nel 1922, ad affiancare la scuola elementare gestita dalla Casa degli Italiani, la Dante inaugurò la prima scuola media, per questo, il processo di fascistizzazione del comitato barcellonese della Società Dante Alighieri si intrecciò con quello delle scuole: neanche un anno dopo le due si fondevano, creando l’Istituto Dante Alighieri. Secondo Domínguez Méndez i motivi di questa strategia furono principalmente tre: innanzitutto perché, come in Italia, si comprese che le scuole erano uno strumento fondamentale per l’indottrinamento delle nuove generazioni e che quindi un istituto unico era più semplice da gestire e, nel caso specifico di Barcellona, la fusione avrebbe causato una perdita di autonomia del comitato, l’allontanamento dei vecchi dirigenti e l’arrivo di nuovi docenti fedeli allo spirito fascista307.
politica e dei progetti antichi e futuri della Società con quelli fascisti” B. Pisa, Nazione e politica nella Società Dante Alighieri, cit., p. 446
301
Ibi, p. 400
302
Ibi, p. 406
303 Discorso pronunciato dal rappresentante del governo, al congresso della Società Dante Alighieri del 1928, in B. Pisa, Nazione e politica nella Società Dante Alighieri, cit., p. 407
304 R. Domínguez Méndez, La Società Dante Alighieri en España in «Historia 396», 1, 2013, p. 46 305
ACI, Memorie e Bilanci, 1921-1925. Volume III, Relazione Presidenziale, 1925, p. 49.
306
R. Domínguez Méndez, La Società Dante Alighieri en España, cit., p. 52
307
101
Il progetto andò a buon fine grazie alla collaborazione del presidente della Casa, Amerigo Fadini e al comitato centrale di Roma308. A seguito delle dimissioni di Benedetto Colarossi, la guida della Dante fu affidata a Pietro Ferla e successivamente a Mazzinio Paretti e le attività del comitato si andarono sempre più a legare con il patronato filofascista che stava assumendo il controllo della Casa degli Italiani e delle organizzazioni ad essa legate.
Nel 1933, a seguito delle dimissioni del presidente Paretti, il console De Probizer inviò una richiesta formale al Comitato Centrale di Roma affinché l’incarico venisse affidato al segretario del Fascio di Barcellona309. La richiesta fu accettata e la guida della Dante passò a Amleto Luise. L’obiettivo che il nuovo presidente si prefissò era quello di rendere la Dante “il centro culturale per gli italiani qui residenti e l’organo di diffusione della cultura e dello spirito italiano in Catalogna»310. Per questo si cercò di proporre nuove attività volti a stabilire meccanismi di propaganda più ampi: il 20 febbraio 1934, Luise scriveva al comitato centrale di Roma per sondare la possibilità di stabilire una programmazione settimanale di emissioni radiofoniche per gli ascoltatori spagnoli; stando alle parole del presidente “le stazioni italiane (erano) precisamente quelle che di preferenza (venivano) ascoltate dal pubblico spagnolo» per cui “una tale iniziativa desterebbe certamente un vivissimo interesse, tanto più in questo momento, nel quale gli sguardi degli spagnoli che aspirano ad un rinnovamento sostanziale nella vita del loro paese si rivolgono ansiosamente verso di noi»311.
Tuttavia, ben presto l’organizzazione venne rilegata ad un’azione esclusivamente propagandistica con l’obiettivo di consolidare le relazioni tra l’Italia fascista e la regione catalana. Con la fondazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona nel 1934, le attività della Dante si paralizzarono e tra i due organismi si crearono delle discrepanze profonde. Il 12 giugno di quell’anno il presidente Luise si poneva in contatto con il comitato centrale di Roma evidenziando la complicata situazione in cui si trovava la sede barcellonese. Nel dettaglio si segnalavano tre problemi principali:
«1) la biblioteca che prima si trovava in un locale che portava il nome della “Dante”, ora è collocata nei locali dell’Istituto Italiano.
308
Si veda cap. III, sez. 3.2.
309 R. Domínguez Méndez, Asociacionismo y sociabilidad fascista, cit. p. 71. In realtà, anche Paretti fece parte del direttorio del
Fascio di Barcellona nel 1926. Si veda la sezione dedicata al Fascio Tenente Luigi Avversi.
310 ASSDA, Ce, b. 35, fasc. 48/a “Consiglio direttivo del comitato della Dante in Barcellona a Felice Felicioni” in R. Domínguez
Méndez, La Società Dante Alighieri en España, cit., p. 54.
311
ASSDA, Ce, Barcelona, b. 48, fasc. B, “Consiglio direttivo del comitato della Dante in Barcellona al Console Generale in Barcellona (Probizer) 11/04/1933 in Ibi, p. 55.
102
2) quei conferenzieri che prima erano di passaggio per Barcellona, e che a nome della “Dante” tenevano qualche conferenza, ora lo fanno nell’Istituto e per l’Istituto.
3) i corsi serali di lingua italiana, che figuravano per il passato tra le iniziative di questo comitato della “Dante” ora sono passati all’istituto»312
La presidenza, per “giustificare la propria presenza” proponeva di dedicarsi ad un eterogeneo campo d’azione, dall’organizzazioni di escursioni a carattere sportivo e archeologico, alla creazione di tavole rotonde tra i soci italiani e spagnoli su tematiche artistiche, letterarie o storiche, dalla fondazione di un club di scacchi alla creazione di un gruppo teatrale. Tuttavia, le proposte di Luise non vennero accettate da Roma: per il momento le uniche preoccupazioni di cui la Dante doveva occuparsi, erano la gestione della biblioteca - cercando di accrescere il numero di esemplari e facendoli circolare il più possibile tramite il servizio di prestito - e l’aumento dei soci, soprattutto di nazionalità spagnola.
Il presidente, conscio del suo errore, comunicava a Felice Felicioni che la programmazione dell’anno accademico 1934/35 si sarebbe basata sulle indicazioni provenienti da Roma; si dava priorità assoluta alla riorganizzazione del servizio bibliotecario, con l’assunzione di personale competente che sapesse consigliare il lettore e la redazione di un catalogo completo da inviare gratuitamente ai soci. Inoltre, si sarebbero organizzati concerti, conferenze e concorsi di dizione e di lingua italiana tra gli studenti spagnoli. Ancora una volta, i propositi del presidente non coincidevano con i progetti di Roma, nel dicembre 1934 Felicioni comunicava a Luise che in base di un accordo stabilito tra la Società Dante Alighieri e la Direzione degli Italiani all’Estero, la funzione del comitato di Barcellona doveva limitarsi ad un’attività di appoggio delle funzioni dell’Istituto di Cultura:
«Il Presidente di codesto Comitato della Dante si è rivolto alla Presidenza della società di Roma per conoscere quale l’atteggiamento e l’attività da svolgere in vista dell’esistenza del potenziamento dell’Istituto di Cultura italiana.
D’accordo con questo Presidente è stato deciso che:
1) I corsi per stranieri, finora esercitati dalla Dante Alighieri, devono cessare perché questi rientrano nel compito specifico dell’Istituto Italiano di Cultura.
2) Che il comitato della Dante può sussistere naturalmente esplicando opera fiancheggiatrice propagandistica quasi per l’Istituto di Cultura
312
ASSDA, Ce, Barcelona, b. 48, fasc. B, “Presidente del Comitato della Dante in Barcellona al Presidente della Dante in Roma” Luise-Felicioni, 12/06/1934, in Ibi, p. 56.
103
3) Che naturalmente nulla vieta che il Comitato della Dante a tempo e a lungo possa fare qualche manifestazione per ricordare la sua esistenza e la sua non tramontata potenziale efficacia
[…] tale nuovo indirizzo non significa disconoscimento dell’opera lodevolissima finora svolta dal Comitato stesso, ma che in un Regime unitario come quello che regna in Italia e fa prosperare il paese non può ammettersi un duplicato di manifestazioni con metodi quasi consimili perseguono il medesimo fine»313.
Il banco di prova per la Dante, nella sua opera propagandistica, fu la Guerra di Etiopia. Nel mese di ottobre si inviarono istruzioni ai rispettivi comitati affinché iniziassero le loro attività di propaganda tra i connazionali e la popolazione straniera per dare a conoscere le motivazioni che spingevano l’Italia a intraprendere una campagna militare in Africa. In particolare sappiamo che i membri del comitato barcellonese si impegnarono nel distribuire due opuscoli dal titolo L’ultimo baluardo della schiavitù e Il conflitto italo-etiopico314.
Con lo scoppio della Guerra Civile, le attività della Dante si paralizzarono ma, a differenza dell’Istituto di Cultura, il comitato non beneficiò della nuova situazione derivante dalla vittoria delle truppe franchiste. Infatti, già nel 1938 una circolare del Ministero degli Affari Esteri comunicava la soppressione dei quei comitati installati nelle città che contavano con un istituto di cultura. Con la chiusura della sezione barcellonese della Società Dante Alighieri, le attività propagandistiche indirizzate alla comunità spagnola passarono totalmente all’Istituto Italiano di Cultura.