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Il patrimonio del museo in ottica economico-aziendale

IL PATRIMONIO DI UN MUSEO? APPROCCI CONTABILI NAZIONAL

2.2. Il patrimonio del museo in ottica economico-aziendale

La teorica economico-aziendale individua il patrimonio fra i caratteri morfologici (oltre alla comunità di persone ed al riconoscimento giuridico) che, insieme a quelli “fisiologici” (missione, fine, autonomia e responsabi- lità, operazioni di gestione), rappresentano le condizioni di esistenza di una qualunque azienda (Catturi, 2003).

Assumendo l’impostazione concettuale che riscontra i caratteri sopra menzionati nei musei ad eccezione di quelli, fra quest’ultimi, che rappre- sentano articolazioni organizzative degli enti locali (Roncaccioli, 1996; Dubini, 1999; Magliacani, 2008; Bocci e Catturi, 2010), si procede con l’analisi dei cespiti patrimoniali caratterizzanti quelle aziende culturali nell’intento di offrire uno schema di rendicontazione contabile che possa

favorire il controllo delle performance sotto la dimensione economico-fi- nanziaria. Il prospetto patrimoniale di seguito illustrato cerca di rispondere, con le opportune varianti che potranno risultare dall’applicazione del mede- simo, all’istanza dei musei di adeguarsi alle raccomandazioni di cui all’Atto

di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (d.m. 25 luglio 2000) che nell’ambito II sull’Assetto

finanziario prescrive un rendiconto contabile per i vantaggi operativi e stra- tegici che possono conseguirsi ai fini di una migliore gestione museale2.

La necessità di rendicontare la situazione patrimoniale in maniera tale da acquisire informazioni sull’ammontare della ricchezza netta disponibile per lo svolgimento dei processi di creazione di valore futuri e sulla varia- zione da essa eventualmente subita a causa della gestione passata impone l’adozione di un sistema di scritture contabili capaci di registrare i fatti amministrativi sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista eco- nomico, ossia l’implementazione della contabilità a base economico- patrimoniale. Essa, infatti, consente di rilevare il valore consumato, seppure stimato, di beni e diritti ad utilizzo pluriennale, valore che la contabilità a base finanziaria non fa emergere così come quello della ricchezza accanto- nata per spese di manutenzione straordinaria finalizzate ad accrescere l’efficienza dei cespiti patrimoniali nei quali si configura la capacità del museo-azienda di creare valore. Ciò è particolarmente rilevante per le opere 2

L’ambito II del d.m. 25 luglio 2000 afferma che: «L’utilizzo di un bilancio di esercizio nei mu- sei è di norma correlato alla attribuzione di autonomia finanziaria. Tuttavia l’impiego di un mo- dello di bilancio funzionale o di un documento di rendicontazione contabile consente comunque ai singoli musei di acquisire vantaggi di carattere operativo e di valenza strategica che hanno posi- tivi riflessi sul sistema museale nel suo complesso. In particolare la messa a punto di un bilancio preventivo e di quello consuntivo e la loro pubblicazione comporta una serie di operazioni che permettono:

– l’individuazione delle risorse disponibili e di quelle da reperire per una corretta gestione mu- seale;

– una omogeneità di classificazione e ripartizione delle voci di entrata e di spesa – comprese quel- le appostate in uffici diversi – utili ai fini di confronti puntuali con le altre istituzioni culturali; – l’identificazione certa delle responsabilità del personale addetto alle varie attività e centri di spe- sa all’interno del museo;

– l’impostazione di una politica di espansione delle attività culturali e di “rising” delle connesse risorse finanziarie;

– la trasparenza della gestione utile ai fini conoscitivi e di garanzia dell’uso di contribuzioni vo- lontarie,

– la valutazione delle tendenze e delle prospettive di sviluppo delle attività museali;

– la verifica del raggiungimento degli obiettivi di efficienza organizzativa e di efficacia delle atti- vità correnti e di quelle di investimento e il controllo quali-quantitativo dei risultati della gestione; – la predisposizione della documentazione necessaria per ottenere contributi pubblici e privati».

d’arte ed altri beni del patrimonio culturale che generano solo costi di ma- nutenzione e di restauro, costi registrati in contabilità finanziaria come usci- te correnti od in conto capitale (Adam, Mussari, Jones, 2011).

Il processo di sperimentazione contabile che renderà inderogabile l’implementazione, da parte delle amministrazioni pubbliche e dei suoi or- ganismi ed enti strumentali, di un sistema contabile integrato avvalora il prospetto contabile che rendiconta la situazione patrimoniale del museo mediante l’applicazione dei criteri finanziari adottati ai fini del controllo di gestione. Esso, infatti, si redige utilizzando il criterio della liquidità per la riclassificazione degli elementi patrimoniali attivi, e il criterio della esigibi- lità relativamente a quella degli elementi patrimoniali passivi. La liquidità attiene alla capacità di ciascuna attività di essere «convertita» in denaro «senza perdite»; mentre l’esigibilità consiste nell’obbligo alla restituzione delle risorse monetarie ottenute da un istituto erogatore di credito (Catturi, 2003).

La scelta dei criteri finanziari è giustificata non solo perché tradizional- mente utilizzati dalla teoria del controllo ai fini della riclassificazione di bi- lancio, attività propedeutica al check-up aziendale, ma anche perché essi sono effettivamente diffusi nella prassi aziendale nazionale ed internaziona- le (Sostero, Ferrarese, 2000).

La struttura di Stato Patrimoniale proposta per il museo-azienda è quella usualmente configurata in sezioni contrapposte (Allegato 1).

La sezione di sinistra è intestata all’Attivo (o Attività) e quella di destra al Passivo (o Passività). Le attività che rappresentano investimenti effettuati dal museo per svolgere le proprie funzioni sono classificate in due macro- classi: Attivo fisso ed Attivo circolante. Il primo aggregato patrimoniale è formato da diritti economici e beni di durata pluriennale quali, rispettiva- mente, le “immobilizzazioni immateriali” e quelle “materiali”, soggette en- trambe al processo di ammortamento secondo i parametri previsti nelle ta- belle fornite dal Ministero delle Finanze. È opportuno precisare che l’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei specifica nell’Ambito II – Assetto finanziario che: «L’inventariazione/registrazione deve riportare il valore economico dei

beni immobili e mobili periodicamente aggiornato ai valori di mercato. Le operazioni di stima dovranno riguardare i singoli beni e ove si tratti di col- lezioni unitarie il valore complessivo. Tale valutazione oltre a rispondere ad adempimenti normativi è necessaria per la stipula di contratti assicura- tivi ai fini di indennizzo per furti, danneggiamenti, ecc.». Secondo tale rac-

comandazione nello Stato Patrimoniale del museo dovrebbe figurare una voce relativa al patrimonio culturale valutato al valore di mercato delle col- lezioni acquistate o donate. La registrazione delle collezioni fra le immobi- lizzazioni materiali è perfettamente in linea con quanto previsto dagli schemi contabili previsti da ARCONET ai quali si dovranno adeguare i musei che si configurano giuridicamente come organismi od enti strumen- tali degli enti locali3.

L’Attivo fisso comprende anche quei diritti finanziari di durata plurien- nale che possono essere vantati nel caso, pur ancora sporadico, che il mu- seo abbia acquisito quote di capitale sociale di altre aziende (partecipazio- ni) od effettuato investimenti in titoli a medio/lungo termine. Ad essi ci ri- feriamo quando trattiamo delle immobilizzazioni finanziarie.

Il macro-aggregato successivo è quello dall’Attivo circolante, composto da elementi patrimoniali sia di natura economica sia di natura finanziaria. Quelli della prima fattispecie sono rappresentati da beni di durata annuale quali, per esempio, i materiali di consumo (indicati con il conto “rimanenze da attività istituzionali”) oppure gadget in magazzino (indicati con il conto “rimanenze da attività commerciali”). Tali elementi patrimoniali sono com- putati nell’aggregato delle “Disponibilità economiche”. I diritti a ricevere denaro entro l’anno successivo sono annoverati, invece, in quello delle “Di- sponibilità finanziarie” (per es. crediti v/clienti, crediti tributari, crediti ver- so enti del settore pubblico allargato a breve termine ecc.). Al precedente si aggiunge l’aggregato delle “Disponibilità liquide” composto da tutte le ri- sorse monetarie presenti in cassa, nel conto corrente bancario od in quello postale.

Il totale degli investimenti comprende altresì i “risconti attivi” ossia quei diritti a riceve servizi economici entro l’esercizio successivo, la cui contro- partita finanziaria è stata già corrisposta nell’anno appena trascorso (per es. anticipi a fornitori ecc.). Ad essi si aggiungono i “ratei attivi”, ricavi di competenza dell’esercizio, ma che saranno incassati nei primi mesi dell’anno successivo (per es. prenotazioni di visite guidate effettuate a fine esercizio, le quali saranno riscosse al momento dell’erogazione del servizio museale ecc.).

L’importo complessivo dell’Attivo è quindi formato dalla somma fra i totali dell’Attivo fisso (Immobilizzazioni immateriali + Immobilizzazioni materiali al netto dei relativi Fondi di ammortamento + Immobilizzazioni 3

finanziarie), dell’Attivo circolante (Disponibilità economiche + Disponibi- lità finanziarie + Disponibilità liquide) e dei Ratei e Risconti attivi.

Il Passivo patrimoniale è rappresentato dalle Fonti di finanziamento che esprimono le modalità con cui il museo ha raccolto risorse monetarie per soddisfare il fabbisogno finanziario generato dagli investimenti sopra men- zionati.

Il criterio di classificazione prescelto distingue tre principali macro- aggregati che sono, rispettivamente, il Patrimonio netto, le Passività conso- lidate e le Passività correnti. Il primo raccoglie le fonti interne ossia tutto il valore finanziario che non è soggetto a rimborso quale appunto il Fondo di dotazione (o capitale proprio o sociale a seconda della forma giuridica del museo), i finanziamenti a fondo perduto per investimenti, le donazioni, i contributi per ripiano perdite, gli utili accantonati a riserva (legale, statuta- ria, o di rivalutazione se prevista dalla legge ecc.), nonché gli eventuali utili degli anni precedenti (“portati a nuovo”) se non ancora destinati ed il reddi- to dell’esercizio appena trascorso (utile/perdita di esercizio). Le perdite pregresse, se non coperte, vanno a ridurre il valore del Patrimonio netto.

Le Passività consolidate sono rappresentate da debiti esigibili nel me- dio-lungo termine (oltre 12 mesi), compresi i Fondi rischi e oneri, ad ecce- zione di quelli che saranno utilizzati nel corso dell’esercizio successivo. Come esempio di tali prestiti riportiamo le seguenti voci di conto “debiti verso istituti di credito”, “debiti verso altri finanziatori”, purché esigibili oltre l’anno venturo.

Le Passività correnti sono, invece, composte da obblighi a rimborsare denaro entro 12 mesi (per es. debiti verso fornitori, debiti verso istituto te- soriere, debiti tributari ecc.).

L’importo complessivo del Passivo è comprensivo anche dei “risconti passivi”, ossia degli obblighi ad erogare servizi i cui ricavi sono già stati incassati (per es. biglietti già pagati online, ma la relativa visita sarà effet- tuata nei primi mesi dell’anno successivo ecc.), nonché dei “ratei passivi”, rappresentati da costi di competenza dell’esercizio, ma la cui contropartita monetaria è rinviata al futuro esercizio (per es. fitti passivi “a cavallo” fra due esercizi che saranno pagati nei primi mesi dell’anno successivo ecc.).

Il valore totale del Passivo è composto, quindi, dalla somma delle Passi- vità consolidate, delle Passività correnti, dei Ratei e Risconti passivi e del Patrimonio netto.

Il Prospetto patrimoniale è redatto correttamente se rispetta la regola dell’equilibrio di bilancio, secondo la quale il totale dell’Attivo deve corri-

spondere esattamente a quella del Passivo in qualsiasi momento della vita gestionale dell’azienda.

Per completezza abbiamo riportato in calce allo Stato Patrimoniale an- che i conti d’ordine che rappresentano sistemi contabili “parziali” o “mino- ri”, perché rilevano soltanto le operazioni che attengono alla gestione dei rischi ed impegni, o a quella dei beni di proprietà di terzi e in possesso, per ragioni diverse, del museo (Caramiello, 1996). In relazione a tali oggetti di rilevazione, i conti riguarderanno, rispettivamente, le garanzie prestate o ricevute, gli impegni assunti, i canoni di leasing da pagare, nonché i beni in comodato, in contenzioso e i depositi cauzionali (ecc.).

A ciascun componente patrimoniale attivo e passivo è attribuito un co- dice nel relativo piano dei conti. La definizione di quest’ultimo è stato ef- fettuata tenendo conto delle forme giuridiche maggiormente diffuse fra i musei che hanno rappresentato il campo di indagine del progetto PAR-FAS della Regione Toscana4 e della relativa normativa contabile, con particolar riguardo a quella degli Enti Locali e dei suoi organismi (d.lgs. n. 118/2011) e alle “Linee guida e schemi per la redazione del bilancio di esercizio degli enti non profit” (Allegato 1).