• Non ci sono risultati.

La Protezione Diplomatica

9.1 Il Legal Aid

10. La Protezione Diplomatica

Come si è avuto modo di evidenziare, nel ricostruire la storia dell'affermarsi del diritto individuale di accesso alla giustizia è necessario andare di pari passo con lo sviluppo che, negli anni successivi alla costituzione delle Nazioni Unite, ha caratterizzato la normativa internazionale in materia di diritti umani, sia consuetudinaria che convenzionale. Si è sottolineato che, prima ancora del più ampio settore dei diritti umani, ad essere interessato da

143si legge nelle conclusioni della sentenza della grande camera "128. The Court reiterates

that by virtue of Article 34 of the Convention Contracting States undertake to refrain from any act or omission that may hinder the effective exercise of an individual applicant's right of application. A failure by a Contracting State to comply with interim measures is to be regarded as preventing the Court from effectively examining the applicant's complaint and as hindering the effective exercise of his or her right and, accordingly, as a violation of Article 34. 129. Having regard to the material before it, the Court concludes that, by failing to comply with the interim measures indicated under Rule 39 of the Rules of Court, Turkey is in breach of its obligations under Article 34 of the Convention".

144

Ben Khemais c. Italia, Application n° 246/07, in cui l'Italia è stata condannata per la violazione dell'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo relativa al divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti a seguito della sua decisione di rimpatriare forzatamente inTunisia Essid Sami Ben Khemais, deciso dalla Corte di Strasburgo il 24 febbraio 2009

146 tale evoluzione fu il diritto internazionale in materia di trattamento degli stranieri. È per tutelare i diritti che l'ordinamento internazionale aveva nel tempo riconosciuto a questa categoria di soggetti che si era aperta la questione di riconoscere un diritto individuale di accesso alla giustizia per far fronte a eventuali lesioni che gli stessi avevano sofferto a causa della condotta di uno stato diverso rispetto a quello di cittadinanza.

Partendo da questo primo ambito, lo sviluppo successivo del riconoscimento del diritto individuale di accesso alla giustizia internazionale è stato esponenziale, soprattutto grazie al proliferare di strumenti sovranazionale di natura convenzionale che affiancano a elenchi di diritti riconosciuti da un gruppo sempre più ampio di stati, anche specifici strumenti di tutela dei suddetti diritti a cui gli individui, più o meno direttamente145, possono rivolgersi a fronte di violazioni dei diritti sanciti nella carta da parte degli stati che sono vincolati all'osservanza degli stessi.

Si è visto nel corso di questa elaborazione come quella che per lungo tempo è sembrata una realtà irraggiungibile in un ordinamento internazionale di natura prettamente inter-statale in cui l'individuo ricopriva solo il ruolo di "oggetto" del diritto e non anche di "soggetto", ovvero il riconoscimento di un diritto individuale di accesso alla giustizia, ha assunto sempre più i connotati della certezza. Sembra allora che si possa affermare con una certa tranquillità che il diritto di accesso individuale alla giustizia sia giunto ad un punto tale da costituire l'oggetto di una norma consuetudinaria che, se non si è già completamente formata, è quantomeno in divenire. Tale diritto è stato ampiamente riconosciuto a livello convenzionale. È difficile oggi individuare convenzioni che si propongano l'obiettivo di tutelare diritti umani che non facciano dell'accesso alla giustizia una delle garanzie fondamentali a salvaguardia dei diritti consacrati nella convenzione medesima146.

145Basti pensare alle esperienze instaurate per mezzo della Carta Inter-americana dei diritti

umani o della Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, entrambe istitutive di appositi organi a salvaguardia di tali diritti. Gli individui che ritengano di aver subito una violazione dei propri diritti fondamentali sono legittimati a presentare un ricorso individuale, ma non direttamente alla Corte, in quanto lo stesso deve necessariamente passare per mezzo del filtro di una apposita Commissione.

146

A titolo esemplificativo basta ricordare l'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ma anche l'art. 14 del Patto per i diritti civili e politici, come l'art. 7 della Carta Africana dei Diritti dell'Uomo e gli artt. 8 e 25 della Convenzione Americana dei diritti dell'uomo.

147 In particolare dall'art 6. della Convenzione Europea, che come è noto enuclea i caratteri dell'equo processo, il diritto di accesso a un tribunale che presenti i connotati della imparzialità e della indipendenza emerge come una garanzia di rilievo tale da non essere suscettibile di interpretazione (e conseguente applicazione) restrittiva, se non in presenza di specifiche eccezioni, tra cui spicca per preminenza la limitazione che tale diritto ha da subire in virtù della regola, ampiamente consolidata nel diritto internazionale, che riconosce agli stati e ai loro organi l'immunità dalla giurisdizione, al fine di preservarne la sovranità. Del rapporto complesso e delicato tra il principio di immunità e il diritto di accesso al giudice si avrà modo di dire molto più diffusamente nel capitolo successivo.

Nella riflessione in ordine alla possibilità di qualificare il diritto di accesso alla giustizia come un diritto umano fondamentale non si può prescindere dal valutare se tale diritto trovi spazio o meno anche nel quadro della protezione diplomatica. Alla protezione diplomatica si è direzionata l'attenzione della dottrina ed in particolare Pustorino ha mostrato un certo interesse verso la ricostruzione degli sviluppi di questo istituto147. Come si è avuto modo di precisare in precedenza, per lungo tempo lo strumento della Protezione Diplomatica è stato l'unico a disposizione degli individui, e primariamente degli stranieri, al fine di ottenere la riparazione dei danni conseguenti alla violazione di un loro diritto. Non potendo gli individui agire direttamente contro lo stato (straniero) era necessario che questi si rivolgessero al proprio stato nazionale chiedendo di fare da mediatore nella loro pretesa. Con l'intervento in protezione diplomatica, che, si ricordi, è caratterizzato dalla discrezionalità dello stato, la pretesa cambia natura in quanto viene assunta direttamente dallo stato, relegando l'individuo nella posizione di solo beneficiario dell'eventuale riparazione ottenuta, e non più titolare del ricorso. Occorre domandarsi se sussista o meno a livello internazionale un riconosciuto diritto dell'individuo a pretendere la protezione diplomatica da parte dello stato nazionale e conseguentemente se l'eventuale mancata azione dello stato in tal senso sia suscettibile di un sindacato giurisdizionale.

147

Pustorino Pietro, "Accesso alla giustizia e protezione diplomatica", in "Accesso alla giustizia dell'individuo nel diritto internazionale e dell'unione europea", a cura di F. Francioni, M. Gestri, N. Ronzitti, T. Scovazzi, Giuffrè editore, Milano, 2008, p. 69 ss.; Pustorino Pietro, "Recenti sviluppi in tema di protezione diplomatica, rivista di diritto internazionale", fasciolo 1, 2006, pag 68 ss.

148 Nell'approcciarsi al tema della protezione diplomatica occorre tenere a mente che nel 2006 la Commissione per il diritto internazionale ha in via definitiva approvato un progetto di articoli in relazione a tale materia148. In realtà una prima stesura del progetto era già stata approvata dalla Commissione nel 2004, ma questa ha subito alcune modifiche dovute all'impatto che ha avuto sull'istituto della protezione diplomatica il crescente interesse e il maturarsi nel contesto internazionale delle norme in materia di diritti dell'uomo. L'interesse sempre più marcato che a livello internazionale si manifesta nei confronti di tali diritti, e in generale in relazione alla posizione dell'individuo ha avuto infatti modo di ripercuotersi anche sulla protezione diplomatica sotto molteplici profili e ha portato a ritoccare la prima stesura del progetto di articoli della Commissione149.

Per comprendere al meglio come l'evoluzione della disciplina dei diritti umani abbia inciso sull'istituto della protezione diplomatica, è utile, ripercorrendo la ricostruzione di Pustorino150, accennare preliminarmente ad altri settori del diritto internazionale che sono strettamente connessi a questo istituto e che, al pari della protezione diplomatica, sono stati negli ultimi anni caratterizzati da profili evolutivi conseguenti all'incidenza operata dalla disciplina sui diritti umani, cominciando dalla questione attinente alla titolarità dei diritti sanciti dalle norme internazionali direttamente in capo all'individuo.

Come è noto la dottrina tradizionale, coerentemente con la consolidata tesi che escludeva la personalità internazionale degli individui considerati solo come "oggetti" del diritto internazionale, riteneva che la lesione inflitta ai danni di un diritto individuale implicasse in ogni caso un danno materiale allo stato nazionale.

Come si è più volte avuto modo di sottolineare, negli ultimi anni l'individuo si sta conquistando, nel contesto dell'ordinamento internazionale, un ruolo sempre più consistente, tanto è che, come si è precedentemente accennato,

148Progetto di Articoli sulla Protezione Diplomatica, elaborato dalla Commissione del Diritto

Internazionale nella sua cinquantottesima sessione, 2006, Official Records of the General Assembly, sessantunesima sessione, supplement n° 10 (A/61/10).

149

Pustorino Pietro, "Accesso alla giustizia e protezione diplomatica", in "Accesso alla giustizia dell'individuo nel diritto internazionale e dell'unione europea", a cura di F. Francioni, M. Gestri, N. Ronzitti, T. Scovazzi, Giuffrè editore, Milano, 2008, p. 69 ss.

150

Pustorino Pietro, "Recenti sviluppi in tema di protezione diplomatica, rivista di diritto internazionale", fasciolo 1, 2006, pag 68 ss.

149 sarebbe difficile oggi negare che sussista un nutrito gruppo di disposizioni di diritto internazionale, sia generale che particolare, che vedono come destinatario diretto non lo stato ma l'individuo (ed è possibile affermare ciò anche senza dover per forza fronteggiare la questione aperta e controversa del riconoscimento o meno all'individuo della personalità internazionale) e che riconoscono lo stesso come titolare esclusivo del diritto che viene leso nella situazione concreta. Questo nucleo di norme è sicuramente in crescita, ma non ancora molto consistente. L'ambito in cui operano tali norme è infatti principalmente limitato al settore della protezione dei diritti fondamentali e alla repressione dei crimini internazionali. In tale nucleo normativo si possono ricondurre anche norme di diritto internazionale secondarie, parimenti fonte di diritti la cui titolarità è riconosciuta in via esclusiva all'individuo. Anche in questo caso però l'ambito in cui operano le suddette norme, sostanzialmente di diritto convenzionale, si limita quasi esclusivamente alla materia della protezione dei diritti umani.

Anche un'indagine condotta dalla International Law Association, incentrata nello specifico sul regime della protezione diplomatica dello straniero, conferma gli sviluppi ora sommariamente accennati, confermando che le norme internazionali possono delineare situazioni giuridiche soggettive di cui titolare è l'individuo, in quanto si afferma che lo stato è legittimato tanto ad agire in protezione di diritti di cui è titolare, in altri "it is the right of the

individual affected and no longer that of the state of nationality which is asserted"151.

Si può inoltre verificare una sorta di situazione intermedia tra il riconoscimento della titolarità esclusivamente allo stato (che dunque è l'unica vittima della lesione del diritto) e il riconoscimento della titolarità all'individuo, unico leso dalla violazione, che nei fatti è quella che più frequentemente si verifica, ovvero quella in cui vengono contestualmente lesi un diritto di cui è titolare lo stato e un diritto di cui titolare è l'individuo, così che l'azione intrapresa dallo stato presenti una "dual nature" e rappresenti sia gli interessi dello stato che dell'individuo.

Il riconoscimento della titolarità esclusiva dei diritti sanciti dalle norme internazionali in capo agli individui trova fondamento non solo a livello di

151

Diplomatic Protection of Persons and Property, International Law Association, Conferenza

150 norme di diritto internazionale, ma è confermato anche dalla giurisprudenza internazionale che si trova ad applicare le norme in materia di protezione diplomatica152. In particolare la più recente giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia delineata nei casi Avena e LaGrand precedentemente menzionati ha per l'appunto esplicitamente affermato la possibilità della coesistenza, in una medesima norma di diritto internazionale153, di diritti di cui titolare è l'individuo e di diritti di cui titolare è lo stato. Da tale coesistenza discende la possibilità che lo stato intraprenda una duplice azione (ma si potrebbe anche dire una azione con duplice natura) una a tutela dei diritti lesi di cui è direttamente titolare, e una nell'interesse dell'individuo.

Alla luce di tale ricostruzione giurisprudenziale la Commissione di diritto internazionale ritenne di dover modificare il testo del progetto di articoli in materia di protezione diplomatica del 2004. Dall'art. 1 di tale progetto, nella versione originaria del 2004154 si ricavava che sia la titolarità del diritto leso nella situazione concreta che la titolarità del diritto di agire in protezione diplomatica spettasse in via esclusiva allo stato, in linea con una visione tradizionale dell'ordinamento e del diritto internazionale. Nella nuova versione del 2006 del medesimo articolo, formatasi dopo l'apertura di spiragli giurisprudenziali al riconoscimento della titolarità di diritti esclusivamente in capo agli individui, si afferma che lo stato nazionale è legittimato ad invocare la responsabilità di un altro stato nazionale "for an injury caused by a

wrongful act of that state to a natural or legal person that is national of the former state", e dunque non viene pregiudicata la possibilità che l'individuo

sia individuato come il titolare del diritto leso nella situazione concreta. Un ulteriore sviluppo che ha interessato l'istituto che si sta considerando, la cui esigenza è emersa in virtù della necessità di colmare delle lacune normative che interessavano speciali categorie di persone, va di pari passo con l'evoluzione del diritto internazionale convenzionale e generale in

152 Pustorino Pietro, "Accesso alla giustizia e protezione diplomatica", in "Accesso alla

giustizia dell'individuo nel diritto internazionale e dell'unione europea", a cura di F. Francioni, M. Gestri, N. Ronzitti, T. Scovazzi, Giuffrè editore, Milano, 2008, p. 69 ss.

153

Nel caso di specie si trattava dell'art. 36, par. 1, della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963

154

Tale disposizione definiva la protezione diplomatica come una azione intrapresa dallo stato che assume "in its on right the cause of its national in respect of an injury to that national

151 materia di rifugiati ed apolidi il cui problema era legato al fatto che, per definizione in relazione a queste categorie di soggetti non è possibile fare riferimento allo stato di cittadinanza. Anche tale sviluppo è stato recepito dalla Commissione per il diritto internazionale che ha introdotto nel progetto di articoli una disposizione che ammette la possibilità per lo stato di residenza abituale di questi soggetti di agire in protezione diplomatica a loro favore. Si noti che la Commissione ha preferito non riferirsi, all'interno del progetto di articoli alla definizione di "rifugiato" che si può ricavare dalla Convenzione di Ginevra del 1951155, ne ad alcuna altra definizione di rifugiato che è possibile ritrovare in strumenti internazionali convenzionali a carattere regionale. La ragione di questo mancato rinvio è legato alla volontà della Commissione di non limitare in rigidi confini definitori la portata della protezione diplomatica, bensì di fare in modo che questa sia garantita a favore di chiunque sia "considered and treated as a refugee".

La regola per come è stata elaborata presenta però delle criticità, in quanto, nonostante la volontà della Commissione di conferire alla previsione la più ampia portata possibile questa comunque cade in fallo in quanto la formulazione della regola è eccessivamente restrittiva è non permette di agire nei confronti dello stato nazionale del rifugiato, che nella maggior parte dei casi, se non nella quasi totalità, è effettivamente l'autore della violazione ai danni del rifugiati.

Un sviluppo particolarmente rilevante in relazione alla protezione diplomatica che si manifesta nei lavori della Commissione è data dal fatto che si sta progressivamente erodendo una delle condizioni tradizionali per l'accesso alla protezione diplomatica, ovvero quella relativa al rapporto di cittadinanza156. Nel progetto di articoli emerge una vera e propria flessibilità per quanto attiene alla regola relativa alla legittimazione dello stato nazionale di agire in protezione diplomatica. Si può sul punto richiamare una eccezione alla tradizionale regola relativa alla legittimazione attiva, enunciata nel contesto del progetto di articoli in materia di protezione diplomatica, secondo

155

La definizione di "Rifugiato" è delineata all'art. 1 della Convenzione, sottoscritta a Ginevra il 28luglio 1951.

156

Pustorino Pietro, "Accesso alla giustizia e protezione diplomatica", in "Accesso alla giustizia dell'individuo nel diritto internazionale e dell'unione europea", a cura di F. Francioni, M. Gestri, N. Ronzitti, T. Scovazzi, Giuffrè editore, Milano, 2008, p. 69 ss.; Pustorino Pietro, "Recenti sviluppi in tema di protezione diplomatica, rivista di diritto internazionale", fasciolo 1, 2006, pag 68 ss.

152 cui si permette la protezione diplomatica da parte dello stato di bandiera della nave di agire in protezione diplomatica dei membri dell'equipaggio a prescindere dalla nazionalità157. Condizione affinché lo stato nazionale della nave possa agire in favore dei membri dell'equipaggio è che gli stessi "have

been injuried in connection with an injury to the vessel resulting from an international wrongful act". La ragione per cui si è reso necessario introdurre

questa specifica eccezione è legata al fatto che in tali circostanze è possibile, addirittura probabile, che un'unica violazione possa comportare contestualmente la lesione sia di diritti di natura statuale che diritti individuali di cui sono titolari soggetti di diverse nazionalità. In tale complessa fattispecie invece di aprire la porta a una molteplicità di ricorsi portati avanti dai diversi stati nazionali delle vittime, risultato a cui si giungerebbe applicando la regola sulla legittimazione degli stati nella sua impostazione tradizionale, si è ritenuto più opportuno ammettere la possibilità per un unico stato, individuato in quello di bandiera della nave, di agire in esecuzione della protezione diplomatica anche a favore degli individui interessati che siano di nazionalità straniera.

Nel progetto di articoli approvato dalla Commissione ha trovato poi accoglimento una prassi che sembra ormai aver dato origine ad una norma a carattere consuetudinario secondo cui, a fronte di un individuo con più di una cittadinanza, tutti gli stati nazionali sono parimenti legittimati ad agire in protezione diplomatica nei confronti dello stesso stato autore della lesione dei diritti del proprio cittadino e per la medesima violazione. È evidente che i rischi che si porta dietro questa regola sono legati alla possibilità che la stessa si traduca in una applicazione abusiva, in quanto non è detto che l'individuo presenti un legame effettivo con tutti gli stati di cui possiede la cittadinanza, evenienza certo molto frequente, nonché il rischio che si intraprendano molteplici azioni che presentano però, almeno parzialmente, il medesimo oggetto.

157

Prima di essere sancita all'interno del progetto di articoli, questa eccezione era stata oggetto di una ricostruzione giurisprudenziale in due pronunce del Tribunale Internazionale del Mare, la prima nel 1999 nel caso della nave M/V Saiga, la seconda nel 2004 nel caso della nava Juno Trader.

153 Anche per quanto riguarda questo ulteriore profilo di sviluppo dell'istituto della protezione diplomatica, lo si può ricondurre all'evoluzione del diritto internazionale in materia di diritti umani, e in particolare alla più accentuata attenzione che si da alle gravi violazioni dei diritti individuali poste in essere dallo stato nazionale ai danni dei propri cittadini158. In tal caso si riconosce a qualunque stato la legittimazione ad agire al fine di fronteggiare tale violazioni. La ratio di tale previsione si coglie nella primaria esigenza, sempre più sentita nell'ordinamento internazionale, di tutelare l'individuo in quanto tale, è dunque anche a prescindere dall'esistenza di un "genuine link" che leghi la persona fisica e lo stato che agisce in protezione diplomatica, come tradizionalmente è sempre stato il rapporto di cittadinanza.

Sempre relativamente alla cittadinanza quale prerequisito affinché lo stato possa esercitare la protezione diplomatica, tradizionalmente si poneva l'ulteriore condizione che l'individuo a favore del quale lo stato agiva possedesse la cittadinanza del medesimo stato sia al momento in cui si verificava la violazione sia nel momento in cui si avanzava il reclamo. Tale limitazione metteva chiaramente a rischio la protezione di soggetti che per qualunque ragione avessero subito un mutamento della cittadinanza tra il momento della violazione e il momento in cui ufficialmente era presentato il reclamo che perdevano in questo modo il diritto di richiedere allo stato