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LE ELEZIONI 2001: L'ULTIMA VOLTA DEL MATTARELLUM

MAGGIORITARIO: IL MATTARELLUM

3.1.3. LE ELEZIONI 2001: L'ULTIMA VOLTA DEL MATTARELLUM

Le elezioni del 2001, che costituiscono l'ultima tornata elettorale disciplinata dal Mattarellum, ci consentono di tracciare un quadro complessivo circa la variazione del paradigma politico-elettorale che la riforma del 1993 portò nei dodici anni di vigenza.

Anzitutto ritengo vadano considerati i profili coalizionali di queste elezioni : caratterizzati dalla grande importanza che assumono i perimetri politici delle alleanze , queste ultime costituiscono appunto un effetto tipico del sistema maggioritario.

Il Mattarellum, come già abbiamo potuto osservare in riferimento alle due precedenti elezioni, induce fortemente alla ricerca di coalizioni larghe e pre-elettorali.

Il centro-destra , che si presenta come Casa delle Libertà e riacquista la presenza della Lega Nord nell'aggregazione, crea una coalizione in cui inoltre sono presenti Alleanza Nazionale, Centro Cristiano Democratico, , Partito Repubblicano Italiano e Cristiani Democratici Uniti.

Il centro-sinistra , con la coalizione l'Ulivo, presenta un'aggregazione formata da Democratici di Sinistra, , Il Girasole, Repubblicani

Europei , Partito Sardo d'Azione

, Südtiroler Volkspartei e Comunisti Italiani ma senza l'Italia dei Valori che, invece, decise di correre in autonomia. Fuori dai due schieramenti principali si presentarono poi Democrazia Europea e Lista Bonino122.

L'assenza più pesante per il centro-sinistra è costituita però dal Prc, che si presenta autonomamente, pur giungendo ad un accordo elettorale con l'Ulivo (patto di non belligeranza), in base al quale non si sarebbe presentato nella quota maggioritaria della Camera : raccoglierà oltre il 5% dei consensi.

La coalizione del centro-destra, che vince in Abruzzo,Calabria , Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria , Lombardia, , Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia, si divide dunque la stragrande maggioranza dei voti espressi con la coalizione dell'Ulivo,che prevale in Emilia- Romagna,Marche , Toscana , Umbria , oltre che in alcuni capoluoghi di grandi dimensioni come Genova123.

I risultati, che mostrano una netta vittoria della Casa delle libertà porteranno alla nascita del governo Berlusconi II (dopo il primo

122 Cfr. Archivio storico elezioni-Ministero dell'Interno/Elezioni 2001, in www.interno.gov.it. 123 Cfr. Archivio storico elezioni-Ministero dell'Interno/Elezioni 2001, in www.interno.gov.it.

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esecutivo costituitosi nel 1994) che rimase in carica fino al 2005. Nella parte proporzionale, che alla Camera assegna 155 seggi, 86 vengono attribuiti alla coalizione di centro-destra e 58 all'Ulivo : è interessante il dato che fotografa come gli 11 seggi rimanenti vengono interamente conquistati da Rifondazione Comunista, a dimostrazione dell'effetto ottenuto dalla presenza del correttivo della soglia di sbarramento.

Sempre in riferimento alla “quota” proporzionale della ripartizione dei seggi, più articolata è la situazione al Senato, dove anzitutto è da sottolineare la prevalenza del centro-sinistra : su 83 seggi disponibili, le due coalizioni se ne spartiscono 75, di cui 51 vengono ottenuti dall'Ulivo e 24 dal centro-destra ; degli 8 rimanenti, la metà vengono conquistati da Rifondazione Comunista, 2 da Democrazia Europea (3,15%), mentre un seggio viene attribuito a Italia dei Valori, e Vallée d'Aoste - Autonomie Progrès Fédéralisme (VdA) ; quest'ultima è l'unica formazione che riesce, nella parte maggioritaria, alla Camera, a conquistare l'unico seggio, dei 475 disponibili, che non viene assegnato a una delle due coalizioni. Dei 282 che il centro-destra conquista, Forza Italia- vero motore politico della coalizione- ne ottiene quasi la metà (132), mentre 75 vanno ad Alleanza Nazionale124.

Ritengo meritevole di considerazione il dato inerente alla lista Biancofiore (aggregazione di CCD e CDU) e quello riferito alla Lega Nord : queste due liste ottengono rispettivamente 40 e 30 seggi, benchè nessuna delle due- nella parte proporzionale- fosse riuscita a raggiungere la soglia di sbarramento e di conseguenza ad ottenere rappresentanti , fermandosi la prima al 3,22% e la seconda al 3,94%. Ma se nel secondo caso il profilo politico fortemente identitario suggerisce un prevedibile successo in molti collegi uninominali del settentrione, sulla lista Biancofiore è il personale politico presentato nelle candidature, evidentemente, a fare la differenza.

I seggi rimanenti vengono suddivisi tra Nuovo Psi (3), Riformatori Sardi (1) e Nuova Sicilia (1).

Dalla parte opposta, ancor più preponderante è il ruolo dei Democratici di Sinistra, che conquistano 105 seggi dei 192 totali attribuiti al centro-sinistra ; La Margherita segue con 56, mentre i rimanenti vengono suddivisi tra liste regionaliste (4) , il Girasole (17) e i Comunisti Italiani (10).

Elemento centrale ed evidente è dunque il bipolarismo, che esce rafforzato dalla contesa elettorale, sia perché la competizione si è

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imperniata (come nel 1996) sul confronto fra due grandi coalizioni alternative di governo (con alla testa un leader candidato a guidare l’esecutivo), sia per la sconfitta delle numerose “terze forze” presenti. Al rafforzamento del bipolarismo corrisponde una leggera diminuzione della frammentazione partitica, da un lato per l’aggregazione di alcune forze politiche alla vigilia del voto (è il caso, in particolare, della Margherita) e, dall’altro, per la concentrazione di voti sui partiti più forti.

Una maggiore concentrazione di consensi su un numero limitato di forza e una conseguente riduzione della frammentazione sono elementi immediatamente percepibili : sono infatti soltanto cinque, sia alla Camera sia al Senato, le forze che nella quota proporzionale della ripartizione dei seggi, superano la soglia di sbarramento fissata al 4%.

Il sistema elettorale esercita un'enorme influenza sugli esiti, trasformando maggioranze relative di voti in maggioranze assolute di seggi e pur contribuendo a rallentare la frammentazione partitica, ha reso quest'ultima incentrata su un assetto bipolare, penalizzando i progetti politici delle “terze forze”125.

Nei collegi uninominali l’esito della competizione è dipeso spesso dal seguito elettorale ottenuto dai candidati dei “terzi poli” nazionali o dei candidati locali. Il voto per candidati diversi da quelli di Ulivo e Casa delle libertà sembra inoltre aver influenzato il fenomeno del voto differenziato, la cui entità anche in questa occasione (com’era accaduto nel 1994 e nel 1996) è stata significativa. Alla differenziazione del voto sono legati i consistenti scarti che si registrano fra arene competitive distinte (voto maggioritario e voto proporzionale per la Camera; voto per la Camera e voto per il Senato).

E, come nel 1996, il voto differenziato costituisce un asse portante nell'analisi degli effetti del sistema elettorale.

Infatti le elezioni del 2001 hanno prodotto una maggioranza parlamentare di segno opposto alla precedente, dando luogo alla prima alternanza di governo nella storia della repubblica maturata

attraverso un passaggio elettorale. Ciò nonostante, il ricorso al voto

differenziato non è stato sostanzialmente diverso rispetto al 1996. I partiti coalizzati nella Casa delle Libertà hanno ottenuto al proporzionale 18.425.163 voti, con un vantaggio notevole sui partiti

125 Cfr. A.DI VIRGILIO, Le elezioni in Italia. Le elezioni politiche del 13 maggio 2001. Un

risultato maggioritario ; un risultato nazionalizzato, Quaderni dell'Osservatorio Elettorale, pp.

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del centro-sinistra che – compresa qui anche Rifondazione Comunista – sono arrivati a 15.072.091 voti. Al maggioritario però la CdL ancora una volta ha perso quasi un milione e mezzo di voti rispetto al proporzionale, fermandosi a quota 16.938.532, mentre l’Ulivo ha aumentato il proprio sostegno fino a 16.309.656 voti. Da notare anche il rendimento dei terzi partiti. Di questi, la Lega Nord nel 1996 e Rifondazione Comunista nel 2001 costituiscono eccezioni su cui è difficile generalizzare. La Lega Nord infatti è un partito regionale che presenta propri candidati soltanto in 228 collegi, dove però può sfruttare la concentrazione territoriale dei propri elettori e costituisce quindi un’alternativa pienamente competitiva. Per quanto concerne Rifondazione Comunista, il paragone fra rendimento maggioritario e proporzionale è in realtà reso impossibile dalla scelta del partito di non presentare candidati per la competizione maggioritaria. Per ciò che riguarda gli altri partiti, contrariamente a quanto prevedibile sulla base delle ricerche sul voto strategico, il saldo è spesso positivo (MSI nel 1996, Democrazia Europea ed Italia dei Valori nel 2001), rivelando che la quota dei voti maggioritari eccede la quota di voti proporzionali126.

Questi divari, dal canto loro, chiamano in causa i rapporti di forza esistenti all’interno delle due principali coalizioni e le controverse relazioni fra i diversi attori protagonisti della competizione: partiti, coalizioni e leadership coalizionali.

Un punto di ricaduta fondamentale del sistema elettorale sul sistema partitico è quello attinente non solo allo schema delle coalizioni, ma all’evoluzione della loro architettura. All'interno delle due aggregazioni principali infatti figurano diversi cartelli sub coalizionali, la cui presenza si giustifica in ragione della reazione dei partiti, in termini di strategia elettorale, al sistema maggioritario.

La loro presenza non si spiega solamente con l'obiettivo di dar vita ad aggregazioni partitiche capaci di superare la soglia del 4% dei voti validi nella quota proporzionale della Camera (a questo proposito, peraltro, le liste-cartello del Girasole e del Biancofiore non riusciranno in questo intento) : nella proiezione esterna di sé, le due principali coalizioni necessitano di apparire coese e al contempo capaci di raggruppare sensibilità politiche differenti, mantenendo un profilo coalizionale eterogeneo ma unito e contrapponendosi così alla consuetudine multipartitica che aveva dominato la scena politico-elettorale per il lungo periodo di vigenza del sistema proporzionale.

126 Cfr. F.VENTURINO, Il voto differenziale nelle elezioni per la Camera dei Deputati del 1996 e

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Rispetto al 1996, anche per la defezione di alcuni piccoli partiti autonomisti, la coalizione di centro-sinistra riduce il numero di componenti partitiche. Nella coalizione di centro-destra la tendenza è invece opposta, ma i nuovi arrivati rappresentano componenti coalizionali elettoralmente irrilevanti: quando si tratta di personalità e formazioni locali il loro seguito è minimo e territorialmente assai circoscritto; quando si tratta di “cespugli” (nazionali) di Forza Italia, la loro posizione politica è ancora più debole di quella delle piccole formazioni nel 1996.

Alle elezioni politiche del 2001 il centro-destra si presenta con una strategia coalizionale già sperimentata, mentre le forti tensioni interne e la scarsa unità di intenti impediscono all'aggregazione di centro-sinistra di procedere allo stesso modo : questo profilo è meritevole di interesse, infatti nonostante un programma politico condiviso la coalizione appare indebolita nei rapporti interni, oltre ad essere penalizzata dal mancato sostegno di Rifondazione. Infine, perde per strada due componenti “scissioniste” che abbandonano il progetto coalizionale e corrono per proprio conto : Democrazia Europea e Italia dei Valori.

Il dato che accomuna queste due formazioni è la prestazione elettorale che risulta , nella quota proporzionale , lievemente peggiore rispetto alla parte uninominale.

Se Democrazia Europea consegue il 2,39% nella prima ed il 3,53% nella seconda , ancora più significativo è il risultato della formazione di Di Pietro che ottenendo rispettivamente il 3,89% e il 4,01% diviene involontaria responsabile dell’affermarsi di uno schema bipolare. La combinazione delle suddette percentuali è infatti sfortunata , perché se ipotizziamo che i risultati fossero stati invertiti (cioè se avesse raggiunto il 4% dei consensi nella parte proporzionale e non lo avesse raggiunto nei collegi uninominali) , Idv – superando così la soglia di sbarramento – avrebbe potuto partecipare alla ripartizione dei seggi , ma non solo : nell’ipotesi suddetta la formazione di Di Pietro sarebbe stata l’unico soggetto non riconducibile ai due poli presente nell’arco parlamentare (se escludiamo Rifondazione Comunista, che seppur con i distinguo suddetti si può considerare come forza coalizzata) , producendo dunque una variazione di assetto.

Casa delle libertà e Ulivo non esauriscono la platea dell’offerta elettorale nei collegi uninominali. Ciò significa che i nominativi presenti sulle schede per il Senato e per il voto maggioritario per la Camera sono stati più di due. Gli esiti del processo di costruzione delle alleanze e un certo dinamismo ai margini delle coalizioni hanno fatto registrare, soprattutto in alcune aree del paese, una sensibile

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crescita del numero dei candidati. Il loro numero complessivo è salito da 2.940 (1996) a 4.038 (2001) e la media di collegio, che nel passaggio 1994-1996 si era ridotta, si colloca nel 2001 ai livelli massimi nella serie di tre elezioni.

I collegi uninominali della Camera con due soli candidati sono appena 4 (erano 5 nel 1994 e 54 nel 1996), quelli con tre 54 (erano 47 nel 1994 e 262 nel 1996). In 4 collegi senatoriali i candidati sono cinque, in tutti gli altri almeno sei (nel 1994 i collegi senatoriali con non più di cinque candidati erano 77 e nel 1996 99). Anche in questa occasione l’offerta è più sventagliata al Senato, dove il candidarsi comporta minori costi organizzativi, che non alla Camera, con un numero medio di candidati per collegio quasi doppio (8,3 contro 4,4)127.

Alla luce delle tre tornate elettorali disciplinate dal Mattarellum possiamo riscontrare alcune linee di tendenza che inequivocabilmente segnano una drastica modifica dell'assetto parlamentare e del sistema politico e che ci indicano la profonda influenza che il passaggio ad un sistema prevalentemente maggioritario esercitò, anzitutto sui partiti.

Già abbiamo osservato come l'obiettivo del bipolarismo, che non fu raggiunto con la tornata del 1994, fu invece raggiunto a partire dal 1996, dove con l'introduzione della logica dell'alternanza si assiste al delinearsi di una competizione dualista che viene sostanzialmente replicata anche nelle elezioni del 2001.

Cambia però, sotto questo profilo, il ruolo delle terze forze.

Fuori dalle coalizioni troviamo infatti in prevalenza non tanto candidature locali o regionali, com’era stato nel 1994 e nel 1996, bensì «terze forze» nazionali o macroregionali, ovvero formazioni politiche in grado di presentare propri candidati quasi dappertutto. Se nel 1994 l’unica terza forza era stata il Patto per l’Italia e nel 1996 si era trattato di Lega Nord e Fiamma tricolore, nel 2001 l’etichetta si adatta almeno a cinque formazioni: Rifondazione comunista (al Senato); Lista Di Pietro (436 candidati su 475 collegi alla Camera, 230 candidati su 232 collegi al Senato); Democrazia europea (565 candidati su 704 collegi); Lista Pannella-Bonino (442 candidati); Fiamma tricolore (73 candidati alla Camera, 143 al Senato)128.

Nella transizione 1996-2001, le coalizioni elettorali hanno subito un rimescolamento di carte non meno significativo di quello intervenuto nel passaggio 1994-1996. La dinamica dell’offerta coalizionale

127 Cfr. A.DI VIRGILIO, Le elezioni in Italia. Le elezioni politiche del 13 maggio 2001. Un

risultato maggioritario ; un risultato nazionalizzato, Quaderni dell'Osservatorio Elettorale, cit.

pp. 159ss.

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nell’arco delle tre elezioni presenta diversi motivi di interesse, relativi alla geografia, ai confini e all’architettura interna dei cartelli elettorali. Nel 2001, la geografia delle alleanze si è caratterizzata principalmente per la sua inedita nazionalizzazione. Non era stato così nel 1994 e neppure nel 1996. Nel 1994 la coalizione vincente costituiva la somma di due cartelli distinti, a geografia variabile, costruiti secondo la logica della «fusione a freddo» promossa in quell’occasione da Forza Italia (il Polo delle libertà al Nord con Lega e radicali; il Polo del buon governo al Sud assieme al MSI-AN). Nel 1996 la struttura dell’offerta si presentava fortemente territorializzata per la presenza di una «terza forza» con un seguito elettorale concentrato e consistente.

Ne era risultata una struttura della competizione bipolare al Sud e al Centro e tripolare al Nord: in molti collegi del Nord, la presenza della Lega creava infatti incertezza non solo sul colore del più probabile vincitore ma anche sul profilo politico del miglior perdente.

Nel 2001, invece, l’offerta non risente più della geografia: le coalizioni sono due come nel 1996; fuori dai poli vi sono «terze forze» a diffusione nazionale come nel 1994129.

Vi è un ulteriore elemento interessante che riguarda questa tornata, che sottolinea una conseguenza distorsiva in riferimento al comportamento elettorale delle formazioni politiche.

Le votazioni del 13 maggio 2001 hanno consegnato alla Camera della XIV legislatura 11 componenti in meno rispetto ai 630 deputati che la Costituzione le assegna. Seggi che sarebbero spettati alla lista Forza Italia alla quale tuttavia, tra liste circoscrizionali e collegamenti nei collegi uninominali, sono mancati 13 candidati per completare l’assegnazione dei 62 seggi della quota proporzionale ai quali avrebbe avuto diritto in base ai risultati elettorali.

La strategia del ricorso alle “liste civetta”, già sperimentata nelle elezioni del 1994 e in parte nel 1996, ha trovato grande applicazione nelle candidature per l’elezione del 2001; l’intento di evitare la penalizzazione dovuta al meccanismo dello scorporo ha suggerito a varie forze politiche di ridurre al minimo il numero dei candidati uninominali che dichiaravano il collegamento alle liste del partito di appartenenza.

In presenza di un grande numero di voti attribuito a queste liste – come nel caso della lista Forza Italia – i candidati nella quota proporzionale (il cui numero è al massimo un terzo di quello dei

129 Cfr. Le elezioni in Italia. Le elezioni politiche del 13 maggio 2001. Un risultato maggioritario ;

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seggi proporzionali spettanti a ciascuna circoscrizione) non sono stati sufficienti a raccogliere il successo elettorale130.

La questione dei seggi rimasti vacanti, insieme alla controversa applicazione del meccanismo dello scorporo, furono elementi che contribuirono a portare nel dibattito politico la necessità di procedere ad una correzione della legge elettorale, e il dibattito che ne conseguì costituì l'apripista per l'introduzione della nuova legge elettorale, la n.270/2005, meglio nota come Legge Calderoli.

3.2. LA LEGGE 270/2005: UN APPARENTE