Capitolo 2: Il diritto di Accesso alla Giustizia
7. Il previo esaurimento dei Ricorsi Intern
Una delle condizioni previste sia per l'accesso individuale al Comitato per i Diritti Umani, sia per l'accesso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è il previo esaurimento dei ricorsi interni86. Tale requisito è richiamato nell'art. 5, par. 2, let. b del Protocollo opzionale al Patto internazionale per i diritti civili
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Factsheet sul Pilot Judgment, marzo 2015, www.echr.coe.int
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In merito a tale condizione preliminare di esercizio del diritto di accesso agli organi internazionali che si stanno richiamando si veda Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.
116 e politici del 196687, ma anche dall'art. 35, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, relativo alle condizioni di ricevibilità88. Tale condizione evidenzia la natura sussidiaria dell'intervento di tali organi rispetto agli strumenti messi a disposizione degli individui da parte degli ordinamenti nazionali. Grazie alla giurisprudenza di questi organi si è giunti al risultato di ampliare la portata della condizione del previo esaurimento dei ricorsi interni, soddisfatta non solo quando a livello di giustizia interna si è arrivati ad una decisione definitiva, ma anche qualora nell'ordinamento statale manchino gli strumenti per un effettivo accesso alla giustizia. Arrivare a questo risultato non è stato semplice in quando tali organi non hanno sempre tenuto una posizione coerente su quando si dovesse, o non dovesse, ritenere efficace il rimedio predisposto dall'ordinamento interno.
Andando con ordine, il primo passo nello sviluppo di tale giurisprudenza è da attribuire al Comitato per i diritti dell'uomo nella decisione del caso KL c. Perù, in cui ad una giovane donna era stato impedito l'aborto, in accordo con la rigida legislazione peruviana in materia89. La ragione per cui questo caso è particolarmente rilevante per quanto attiene alla giurisprudenza in materia di previo esaurimento dei rimedi interni consiste nel fatto che la questione primaria che si apriva all'attenzione del Comitato era relativa alla possibilità per la ricorrente di accedere, a livello nazionale, a rimedi che le avrebbero permesso di far valere i suoi diritti riproduttivi prima che ormai fosse troppo tardi per interrompere la gravidanza, e se di conseguenza tali rimedi dovessero essere necessariamente esauriti prima di poter presentare ricorso davanti a uno degli organi internazionali istituti per mezzo dei trattati in materia di diritti umani.
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"The Committee shall not consider any communication from an individual unless it has
ascertained that [...] the individual has exhausted all available domestic remedies. This shall not be the rule where the application of the remedies is unreasonably prolonged".
88"La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come
inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva".
89CCPR/C/85/D/1153/2003, decisa il 22 Novembre 2005. Nel caso di specie un giovane
donna, rimasta incinta all'età di 17 anni di un feto anaencefalico. I bambini con tale malformazione hanno una brevissima aspettativa di vita, e la giovane aveva cercato di interrompere la gravidanza, ma si era vista opporre la rigida legislazione peruviana, più volte censurata dal comitato per i diritti civili e politici in quanto ritenuta contraria agli art 3, 6 e 7 del patto internazionale per i diritti civili e politici, che ammette l'aborto solo qualora lo stesso sia indispensabile per salvare la vita della donna o comunque per evitarle danni gravi e permanenti. A KL è stato negato l'aborto e la giovane ha dovuto portare a termine la gravidanza, purtroppo conclusa in modo tragico con il bambino morto a pochi giorni dalla nascita, fatto che ha poi portato la ragazza in un profonda stato di depressione.
117 Il Comitato osserva che nell'ordinamento peruviano non sono previsti ne rimedi di natura giudiziaria ne di natura amministrativa che siano, non solo accessibili, ma sufficientemente rapidi da essere esauriti in tempi utili ai fini della interruzione della gravidanza. Dopodiché è lo stesso Comitato a richiamare la propria giurisprudenza precedente, secondo cui un rimedio interno che, per quanto formalmente a disposizione degli individui in un certo ordinamento, non aveva alcuna possibilità di portare ad un risultato favorevole al ricorrente, non poteva essere qualificato come un rimedio effettivo, e dunque non era necessario che lo stesso fosse stato esaurito precedentemente alla presentazione del ricorso a livello internazionale. Questa ricostruzione giurisprudenziale era stata a suo tempo sostenuta anche dalla Corte di Strasburgo nel caso Akdivar e altri c. Turchia90. Nella sue decisione la Corte di Strasburgo ha sostenuto la tesi secondo cui non c'è nessun obbligo per gli individui di ricorrere ai rimedi interni qualora gli stessi siano inadeguati ad ineffettivi.
Oltre al richiamo a questa consolidata giurisprudenza sono due le ulteriori condizioni che hanno portato nel caso di specie il Comitato a pronunciarsi a favore della giovane ricorrente. La prima è da ricondurre alla strategia portata avanti dallo stato convenuto, il Perù, che ha deciso di non difendersi dalle accuse della ricorrente, che sosteneva che nessuno dei rimedi concessi dall'ordinamento peruviano le avrebbe effettivamente permesso di far valere i suoi diritti riproduttivi. Visto tale comportamento rinunciatario del Perù, il Comitato ha accolto di default la posizione sostenuta della denunciante. A favore della ricorrente ha giocato anche la sua scelta di farsi assistere da un legale esperto che aveva precedentemente lavorato per varie organizzazioni non governative.
Questa combinazione di fattori non si ripropone in un diverso caso, sempre deciso dal Comitato poco dopo, nel 2005, ma con un esito completamente diverso, per non dire opposto. Il caso a cui si fa riferimento è quello di una donna, Galina Vedeneyeva che aveva fatto ricorso davanti al comitato per i diritti dell'uomo contro la federazione russa dopo che, a seguito della
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Akdivar e altri c. Turchia, Application n° 21893/93, Corte di Strasburgo, Grande Camera, 16 settembre 1996.
118 incarcerazione del figlio in condizioni inumane, lo stesso era deceduto91. Prima di rivolgersi all'organo internazionale, la donna aveva fatto ricorso davanti a diverse autorità interne, ed era finanche stata condotta un'indagine interna, da cui risultava che le condizioni in cui era stato detenuto il figlio della ricorrente non erano difformi dalle regole ordinarie in materia di condizioni di detenzione.
Ed è a questo punto della vicenda che i casi divergono, da un punto di vista di strategia processuale, conducendo a diversi esiti. A differenza del Perù, infatti, la Federazione Russa decide di invocare il mancato esaurimento dei rimedi interni, e di dimostrare che esistevano nell'ordinamento interno rimedi disponibili ed effettivi, affermando che la donna, prima di potersi rivolgere al comitato, avrebbe dovuto adire il Procuratore Generale della Federazione Russa, con possibilità di impugnare poi la decisione di quest'ultimo davanti alla Suprema Corte. Le argomentazioni dello stato convenuto pesarono molto nella decisione del Comitato, e a nulla valse la difesa della ricorrente (che, probabilmente aggravando la sua posizione, aveva deciso di non farsi assistere da un legale) secondo cui i rimedi invocati dalla Federazione Russa non erano in realtà effettivi. In ultima analisi il Comitato dichiarò il ricorso inammissibile per mancato esaurimento dei rimedi interni.
La decisione del Comitato dei diritti umani nel secondo caso potrebbe agevolmente essere tacciato di eccessivo formalismo, in quanto apparentemente il Comitato stesso si è conformato a quanto rappresentato dalla Federazione Russa, senza compiere una concreta indagine sulla reale efficacia dei rimedi invocati a porre rimedio a una violazione dei diritti umani, mentre in circostanze come queste sarebbe auspicabile un'indagine del Comitato per valutare quanto effettivamente i rimedi interni fossero sufficienti a dare attuazione il diritto di accesso alla giustizia della ricorrente. E nel caso della signora Vedeneyeva in effetti è da mettere in discussione che il ricorrere al Procuratore della Federazione Russa, e finanche il ricorso alla Corte Suprema, potessero consistere in rimedi efficaci a fronte della perdita del figlio.
Anche se nella decisione del caso KL contro Perù il Comitato ha affermato che i rimedi interni non erano efficaci al fine di garantire i diritti della
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Comunicazione n° 918/2000. Il Comitato si è pronunciato per l'inammissibilità del ricorso il 29 marzo 2005.
119 ricorrente, non per questo tale decisione è immune da critiche. Il problema sta infatti in quello che, in accordo con il pensiero della Corte, è invece un rimedio efficace per riparare alla lesione dei diritti subita dalla giovane donna, ovvero un risarcimento. Ma non sarebbe infondato sostenere che molto probabilmente la concessione del risarcimento per riparare alla lesione sofferta da KL sarebbe stata possibile anche ad opera delle autorità peruviane. In questo senso il Comitato cade in contraddizione. Se avesse voluto essere coerente a se stesso il Comitato avrebbe dovuto ritenere che, al pari di quanto successivamente sosterrà nel caso Vedeneyeva, anche nel caso KL contro Perù, vi erano dei rimedi interni sufficienti ed efficaci per fronteggiare la violazione dei diritti umani, e dunque prima di poter esercitare il diritto di accesso alla giustizia a livello internazionale, tali rimedi avrebbero dovuto essere esauriti (con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso)92.