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SUOI

EFFETTI

SULL'ASSETTO

DEI

PARTITI

La stagione politica che si aprì all'indomani di questa tornata elettorale fu caratterizzata da un elemento che si fece strada nel dibattito politico fino a divenirne progressivamente centrale : l'esigenza di una maggiore stabilità politica, cioè di una più agevole governabilità che doveva necessariamente nascere da un assetto partitico e parlamentare meno frammentato, con un rafforzamento del ruolo della Democrazia Cristiana.

Inevitabile fu ritenere che la legge elettorale in vigore fosse inadeguata rispetto a questo obiettivo e ciò diede l'impulso alla vicenda politica e parlamentare che iniziò con il disegno di legge presentato da Mario Scelba ed approvato dal Consiglio dei Ministri :

56 Cfr. Archivio storico elezioni-Ministero dell'Interno/Elezioni politiche 1948 in

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il progetto per una nuova legge elettorale ebbe così il suo inizio. Va detto che sulla strada che si stava intraprendendo furono molto influenti le vicende legate alle elezioni amministrative del 1951-1952. Dopo la decisione di rinviare le elezioni comunali del 1950, l'approvazione della nuova legge elettorale comunale (l.84/1951) produsse cambiamenti che costituirono gli assi portanti per la nuova legge elettorale nazionale : con l'introduzione delle coalizioni tra partiti nei comuni sopra i 10000 abitanti, fu introdotto il premio di maggioranza per l'alleanza più votata, cui andavano obbligatoriamente almeno i due terzi dei seggi, con arrotondamento per difetto, mentre il numero di preferenze accordabili rimaneva invariato.

L’unica differenza tra la legge comunale e quella nazionale era che mentre nella prima il premio di maggioranza si conseguiva con la sola maggioranza relativa dei voti, per la legge nazionale occorreva la maggioranza assoluta.

Furono proprio gli esiti non positivi per la Dc delle suddette elezioni amministrative (e di quelle successive del 1952) che spinsero il partito di De Gasperi a ritenere, nonostante un asprissimo e non breve dibattito interno, che una modifica della legge elettorale nazionale in vigore in senso fortemente maggioritario fosse l'unico rimedio per evitare un netto calo di consensi rispetto alle elezioni politiche dell'aprile 194857.

Intorno al tema del premio di maggioranza, la dialettica interna ai partiti non riguardava solo la Democrazia Cristiana, ma anche le formazioni alleate : i socialdemocratici del PSDI guidati da Saragat ritenevano che un premio di maggioranza avrebbe permesso di modificare (per loro favorevolmente) i rapporti di forza con i socialisti nell'assetto parlamentare che si sarebbe andato a determinare.58

L'asse portante della nuova legge elettorale, proprio in funzione della ricerca della stabilità politica, era il premio di maggioranza per il partito o la coalizione che avessero raggiunto il 50,01% dei voti “validi” (e non del numero di votanti).

Il numero delle circoscrizioni invece sarebbe rimasto quello del 1948, ma considerato l'aumento del numero di abitanti – e la previsione in Costituzione dell'elezione di un deputato ogni 80 mila abitanti o per frazione superiore a 40 mila - il loro numero per l’elezione della Camera, in base all’ultimo censimento, sarebbe stato portato da 574

57 D.POSSANZINI, L'elaborazione della cosiddetta “legge truffa” e le elezioni del 1953, in

Quaderni dell'osservatorio elettorale, pp.58 ss.

58 D.POSSANZINI, L'elaborazione della cosiddetta “legge truffa” e le elezioni del 1953, in

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a 590. Quindi di conseguenza il numero dei seggi assegnati alle singole circoscrizioni andava adeguato fino a quella cifra.

Durante le trattative fra i partiti della coalizione di Governo, il premio di maggioranza fu poi ridotto dal 66% (pari a due terzi esatti dei seggi) al 65%, riducendo quindi il premio di maggioranza da 385 a 380 seggi, con correlativa lievitazione da 204 a 209 del numero di seggi lasciati alle liste di minoranze.

Riguardo alle circoscrizioni, passò la proposta (suggerita dai Repubblicani) che prevedeva di dividere il numero complessivo dei voti riportati dal gruppo dei partiti vincitori per il numero complessivo dei seggi ad esso assegnati (in quel momento a 385). Solo in tal modo si poteva ottenere quel quoziente nazionale indispensabile per eleggere il deputato. Lo stesso sistema poi si applicava anche per ottenere il quoziente della futura opposizione.

Invece, per ciò che nell'applicazione del nuovo sistema riguardava il collegamento fra i partiti, fu previsto l’obbligo della presentazione delle liste in almeno cinque circoscrizioni. Passò la proposta (suggerita dai Repubblicani) che prevedeva di dividere il numero complessivo dei voti riportati dal gruppo dei partiti vincitori per il numero complessivo dei seggi ad esso assegnati (in quel momento a 385)” dei partiti con simboli diversi dai propri, ma anche l’assembrarsi di una quantità enorme di partiti e raggruppamenti minori a sfondo esclusivamente locale.

Eccezione a tale regola erano le liste della circoscrizione di Trento- Bolzano e le candidature del collegio uninominale della Valle d’Aosta le quali potevano collegarsi anche se non si erano presentate in altre circoscrizioni e ciò per assicurare la rappresentanza etnica.

Era prevista poi la ripartizione dei seggi tra le singole liste secondo il criterio proporzionale, sia nell’ambito del gruppo di maggioranza che in quello di minoranza, e sulla base dei voti complessivi riportati sul piano nazionale; sempre secondo il metodo proporzionale avveniva anche l’assegnazione dei seggi spettanti alle liste nelle singole circoscrizioni.

Era inoltre prospettato anche il caso in cui non si fosse raggiunto o si fosse oltrepassato il limite per l’assegnazione del premio di maggioranza.

Qualora nessun gruppo di liste collegate avesse conseguito la metà più uno del totale dei voti validi ovvero se un gruppo di liste, per i voti riportati, avesse avuto diritto proporzionalmente ad un numero di seggi non inferiore a 380, l’Ufficio centrale nazionale ne dava notizia agli uffici centrali circoscrizionali, i quali procedevano al riparto

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proporzionale dei seggi assegnati a ciascuna circoscrizione fra tutte le liste della circoscrizione stessa59.

Per l’assegnazione dei seggi residui veniva però abolita la lista per il collegio unico nazionale prevista dal testo unico del ’48 e sostituita da una graduatoria nazionale comprendente, per ciascuna lista che avesse raggiunto il quoziente in almeno una circoscrizione, il primo candidato non proclamato nelle singole circoscrizioni.

Dopo un lungo periodo caratterizzato da un lato dal dibattito interno alle forze di maggioranza e dall'altro dalla perdurante azione di ostruzionismo delle opposizioni in Parlamento, fu siglato a Roma l’accordo fra i quattro partiti di maggioranza (DC, PSDI, PLI, PRI). I partiti decisero di sostenere in parlamento il disegno di legge presentato dal Governo per la riforma elettorale, che attribuiva alla maggioranza assoluta dei voti il 65% dei seggi. Stabilirono anche di presentarsi con liste collegate nell’intero territorio nazionale, ma decretarono che ogni eventuale ulteriore adesione al collegamento dei quattro partiti potesse avvenire solamente con il consenso di tutti e quattro i partiti collegati.

I tre partiti più piccoli dell'alleanza temevano infatti un ulteriore rafforzamento della Dc senza un contestuale vantaggio politico- elettorale per se stessi, ma grazie alla previsione della suddetta prerogativa concessa (potere di veto di ognuno) si trovò l'accordo per presentare la coalizione.

E' da sottolineare che quest'ultima, che diede il via alla stagione del centrismo degli anni cinquanta, rappresenta un elemento interessante ai fini della trattazione in quanto costituirà, insieme al centro-sinistra organico degli anni sessanta e settanta (con la medesima composizione di coalizione ad esclusione del Pli, sostituito dal Psi), l'apripista per la stagione del Pentapartito, cioè la coalizione di governo (DC, PSI, PSDI, PLI, PRI) che guidò l'Italia nel decennio 1981-1991.

Tornando al 1953 l'opposizione invece, prevalentemente tramite Togliatti, presentò quattro pregiudiziali alla legge, tutte respinte. La prima lamentava la presunta incostituzionalità della legge nel fatto che “la proporzionale pura sta alla base della nostra Costituzione” e che “la proporzionale rappresenta la conquista più avanzata della Democrazia”.

La seconda riguardava il principio dell’uguaglianza del voto, che con

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il nuovo sistema elettorale prefigurato dalla legge, secondo le sinistre, sarebbe stato violato.

La terza pregiudiziale invece intravedeva una violazione del principio di tutela delle minoranze etniche (presenti nella Valle D’Aosta ed in Trentino Alto-Adige).

La quarta accusava il governo di voler spianare con questa legge la strada ad un Governo “oligarchico” e quindi ad una successiva riforma arbitraria della Costituzione60.

Respinte dunque le pregiudiziali, nonostante l'ostruzionismo parlamentare dell'opposizione e molte voci critiche all'interno della maggioranza, la legge fu approvata con voto di fiducia posto da De Gasperi, promulgata il 31 marzo 1953 (l.148/1953)61.

Ancora prima delle votazioni, la legge elettorale approvata aveva già prodotto una serie di conseguenze politiche di grande importanza. Anzitutto, come abbiamo visto l'introduzione del premio di maggioranza aveva spinto tre formazioni minori (in aggiunta a due formazioni regionaliste : il Partito Sardo D'Azione e il Sudtiroler Volkspartei) a stringere un accordo con la Dc, ma vi è di più : le voci critiche-anche all'interno della maggioranza-che avversavano la nuova legge elettorale, operarono per l'obiettivo opposto, cioè non fare scattare il premio di maggioranza.

Esponenti di Pri e Psdi diedero vita a Unità Popolare e contestualmente da una scissione nel partito liberale si costituì Alleanza Democratica Nazionale62.

Le forze apparentate ottennero il 49,8% dei voti: per circa 54.000 voti il meccanismo previsto dalla legge non scattò.

Rispetto alle elezioni precedenti la DC perse consensi, fermandosi al 40% ; i repubblicani , con l'1,62%, arretrarono di più di 200.000 voti; il Partito Sardo d'Azione dimezzò il suo consenso e il 4,5% del Psdi e il 3% del Pli non furono sufficienti a raggiungere la soglia che faceva scattare il premio63.

60 Cfr.V.PIERONI, La legge elettorale del 1953, in www.sintesidialettica.it, par. 5.

61 Cfr. Modifiche al testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei Deputati approvato

con decreto Presidenziale 5 febbraio 1948, n. 26 nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 1953, in www.senato.it.

62 Cfr. R.COLOZZA, Partito d’azione e non solo. Storia del movimento di Unità popolare (1952-

1958) in www.istoreto.com.

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Dal canto loro, Up e Adn, totalizzando circa l'1% dei consensi complessivamente, ottennero il risultato di non fare scattare il premio. Questo è interessante soprattutto alla luce del fatto che questo risultato fu raggiunto pur senza ottenere neppure un seggio alla Camera (ne ottenne solo uno Adn al Senato, in cui- tra le formazioni minori- entrarono anche Psdi e Pli, rispettivamente con 4 e 3 rappresentanti, ed infine il PPST con 2 senatori).

La vicenda di queste due formazioni costituisce una chiave di lettura paradigmatica per comprendere uno schema ricorrente , prototipico di come le formazioni minori assumessero un peso decisivo nella determinazione degli equilibri del sistema partitico.

Questo potere che qui potremmo definire indirettamente ricattatorio viene esercitato da Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale con il solo atto di presentazione delle liste : non hanno nessun rilievo nell’assise parlamentare , dove non eleggono nessuno , ma i pochi consensi raccolti sono sottratti ai partiti maggiori e fungono da fattore indispensabile per bloccare la produzione di un effetto politico , che costituiva il reale obiettivo della legge elettorale.

Pci e Psi aumentarono i consensi ottenendo 35 seggi in più; il Partito Nazionale Monarchico aumentò da 14 a 40 deputati e il Movimento Sociale Italiano aumentò da 6 a 29 deputati.

L'unico dato in continuità con le elezioni del 1948 riguarda il numero di partiti che riuscirono ad ottenere rappresentanza parlamentare : escludendo i partiti regionalisti, furono 8 alla Camera e 9 al Senato esattamente come cinque anni prima.

A proposito del Senato, è interessante il dato che riguarda le formazioni che rimasero escluse dalla rappresentanza.

A differenza delle elezioni del 1948, furono soltanto tre i partiti che non riuscirono ad ottenere rappresentanza : oltre alla formazione regionalista Aut Aosta-Pace (0,07%), soltanto i Repubblicani (1,08%) e Unità Popolare (0,71%) non ottennero seggi64.

L'esito delle elezioni, caratterizzato dal non raggiungimento della soglia che quindi non fece scattare il premio di maggioranza, portò all'abrogazione della legge, nel luglio dello stesso anno e la normativa precedente trovò la sua definitiva disciplina nel Testo Unico n. 361/1957.

64 Cfr. Archivio storico elezioni-Ministero dell'Interno/Archivio Storico/Elezioni 1953, in

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Quest'ultimo accentuò il carattere proporzionale del meccanismo di ripartizione dei voti in seggi attraverso una diversa correzione del quoziente elettorale e introdusse una ripartizione in sede nazionale dei seggi non assegnati cui partecipavano le liste che avessero riportato almeno un quoziente circoscrizionale ed una cifra elettorale non inferiore a trecentomila voti validi.

2.4. DAGLI ANNI '60 ALLA SOLIDARIETA'