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Con deliberazione n. 349 del 9 marzo 1983, il Consiglio Regionale, su proposta della Giunta, affida congiuntamente, all’Università della Calabria e all’Università di Reggio Calabria, l’incarico per la redazione del Piano territoriale di Coordinamento della Calabria, ed impegna la Giunta a definire le “linee programmatiche ed organizzative” del piano. Il 19 gennaio 1984, il Presidente della Giunta Regionale ed i Rettori delle Università sottoscrivono la convenzione, con annesso protocollo d’intesa, contenente le suddette linee programmatiche, che vengono assunte dalla Giunta Regionale, (con deliberazione del 7 febbraio 1984, n. 56) che prevede anche, ai fini del coordinamento, elaborazione e controllo sull’esecuzione del piano, la costituzione di un apposito Comitato di Coordinamento e di un Comitato Tecnico Esecutivo, con rappresentanti della Giunta regionale e delle Università incaricate.

Protocollo d’intesa e documenti di base prodotti per la prima fase dalle università incaricate vengono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione del 30 giugno 1984, e successivamente, nei mesi di giugno ed ottobre 1984, dopo l’approvazione del Comitato di Coordinamento e Comitato Esecutivo, vengono sottoposti, al confronto degli enti locali e degli operatori economici, in occasione di incontri organizzati a Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza e Vibo Valentia. Successivamente, alla data del 31 dicembre 1984, le Università consegnano un “Rapporto della seconda fase” contenente i risultati delle ricerche svolte fino a quella data dai diversi gruppi di lavoro. Sulla base di tale rapporto viene elaborato uno “Schema di Piano Territoriale di Coordinamento Regionale” che il Comitato di Coordinamento approva l’11 febbraio 1985 e trasmette alla Giunta Regionale che lo approva a sua volta, con deliberazione n. 928 del 18 marzo 1985.

Il rapporto di lavoro della terza fase contenente la stesura finale degli studi e delle ricerche, viene consegnato alla Giunta Regionale il 31 dicembre 1985. Nel frattempo era stata emanata la Legge nazionale 8 agosto 1985 n. 431 che prescriveva per le Regioni adempimenti rispetto alle categorie ambientali. In un primo momento la Regione Calabria, pur avendo in corso di elaborazione il Piano Territoriale di Coordinamento Regionale, ritiene (senza tener conto della circolare esplicativa in cui si chiariva la possibilità, anzi l’opportunità di attribuire ad esperienze di pianificazione in corso le valenze paesistiche ed ambientali), di doversi dotare di un apposito Piano Paesistico e incarica la società “Bonifica” di elaborare i relativi studi. Ma, nel rapporto che Bonifica consegna nel novembre 1987 si dice che “la Regione Calabria ha stipulato una convenzione con la società Bonifica del gruppo Iri-Italstat per la predisposizione della proposta di Piano Paesistico della Regione e si aggiunge che “La proposta di piano, inoltre, è stata articolata in considerazione del Piano Paesistico come Piano Territoriale con specifiche valenze ambientali”. Il problema di una sovrapposizione e di una possibile divaricazione tra i due piani appare in tutta la sua evidenza cosicché, a seguito di numerose discussioni in seno alla Prima Commissione Consiliare (alla quale le Università forniscono dapprima un “ Rapporto di sintesi al 31 dicembre 1985”, poi il 16 luglio 1986 una “Nota sul Modello di Assetto” e, infine, nel Gennaio 1987 una “Nota Integrativa al Rapporto di Sintesi al 31 dicembre 1985”), la Regione arriva alla determinazione di una loro riunificazione che avviene con la delibera di Consiglio Regionale n. 54 del 14 marzo 1990. Alla delibera è annesso un “Documento di indirizzi e scelte per la proposta definitiva di Piano” che definisce gli indirizzi, i requisiti e l’organizzazione del Piano; ribadisce con alcune precisazioni i contenuti dello “Schema” del marzo 1985; fissa i rapporti tra PTCR e Piano di Sviluppo; indica modalità e procedure per la sua definitiva redazione e approvazione. Subito dopo viene approvata la L.R. 12 aprile 1990 n. 23,

recante “Norme in materia di Pianificazione Regionale e disposizioni connesse all’attuazione della legge 8 agosto 1985 n. 431” che all’art. 6 definisce le “componenti territoriali assoggettate a misure minime di salvaguardia”. Questa è la prima legge organica per la disciplina della pianificazione regionale, ed introduce interessanti principi in materia.

In attuazione di tale legge e della richiamata delibera del Consiglio Regionale n. 54 del 14 marzo 1990, la Giunta Regionale, con propria delibera n. 1818 del 30 aprile 1990, dà mandato alle Università di elaborare un “Piano Territoriale di Coordinamento con valenza paesistica”.

Il Comitato Tecnico Esecutivo predispone un nuovo programma di lavoro nella seduta del 22 maggio del 1990 (che viene approvato dalla Giunta regionale il 13 giugno 1990 con delibera n. 2220) e avvia come primo passaggio operativo la individuazione delle suddette componenti territoriali. Le Università predispongono tale elaborato sotto forma di 187 grafici aventi come base le tavolette I.G.M.I. in scala 1: 25.000 e, nel dicembre del 1990, consegnano un “Rapporto intermedio di lavoro” contenente le proposte per la definitiva stesura del modello di assetto e gli indirizzi per la predisposizione di norme attuative. Dei contenuti del rapporto, viene elaborata una sintesi, nell’aprile 1991, in preparazione della Conferenza Urbanistica Regionale che si tiene il 21-22 giugno 1991, nel corso della quale, viene illustrato lo stato di avanzamento dei lavori e vengono raccolti i pareri degli Enti locali e dei vari soggetti operanti sul territorio.

INDIRIZZI, PROSPETTIVE E ORGANIZZAZIONE DEL PIANO

Il Piano Territoriale di Coordinamento Regionale, di cui alla Legge 17.8.1942 n. 1150 ed ai successivi D.P.R. 16.1.1972 n. 8 e D.P.R. 24.7.1977 n. 516, costituisce un progetto organico per la tutela, valorizzazione e sviluppo del territorio regionale e delle risorse, su di esso collegate. Dato il particolare stato di vulnerabilità naturale della Calabria (dissesti, sismi, ecc.) e di degrado “urbano”, in cui molte sue parti versano, assume carattere

d’emergenza. Al tempo stesso, costituendo il territorio, risorsa di grande importanza per la Calabria, il piano territoriale assume, anche, valore di azione strategica per il suo sviluppo civile (socio-economico e culturale). Considerando inoltre la collocazione geografica della Calabria, posta al centro del Mediterraneo e fisicamente connessa con il resto del Paese e l’Europa, una prima finalità che il P.T.C.R. assume è quella di far partecipare l’Ente Regionale alle procedure di verifica (impatto ambientale) in ordine a programmi e progetti avanzati in sede nazionale e comunitaria, sui possibili assenzi di importanti aree regionali (Pollino, aree interne, Piana di Lamezia Terme e Piana di Sibari, Piana di Gioia ed area dello Stretto, fascia Ionica ed altre), nonché in relazione ad importanti infrastrutture di comunicazione ferroviarie e stradali (attraversamento stabile, porti, aeroporti, ferrovie locali, ecc.) ed impianti produttivi (agricoli, industriali e turistici), previsti per il suo territorio.

Quanto sopra, mediante la configurazione dell’apposito modello d’assetto del territorio regionale.

Una seconda finalità che il P.T.C.R. assume è quella di muoversi nella logica della inversione del consolidato rapporto di dipendenza dall’esterno, puntando alla massima valorizzazione delle risorse “endogene”. Ciò significa, l’assumere come centrale il ruolo delle risorse proprie della Calabria e, attorno a queste, costruire le ipotesi di sviluppo, piegando ad esse anche l’uso delle risorse finanziarie esterne (Legge n. 54/85 per il Mezzogiorno, Legge nazionale per la Calabria, risorse comunitarie, ecc.). Il P.T.C.R., operando una ricognizione sistematica delle risorse naturali ed artificiali, presenti sul suo territorio (mediante i “piani quadro di settore”), costituisce riferimento e supporto al piano di sviluppo socio-economico, consentendo, cosi, di far assumere all’Ente regionale i compiti di coordinamento, programmazione e controllo dello sviluppo, secondo le modalità previste dall’art. 55 dello Statuto.

Assunta, come riferimento, la notevole varietà di situazioni territoriali esistenti (il che implica una distribuzione disomogenea delle risorse), la suddetta condizione si traduce nella riconduzione, all’intero dell’ipotesi di piano regionale, dell’insieme delle risorse e parti del territorio, abbandonando lo schema astratto del “riequilibrio” fra le parti, per proporre una valorizzazione delle specificità e diversità, presenti all’interno della Calabria. Quarta finalità è quella di programmare un impiego delle risorse territoriali, che si configuri come uso razionale e non come sfruttamento, tenendo conto di garantire l’equilibrio tra i livelli di consumo e possibilità di riproduzione delle risorse stesse, che in molti casi risulta ormai assai limitata (coste, suoli agricoli, ecc.).

Accanto alle suddette finalità, importanti sono i requisiti, di cui il piano dispone, affinché si creino le condizioni e gli strumenti adeguati a garantire la gestione in fase attuativa, che sono i seguenti:

a. un’organizzazione del P.T.C.R., costituita pensando ai problemi specifici della sua gestione;

b. la predisposizione di un idoneo apparato di norme di attuazione, da recepire con apposita legge urbanistica;

c. la costituzione di un Servizio regionale di Pianificazione territoriale e la formazione di quadri tecnici qualificati;

d. la costituzione di una struttura di monitoraggio per l’osservazione continua delle trasformazioni che il territorio e l’ambiente subiscono nel tempo; ciò sotto forma di Consorzio fra Regione ed Università, aperto alla partecipazione di Enti ed Operatori esterni interessati.

Quanto all’organizzazione del piano, il punto di partenza delle elaborazioni, sin ora svolte, è costituito dalle indicazioni di natura programmatica fornite dalla Giunta Regionale sotto forma di questioni chiave (gennaio 1984), contenute nel protocollo d’intesa fra Giunta Regionale e le due Università

incaricate, a seguito della deliberazione del C.R. 9.3.1983 n. 349. Si tratta delle questioni che la componente decisionale (la Regione) ha indicato alla componente elaborata (le Università) come centrali per la costruzione del piano. Esse riguardano: la struttura demografica; la struttura spaziale del sistema socio-economico; il sottosistema naturale, ambientale, energetico; il sottosistema artificiale e storico; il sottosistema istituzionale-organizzativo ed informativo; l’agricoltura e le foreste; il turismo; l’industria; i trasporti e le comunicazioni; i servizi.

A partire dalle indicazioni relative a questi aspetti è stata costituita una struttura di piano, secondo le seguenti parti (categorie di piano):

a. un modello generale di assetto, che indica le scelte strategiche in materia di organizzazione del territorio regionale, in particolare nei rapporti con l’esterno della regione e nei rapporti interni fra le diverse aree;

b. la predisposizione di “piani quadro” relativi ai più importanti fenomeni territoriali emergenti e relativi settori (trasporti, agricoltura, edilizia, ecc.); c. la predisposizione di “progetti finalizzati” per l’attuazione e gestione del

piano (cartografico, informatizzazione, formazione, ecc.);

d. le procedure amministrative e tecniche per giungere alla definitiva adozione del piano e alla sua gestione nel tempo.

IL MODELLO D’ASSETTO TERRITORIALE