• Non ci sono risultati.

Immunità dalla Giurisdizione in materia di Rapporti di Lavoro

La distinzione tra atti iure imperii e iure gestionis è stata un parametro utilizzato dalla giurisprudenza interna, oltre che internazionale, per valutare la questione del riconoscimento dell'immunità dalla giurisdizione dello stato estero in relazione alle controversie in materia di rapporti di lavoro44.Per quanto attiene all'operatività del regime di immunità in questo particolare settore si deve sottolineare che è importante farvi riferimento, anche alla luce del fatto che, come si potrà purtroppo solo accennare in chiusura di questo lavoro, è solo nel contesto delle controversie di lavoro che i giudici internazionali, nello specifico i giudici della Corte di Strasburgo, sono riusciti nel tentativo di affermare la non legittimità del riconoscimento dell'immunità allo stato proprio sulla base dell'assunto che non era stato dimostrato oggettivamente che i ricorrenti esercitassero attività riconducibili all'esercizio della sovranità dello stato45.

A questa operazione ricostruttiva non è esclusa la giurisprudenza italiana, che ha posto come punto focale della propria valutazione il profilo attinente alle mansioni svolte dal prestatore di lavoro. Per mezzo di questa complessa operazione si è avuto modo di riconoscere l'immunità giurisdizionale limitatamente alle ipotesi in cui le mansioni esercitate dal lavoratore

43Conforti Benedetto, “Diritto internazionale”, Decima Edizione, Editoriale Scientifica, 2014.

44

Cassese Antonio, “Diritto intenazionale”, a cura di Paola Gaeta, Seconda Edizione, Il Mulino, 2013.

45

Si vedano i casi Cudak c. Lituania, Application n°15869/02, Corte di Strasburgo, Grande Camera, 23 marzo 2010 e Sabeh El Leil c. Francia, Application n°34869/05, Corte di Strasburgo, Grande Camera, 29 giugno 2011a cui si avrà modo di accennare nel capitolo conclusivo di questa trattazione.

31 implicassero una partecipazione di quest'ultimo all'esercizio di “funzioni sovrane” o ad “attività pubblicistiche” dello stato estero. Quale esempio del contributo che la giurisprudenza italiana ha dato a questa specifica materia si può richiamare la decisione della Corte di Cassazione italiana che ha si è pronunciata nel senso del riconoscimento del difetto di giurisdizione del giudice italiano a fronte delle domanda dei dipendenti dell'ente culturale

l'Eçole française de Rome46. Ma uno stesso orientamento si può riscontrare anche nella pronuncia della Corte Europea dei diritti dell'uomo nel caso Fogarty c. Regno Unito47.

Si può notare che nella maggior parte dei casi in cui si è chiamati a decidere in materia di immunità giurisdizionale degli stati nel contesto di controversie in materia di lavoro ci si trova davanti a giudizi instaurati da lavoratori aventi la nazionalità dello stato territoriale, nonché incentrati sul lavoro prestato da questi presso ambasciate, istituti di cultura ed altri uffici istituiti da stati stranieri.

In realtà il ricorso al criterio incentrato sulla natura del rapporto di lavoro, al fine di distinguere tra rapporti iure imperii e rapporti iure gestionis viene ad essere una strada molto problematica. Questo perché risulta molto difficile stabilire nei casi presi ora in esame quali tra i vari aspetti del rapporto di lavoro debbano concretamente essere presi in considerazione perché si proceda alla loro qualificazione come pubblicistici o privatistici ai fini del conseguentemente riconoscimento o disconoscimento dell'immunità. È chiaro infatti che in astratto sarebbe sempre possibile sostenere che le mansioni svolte dal lavoratore, che sia anche cittadino dello stato territoriale e che presti la sua opera lavorativa alle dipendenze dello stato straniero, attengono, più o meno direttamente, all'esercizio di una funzione pubblicistica dello stato, e conseguentemente invocare ed ottenere il riconoscimento dell'immunità dalla giurisdizione dello stato in questione. A tale risultato si potrebbe arrivare agevolmente per mezzo della scelta oculata del singolo aspetto del rapporto di lavoro da prendere in considerazione ai fini della sua qualificazione e del conseguente riconoscimento dell'immunità.

46

Corte di Cassazione italiana sentenza del 20 giugno-9 settembre 1997.

47

Fogarty c. Regno Unito, Application n° 37112/97, Corte di Strasburgo, Grande Camera, 21 novembre 2001.

32 È evidente il rischio che si corre proseguendo su questa strada, ovvero quello di pregiudicare alcuni tra i diritti fondamentali del lavoratore, privandolo della tutela giurisdizionale in ragione di una vera e propria discrezionalità, vista l'ambiguità dei criteri utilizzabili, nella scelta del singolo aspetto del rapporto di lavoro da prendere in considerazione.

È proprio per la esigenza di sopperire alla inadeguatezza di criterio discretivo tradizionale e al contempo per riuscire nel tentativo di bilanciare la tutela della sovranità dello stato estero e la salvaguardia dei diritti fondamentali dei lavoratori o, allargando molto la questione fine ad abbandonare il settore limitato delle controversie di lavoro fino ad arrivare ad un discorso di carattere generalizzato, si potrebbe dire il diritto di ogni individuo alla tutela giurisdizionale, alcuni strumenti internazionali in materia hanno accolto un diverso orientamento, abbandonando il criterio incentrato sulla natura delle mansioni svolte dal lavoratore-ricorrente e del rapporto di lavoro, delineando criteri stabili di giurisdizione dello stato del foro.

Tra gli strumenti internazionali che hanno percorso questa strada alternativa troviamo la Convenzione Europea sulla Immunità degli Stati del 197248 (la cd Convenzione di Basilea), entrata in vigore nel 1976, ratificata da molti stati (si ricordi però che tra gli stati ratificanti non è presente l'Italia). Elaborata in seno al Consiglio d'Europa, tale convenzione abbandona il criterio della natura del rapporto di lavoro, e si ispira al criterio del luogo di prestazione dell'attività lavorativa, combinato con quello della cittadinanza e della residenza del lavoratore.

La Convenzione, dopo aver enunciato tali criteri generali, individua una serie di casi in cui non può essere invocata la immunità, similmente a come previsto dalla tecnica di redazione che usa il criterio della lista. Tra le eccezioni si ritrova anche il caso in cui la controversia abbia ad oggetto un contratto di lavoro concluso tra lo stato estero e una persona fisica, cittadina dello stato del foro o quivi abitualmente residente, avente per oggetto una prestazione da eseguire a livello locale49.

48

Convenzione Europea sull'Immunità degli Stati, Basilea, 16 maggio 1972, entrata in vigore l'11 giugno 1976.

49

Art . 5, par. 1 della Convenzione di Basilea, "Uno Stato Contraente non può invocare l’immunità dalla giurisdizione dinnanzi a un tribunale di un altro Stato Contraente qualora il procedimento concerna un con-tratto di lavoro concluso tra lo Stato e una persona fisica, se il lavoro debba essere prestato sul territorio dello Stato del foro.".

33 La stessa eccezione è delineate anche l'art. 1150 della Convenzione adottata in seno alle Nazioni Unite, con l'unica sostanziale differenza che si prevede che possa essere invocata la immunità dalla giurisdizione quando le funzioni svolte dal lavoratore siano strettamente connesse all'esercizio dell'autorità governativa. Introducendo la Convenzione di New York questa ulteriore clausola si può notare come, in modo un po' criticabile, si giunge al risultato di rendere nuovamente operativa la tradizionale distinzione tra rapporti iure

imperii e rapporti iure gestionis, da cui, invece, si è detto si intendeva

sottrarsi delineando criteri stabili di giurisdizione dello stato del foro.

Tra le ipotesi che rientrano nel campo di applicazione di questa previsione si possono richiamare ad esempio, il caso in cui abbiamo un individuo, cittadino dello stato locale, che sia stato reclutato con un contratto di diritto pubblico secondo le disposizioni dell'ordinamento dello stato estero , per svolgere funzioni inquadrabili, o comunque ricollegabili, all'autorità governativa, così come pure vi rientra il caso di un membro del corpo diplomatico di una missione permanente presso una organizzazione internazionale, un agente diplomatico o un console.

Si tenga presente che secondo quanto delineato dalla Convenzione, l'eccezione alla immunità dalla giurisdizione non si applica nel caso in cui il prestatore d'opera sia cittadino dello stato datore di lavoro, tranne nell'ipotesi in cui non emerga che il lavoratore stesso abbia residenza permanente presso lo stato del foro51.

Inoltre la stessa diposizione prevede che l'immunità della giurisdizione sia applicabile qualora l'azione abbia ad oggetto l'assunzione, il rinnovo del rapporto di lavoro o la reintegrazione del lavoratore mentre non viene ad essere applicabile relativamente ai rapporti patrimoniali52.

Si può sottolineare come, nel tempo, siano emerse delle problematiche relativamente alle controversie di lavoro che vedevano contrapposti lo stato estero e il personale impiegato presso l'ente. Nella maggior parte delle ipotesi

50

Art. 11, par. 1 della Convenzione di New York, "Sempre che gli Stati interessati non convengano diversamente, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato, competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato.".

51Art. 11, par. 2, lett. e, "Il paragrafo 1 non si applica se [...] l’impiegato è cittadino dello Stato

datore di lavoro nel momento in cui l’azione è avviata, sempre che non abbia la residenza permanente nello Stato del foro.".

52

34 tali controversie sorgevano in relazione a rapporti di lavoro subordinato, in cui le mansioni svolte dal lavoratore, se osservate sotto il profilo che atteneva alla loro natura, non potevano essere ricondotte nelle funzioni sovrane dello stato, ma se invece osservato sotto il profilo del loro scopo risultavano funzionali al funzionamento dell'ente.

Come è stato precedentemente affermato, la giurisprudenza italiana tradizionalmente non dava rilievo a criteri soggettivi, come la residenza o la cittadinanza, rivolgendo la sua attenzione di preferenza alla natura delle mansioni svolte a cui si aggiungeva un occhio di riguardo relativamente al

petitum, ovvero l'oggetto delle richieste avanzate dal lavoratore-ricorrente.

Questo comportava, e spesso comporta ancora oggi, dato che tale impostazione non è stata del tutto abbandonata da parte dei giudici italiani, che l'immunità veniva esclusa laddove il lavoratore svolgesse mansioni materiali, così come veniva esclusa nella misura in cui fossero avanzate richieste di natura esclusivamente patrimoniale, a patto però che il loro accertamento non richiedesse alcun tipo di apprezzamento dei poteri pubblicistici dello stato estero. In tale ultimo caso non si sarebbe potuto procedere all'esclusione dell'immunità ma questa avrebbe necessariamente dovuto essere riconosciuta53.

Se questa era la impostazione che si può definire “tradizionale”, è importante a questo punto segnalare che la giurisprudenza italiana, nonché la giurisprudenza interna di altri paesi, degli ultimi anni ha mostrato una volontà di allontanarsi progressivamente da tale criterio tradizionale incentrato sulla natura delle mansioni svolte, nel contesto delle controversie di lavoro.

Visto quanto si è segnalato fino ad adesso appare evidente che, allo stato attuale, il contenuto della regola sull'immunità dello stato estero in materia di controversie di lavoro dovrà percorrere ancora molta strada per essere dotata di un contenuto condiviso nonché per essere accolta in modo univoco dalla generalità degli stati. Ad oggi, l'unico elemento a cui è possibile riconoscere un certo grado di certezza in materia di tali specifiche controversie, e che è possibile desumere dalla prassi, è una progressiva tendenza all'abbandono del criterio tradizionale fondato sulla distinzione tra atti iure imperii e iure

gestionis in favore di altri orientamenti, basati su principi, i più rilevanti dei

53

Ronzitti Natalino, "Introduzione al Diritto Internazionale", Quarta Edizione Giappichelli Editore, 2013.

35 quali vengono ad essere quelli relativi all'individuazione di criteri stabili di giurisdizione, tra cui non possono che rientrare i criteri fondati su luogo di prestazione della attività lavorativa e cittadinanza e residenza del lavoratore54.