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Un sistema elettorale, quello disegnato dalla Legge Calderoli, che dopo avere disciplinato tre elezioni di cui una, l'ultima, quella del 2013 , così invasiva negli effetti prodotti sul sistema politico globalmente inteso, è stato modificato.

Infatti, la legge Calderoli fu oggetto di una pronuncia di incostituzionalità nella nota sentenza 1/2014.

Va anzitutto precisato che la Corte, nella sentenza in esame, utilizza diverse tipologie di formule : nel caso delle norme relative all’assegnazione del premio di maggioranza, la Corte ne dichiara

154 Cfr. A.CHIARAMONTE, V.EMANUELE, Bipolarismo addio? Il sistema partitico tra

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l’illegittimità costituzionale attraverso un intervento esclusivamente

ablativo, mentre invece nel caso della norma che non prevede il voto

di preferenza, la Corte utilizza la formula tipica delle sentenze additive e cioè dichiara l’illegittimità della norma «nella parte in cui non prevede »155.

In ogni caso, oggetto della pronuncia sono le disposizioni relative al premio di maggioranza di Camera e Senato, per l’assenza di una soglia minima per la sua assegnazione, e di quelle che non consentono all’elettore di esprimere alcuna preferenza ma solo di scegliere una lista di partito.

Per quanto riguarda il premio di maggioranza, le censure riguardano: l’art. 83 del d.P.R. n. 361 del 1957 (nel testo risultante dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270) che prevede che l’Ufficio elettorale nazionale verifichi «se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi abbia conseguito almeno 340 seggi» (comma 1, n. 5), sulla base dall’attribuzione di seggi in ragione proporzionale; e stabilisce, in caso negativo, che ad essa venga attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere quella consistenza (comma 2); e l’art. 17, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 533 del 1993 (nel testo risultante dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270), che disciplina il premio di maggioranza per le elezioni del Senato della Repubblica, prevedendo che l’Ufficio elettorale regionale, qualora la coalizione di liste o la singola lista, che abbiano ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell’ambito della circoscrizione, non abbiano conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, assegni alle medesime un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione.

Per quanto riguarda le censure relative al voto di preferenza esse sono relative all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957 e, in via consequenziale, all’art. 59, comma 1, del medesimo d.P.R., nonché all’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993 (nel testo risultante dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270) nella parte in cui, rispettivamente, prevedono: l’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, che «Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista ai fini dell’attribuzione dei seggi in ragione proporzionale, da esprimere su un’unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista»; l’art. 59 del medesimo d.P.R. n. 361, che «Una scheda valida per la scelta della lista rappresenta un voto di lista»; nonché l’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, che «Il voto si esprime tracciando, con la

155 Cfr. S.LIETO, P.PASQUINO, La Corte Costituzionale e la legge elettorale : la sentenza n.1 del

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matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta»156.

Ancora, sui motivi di censura delle liste bloccate, sussisteva la confluenza di una serie di fattori :il fatto che la lista fosse bloccata si combinava al numero “assai elevato” di candidati (la lista era in alcune circoscrizioni molto lunga) e la possibilità illimitata di candidature multiple. Nel complesso, la norma non garantiva né la riconoscibilità dei candidati né il loro legame diretto con il voto dei cittadini nelle varie circoscrizioni elettorali157.

I profili di dubbia legittimità della legge 270/2005 erano già emersi non soltanto nel dibattito politico, ma già la Corte non aveva mancato di esprimere riserve sulla sua costituzionalità (prefigurando in questo modo un esito positivo ad una eventuale questione di legittimità sollevata in via incidentale) e questo costituiva già un implicito invito ad intervenire rivolto al legislatore158.

Ad esempio, a proposito del premio, nella decisione del 2008 (n. 15) sull’ammissibilità del referendum abrogativo sulla legge

‘Calderoli’, la Corte aveva già sottolineato i rischi legati all’assenza di una soglia minima per l'assegnazione del premio di maggioranza, elemento questo “

potenzialmente foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa”, segnalando al Parlamento “ l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi.”159

La Corte dunque colpisce due cardini essenziali del Porcellum. Il primo è la mancanza di una soglia per il premio di maggioranza, che rende possibile una distorsione eccessiva del risultato elettorale. Essendo il premio configurato come l’aggiunta di seggi in numero variabile fino a un totale di 340, la mancanza di una soglia per l’applicazione non determina di per sé la misura della distorsione, che potrà essere ridotta o elevata in ragione della distribuzione dei consensi tra i soggetti politici. Perciò, il dettato normativo viene colpito non in virtù di una quantificazione data del premio, ma per la

156 Cfr. Sentenza 1/2014-Corte Costituzionale , in www.cortecostituzionale.it. 157 Cfr. Cosa disse la Corte Costituzionale sul Porcellum , in www.youtrend.it.

158 Cfr. F.GABRIELE, Molto rumore per nulla? La “zona franca” elettorale colpita ma non

affondata (anzi...). Riflessioni sulla sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014 , 2014 , in www.giurcost.org , p.3.

159 Cfr. A.D'ALOIA, Finale di partita. Incostituzionale la legge elettorale , 2013 , in

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eventualità che in concreto esso possa giungere a una misura incompatibile con il bene costituzionalmente protetto della rappresentatività dell’istituzione. Il contrasto con una rappresentatività costituzionalmente protetta e quindi necessaria sussiste per la mera possibilità che l’applicazione del premio di fatto produca esiti non rispettosi di quella rappresentatività. Un esito eventuale si traduce in una violazione certa della Costituzione solo se eviterà con certezza quella stessa eventualità. Saranno conformi a Costituzione tutti i sistemi elettorali, comunque configurati, per i quali una eccessiva distorsione nel tradursi dei voti in seggi sia impossibile in principio, e a prescindere dal concreto esito del voto.

Il secondo punto colpito dalla sentenza, che riguarda la previsione di una lista bloccata estesa a tutta la rappresentanza parlamentare, nega all’elettore ogni scelta. Il bene costituzionalmente protetto è qui il libero determinarsi nell’esercizio del diritto di voto, che non può essere limitato alla scelta di un soggetto politico, tramite la mera adesione alla offerta di candidature messa in campo da quel soggetto.

La sentenza 1/2014 si incentra sulla natura del voto come diritto fondamentale. È proprio con questa impostazione che la Corte sposta la materia da un’area sostanzialmente rimessa ai soggetti politici, e dunque assoggettata a un’ampia discrezionalità del legislatore, ad un terreno nel quale la scelta del decisore politico trova rigorosi confini.

Per la Corte, la rappresentatività delle assemblee elettive è centrale per il sistema democratico, ma anche la governabilità e l’efficienza decisionale sono valori costituzionalmente rilevanti. Al tempo stesso, non è prescritto in Costituzione uno specifico modello, ed in specie un sistema elettorale proporzionale puro. Ma essendo il cardine nel voto come diritto fondamentale, l’ambito di scelta del legislatore trova rigorosi confini nei principi di necessità, proporzionalità, ragionevolezza.

Sussiste dunque una lesione derivante da un premio di maggioranza applicabile senza alcuna soglia minima di voti conseguiti, e dunque tale da produrre una distorsione anche molto elevata. Analogo ragionamento la Corte svolge quando guarda, sia pure forse con minore nettezza, al principio del voto “eguale”, concludendo per la violazione anche dell’art. 48 della Costituzione. Ed infine quando considera la scelta consapevole dell’elettore ai fini del voto “libero”, precluso dalle liste bloccate sull’intera rappresentanza parlamentare.

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La sentenza 1/2014 si collega in modo diretto al confronto politico e parlamentare che in quel momento investiva il tema della legge elettorale. Se la rappresentatività assume un determinante rilievo costituzionale per la democraticità del sistema, ne segue che la misura della distorsione, comunque prodotta, deve osservare i principi di proporzionalità e ragionevolezza. Una distorsione eccessiva o arbitraria è di per sé lesiva della Costituzione, anche se espressione di un voto tecnicamente e formalmente libero ed eguale. E ribadiamo che per l’incostituzionalità basta che la distorsione sia potenziale. Infine, la sentenza 1/2014 , pur ribadendo la legittimità formale del Parlamento in carica, ritiene che gli equilibri politici nelle assemblee siano decisivamente conformati proprio dal premio di maggioranza dichiarato illegittimo160.

160 Cfr. M.VILLONE, La legge 52/2015 (Italicum) : da pochi voti a molti seggi , Fascicolo

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CAPITOLO 4: DOPO L’INCOSTITUZIONALITA’

DELLA LEGGE N.270/2005, DAL TENTATIVO