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Il quadro di riferimento (socio-economico e territoriale).

Il P.T.C.R., si ribadisce, deve costituire il riferimento comune per il complesso di azioni che operatori diversi andranno ad intraprendere e che potranno avere come ambito di contestualizzazione tutto o parte del territorio regionale. Affinché questa caratteristica sia assicurata, occorre muovere dalla presa d’atto di due condizioni:

- lo scenario economico e sociale che si prospetta in campo nazionale e internazionale a seguito delle profonde modificazioni della struttura produttiva, che inducono a parlare di una società post-industriale;

- le ripercussioni che queste modifiche avranno su una regione come la Calabria, nella quale più labili e complesse sono le condizioni di partenza. La presa d’atto di queste condizioni di prospettiva, unite alle considerazioni sul sostanziale fallimento della politica della industrializzazione perseguita negli anni settanta, inducono a proporre sia uno scenario culturale attinente al sistema calabrese ed alla sua storia, sia una diversa ipotesi di sviluppo economico, che muova dalla assunzione delle centralità delle risorse endogene presenti nella regione.

In particolare la struttura economico-produttiva che il P.T.C.R. assume come riferimento (e per la quale si rinvia ad un apposito piano di sviluppo, nel cui ambito dovrà trovare l’approfondimento e l’articolazione necessari) è caratterizzata da:

− presenza di unità produttiva di piccola e media dimensione; − specializzazione e qualificazione della produzione agricola; − integrazione della produzione industriale con quella agricola;

− integrazione con uno sviluppo consolidato dalle attività turistiche e culturali;

− diffusione territoriale degli insediamenti produttivi;

− potenziamento e qualificazione dei servizi civili ed alle imprese, ivi comprese le attività direzionali ed amministrative.

Un secondo punto di riflessione che viene proposto è di natura metodologica e riguarda il passaggio da una pianificazione sinottica ad una differenziale. Quest’ultima, a differenza dell’altra, non presuppone un procedimento a cascata, a partire da un modello globale per arrivare, attraverso successivi

passaggi di scala, ad una indicazione di assetto locale bensì parte da modelli locali, di cui definisce le strutture e di cui ricerca la congruenza con quelli contermini, ampliando gli ambiti interessati fino a raggiungere la dimensione dell’intera regione.

Di questi modelli il P.T.C.R., nella sua corretta accezione, costituisce la sede di coordinamento.

Con riferimento alla costruzione del modello di struttura per l’intero territorio regionale, si aggiunge quanto segue.

Una prima considerazione da fare, a questo fine, riguarda la condizione di insularità che ha sempre caratterizzato la Calabria, determinata dalla presenza dello sbarramento montuoso settentrionale. La scelta tirrenica del percorso autostradale come di quello ferroviario, facilitando le relazioni su questo versante, hanno certo reso più agevoli i rapporti con i due grandi poli di attrazione come Roma e Napoli, ma hanno aperto la Calabria a contatti con aree limitrofe che presentano condizioni economiche altrettanto depresse di quelle calabresi.

Viceversa, sul versante jonico le relazioni sono di per sé più agevoli e di qui il contatto può avvenire con un area investita da processi di sviluppo significativi, come quella metapontino-lucano-pugliese.

Una seconda considerazione riguarda l’area collocata all’estremo meridionale, quella dello Stretto.

E’ del tutto evidente che esistono in questa area notevoli potenzialità, legate alle armature urbane, alle strutture produttive locali, al sistema della comunicazione per mare dell’intero Mediterraneo.

Su questa potenzialità è possibile puntare, superando l’attenzione unilaterale e limitata per il suo attraversamento stabile, nella prospettiva di conformare un’area a forte integrazione interna capace di costituire un riferimento a grande scala.

Le due considerazioni, congiuntamente, consentono di proporre la verifica in prima approssimazione di un modello basato su due grandi aree strategiche, collocate all’estremità settentrionale e meridionale del sistema regionale: l’area pugliese centrale, Taranto-Bari- Brindisi, a struttura già ampiamente consolidata; l’area dello Stretto, Reggio Calabria-Messina- Villa San Giovanni, di cui ipotizzare un progressivo consolidamento. Un tale modello potrebbe intanto conferire una dimensione sovraregionale allo sviluppo economico e territoriale della Calabria rompendo la sua storica condizione di isolamento. Le due aree potrebbero poi essere viste come le punte estreme di un sistema di linee di strutturazione territoriale, da qualificare in ragione dei modelli locali relativi ai tipi territoriali che incontrano nel loro percorso. Per lo sviluppo di tale ipotesi, vanno poste alcune scelte ed operate alcune verifiche. In primo luogo la scelta di potenziare il versante jonico, a partire dalla Locride fino a Sibari ed al metapontino, anzitutto all’interno degli schemi di trasporto che si stanno mettendo a punto sia a scala regionale che nazionale.

In secondo luogo una forte attenzione per le aree che sono state definite ad

insediamento diffuso,

che costituiscono aree strategiche per una ipotesi del tipo avanzato: l’area di Sibari, non più solo terminale della direttrice della Valle del Crati, ma di questa e quella direttrice costiera jonica verso l’area pugliese, che trova già nel polo di Crotone un consolidato supporto di una natura produttiva ed insediativa; la Piana di Lamezia, vero nodo strategico per la posizione geografica e per la presenza di significative infrastrutture (aeroporto, nodo ferroviario, rete autostradale, impianti termali, area di ricerca) e per la presenza in modo significativo dei settori produttivi (industria ed agricoltura) e dei servizi (commerciali e turistici), di cui proporre l’ulteriore integrazione con l’istmo di Catanzaro e l’apertura di questo verso la direttrice costiera jonica; la Piana di Gioia Tauro - Rosarno da riqualificare nelle sue potenzialità attuali e nel nuovo ruolo di cerniere verso

le aree joniche, nel ruolo auspicabile di propaggine settentrionale dei collegamenti nell’area dello Stretto e di scalo di traffici internazionali con valenza mediterranea. In terzo luogo la volontà di costruire nella Regione una armatura urbana, complessivamente intesa come dotazione di attrezzature di servizio pubbliche e private, in grado di collocare la Calabria a livelli più adeguati rispetto alle situazioni meridionali e del centro nord.

Tale armatura dovrebbe costruirsi sui centri urbani maggiori e sui circa venti centri di media dimensione con i relativi ambiti di controllo. In sostanza un sistema urbano a diffusione regionale.

Infine l’acquisizione di un connotato di fondo dell’intera regione: quello delle sue elevatissime qualità ambientali.

La Calabria è fra le regioni italiane maggiormente caratterizzate da un insieme pressoché continuo di aree che ancora conservano, nonostante manomissioni e dissesti, una immagine fortemente individuata. Si tratta della fondamentale e primaria connotazione morfologica della regione, ed è il dato di base di cui si deve tener conto.

Ciò va fatto anzitutto ponendo condizioni rigorose di vincolo e salvaguardia, anche in attuazione della normativa nazionale (L. 431/85) poi studiando opportuni modelli di intervento per la ricostruzione fisica ed ambientale. Infatti, anche se si possono suddividere queste aree per parti (Pollino, Catena Costiera, Sila, Serre, Aspromonte, con le relative propaggini costiere) l’elemento fondamentale di cui occorre tener conto è dato dal valore della loro continuità. Quindi, l’attenzione va rivolta anche alle modalità di intervento per la creazione di tale continuità.

Questi, in estrema sintesi, i lineamenti del modello di assetto su cui si fonda il modello territoriale di riferimento regionale, sia per quanto riguarda le norme di salvaguardia e vincolo, sia per le indicazioni propositive che trovano coerenza e attuazione nei Piani Quadro settoriali e nei Progetti Finalizzati.

Rispetto a tali lineamenti, il confronto sviluppatosi in seno alla prima Commissione consiliare competente, consente di giungere a due insiemi di conclusioni.

Il primo insieme riguarda le scelte

generali di indirizzo,

su cui puntare la

costruzione del modello d’assetto territoriale; il secondo riguarda

l’articolazione della regione in

“aree progetto”.