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PARTE I – INQUADRAMENTO TEORICO:

Capitolo 2. La competenza traduttiva

2.2 Modelli proposti

2.2.2 Il modello di macrocompetenza traduttiva di Kelly

Kelly (2002) sintetizza i punti salienti dei precedenti modelli e li completa mediante il confronto con la realtà professionale. In particolare, accoglie l’evoluzione della descrizione della componente linguistica che si allontana dall’idea del traduttore che lavora con la lingua come sistema verso una concezione incentrata sugli aspetti comunicativi e testuali; la presenza stabile della componente culturale per avere una visione completa del lavoro del traduttore; l’inclusione in alcuni modelli delle

38 Si vedano a questo proposito i lavori di Kiraly (1995), Kussmaul (1995), Robinson (1997).

39 Per approfondimenti si vedano Krings (1986), Ericsson e Simon (1987), Lörscher (1991, 1992, 1993),

Kiraly (1995), Tirkkonen-Condit e Laukkanen (1996), Jääskeläinen (2000), Bernardini (2001), Tirkkonen-Condit (2002), Campbell e Wakim (2007), Englund e Tiselius (2009).

componenti tematica e strumentale o professionale, fondamentali poiché non è più realistico pensare al traduttore come a un “tuttologo”; l’introduzione dell’idea di una interrelazione gerarchica tra le componenti della competenza traduttiva, che renda conto della sua complessità in quanto conoscenza esperta; l’inclusione delle componenti attitudinali, non trascurabili come elementi di successo nel processo di traduzione (Kelly 2002: 13).

Kelly mette a confronto i modelli accademici elaborati anteriormente con una fonte professionale: il Language Professionals Lead Body del Regno Unito (1992), che propone la seguente definizione dell’attività traduttiva professionale.

Figura 15. Le componenti della competenza traduttiva secondo il Language Professionals Lead

Body del Regno Unito (1992, citato in Kelly 2002: 14)

Lo schema riportato nella Figura 15 introduce alcuni aspetti importanti direttamente collegati con la realtà professionale: è il caso dell’abilità relazionale, presente in diversi punti (si veda il verbo “agree”), che è cruciale nelle situazioni in cui il traduttore deve interagire con il committente o l’autore del testo originale, il revisore, gli esperti della materia, i terminologi, ecc.40 Salta agli occhi, invece, l’assenza della competenza comunicativa nelle lingue di lavoro, che probabilmente è data per scontata.

40 Si vedano anche i lavori di Gile (1995), che analizza il rapporto fra traduttore ed esperto della materia,

Kelly quindi descrive la competenza traduttiva come una macrocompetenza complessa che riunisce capacità, abilità, conoscenze e atteggiamenti indispensabili per il traduttore professionista nell’esercizio della propria attività esperta, e che si articola nelle seguenti sottocompetenze: comunicativa e testuale, culturale, tematica, strumentale e professionale, psicofisiologica, interpersonale, strategica (Kelly 2002: 14). La sottocompetenza comunicativa e testuale, in almeno due lingue e culture, comprende le fasi attive e passive della comunicazione, nonché le convenzioni testuali delle rispettive culture.

La sottocompetenza culturale comprende le conoscenze enciclopediche dei paesi in cui si parlano le lingue di lavoro, nonché i valori, miti, percezioni, credenze e comportamenti e le relative rappresentazioni testuali (Katan 1999 citato in Kelly 2002: 14).

La sottocompetenza tematica comprende la conoscenza di base degli ambiti tematici in cui lavora il traduttore, che gli consentono di comprendere il testo di partenza e di documentarsi.

La sottocompetenza strumentale professionale comprende l’uso delle fonti per la documentazione, dalla ricerca terminologica alla gestione di glossari, banche dati, ecc., dall’impiego di programmi informatici per lo svolgimento della professione (trattamento testi, impaginazione, Internet, posta elettronica, ecc.) alla conoscenza degli aspetti fiscali e legali della professione (contratti, obblighi fiscali, fatturazione, ecc.) ivi incluse la deontologia professionale e le associazioni di categoria.

La sottocompetenza psicofisiologica comprende la consapevolezza di essere un traduttore, la fiducia in se stessi, la capacità di attenzione, memoria, ecc.

La sottocompetenza interpersonale consiste nella capacità di entrare in relazione e lavorare in team non solo con altri traduttori e professionisti del ramo (revisori, terminologi, ecc.), bensì anche con i committenti, gli autori, gli utenti nonché gli esperti delle materie oggetto delle traduzioni.

La sottocompetenza strategica comprende tutti i procedimenti che si applicano all’organizzazione e realizzazione del lavoro, all’identificazione e risoluzione di problemi, e all’autovalutazione e revisione del proprio lavoro (Kelly 2002: 14-15).

Figura 16. Il modello della competenza traduttiva di Kelly (2002: 15)

Come si intuisce dal disegno della piramide, tutte le sottocompetenze sono relazionate tra loro, ma quella strategica è quella gerarchicamente più importante (al vertice della piramide), poiché guida l’applicazione di tutte le altre sottocompetenze (che costituiscono la base delle piramide) nella realizzazione di un determinato compito di traduzione.

Kelly avvicina la sottocompetenza strategica a quella che altri autori hanno denominato «competencia de transferencia» (competenza di traduzione), poiché altro non è che la capacità di prendere decisioni al fine di risolvere i problemi individuati.

Come già indicato da Pym (§ 2.2), le sottocompetenze indicate non sono esclusive dei traduttori, bensì condivise da altri professionisti; tuttavia Kelly sottolinea come la combinazione nel suo insieme delle sottocompetenze e la loro organizzazione gerarchica contraddistinguano la competenza traduttiva dalle altre attività esperte (Kelly 2002: 16).

Il modello proposto da Kelly risponde alla volontà dell’autrice di fornire una base per la progettazione del curricolo di traduzione in ambito universitario, suggerendo i contenuti e la metodologia di lavoro. A seconda degli incarichi di traduzione, il traduttore può impiegare e quindi sviluppare in misura diversa le differenti sottocompetenze indicate nel modello. Tuttavia, al livello della formazione accademica è importante prevedere attività ed esercitazioni che consentano allo studente di acquisire

e sviluppare tutte le sottocompetenze. A questo proposito Kelly sottolinea che un traduttore può essere definito “professionista” ed “esperto” solo quando la sua attività soddisfa i requisiti di qualità, e questo non necessariamente coincide con il conseguimento di un titolo universitario o con l’entrata nel mondo del lavoro.

Puesto que hemos empleado los términos profesional y experto en nuestra definición, queremos señalar que compartimos con Shreve (1997: 124-5) la opinión de que el umbral de lo profesional no coincide necesariamente con la salida de un programa de formación (titulación universitaria) ni con la incorporación al mercado laboral (tener un puesto de trabajo o un contrato como traductor); cuando hablamos de traducción profesional o experta, nos referimos a actuaciones de éxito, que cumplan criterios de calidad. (Kelly 2002: 16)

Nonostante il fatto che questo modello della macrocompetenza traduttiva nasca come descrizione e proposta di sistematizzazione della realtà dell’attività traduttiva osservata e non come risultato di studi sperimentali, esso ha un’innegabile validità nella programmazione didattica, aiutando i professori a selezionare i contenuti, stabilire gli obiettivi e valutare il rendimento degli studenti.