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Il mercato del private equity e del private debt: meccanismo e modalità di funzionamento sotto il profilo teorico

2.1. Introduzione: i fondi comuni di investimento

2.2.3. Il processo di investimento: la sequenza delle fas

A completamento del quadro definitorio esposto nel precedente paragrafo, in questo ci occuperemo di spiegare le fasi che compongono il processo di investimento realizzato da un operatore di private equity che entra nel capitale di rischio di un’impresa. Prima di approfondire questa tematica è doverosa una premessa.

Il processo di investimento varia in funzione delle diverse tipologie di operazioni di private equity e all’obiettivo che ciascuna si prepone di raggiungere. Un’operazione di Buy Out, ad esempio, differisce da un’operazione di expansion: nella prima si va ad acquisire il controllo della società target acquistando un pacchetto di maggioranza, nella seconda l’operatore entra in una posizione di minoranza al solo scopo di finanziare la crescita dimensionale dell’impresa target. Il diverso obiettivo di queste operazioni porterà ad attuare processi di investimento sensibilmente diversi. Lo stesso vale per le

46 altre operazioni di private equity: in base alle finalità da perseguire si adotterà uno specifico processo di investimento.

Fatta questa premessa si individuano alcune fasi tipiche che accomunano tutte le tipologie di operazioni di investimento e quindi l’attività di private equity nel suo complesso. Tali fasi possono essere così riassunte46:

1. ricerca e screening delle opportunità di investimento da parte dell’operatore; 2. selezione e individuazione dell’impresa target;

3. valutazione del profilo imprenditoriale e analisi preliminare (sottoscrizione e accordi di riservatezza);

4. valutazione approfondita dell’azienda e strutturazione dell’operazione (firma della lettera di intenti);

5. due diligence;

6. trattativa e finalizzazione del deal;

7. closing (firma del contratto d’investimento e dei patti parasociali); 8. monitoraggio dell’investimento.

Per comprendere il funzionamento di un operazione di private equity è opportuno analizzare le diverse fasi del ciclo di vita dei fondi che investono nel private equity. Generalmente un’operazione di questo tipo inizia dal momento in cui si investe fino al momento in cui vengono dismesse le partecipazioni. Il ciclo di vita del fondo si scompone, infatti, in tre fasi:

1. la raccolta delle risorse (fundraising); 2. l’investimento (investiment period); 3. il disinvestimento (disinvestiment period).

La fase di fundrasing ha una durata compresa tra un minimo di sei mesi ad un massimo di ventiquattro mesi e consiste nella raccolta delle fonti necessarie per attuare la successiva fase di investimento. Tale processo può essere diviso in sette fasi47:

1. identificazione del mercato target; 2. pre-marketing;

46 A. GERVASOLI, F. L. SATTIN, Private equity e venture capital, manuale di investimento nel capitale di

rischio, cit.

47 3. strutturazione del fondo;

4. preparazione e distribuzione del materiale di marketing; 5. incontri con i potenziali investitori;

6. preparazione delle documentazione legale; 7. chiusura.

Nella prima fase vengono identificati i mercati ritenuti strategicamente più appetibili per la raccolta dei fondi. Successivamente si dà avvio alla fase di pre-marketing che altro non è che un prolungamento della fase precedente. In questo contesto la scelta dei primi investitori a cui rivolgersi viene realizzata al fine di attrarne altri di dimensioni maggiori dando origine ad un circolo virtuoso. Esistono anche particolari soggetti, i cosiddetti gatekeepers, che per i fondi chiusi di piccola dimensione rappresentano, spesso, l’unica via per accedere ad alcuni mercati geograficamente lontani dal proprio. Questi soggetti, infatti, sono consulenti, gestori di portafogli di fondi e manager di grandi investitori istituzionali e rappresentano a loro volta un alto numero di investitori. La buona accoglienza presso alcuni di questi soggetti dà una sorta di “marchio di garanzia” per altri potenziali investitori. Tale garanzia è data, in parte, dall’esperienza maturata da costoro e, in parte, dalle rigorose e standardizzate procedure di due diligence che essi, data la loro dimensione, possono mettere in atto.

Che ci si avvalga o meno di un advisor, il promotore deve strutturare il proprio fondo nei minimi dettagli sotto il profilo tecnico, legale e fiscale. Una volta strutturato il fondo sotto ogni prospettiva occorre preparare un documento di presentazione, detto placement memorandum, che costituisce una sorta di biglietto da visita dell’operatore. In questo documento si deve sintetizzare ciò che è stato fatto in passato evidenziando anche le performance ottenute, come si pensa di agire per mantenere o migliorare i risultati e qual è il proprio vantaggio competitivo rispetto ad altri soggetti.

Arrivati a questo punto l’investitore deciderà se proseguire o interrompere i contatti con il fondo.

Infine deve essere predisposta la documentazione legale per la chiusura dell’investimento, ovvero tutti gli atti e i contratti necessari per la conclusione

48 dell’investimento. Siglata tale documentazione l’attività di fundraising può definirsi conclusa.

Tradizionalmente, i principali soggetti erogatori di capitale nel settore del private equity e del venture capital sono, essi stessi, investitori istituzionali. Trattasi, per lo più, di fondi pensione (in particolare nei mercati anglosassoni) e istituzioni bancarie (Europa continentale, Italia compresa), impossibilitati a svolgere direttamente tale attività ma, al tempo stesso, interessati ai ritorni ottenibili nel medio-lungo periodo.

La seconda fase (investiment period), come è intuibile, consiste nell’investire i capitali raccolti nelle imprese selezionate. All’interno di questa fase si distinguono quattro momenti:

1. Deal Flow: in questa fase si sceglie il target più adatto, per cui è fondamentale avere un consistente numero di opzioni per poi selezionare l’impresa più adatta sulla base delle analisi successive;

2. Due Diligence: questa attività consiste nella raccolta di dati e informazioni sull’impresa da acquisire al fine di valutare la fattibilità dell’investimento; 3. Closing: è la fase in cui si conclude la trattativa firmando il contratto di

investimento e stipulando i patti parasociali. Durante questa fase, infatti, viene determinato il prezzo di vendita finale e stesi i patti parasociali da introdurre nello Statuto. Questa fase è molto delicata e incide sul buone sito della trattativa, sui rapporti tra socio imprenditore e l’investitore istituzionale e soprattutto sul futuro dell’impresa target;

4. Monitoraggio: in questa fase l’investitore istituzionale deve monitorare l’investimento effettuato al fine di valorizzare la partecipazione detenuta. Il livello di monitoraggio varia a seconda del coinvolgimento dell’investitore nella gestione dell’impresa e della quota di partecipazione detenuta. Maggiore è la sua rilevanza maggiore sarà il coinvolgimento dell’investitore nella formulazione e alla valutazione delle strategie.

Nella terza e ultima fase (disinvestment period) del ciclo di vita del fondo di private equity avviene il disinvestimento delle operazioni tramite la dismissione delle partecipazioni e la restituzione del capitale agli investitori assieme ai guadagni realizzati.

49 In questa fase, infatti, si realizza l’obiettivo dell’investitore e si ottengono i guadagni dell’operazione. Le modalità di exit sono spesso previste sin dal principio; è infatti dalla modalità di exit prescelta che derivano i frutti che verranno distribuiti agli investitori. Le modalità operative attraverso le quali il disinvestimento può essere effettuato sono48:

- Initial Public Offering (IPO): consiste nel cedere la partecipazione mediante un’offerta pubblica di vendita su un mercato regolamentato. La presenza dell’investitore istituzionale nella compagine societaria anticipa molti dei passaggi necessari alla quotazione in termini di obblighi informativi e di trasparenza. Inoltre, l’impresa acquista prestigio agli occhi degli investitori e migliora il suo standing creditizio, spuntando migliori tassi sia per effetto della riduzione dell’indebitamento che per la maggiore disciplina interna imposta da codici di comportamento e da regole di corporate governance. Allo stesso tempo, tuttavia, l’ammissione al listino ufficiale di Borsa non è un processo semplice per le imprese minori e, quindi, tale canale può essere inserito in un’ottica di medio-lungo termine, come modalità avente un ragionevole grado di certezza, solo per quelle società che hanno già raggiunto un certo sviluppo e una certa maturità.

- Trade Sale: consiste nel cedere la partecipazione a nuovi soci industriali o nella fusione con altre società. È la modalità più diffusa a livello internazionale, poiché risulta l’unica opzione per molte piccole imprese.

- Secondar Buy-Out: la partecipazione viene acquistata da un altro operatore di private equity. Questa modalità si verifica quando l’impresa target non è può essere affidata al mercato ma per continuare a crescere ha bisogno di ulteriori capitale e conoscenze che l’investitore istituzionale non è più disposto ad offrire. In situazioni di mercato avverse per la quotazione in Borsa e quando le trattative per la cessione della partecipazione a un altro operatore industriale risultano eccessivamente macchinose, il Secondary Buy-Out si pone come un’alternativa valida apportando liquidità per gli investimenti.

- Buy-Back: la partecipazione viene acquistata dal socio imprenditore originario. Questa modalità di exit avviene spesso nell’ambito delle operazioni di expansion

50 se non sussiste la possibilità di attuare un’IPO, o anche quando sono i manager a ricomprare le azioni.

- Write-Off: consiste nell’azzeramento del valore della partecipazione a seguito di procedura concorsuale dell’impresa target. Infatti, l’attività di private equity in quanto investimento di capitale proprio comporta la partecipazione al rischio di impresa da parte dell’investitore istituzionale e qualora l’attività imprenditoriale fallisca, l’investitore perde il capitale investito. Ne consegue che nel valore del fondo dovrà annotare la perdita di valore della partecipazione fino al suo completo azzeramento. In realtà la svalutazione della partecipazione non dovrebbe essere definita come una vera e propria modalità di exit; tuttavia, ha il medesimo effetto di un disinvestimento, in quanto comporta la scomparsa della voce della partecipazione dal bilancio dell’investitore.