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Il termine per la presentazione della domanda

probatorio delle parti e i poteri istruttori del giudice – 7. La fase introduttiva del procedimento – 8. Le condizioni ostative – 8.1 Dolo o colpa grave: la componente psicologica – 8.1.1 La condotta gravemente colposa e la sua delimitazione temporale – 8.1.2 L'esercizio del diritto di difesa e il «difetto di collaborazione» - 8.2 L'operatività della condizione ostativa nei confronti dei prossimi congiunti – 8.3 Le cause di esclusione disciplinate dall'art. 643 comma 3 c.p.p. e dai commi 4° e 5° dell'art. 314 c.p.p. – 9. La fase decisoria – 10. Il ricorso per cassazione

1. Natura del procedimento riparatorio

Nonostante la Costituzione non stabilisca la giurisdizionalizzazione penale del procedimento riparatorio, il legislatore ordinario si è espresso in tal senso, attribuendo la competenza in materia al giudice penale311.

Risultando il diritto alla riparazione costituzionalmente tutelato e incardinato su una materia «riservata» alla giurisdizione penale312, il 311TURCO, L'equa riparazione tra errore giudiziario e ingiusta detenzione, Milano,

2007, p. 268.

codice penale poteva apparire la sede più adatta a contenere l'intera disciplina riparatoria: il legislatore del 1988, tuttavia, ha scelto di non regolamentare in modo compiuto l'iter procedimentale, e ciò ha indotto il Giudice di legittimità a ricoprire un fondamentale ruolo di supplenza. In questo senso, numerose e oscillanti sono state le interpretazioni che si sono susseguite nel corso degli anni.

Un primo cospicuo filone giurisprudenziale ha ricondotto il procedimento riparatorio nell'ambito di quello civile, partendo dal presupposto che il meccanismo della riparazione riguarderebbe una controversia concernente il regolamento di interessi patrimoniali313;

affermando così la natura civilistica dell'azione riparatoria314, si

ritenevano applicabili, nella procedura in esame, le norme processual- civilistiche, ad eccezione dei casi in cui la legge disponeva diversamente.

Tuttavia, la conclusione a cui si era giunti apparve da subito poco convincente. Se da un lato, infatti, la natura patrimoniale della pretesa poteva indurre ad assimilare il procedimento riparatorio ad una azione civile di responsabilità, dall'altro non veniva correttamente valorizzata la specificità che l'istituto della riparazione assume rispetto a quella del risarcimento del danno. Invero, il diritto in questione non deve essere preso in considerazione come mera pretesa di carattere civilistico, ma come autonomo "rimedio" contro illegittime lesioni del bene fondamentale della libertà personale, volto non solo a riparare i danni patrimoniali, ma anche e soprattutto a compensare le conseguenze negative di carattere psichico e morale subite dall'interessato a causa dell'ingiusto provvedimento.

Le Sezioni unite315, quindi, intervenendo per risolvere le incertezze 313TURCO, L'equa riparazione tra errore giudiziario e ingiusta detenzione, p. 268. 314Le pronunce sulla natura civilistica o pubblicistica dell'istituto della riparazione

hanno interessato prevalentemente la materia dell'ingiusta detenzione, e, solo in rare occasioni, quella dell'errore giudiziario.

sorte in questo ambito, contrariamente a quanto affermato dalla prevalente giustizia di legittimità316, hanno trovato nel codice di

procedura penale la cornice normativa di riferimento317, alle cui

disposizioni fare completo riferimento per supplire ai silenzi del legislatore, in assenza di una espressa deroga.

A soli due anni di distanza dalla suddetta pronuncia, però, la Cassazione318 è tornata ad esprimersi in materia, sovvertendo il

precedente indirizzo interpretativo e tornando ad affermare la natura civilistica del procedimento di riparazione, e la conseguente applicabilità delle norme del codice di rito civile319.

A seguito di numerose ulteriori oscillazioni320 verificatesi in questo

ambito nell'ultimo ventennio, le Sezioni unite321 sono tornate ad 1338 s. Nonostante questo intervento a Sezioni unite e quelli successivi, come già sottolineato, abbiano riguardato prevalentemente l'istituto dell'ingiusta

detenzione, le conclusioni raggiunte possono essere ritenute estensibili all'istituto affine dell'errore giudiziario.

316In dottrina, anche precedentemente alla pronuncia delle Sezioni unite, si riteneva che le disposizioni sul procedimento di riparazione dovessero essere integrate con le norme contenute nel codice di procedura penale. Così JANNELLI, Sulla

natura civilistica o pubblicistica del procedimento riparatorio: la Corte di cassazione sulle soglie di un nuovo cambiamento di rotta sul tema tormentato della riparazione?, in Cass. pen., 1995, p. 2980.

317Considerando che, come sottolineano le Sezioni unite, «si è in presenza di un procedimento incidentale penale che ha ad oggetto la ricognizione dei presupposti oggettivi per la riparazione dell'ingiustizia subita, procedimento predisposto per l'efficace tutela di un diritto soggettivo che, a sua volta, è espressione diretta del principio contenuto nel comma 3 dell'art. 24 della Costituzione».

318Cass., Sez. Un., 12-3-1999, Min. Tesoro in proc. Sciamanna, in Foro it., 1999, II, p. 256 s., secondo la quale «Il rapporto processuale relativo alla riparazione per l'ingiusta detenzione ha natura civile, anche se inserito in una procedura che si svolge dinanzi al giudice penale, trattandosi di controversia concernente il regolamento di interessi patrimoniali (attribuzione di una somma di danaro) tra il privato, titolare del diritto alla riparazione, e lo Stato».

319TURCO, L'equa riparazione tra errore giudiziario e ingiusta detenzione, p. 271. 320Dopo la citata pronuncia della Cass., Sez. Un., 12-3-1999, un nuovo inatteso

intervento ha riconosciuto vis attractiva della giurisdizione penale (Cass., Sez. Un., 27-6-2001, Pierantoni, in Cass. pen., 2002, p. 74.). Tuttavia, anche questo tentativo di dissipare le incertezze in ordine al carattere penale della procedura riparatoria è stato vanificato da un nuovo succcessiva pronuncia delle Sezioni unite, che hanno nuovamente affermato che «la particolarità del procedimento ed il suo inserimento nel c.p.p. non escludono che esso presenti pur sempre anche estremi di carattere civile» (Cass., Sez. Un., 26-6-2002, Min. Economia e Finanze in proc. De Benedictis, in Cass. Pen., 2003, p. 57 s.).

affrontare la problematica, risolvendola definitivamente e arrivando a considerare priva di alcuna giustificazione normativa l'impostazione che riconosce un carattere civilistico al procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione e dell'errore giudiziario, e, di conseguenza, rinvenendo la relativa disciplina all'interno del codice di procedura penale322.

2. Il giudice competente

Nei libri IX e IV del codice di procedura penale sono disciplinate, rispettivamente, la riparazione dell'errore giudiziario e la riparazione dell'ingiusta detenzione.

Nonostante questa dislocazione interna al codice, tuttavia, il legislatore delegato ha espressamente previsto «un fisiologico processo osmotico tra le discipline dei due istituti»323, in attuazione della comune funzione

normativa: l'art. 315 comma 3 c.p.p. stabilisce infatti che alla riparazione per ingiusta detenzione si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario, fissate negli artt. 644- 647 c.p.p.324

In ambito di riparazione in materia cautelare poi, a completamento della cornice normativa, si aggiungono le previsioni di cui agli artt.

pen., 2003, p. 3721.

322La richiesta di equa riparazione si collocherebbe, secondo le Sezioni unite, tra le «azioni penali complementari». Nella motivazione si afferma: «Deve ritenersi priva di alcuna giustificazione normativa la configurazione del procedimento per la riparazione di ingiusta detenzione come di un procedimento civile che si svolge dinanzi al giudice penale, trattandosi, invece, di un procedimento penale

autonomo (non incidentale) che presuppone definitivamente concluso il rapporto processuale instauratosi per effetto dell'esercizio dell'azione penale».

323JANNELLI, La riparazione dell'errore giudiziario, in Giurisprudenza

sistematica del diritto processuale penale, diretta da CHIAVARIO e

MARZADURI, Le impugnazioni, coordinati da Aimonetto, Torino, 2005, cit. p. 733.

324Le Sezioni Unite penali, poi, hanno precisato che il contenuto del rinvio realizzato dall'art. 315 fa riferimento alle norme sia procedurali che sostanziali dell'istituto della riparazione per errore giudiziario ex artt. 643 ss. c.p.p., con il solo limite della loro compatibilità (Cass., Sez. Un., 14-12-1994, Libranti e a.).

315 comma 1 c.p.p. e 102 disp. att. c.p.p.325

Un primo profilo da esaminare è quello concernente l'individuazione del giudice competente a decidere in ordine alla relativa istanza riparatoria.

In materia di errore giudiziario, l'art. 645 comma 1 c.p.p. stabilisce che il procedimento deve essere instaurato innanzi alla Corte d'appello che ha pronunciato la sentenza di revisione326 e, simmetricamente, l'art. 102

disp. att. c.p.p., in materia di ingiusta detenzione, precisa che la domanda di riparazione deve essere presentata presso la Corte d'appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il provvedimento di archiviazione che ha definito il procedimento. Nel caso in cui la sentenza sia stata emessa dalla Corte di cassazione, è competente la Corte d'appello nel cui distretto venne emesso il provvedimento impugnato327.

La scelta del legislatore di attribuire la competenza alla Corte d'appello risponde alla necessità di assicurare una certa uniformità di indirizzo, almeno a livello distrettuale, ad una disciplina affidata spesso a determinazioni di carattere equitativo328.

In caso di violazione della regola sulla competenza territoriale, per quanto concerne le conseguenze processuali, l'art. 315 comma 1 c.p.p. nulla dispone, prevedendo la sanzione di inammissibilità della domanda soltanto in riferimento al mancato rispetto del termine per la sua proposizione. La giurisprudenza prevalente329, invece, intervenuta

in materia di ingiusta detenzione, ha affermato la necessità di integrare

325Disposizioni previste in funzione delle specifiche esigenze proprie della ingiusta detenzione: COPPETTA, La riparazione per ingiusta detenzione, p. 259.

326SANTANGELO, La riparazione per l'ingiusta detenzione, in Giur. mer., 2001, p. 1525.

327RIVELLO, Riparazione per l'ingiusta detenzione, in Dig. disc. pen., XII, Torino, 1997.

328MONTALDI, Commento all'art. 102 disp. att. c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, La normativa complementare, I, Norme di attuazione, Torino, 1992, p. 374.

la suddetta norma (in virtù del rinvio operato dal comma 3 del medesimo articolo) con il precetto di cui all'art. 645 comma 1 c.p.p., che collegherebbe la sanzione di inammissibilità della domanda sia all'intempestività che alla mancata osservanza delle forme e delle modalità di proposizione e presentazione qui disciplinate.

In realtà, quest'ultima conclusione appare poco convincente, per due ordini di motivi. In primo luogo, deve essere sottolineato che la possibilità di estendere le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario alla materia dell'ingiusta detenzione, è subordinata al fatto che determinati aspetti di quest'ultimo istituto non siano autonomamente regolati. Poichè, invece, l'art. 102 disp. att. c.p.p. disciplina in modo specifico la competenza territoriale del giudice della riparazione per ingiusta detenzione, non sanzionando, a pena di inammissibilità, la sua inosservanza, e considerando che in tema di sanzioni processuali regna il principio di tassatività, deve ritenersi salvo l'esercizio del diritto riparatorio dinanzi al giudice incompetente330.

In secondo luogo, sotto il profilo formale, nell'art. 645 comma 1 c.p.p., contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di legittimità, pare che il legislatore non colleghi la sanzione di inammissibilità alla violazione delle prescrizioni riguardanti le modalità di proposizione dell'atto, ma alla sola inosservanza del termine utile per la proposizione dell'intervento. La norma in esame detta, infatti, che «la domanda di riparazione è proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione» e, separatamente, stabilisce che «è presentata per iscritto, (...), nella cancelleria della Corte di appello che ha pronunciato la sentenza»: una lettura formalistica non può autorizzare differenti soluzioni ermeneutiche331. 330TURCO, L'equa riparazione tra errore giudiziario e ingiusta detenzione, p. 279. 331Per collegare la sanzione di inammissibilità, oltre che all'inosservanza del termine

di presentazione dell'istanza, anche alle ipotesi di violazione delle modalità propositive stabilite dall'art. 645 comma 1 c.p.p., il legislatore avrebbe dovuto

3. Il termine per la presentazione della domanda

Il termine per la presentazione della domanda di riparazione in materia di errore giudiziario è stato esteso dall'art. 645 comma 1 c.p.p. da diciotto mesi a due anni332; per l'ingiusta detenzione, invece, il termine,

originariamente fissato dall'art. 315 comma 1 c.p.p. in diciotto mesi, è stato esteso a due anni soltanto con la l. 16 dicembre 1999, n. 479. I due termini sono così stati uniformati, ponendo fine ad un difetto di coordinamento tra le due discipline, «assolutamente inspiegabile»333,

anche considerando che dai lavori preparatori per l'attuale codice di procedura penale risultava chiara la tendenza verso l'equiparazione. Il termine, in entrambi i casi, è espressamente previsto a pena di inammissibilità della domanda: il suo inutile decorso, quindi, determina la decadenza dal diritto.

L'inammissibilità è concettualmente intesa dalla giurisprudenza non come termine processuale, bensì come decadenza dell'azione, la cui mancata osservanza comporta la perdita del diritto in capo all'istante334.

Questa configurazione ha perciò portato a ritenere che il termine non sia suscettibile di sospensione nel periodo feriale ai sensi della l. 7 ottobre 1969, n. 472335, riguardante esclusivamente i termini di

carattere processuale.

Il dies a quo del termine per la presentazione dell'istanza di

impostare diversamente la norma.

332MONTALDI, sub. art. 645 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura

penale, vol. VI, 1991, p. 395.

333AMATO, sub. art. 315 c.p.p., in Commentario del nuovo codice di procedura

penale, a cura di Amodio e Dominioni, vol. III, parte II, Milano, 1990, p. 236.

334SANTANGELO, La riparazione per l'ingiusta detenzione, p. 1523.

335Ai sensi dell'art. 1 della citata legge, il decorso dei termini processuali «è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione» e, nel caso in cui il decorso medesimo inizi durante il periodo di sospensione, «l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo».

riparazione, in materia di errore giudiziario, è dato dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione, mentre in materia di ingiusta detenzione decorre dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile336, la sentenza di non luogo a

procedere è divenuta inoppugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti è stato pronunciato337.

La nuova disciplina dell'effetto del termine di proposizione in caso di archiviazione si differenzia dal vecchio testo dell'art. 315 comma 1 c.p.p., poichè quest'ultimo collegava la decorrenza del termine per la presentazione della domanda di riparazione alla pronuncia del provvedimento anzichè alla sua notificazione, e quindi, l'azionabilità del diritto, anche se riconosciuta in astratto, era in concreto paralizzata, non essendo previsto alcun meccanismo idoneo ad informare l'interessato del decreto di archiviazione338.

Il legislatore, in conseguenza di una sentenza della Corte costituzionale339 che dichiarava illegittimo il suddetto articolo, con

l'art. 15 l. n. 479/99, ha eliminato la sottolineata contraddizione: da un lato ha configurato un preciso obbligo di notificazione del

336Cass. pen., Sez. IV, 2-2-2017, n. 23144, in CED Cass., 2017: in tema di

riparazione per l'ingiusta detenzione, la domanda presentata oltre i due anni dalla sentenza di proscioglimento o di assoluzione è inammissibile, perchè tardiva, anche nell'ipotesi in cui la cancelleria abbia per errore indicato, nell'attestazione di passaggio in giudicato, una data diversa rispetto alla quale la domanda presentata appaia tempestiva, avendo la predetta attestazione natura meramente ricognitiva ed essendo onere dell'istante verificare quale sia stato l'effettivo momento di irrevocabilità.

337Cass., Sez. IV, 17-12-1992, Min. Tesoro in proc. Ronco, in CED Cass., n. 193230: nell'ipotesi di pluralità di imputazioni il dies a quo deve essere fissato al tempo del giudicato sull'ultima tra le imputazioni idonee a sostenere il

provvedimento restrittivo, poichè fino a questo momento è irrealizzato il presupposto postulato dall'art. 314 comma 1 c.p.p., non conoscendosi ancora l'esito finale dell'accusa. Il diritto non può quindi, ancora, considerarsi sorto, e, pertanto, non può nè decadere nè prescriversi.

338SANTANGELO, La riparazione per l'ingiusta detenzione, p. 1523.

339Corte cost., 30-12-1997, n. 446, p. 1313 s., nella quale il Giudice delle leggi ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell'art. 315 c.p.p. nella parte in cui prevedeva che il dies a quo della proposizione della domanda decorresse non dal momento della notificazione del provvedimento, ma da quello della sua pronuncia.

provvedimento di archiviazione all'indagato che fosse stato sottoposto a custodia cautelare (art. 409 comma 1 c.p.p.)340, dall'altro ha

posticipato il dies a quo per la proposizione della domanda al momento della citata notificazione341.