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Soggetti Legittimati a presentare Ricorso innanzi a Organi Internazional

Capitolo 2: Il diritto di Accesso alla Giustizia

8. Soggetti Legittimati a presentare Ricorso innanzi a Organi Internazional

Come si è precedentemente accennato, l'esperienza del Consiglio d'Europa si è portata dietro molte novità che hanno contribuito a riformare l'assetto dell'ordinamento internazionale. L'innovazione che interessa principalmente in questo contesto è legata all'istituzione della Corte di Strasburgo istituita nel 1959 dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e divenuta organo che opera in seduta permanente solo dal 1998 con l'adozione del Protocollo XI. Come si è già in precedenza ricordato, la Corte ha una competenza esclusiva relativamente alla decisione dei ricorsi individuali presentati alla Corte stessa a fronte della violazione di diritti sanciti nella Convenzione. Tali ricorsi sono esplicitamente previsti dall'art. 34 della Convenzione, secondo cui "La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti

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La ricostruzione della giurisprudenza appena richiamata è rinvenibile in Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.

120 dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto.". In questo modo i ricorsi individuali si affiancano ai ricorsi interstatali, gli unici che prima della costituzione della Corte di Strasburgo potevano essere presentati alle corti internazionali. Gli stati erano gli unici soggetti legittimati a rivolgersi alle corti e ai tribunali internazionali, mentre gli individui che volessero lamentare una violazione di loro diritti fondamentali non potevano che sperare in una intermediazione degli stati stessi presso tali corti, ad esempio per mezzo dell'istituto della protezione diplomatica, frustrando così il diritto di accesso alla giustizia internazionale. Ad oggi è innegabile che i ricorsi individuali siano una realtà consolidata, e anzi in crescita costante, con rischi notevoli di paralisi dei lavori dei alcune corti internazionali, prima tra tutte la Corte di Strasburgo.

Il problema che si pone è quello della individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione di questi ricorsi. Come si può ricavare dall'art. 34 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo sono molteplici le categorie di soggetti legittimati alla instaurazione del caso: "persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati", a cui si potrebbero aggiungere persone giuridiche, e addirittura enti di diritto pubblico. Oltre l'ovvio riferimento alla persona fisica, è particolarmente rilevante il riferimento che la Convenzione fa alle "Organizzazioni Non Governative", anche se va precisato che in questo caso la legittimazione a presentare un ricorso alla Corte di Strasburgo sorge solo qualora la presunta violazione si riferisca all'ambito di competenza specifico della organizzazione. La locuzione "Organizzazione Non Governativa" accolta dalla Convenzione è piuttosto ampia. La stessa infatti non intende riferirsi alle sole associazioni, che alla luce del diritto nazionale, sono registrate, ma più in generale ad ogni associazione, registrata o non registrata, a partiti politici, ad associazioni professionali ed altri enti a questi assimilabili. Anche quando il ricorrente non è una singola persona fisica, ma un ente o una organizzazione, il criterio principale per il riconoscimento della legittimazione è lo stesso che vale per le persone fisiche: il ricorrente deve

121 essere vittima di una violazione di uno dei diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione93.

Del resto non deve sembrare strano che anche soggetti collettivi possano essere vittime di violazioni di diritti umani, posto che se alcuni dei diritti e delle libertà sanciti nella Convenzione non possono che avere per destinatario una persona fisica, si pensi al diritto a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, sancito all'art. 3 della Convenzione che sarà oggetto di importanti giudizi della Corte di Strasburgo che si avrà modo di prendere in considerazione nel prossimo capitolo, altri potranno più facilmente essere riferiti tanto a persone fisiche che a organizzazioni, come ad esempio il diritto ad un equo processo, tratteggiato all'art. 6 della Convenzione, che vale tanto per gli individui quanto per i soggetti collettivi.

È altrettanto rilevante è il riferimento a "gruppi di privati", in quanto in questo modo si ammette che un gruppo, più o meno ampio, presenti un ricorso congiunto alla Corte, all'unica condizione che tutti i membri del gruppo stesso conferiscano un mandato a una autorizzazione a un rappresentante, o consulente, del gruppo.

C'è però un limite per quanto riguarda la possibilità di presentare un ricorso alla Corte di Strasburgo che coinvolga una collettività di soggetti, ovvero il divieto di actio popolaris94. Tale limite discende direttamente dalla condizione per il riconoscimento della legittimazione attiva, e dunque per la ammissibilità del ricorso, presente sia nel sistema instaurato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che da quello instaurato dal Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici, ovvero che il ricorrente sia effettivamente il soggetto che ha sofferto la violazione dei diritti umani. Tale condizione comporta che ad agire non possa essere un soggetto diverso da quello che ha sofferto la violazione, a meno che quest'ultimo, poiché magari si trova in una posizione di vulnerabilità, non dia apposita autorizzazione ad agire a suo favore, a cui si aggiunge l'ipotesi estrema in cui la vittima non sia

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Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.

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Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007; Malfatti Elena, "I "livelli" di tutela dei diritti fondamentali nella dimensione europea", Giappichelli Editore, 2013.

122 più in vita, caso in cui, a certe condizioni la famiglia di questi è legittimata ad agire in sua vece. Tale limite non vale solo per le persone fisiche, ma anche per le organizzazioni non governative, che non possono agire in protezione di un individuo se non in base ad una autorizzazione dell'interessato o, in alcuni casi, della sua famiglia.

Per valutare la ricevibilità del ricorso la Corte dovrà quindi di volta in volta valutare se l'azione presenta i connotati di una azione popolare, e nel qual caso dichiararne la inammissibilità. Potrebbe sembrare una operazione relativamente semplice ma in realtà la Corte è chiamata ad una valutazione superficiale, bensì ad una indagine specifica delle circostanze del caso, come dimostra la decisione del 2012 della Corte di Strasburgo in merito al caso Di Sarno c. Italia. In questo caso il ricorso era stato presentato da un collettività di residenti in una stessa cittadina. Per quanto apparentemente tale ricorso avrebbe potuto qualificarsi agevolmente come actio popolaris la Corte è riuscita nel tentativo di riconoscere la ricevibilità del ricorso95.

La Corte dovrà poi condurre un ulteriore valutazione al fine di accertare che il ricorso portato avanti dal gruppo di privati o dalla organizzazione possa effettivamente essere qualificato come ricorso individuale, e non mascheri invece un ricorso interstatale intentato a danno di un altro stato parte della Convenzione da parte di una entità che non è, ne formalmente, ne sostanzialmente, distinta dallo stato in cui si inserisce96.

Più complesso è il meccanismo messo a punto dal Protocollo opzionale al Patto internazionale per i diritti civili e politici. La ragione è legata al fatto che il trattato stesso entra in contraddizione nel momento in cui il protocollo opzionale fa esplicito riferimento all'art. 1 agli "individui [...], i quali

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Nel caso Di Sarno e altri c. Italia, Application n° 30765/08 deciso dalla seconda sezione il 10 gennaio 2012, la Corte di Strasburgo ha dichiarato ricevibile il ricorso presentato da un gruppo di abitanti di una cittadina pugliese che, a causa dei disagi provocati dal gran numero di discariche che circondavano la cittadina, avevano invocato il loro diritto ad un ambiente salubre. Si ricorda che tale diritto presenta un duplice contenuto, in quanto può essere qualificato tanto come interesse individuale che come interesse diffuso, ed in virtù di ciò la Corte ritenne che il ricorso non poteva essere qualificato alla stregua di una actio popolaris in quanto si potevano riscontrare ricadute collettive nella sfera di ognuno degli appartenenti del gruppo ricorrente.

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Questa valutazione è stata compiuta da parte della Corte di Strasburgo ad esempio nel caso Santi Monasteri c. Grecia, Application no. 13092/87; 13984/88, deciso dalla Camera il 9 dicembre 1994, relativo alla espropriazione di beni accumulati dalla chiesa ortodossa greca da parte dello stato, in cui la Corte ha accertato che Monasteri ortodossi greci hanno una personalità giuridica di diritto pubblico distinta da quella della chiesa ortodossa , in cui sono si gerarchicamente integrati, ma senza che questi svolgano alcun ruolo diretto o attiva nella pubblica amministrazione

123 pretendano essere vittime di violazioni, commesse da quello stesso Stato Parte, di un qualsiasi diritto enunciato nel Patto" quali unici soggetti legittimati a rivolgersi al Comitato per i diritti umani, quando contestualmente si trovano enunciati nel Patto anche diritti che sono

riconosciuti alle minoranze97 e finanche il diritto di autodeterminazione dei popoli98.

Questa apparente contraddizione è stata risolta dalla stessa giurisprudenza del Comitato per i Diritti Umani nel caso Chief Bernard Ominayak e The Lubicon Lake Band c. Canada99, dove il Comitato è riuscito in una sorta di mediazione. Da una parte si assume, e non potrebbe essere diversamente, che gli "individui" siano i soggetti legittimati ad agire davanti al Comitato dei Diritti Umani, ma dall'altra si evidenzia che il diritto di autodeterminazione è un diritto la cui titolarità spetta esclusivamente ai popoli, ed in virtù di ciò il Comitato ritiene che non sia immaginabile che un singolo individuo possa essere vittima della violazione di questo diritto e conseguentemente lo stesso non è nemmeno legittimato a presentare un ricorso al Comitato sostenendone la violazione. In pronunce di poco successive il Comitato ha parzialmente modificato la sua posizione, ipotizzando la possibilità di una sorta di combinato disposto tra le disposizioni del Patto internazionale dei diritti civili e politici che hanno come immediati referenti gruppi o popoli e l'art. 1 del

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La disposizione più rilevante in relazione ai diritti delle minoranze tratteggiata nel Patto del 1966 è quella che trova sede nell'art. 27 secondo cui "In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo."

98Il riconoscimento del diritto dei popoli all'autodeterminazione apre il Patto per i diritti civili e

politici, che all'art. 1 afferma che "Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale. [...] Gli Stati parti del presente Patto, ivi compresi quelli che sono responsabili dell'amministrazione di territori non autonomi e di territori in amministrazione fiduciaria, debbono promuovere l'attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite"

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Comunicazione No. 167/1984, decisa dal Comitato il 22 luglio 1987, in cui si addebitava al governo canadese di aver violato il diritto di autodeterminazione del Lubicon Lake Band, e del conseguente diritto di decidere il proprio statuto politico, nonché il diritto di decidere autonomamente come perseguire il proprio sviluppo economico, sociale e culturale, così facendo violando le previsioni contenute nell'art. 1, par. 1 e 3 del Patto internazionale per i diritti civili e politici.

124 Protocollo opzionale che riconosce la legittimazione attiva degli "individui"

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Nonostante nel contesto del Patto internazionale per i diritti civili e politici e dei suoi protocolli opzionali manca, come invece si è visto è presente nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, un esplicito riferimento alla possibilità per i "gruppi" e le "minoranze" di presentare ricorsi al Comitato, è stato il Comitato stesso a colmare questa lacuna formale, riconoscendo anche alle suddette categorie di soggetti il diritto di rivolgersi al Comitato per i diritti umani a fronte di quella che ritengono essere una violazione dei loro diritti fondamentali sanciti nel Patto. Il Comitato è infatti riuscito a sostenere che gli appartenenti a gruppi, più o meno grandi, possono congiuntamente sottoscrivere una comunicazione da presentare al Comitato stesso, anche alla luce dell'art. 27 del Patto internazionale che per l'appunto riconosce i diritti delle minoranze, con cui sostengono la titolarità di un determinato diritto da parte degli appartenenti a una certa minoranza101.

In ultima analisi, entrambi gli strumenti internazionali a cui si è fatto riferimento, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e il Protocollo opzionale al Patto internazionale per i diritti civili e politici, fanno riferimento a determinate categorie di soggetti legittimate a presentare ricorsi individuali a livello internazionale. Dei due strumenti, formalmente è la Convenzione a garantire un accesso più ampio, facendo esplicito riferimento oltre che agli individui, anche ai gruppi di individui e alle organizzazioni non governative, ma si è visto come il Comitato per i diritti umani ha colmato le

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Si veda il caso Apirana Mahuika e altri c. Nuova Zelanda, comunicazione n° 547/1993, decisa il 26 marzo 1990, in particolare il par 9.2 in cui si afferma che "The Committee observes

that the Optional Protocol provides a procedure under which individuals can claim that their individual rights have been violated. These rights are set out in part III of the Covenant, articles 6 to 27, inclusive. As shown by the Committee's jurisprudence, there is no objection to a group of individuals, who claim to be commonly affected, to submit a communication about alleged breaches of these rights. Furthermore, the provisions of article 1 may be relevant in the interpretation of other rights protected by the Covenant, in particular article 27".

101 In tal senso si veda il caso Chief Bernard Ominayak e the Lubicon Lake Band c. Canada,

già precedentemente menzionato, in particolare il par 13.4, "The Committee noted, however,

that the facts as submitted might raise issues under other articles of the Covenant, including article 27. Thus, in so far as the author and other members of the Lubicon Lake Band were affected by the events which the author has described, these issues should be examined on the merits, in order to determine whether they reveal violations of article 27 or other articles of the Covenant". Nella stessa pronuncia il Comitato dei diritti umani ha inoltre affermato che

davanti a se gli appartenenti a un determinato gruppo possono essere rappresentati da un rappresentante, senza che sia necessario che singolarmente tutti gli appartenenti alla comunità rilascino una apposita autorizzazione scritta.

125 lacune formali presenti nel Protocollo opzionale ammettendo che anche gruppi di individui presentino un ricorso collettivo al Comitato stesso. L'accesso agli organi internazionali è certo il principale strumento tramite cui garantire e tutelare i diritti umani, e si cadrebbe in una inconcepibile contraddizione con l'oggetto e gli obiettivi dei trattati in materia di diritti umani, se si ammettesse in qualche modo la possibilità per gli stati di limitare o condizionare il diritto di presentare un ricorso a livello internazionale102. Questo è quanto ha avuto modo di affermare la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nel caso Loizidou c. Turchia103, in cui la Corte ha dichiarato illegittime le eccezioni alla presentazione dei ricorsi individuali disposte dalla Turchia all'atto della accettazione della giurisdizione della Corte di Strasburgo104, posizione poi ribadita anche dal Comitato per i diritti umani nel caso Rawle Kennedy c. Trinidad e Tobago105.

In conclusione, se è vero che i diritti umani sono per definizione tali in quanto sono riconosciuti ad ogni uomo, indipendentemente dal suo status, dalla sua origine e dalle sue caratteristiche, si contraddirebbe lo scopo e gli obiettivi perseguiti dal diritto internazionale per la tutela di tali diritti se si riconoscesse la possibilità per gli stati di selezionare quanti possono e quanti non possono presentare un ricorso al livello internazionale.

9. Istituti strumentali alla Effettività del Diritto di Accesso